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Disturbance: Surviving Charlie Hebdo

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Winner Prix Femina and Prix du Roman News

Paris, January 7, 2015. Two terrorists who claim allegiance to ISIS attack the satirical weekly Charlie Hebdo. The event causes untold pain to the victims and their families, prompts a global solidarity movement, and ignites a fierce debate over press freedoms and the role of satire today.

Philippe Lançon, a journalist, author, and a weekly contributor to Charlie Hebdo is gravely wounded in the attack. This intense life experience upends his relationship to the world, to writing, to reading, to love and to friendship. As he attempts to reconstruct his life on the page, Lançon rereads Proust, Thomas Mann, Kafka, and others in search of guidance. It is a year before he can return to writing, a year in which he learns to work through his experiences and their aftermath.

Disturbance is not an essay on terrorism nor is it a witness’s account of Charlie Hebdo. The attack and what followed are part of Lançon’s narrative, which, instead, touches upon the universal. It is an honest, intimate account of a man seeking to put his life back together after it has been torn apart.

Disturbance is a book about survival, resilience, and reconstruction, about transformation, about one man’s shifting relationship to time, to writing and journalism, to truth, and to his own body.

471 pages, Kindle Edition

First published April 12, 2018

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About the author

Philippe Lançon

14 books49 followers
Philippe Lançon est un journaliste et romancier français né en 1963 à Vanves. Lançon est journaliste au quotidien Libération, chroniqueur et critique littéraire, avec une passion particulière pour la littérature latino-américaine. Il a longtemps tenu la chronique Après coup consacrée à la télévision, et a participé au lancement des pages Portrait.
Il est également chroniqueur pour l'hebdomadaire Charlie Hebdo et à partir de fin 2014 devient un membre de la tribune « théâtre » du Masque et la Plume sur France Inter.
Le 7 janvier 2015, il est gravement blessé au cours d'un attentat contre Charlie Hebdo, ce qui l'amène à subir une intervention chirurgicale lourde de quatre heures au niveau du visage. Il subira jusqu'à 22 passages au bloc, dont 13 opérations pour sa mâchoire. En 2018, il raconte ces événements dans un livre intitulé Le Lambeau. Le 5 novembre, il reçoit pour ce livre le Prix Femina 20185.

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Profile Image for Orsodimondo.
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February 15, 2022
COM’È LA VITA DEGLI ALTRI, DOPO CHE SONO USCITI DALLA NOSTRA?

L’attentato è avvenuto la mattina del 7 gennaio 2015: dodici morti e undici feriti.

Philippe Lançon è un giornalista che collabora con il quotidiano Liberation e col settimanale satirico Charlie Hebdo.
C’era anche lui la mattina del 7 gennaio 2015 alla riunione di redazione che fu interrotta dai due fratelli Kouachi armati di AK-47: dodici morti e undici feriti.
Philippe Lançon fa chiaramente parte della seconda entità, i feriti.
Qui racconta la sua storia a partire da quella mattina, nei lunghi mesi a seguire, da due ospedali e un numero vertiginoso di operazioni chirurgiche per ricostruirgli la parte bassa del viso distrutta dalle pallottole, la scorta armata, in divisa e in borghese, che o ha accompagnato ovunque per mesi.

È un sopravvissuto che qui racconta come ha imparato a vivere di nuovo.


La copertina

Chi sopravvive a un incidente o a una malattia, chi supera quell’esperienza procellosa, può tendere a sentirsi in odore di resurrezione profetica. Quasi sicuramente è così se scrive un libro per raccontare il suo ‘viaggio’ attraverso la malattia e il dolore: in questo caso c’è da giurarci che il libro sarà ‘esemplare’, racconterà la sua ‘battaglia’, sarà pregno di quello spirito che si è soliti definire ‘all’americana’, e cioè la celebrazione della volontà, la spiegazione di come e quanto la ‘prova’ affrontata abbia reso più forte chi scrive e reso più bella e preziosa la sua vita. Show evangelici.
Questo racconto è di tutt’altro tipo, non ha nulla a che spartire con quelli.


La manifestazione dell’11 gennaio 2015 per le strade di Parigi, oltre due milioni di persone (oltre tre milioni e mezzo in tutta la Francia) esprimono solidarietà alle vittime degli attentati e ai loro familiari.

Qui l’ approccio è piuttosto di questo tipo:
Scrivere sul mio caso era il modo migliore di capirlo e assimilarlo, ma voleva dire anche pensare ad altro, perché per qualche minuto colui che scriveva non era più il paziente sul quale si scriveva, ma il reporter e lo storiografo di una ricostruzione. Ero riconoscente come non mai al mio mestiere, che era cnhe un modo di essere e in fin dei conti di vivere: averlo esercitato così a lungo mi permetteva di tenere a distanza le mie pene nel momento in cui ne avevo più bisogno e, come un alchimista, di trasformarle in curiosità. Se i morti tornassero forse farebbero proprio questo, descriverebbero la loro vita e la loro fine con entusiasmo preciso e tristezza distaccata. Forse per trent’anni mi ero allenato sugli altri per arrivare a questo punto.


Philippe Lançon oggi.

In ospedale Philippe Lançon rilegge La recherche, Le lettere a Milena, La montagna incantata, spesso gli stessi brani, rilegge quei libri prima di ogni operazione, nascondendoli sotto il lenzuola mentre steso sulla lettiga lo portano in sala operatoria.
Gli interventi sono quindici, o diciassette, io non ricordo, lui senz’altro li ha tutti stampati nella memoria, uno dopo l’altro, e anche uno separato dall’altro. ogni lembo di pelle sottratto al suo corpo e cucito in un’altra parte del suo corpo, l’osso preso dalla gamba (perone) e trapiantato per ricostruire la mandibola inferiore
Guarda il mondo dal basso in alto, dalla sua posizione sdraiata di paziente e malato e ferito.


Théodore Géricault: La zattera della Medusa. 1818-19, Museo del Louvre.

Né tempo ritrovato né tempo perduto: ma tempo interrotto. Il tempo che si vive. Non come dice Marcel:
Niente è più doloroso di questo contrasto fra l’alterazione degli esseri e la fissità del ricordo quando ci rendiamo conto che ciò che ha conservato tanta freschezza nella nostra memoria non può più averne alcuna nella vita.
Per Philippe le cose stanno invece così:
Per me niente era più doloroso del contrasto tra la permanenza degli esseri e la fragilità del ricordo, quando sentivo che le cose che avevano avuto tanta freschezza e tanta ferocia nella vita non ne avevano più nella memoria.



Mia personale impressione è che ci sono momenti belli, e altri molto belli, toccanti, profondi, poetici, Lançon sa scrivere, ha cultura, ha talento.
Ma ci sono anche ripetizioni e troppe pagine, un lavoro di editing più coraggioso avrebbe giovato.
Mi ha colpito quanto poco compaiono i colleghi sopravvissuti all’attentato, gli altri feriti: ne incontra due nel secondo ospedale, gli Invalides, ma sono già passati oltre due mesi dal 7 gennaio e tre quarti delle pagine.
Come dicevo, opinione personale: il libro in Francia, uscito nel 2018, ha venduto quasi quattrocentomila copie, viene tradotto in più lingue, è decisamente un successo.



Sarà comunque difficile dimenticare il percorso umano ed esistenziale di questo cinquantenne, che è
tutto un uomo, fatto di tutti gli uomini: li vale tutti, chiunque lo vale, come scrive Jean-Paul Sartre in “Le parole”.
Non posso dimenticare neppure un’altra citazione che ricorre almeno un paio di volte in queste quasi cinquecento pagine, questa da Kundera:
Niente sarà perdonato, tutto sarà dimenticato.


Eadweard Muybridge, maestro della fotografia in movimento, qui ritratto su una roccia a picco, è un altro dei nomi citati in questo memoir.
Profile Image for Lee Klein .
852 reviews939 followers
January 30, 2020
Five stars for the first 175 pages — seven stars for the twenty pages (75 to 95) about the Charlie Hebdo attack and immediate aftermath when discovered and his first days in the hospital (the most riveting thing I’ve read in a while, possibly ever). The language throughout seemed to convey its original French flavor, definitely felt quickly or literally translated at times (frequent typos suggest some haste), but the underlying intelligence seemed always generous, insightful, attentive and apt to describe in high-literary Euro style, not at all concerned with aerodynamics or conserving word count, just on the good side of prolix. The author is the type of patient who sneaks Proust into the operating room and his thoughts frequently filter through literary allusion to help him endure his recovery ordeal. But I felt it could’ve used more stringent editing through the first 50 pages (although I loved the Houellebecq and Charlie Hedbo bits) and the last 250 or so. It went on too long for me, I hit a wall around page 230, and I accelerated my reading at that point until the moving epilogue about his unguarded after-life beyond the hospital. It’s ultimately a memoir about the alternate reality of extended hospital existence and undergoing multiple serious surgeries, all with armed guards outside his room protecting him and dynamics with various caregivers. His portraits of his murdered colleagues and their spirited creativity and craziness, the Houellebecq passages, and the pages about the attack itself, being left for dead and then discovered alive, albeit seriously wounded, are worth the price. And if you have patience and interest in 300+ bed-bound pages you're in for a treat.
Profile Image for Hendrik.
418 reviews98 followers
May 15, 2019
Ihr habt Glück, für euch ist alles vorbei. Für mich fängt es erst an.
Das sind die Worte, die Philippe Lançon an seine toten Kollegen richtet, während Rettungskräfte ihn aus den Redaktionsräumen von Charlie Hebdo tragen. Lançon überlebte den Terroranschlag vom 7. Januar 2015 mit schweren Verletzungen. Drei Schüsse der Attentäter trafen ihn an Armen und im Gesicht; der Unterkiefer zertrümmert, Kinn und rechte Unterlippe zerfetzt. Eine Kriegsverletzung, lautet die erste Diagnose eines Feuerwehrmanns am Anschlagsort. Siebzehn Operationen und monatelange Krankenhausaufenthalte waren die Folgen dieser Gewalttat, deren Ausführung nicht einmal zwei Minuten lang dauerte. Das Buch gewährt Einblick in das Innerste eines an Leib und Seele verwundeten Menschen, dessen Leben sich in einem kurzen Moment von Grund auf ändern sollte. Es ist kein protokollarisch geführtes Tagebuch, sondern rückblickend aus der Erinnerung verfasst. Angereichert mit Reflektionen des Autors über seine Arbeit als Journalist, Literatur, Musik, langjährige Freunde und Familienmitglieder, stellt es den zwischen Dichtung und Wahrheit oszillierenden Versuch der Annäherung an ein früheres Ich dar. Die durch das Attentat unterbrochene Zeit überbrücken, nennt es Lançon in Anspielung auf Proust. Aus den Bruchstücken der Vergangenheit, die eigene Identität rekonstruieren, so wie seine Chirurgin Chloé versucht, sein Gesicht zusammenzuflicken und das klaffende Loch, die schreckliche Wunde zu schließen.
Die schwierige Realität der anderen war einer jener unbewohnbaren Planeten, die man gern auf Bildern sieht, im Radio hört, vielleicht auch in Büchern entdeckt, aber auf denen man nicht eine Minute lang atmen könnte.
Am beeindruckendsten, gleichzeitig das beklemmendste, ist das Kapitel über das eigentliche Attentat. Es wäre vermessen zu behaupten man könne als Leser nachempfinden, was Lançon in diesen Minuten erlebt hat. Doch ihm gelingt es Worte zu finden, in denen sich die unausprechliche Grausamkeit und die absolute Absurdität der Tat widerspiegeln. Auf die Beweggründe der Attentäter wird lediglich am Rande eingegangen. Ebenso finden politische Themen nur in Nebensätzen Erwähnung. Im Mittelpunkt steht ab dem Zeitpunkt des Attentats der Patient Lançon auf seinem beschwerlichen Weg der Heilung.
Der Patient ist ein Mann der Tat, ein unbeweglicher Athlet.
Ein Leidensweg voller physischer wie psychischer Rückschläge, der gleichzeitig aus der Perspektive des Patienten Aufschluss über Möglichkeiten und Grenzen der modernen Medizin gibt. Am Ende ist der Patient Lancon entlassen, wiederhergestellt, man schreibt den 13. November 2015. Mit der Nachricht vom Anschlag auf das Bataclan beschließt Philippe Lançon seinen Bericht. Für die nächsten Überlebenden hat es erst angefangen.
Profile Image for Emilio Gonzalez.
185 reviews108 followers
June 19, 2020
Philippe Lançon era cronista de Charlie Hebdo y el 7 de Enero de 2015 ya había tomado sus cosas para salir de la redacción del semanario francés cuando dos terroristas irrumpieron disparando sus fusiles de asalto y dejaron un tendal de 12 muertos y varios heridos. A él los disparos le destrozaron la mandíbula y de la noche a la mañana la vida que conocía dejo de existir.

Apoyado en un prosa ágil y elegante que disfruté mucho, Lançon hace un repaso por su vida desde las horas previas al atentado hasta su salida del hospital recién después de 10 meses y 18 operaciones reconstructivas.
En la primer mitad del libro abundan las reflexiones sobre como ya no se reconoce la misma persona que era antes del atentado, como le cambio la vida y se truncaron todos sus planes cuando estaba a una semana de irse a vivir a Estados Unidos con su novia, las dudas sobre sus creencias o la aparición de miedos y prejuicios que antes no tenia, las recurrentes imágenes del atentado y sus amigos en el piso sin vida.
La segunda parte del libro narra principalmente la odisea que fue la reconstrucción de esa mandíbula inferior faltante durante los 10 meses que estuvo internado, incluyendo injertos que no funcionaban y otras complicaciones. Es una narración dura pero muy bien tratada.

El libro tiene un muy buen ritmo, quizás podría tener algunas paginas menos, algo innecesarias, pero es un libro muy recomendable.

“Oía cada vez mejor el ruido seco de las balas, una a una, y después de haberme acurrucado, sin ver ya nada ni a nadie, arrinconado como en el fondo de un arcón, me arrodillé y me tumbé luego poco a poco, casi con cuidado, como si fuera un ensayo, pensando que no debía además –¿además de qué?– hacerme daño al caer. Seguramente fue en ese movimiento gradual hacia el suelo cuando recibí, al menos tres veces, el impacto de unas balas perdidas o disparadas directamente a corta distancia. Me creí ileso. No, ileso no. La idea de herida aún no se había abierto paso hasta mí. No hubo ráfagas. El que se movía hacia el fondo de la sala y hacia mí disparaba una bala y decía: Allahu Akbar! Disparaba otra bala y repetía: Allahu Akbar!”
Profile Image for Sadie.
896 reviews256 followers
June 7, 2020
Philippe Lançon ist Journalist und Überlebender des Attentats auf die Redaktion des französischen Satiremagazins Charlie Hebdo im Januar 2015. In diesem Buch verarbeitet er seine lange, mühsame Leidengeschichte, unterteilt sein Leben in das "Davor" und "Danach", schildert den Anschlag, die ersten Momente danach, die zahlreichen Operationen und Krankenhausaufenthalte, das Entschwinden aus der "aktiven" Gesellschaft und schließlich den beschwerlichen Weg zurück ins (neue) Leben.

Man mag sich so eine Qual, physischer und psychischer Natur, überhaupt nicht vorstellen - und man kann es auch nicht. So war es sicher auch ein Hauch Voyeurismus, gepaart mit der Neugier auf Verarbeitungsstrategien des Traumas, die mich zu diesem Werk greifen ließen. Stichwort: "Wie gehe ich mit dem Überleben um, wenn so viele andere gestorben sind - warum ich?" oder auch "Wie kann ich Außenstehenden auch nur im Ansatz begreifbar machen, was passiert ist - und wie ich (nicht) damit umgehen kann?"

Zunächst: Applaus für Philippe Lançon, nicht nur fürs "bloße Überleben", sondern fürs Kämpfen und Abrackern und Festhalten all dieser Umstände - der Autor geht mit allen, sich selbst eingeschlossen, offen und ehrlich um. So gesehen ist dieses Buch sicher eine Art Befreiungsschlag für ihn - es ist schon teils recht schonungslos, wie er Unzulänglichkeiten (eigene, die anderer, des Gesundheitssystems) aufdeckt und beschreibt. Ich fragte mich dann aber irgendwann: Ist das noch Buch oder schon Therapie - und ist das auch wirklich alles für mich und meine Ohren (bzw. Augen) bestimmt? Es ist schon eine besondere Intimität, die der Autor hier zulässt, und die auf die lesende Person überspringt. Das muss man mögen - ist aber natürlich bei der Thematik erwartbar, da sollte eigentlich man schon so halbwegs wissen, worauf man sich einlässt.

Nun zum großen Aber: Auch Lançons Stil muss man mögen, und da musste ich dann doch ziemlich mit kämpfen. Die Sprache ist sehr literarisch, blumig und extrem von Exkursen zu verschiedensten "schönen Künsten" (Literatur, bildende Kunst, Jazz, Philosophie...) geprägt. Augenscheinlich erzählt Lançon seine Geschichte chronologisch - doch das häufige Bewusstseinsstrom-artige Schwadronieren über Hochkultur hat mich immer wieder rausgerissen und dann auch sehr schnell gelangweilt. Ich konnte die vielen derartigen Ausflüge nicht oder nur kaum in Bezug zur eigentlichen Geschichte setzen, so wie es wohl gedacht war.

Und wie immer ist auch hier meine Bewertung daher eine ganz persönliche Sache: So sehr mich die Thematik auch interessierte und so sehr ich auch Lançons Offenheit schätze, um so enttäuschter war ich größtenteils mit der Umsetzung.
Profile Image for Jose Carlos.
Author 13 books576 followers
December 4, 2019
Philippe Lançon y El colgajo: la amargura del hipo sangriento de la Historia:
Un detalle en los paratextos de El colgajo, del francés Philippe Lançon (editado por Anagrama) me ha obligado a reflexionar sobre la literatura de duelo. En la faja y en la contraportada, el periodista francés Jean Birnbaum califica esta obra como un diario de duelo. En efecto, hay una literatura que alcanza más allá del victimario, del recuerdo y de la reparación de las víctimas, incluso de la literatura de la memoria, para emerger como un género aparte: se trata de la literatura de duelo. Pero, ¿qué es El colgajo? ¿Estamos ante una novela de la memoria, un desahogo literario como producto de un trauma o, tal vez, ante un vómito inevitable de quien ha sido víctima de un trance horroroso? Vaya por delante que El colgajo deslumbra con una belleza agónica que hacía mucho que no encontraba en un libro, y tengo muy claro que no estamos ante un texto de duelo ni se trata de un martirologio. El Colgajo es una obra maestra de literatura proustiana en donde su autor nos lleva por los caminos del pavor kafkiano y de la gélida esperanza desplegada por Thomas Mann en su La montaña mágica.
1-Literatura como defensa ante las ofensas de la vida
Philippe Lançon nos guía con una prosa directa hasta instalarnos en el centro del dolor de los hombres. Estamos ante una narración que implosiona sobre los sucesos más terribles y que se nutre de literatura y arte, de música, de belleza al fin y al cabo, de una belleza estremecedora que surge entre las heridas y, sobre todo, una belleza que se alimenta de tenacidad, franqueza y obstinación. Por eso, el libro resulta una lectura tan irresistible como imprescindible. Y aunque la literatura de duelo nace desde el interior de la propia víctima con la intención de iluminar las zonas oscuras y más inexplicables con el dolor de su escritura, Lançon ha superado ampliamente estas cuestiones sobre el duelo cuando escribe esta obra de referencia sobre la sociedad enferma y lo que significa vivir nuestro tiempo. He dicho que la escritura del francés implosiona sobre los sucesos, porque al narrarlos los envuelve en una especie de vórtice que los aísla y los aniquila, los fagocita con una propuesta estética literaria de resistencia que se asemeja a un trípode: Proust, Kafka y Mann. En busca del tiempo perdido, las Cartas a Milena y la ya mencionada La montaña mágica, todas ellas son lecturas que Lançon va realizando entre operaciones de reconstrucción facial, momentos de pánico, esperas, angustias y rehabilitaciones. Una segunda oleada artística se sustenta sobre la música: Bach y el jazz. Y una tercera sobre el arte en su concepto general, y en la pintura en particular: Velázquez y El Greco. Estos ejércitos de la cultura (no puedo llamarlos de otra forma) son capaces de borrar de nuestra cabeza el origen de la maldad que sacude al protagonista, que autobiografía su historia de supervivencia a un atentado: el ataque a la revista Charlié Hebdó en la mañana del 7 de enero de 2015. ¿Realmente son capaces? Más nos valdría creer que sí, que son todopoderosos, agarrarnos a aquello tan manido, pero no por ello menos efectista, de que la pluma es más fuerte de la espada. Independientemente de que esto pueda ser así, o tal vez no, el blindaje elegido por Lançon, en concreto su primera barrera de contención erigida con Proust, Kafka y Mann, es la representación más clara que yo haya visto, y leído, de la máxima de Cesare Pavese acerca de que la literatura es una defensa ante las ofensas de la vida. Pero, ¿lo es realmente? ¿O queremos que lo sea aunque, a veces, no nos funcione como tal?
Releo estas primeras impresiones que llevo escritas sobre El colgajo y me topo con que me he formulado muchas preguntas cuyas respuestas tal vez tuviera claras y que ahora se me han revuelto turbias y con virulencia; ¿las tenía claras o solo creía que las tenía claras? De nuevo, otra pregunta…
Esta es una de las principales virtudes del texto de Lançon, esa capacidad, casi exasperante, que consigue provocar en el lector: que formulemos una y mil preguntas, cuestiones que brotan sin parar con cada párrafo, en cada línea. Por ello, trasciende el mero trabajo de duelo, el simple recuerdo de las víctimas o la denuncia de la brutalidad integrista. El colgajo va mucho más lejos.
El autor, durante una de sus presentaciones de la obra llevada a cabo en ese esforzado y comprensible español que tanto le agradezco, nos dio una primera idea de lo que significa este volumen autobiográfico: no se trata de una terapia catalizada mediante la escritura. La terapia fue, acaso, aquello que vivió durante los dos años previos a escribir el libro. Una vez concluida, nació El colgajo. Por tanto, su autobiografía del horror, se circunscribe en el interior de un arco temporal menor a esos dos años de terapia, porque empieza realmente con el disparo sobre su cara que le deformará el rostro, con los sesos desperdigados por el suelo del caricaturista Bernard Verlhac, más conocido como Tignous, y se cierra con los atentados en la sala Bataclán de París en la noche del 13 de noviembre del mismo año, ese tremebundo 2015. Sin embargo, El colgajo no es la historia de la violencia yihadista en Europa. Porque el libro está enmarcado entre dos corchetes de sangre que se unen con una línea de puntos, como los que sustentan y afirman el colgajo del hueso peroné a la mandíbula reconstruida de Lançon, dos jornadas de tragedia: el atentado de Hebdó y la masacre de Bataclán, que sorprende al autor, ya en plena recuperación y dado de alta, en Nueva York; afortunadamente, y tal y como le dice su cirujana por un SMS, lejos de todo aquello.
2-Del tiempo perdido al tiempo interrumpido (pasando por el tiempo hospitalario):
Marcel Proust, es el hilo conductor, casi el protagonista literario de El colgajo, vierte algo de su capacidad narrativa evocadora e introspectiva en Lançon. El colgajo mantiene una referencia continua a la obra de Proust, entabla una conversación fluida y enriquecedora, plena de referencias. Muchos son los niveles que alcanza este diálogo, y muy profundos cuando se trata de afrontar el dolor como esencia del ser humano (aquí también echará una manita Kafka y sus cartas desesperadas y casi masoquistas). En seguida se activan los resortes del recuerdo de Lançon al pisar el suelo rugoso antideslizante de las habitaciones,“como con la magdalena o el adoquín irregular”. Lo de la magdalena no creo que sea necesario aclararlo, y el adoquín irregular, eclipsado por la celebridad del bollo mojado en la tila o el té, forma parte del accidentado suelo de la entrada de los Guermantes. Al pisarlo, el narrador del último volumen de la obra de Proust percibe una sensación de felicidad similar a la experiencia magdaleniense porque esos adoquines le recuerdan a Venecia. De esta forma se explicita el tiempo recobrado. Esta imagen de los adoquines aparecerá varias veces a lo largo de El colgajo. La lectura y relectura de Proust acompaña a Lançon de forma incansable en mitad de todo su sufrimiento, y en especial el pasaje de la muerte de la abuela del narrador de En busca del tiempo perdido. La percepción de un nuevo tiempo que sumarse al detenido, perdido o al recobrado, es la del tiempo hospitalario, marcado por sus ritos, acciones y pausas. Un régimen de vida que convierte al paciente, al herido, en: “un atleta de habitación”. Una habitación en la que: “no existe el mañana. La realidad no parece ser más que un desmentido de la realidad (…) En el hospital: el paciente no deja de pasar del amanecer al crepúsculo y teme la noche que le espera como a la peste”. Así que aquí aparece el verdadero germen de este tiempo hospitalario. No en vano, el autor titula su capítulo 13: Calendario estático. También, la lectura de La montaña mágica de Mann ayuda a consolidar esta idea del tiempo hospitalario en la percepción de Lançon, que ya había afirmado en capítulos anteriores que un mes de hospital le había pesado tanto como una vida entera. A través de las palabras de uno de los personajes del libro, Joachim, el primo tuberculoso de Hans Castorp, se corporeiza la nueva comprensión temporal. Lançon copia un párrafo de la novela: “No puedes ni imaginar cómo abusan aquí del tiempo de los hombres. Tres meses son para ellos como un día”. Y Castorp, que lleva tan solo un día en el sanatorio, se sorprende de la sensación que tiene de no llevar solo un día, sino mucho tiempo, como si con ello se hubiera vuelto más viejo, pero también más sabio. Esa sabiduría es el producto de diferentes mutaciones que experimenta el paciente, a medida que va atravesando el viaje por el mapa del sufrimiento, algo que a Lançon le lleva a concluir que: “Ya no vivía ni el tiempo perdido ni el tiempo recobrado; vivía el tiempo interrumpido (…) El tiempo perdido luchaba contra el tiempo interrumpido”. Será en el interior de este cronotopo particular en donde comenzará a metamorfosearse.
3-Las metamorfosis de Lançon:
Indudablemente, la obra gira en torno a la irrupción del atentado en la vida de Philippe Lançon. La manera en que su vida sufrirá un cambio súbito, ubicándolo en ese estado kadariano que ya he comentado alguna vez en mis columnas y estudios: el de funervivo. Porque el Lançon de antes de los sucesos del Hebdó ya no será jamás, y su lugar lo ocupará ese hombre que camina entre los muertos (o que salió de entre los muertos malherido, desfigurado y sentado en una silla de oficina). Por eso, la primera frase del libro marca la frontera entre la vida normal que llevaba y la vida de después: “La víspera del atentado fui al teatro con Nina”. Ese espectador se suspenderá en el tiempo detenido, para no volver a ser jamás. Es como si una persona se hubiera quedado en una orilla, mientras en la opuesta se encuentra el narrador de El colgajo, separados. Una separación gradual que acaba con el extrañamiento de un Lançon anterior que el Lançon de ahora, atravesado por tubos (la traqueo, la sonda gástrica, el gotero) y un acerico de operaciones, cada vez parece reconocer menos. Serán dos mundos que cada día se distanciaran más, hasta correr paralelos sin posibilidad de encontrarse. El atentado ha creado una primera metamorfosis en Lançon, lo ha escindido. Y esa metamorfosis también incluye el mundo en el que Lançon vivía, ahora partido en dos. Desde el ataque terrorista existe en el capullo hospitalario en donde se ve envuelto mientras, afuera, discurre un mundo: “en el que cada cual sigue dedicándose a sus quehaceres como si la repetición de los días y de los gestos tuviera un sentido lineal, fijo (…) La gente que desde entonces se me acercaba venía de otro planeta, del planeta en el que la vida continúa”. Lançon es un hombre a caballo entre dos mundos y ahora contempla a la gente como venida desde ese otro mundo. Al escribir El colgajo su autor se percata de que se ha multiplicado en tres: “¿Soy a la vez el detective, el testigo y la víctima?”. Y además, ha experimentado un cambio indeseable en su tarea periodística; ha pasado de contemplar la realidad y comentarla en forma de noticias o reportajes, a ser él mismo esa realidad noticiosa. Y aun le faltaba otra transformación producto de su obligatoria experiencia como paciente del hospital, ya experto en las curas que le realizaban y amigo de máquinas y tubos. Ahora se había convertido en: “el paciente, el alumno y el observador”. Y, finalmente, certifica su definitiva nueva encarnación, producto de las escisiones que ha experimentado, con la triste certeza de que: “me había convertido en el producto de una resta”.
4-El hipo sangriento de la Historia:
Además de las referencias culturales y literarias a las que ya me he referido, hay una presencia que se sustenta en la casualidad y que marca algunos tiempos de la historia de El colgajo como si fuera un diapasón: se trata de la novela Sumisión, y de su autor Michel Houellebecq. La novela salía a la venta el 7 de enero, el mismo día del atentado, y Lançon había tenido la oportunidad de leerla en un adelanto. En la fatídica reunión de redacción segada de cuajo por los asesinos yihadistas se estaba debatiendo sobre la novela y la manera en que la revista iba a abordarla. Fue el último tema que trataron. La casuística juega un papel determinante en la mente del Lançon, ese repertorio de ¿y si…? que ha marcado su futuro. ¿Y si hubiera llegado tarde a la reunión? ¿Y si se hubiera quedado dormido? El espiral de causalidad atormenta a Lançon; desde este instante, la víctima del atentado es víctima de la casuística y del tiempo. Y también de un sentimiento de irrealidad ante lo ocurrido que lo convierte en una especie de personaje ficticio. Por eso, la presencia de Proust, como hemos visto, la forma en que lleva a cabo ese relleno de los huecos con orden en su En busca del tiempo perdido, le resulta a Lançon una guía definitiva para poder construir y (re) construir su discurso.Y en todo ese mundo ficticio de posibilidades la novela Sumisión ejerce su influjo: la cirujana que lo atenderá, y que será crucial en su recuperación, recibe el aviso del atentado para acudir urgentemente al hospital mientras está comiendo con una amiga que le acaba de regalar… Sumisión de Houellebecq. Todo ha terminado manchado de ese hipo sangriento de la Historia, tan amargo, una de las frases cercanas al final del libro. Un libro que es el intento, también, de traernos la historia de ese funervivo al que me refería. Y aunque yo menciono este término de funervivo producto de mis estudios sobre la obra del albanés Ismaíl Kadaré, Lançon lo percibe también adjudicándose un término sacado de la neolengua del Orwell de su novela 1984: muervivo. Y esta no es la única referencia ni coincidencia con la distopía totalitaria, dado que los números de las habitaciones por donde peregrinará como paciente, en especial la primera, la habitación 106, y en las que sufrirá, se asemejan a esa terrorífica habitación 101 en donde se tortura a los contrarios al Gran Hermano arrojándolos al peor de sus miedos. En el caso de Lançon, es el devastador efecto del atentado, que no lo ha destruido (física y psicológicamente) únicamente a él, sino a todos los que le rodean, desde familiares hasta amigos. Tras varias habitaciones de hospital y diecisiete operaciones, trece dientes menos y un injerto del peroné en la mandíbula, las conclusiones de Lançon no resultan demasiado optimistas, pero viajan cargadas de una razón espeluznante que señala directamente a nuestra locura. Los asesinos del Hebdó eran, tal y como los calificó Lançon durante la presentación de su libro, hijos de la República. ¿Tiene alguna solución este pavor tenaz que nos devora desde el mismo centro de nuestra seguridad? ¿Qué podemos hacer para aproximarnos —con eso bastaría de momento— a intentar comprender la magnitud del conflicto sin perder una perspectiva humanista y no dejarnos mecer por las soluciones salvajes? Algo podemos hacer: leer El colgajo de Philippe Lançon.
Profile Image for Tessa.
268 reviews
February 24, 2019
J'observe que ce livre est généralement bien coté. Quant à moi, je trouve l'auteur tellement imbu de lui-même que son narcissisme m'a rebutée. Tant de détails qui n'apportent rien au récit. Le travail d'éditeur est à peu près absent. Mais quel éditeur aurait osé proposé des aménagements dans un récit si personnel et dans un tel contexte? Il aurait pu être taxé de tous les noms... Je comprends maintenant la réticence des membres du Goncourt. Ce livre ne méritait pas cette haute distinction.

Bien sûr, raconter son histoire a sans doute contribué à la guérison de l'auteur d'un point de vue psychologique. Ce n'est pas mal écrit, au contraire. Lançon est un excellent journaliste et il manie bien l'écriture. Ses goûts littéraires et musicaux y sont largement étalés. Mais comme on dit : trop c'est comme pas assez" et le propos lasse après quelques pages. Parce qu'il est presqu'entièrement dirigé sur la guérison lente et pénible de l'auteur avec tant de détails qu'on imagine le malade inscrivant "maladivement" le moindre battement de paupière au fil de sa convalescence.

Toutes ces souffrances, des milliers d'individus les subissent à tout moment dans le monde. Le monde est cruel et l'horreur frappe partout. Mais cette façon de la rapporter chez Lançon est agaçante et au final, on reste davantage imprégné par la suffisance de l'auteur que par le tragique de la situation.
Profile Image for César.
294 reviews79 followers
July 26, 2021
"...y los violentos lo arrebatan."

En algún momento de la lectura me vino a la cabeza el versículo de Mateo. En las páginas finales lo encuentro en boca de Houellebecq, que así se despide del autor en la que resulta ser la primera asistencia a un acto social público, meses después de sufrir el atentado que segó la vida a buena parte del comité de redacción de la revista satírica Charlie Hebdo

En el corazón de París, en el vientre de la intelectualidad y la libertad francesas, estalla la extrema violencia de la guerra. El contraste es tan brutal que es inútil racionalizar el hecho. Lançon, crítico cultural y pluma habitual del semanario, sobrevive a la matanza, en la que pierde el tercio inferior del rostro. Este libro es el testimonio de la experiencia transformadora que se inicia segundos después del atentado. Un hombre que es un fantasma trata de reconstruir su cara y su vida entera. Porque no sólo la cara se le ha roto a Lançon, sino el alma entera.

Meses de operaciones, de dolor, de silencio y trauma. Una vida interrumpida, un estado en suspensión mental, un duelo por aquel que ha sido y que se ha ido para siempre. Los complejos hospitalarios en los que transcurre su recuperación se convierten en lugares sin tiempo donde el autor, ayudado de la literatura, el arte y la música, aprende de nuevo a vivir.

Pese a lo prolijo de las descripciones, al celo por detallar cada paso del proceso quirúrgico y de rehabilitación, la vanidad típicamente francesa del autor, estamos ante un testimonio inteligente y sensible que nos abre una puerta al terror y sus consecuencias físicas y psicológicas.
Profile Image for Emma.
1,412 reviews
May 17, 2018
J'ai passé un moment atroce à lire Le lambeau . C'est un livre important, excellent, secouant mais il n'est pas facile. Évidemment parce que rien dans l'histoire de Philippe Lançon depuis ce funeste 7 janvier ne fut facile... Je conseille son époustouflant récit mais soyez prévenus, vous aurez l'impression de passer dans une essoreuse tout au long de la lecture et vous n'en ressortirez pas indemne.
695 reviews70 followers
September 11, 2019
Abunda esta novela en reflexiones sobre la memoria, sobre un tiempo suspendido que se inicia con un acto terrible, el atentado de Charlie Hebdo. El momento se alarga con angustia mediante un despliegue literario virtuoso que tiene su reflejo en el resto del libro, de una prolijidad exhaustiva, auténtico relato de terror. El encierro de Lançon, sus docenas de operaciones, de reflexiones, sus rituales, la presencia constaste de un cuerpo que parece un personaje distinto a esa mente que analiza y rememora, conforman una obra que dialoga con el presente, pero también con una historia literaria, de Proust y La montaña mágica a la presencia mefistofélica de Houellebecq.
Profile Image for Semjon.
687 reviews427 followers
August 30, 2021
Kann man den Lebens- und Leidensbericht eines Überlebenden des Charlie Hebdo-Anschlags überhaupt kritisieren? Hat ein Mensch, dessen Unterkiefer weggeschossen wurde und der 10 Monate und 17 Operationen im Krankenhaus verbringen musste, nicht meine höchste Anerkennung verdient, wenn er beschreibt, wie aus seinem entnommenen Wadenbein ein neues Kinn modelliert wurde, wie Wunden näßten, Narben brannten und Trachealkanülen das Atmen zur Hölle machten? Eigentlich schon. Doch interessieren mich diese Krankengeschichten über mehr als 500 Seiten lang? Eher mittelmäßig.

Philippe Lançon ist Journalist und kein Romancier. Er ist eher bekannt für satirische Kolumnen und Berichte und Interviews aus dem französischen Kulturbetrieb. Dies merkt man nach meinem Empfinden dem Buch an, auch wenn er immer wieder versucht, seinen geliebten Proust nachzueifern und die Krankenhausereignisse durch Rückblicke auf sein Leben zu unterbrechen. Rein stilistisch ist das sehr schön und sogar humorvoll und vor allem einfühlsam und eindrücklich.

Aber ich hatte mir einfach etwas anderes von dem Buch erwartet, weil ich im Hinterkopf immer das herausragende Werk von Antoine Leiris über den Verlust seiner Frau durch den Anschlag auf das Bataclan im Hinterkopf hatte. Meinen Hass bekommt ihr nicht, schreibt Leiris und setzt sich dabei ganz intensiv mit seinen Gefühlen gegenüber den Tätern, mit dem Schmerz des Verlustes eines geliebten Menschen und der eigenen Ohnmacht auseinander, wenn der kleine Sohn wiederholt nach seiner Mama ruft. Auch Lançon hat Verluste erlitten. Es waren seine Freunde, die neben ihm niedergeschossen wurden. Sie spielen im weiteren Verlauf des Buchs kaum noch eine Rolle. Er beginnt sehr interessant darüber zu erzählen, wie er am Tag des Anschlags eigentlich einen Artikel über Houellebecqs Unterwerfung schreiben wollte, welches wenig später veröffentlicht wurde. Ich wartet die ganze Zeit beim Lesen, wie er zu dem Werk Houellebecqs steht. Wie ist seine Sicht als Journalist auf die zunehmende Gewalttätigkeit in der französischen Gesellschaft, insbesondere durch islamistische Radikale? Er scheut eine Aussage hierzu, vielleicht um den Tätern keinen Raum zu bieten. Mir war es einfach zu physisch und zu wenig psychisch und analytisch für einen bessere Bewertung.
Profile Image for Jill.
Author 2 books1,896 followers
November 22, 2019
The terrorist attack by two Islamist brothers on Charlie Hebo’s Paris office—the consequence of a satirical cartoon—galvanized the world in 2015. The result of the attack, carried out by assault ripples and other deadly weapons, left 12 people dead and injured 11 others—one of whom was the author, Philippe Lancon. His life was brutally interrupted after a year-long hospitalization and numerous surgeries. And the event became a rallying call for freedom of speech.

If you are anticipating a book that focuses on ideology or a journey from anger to acceptance, you will not find it here in this book. Philippe Lancon is a journalist and early on, he advocates noticing the “smallest details of what you experience, the tiniest of tiny things, as if you were going to die in the following minute or change planets—the next one being no more hospitable than the one you’ve left.”

Written dispassionately and without the anger you’d expect, the author speaks of his perceptions: “A journalist can be wounded or killed while on assignment, but he can’t be a victim. A journalist can be a target.” Casting off the victim label, Lancon recreates his life within the hospital rooms and in the fertile resources of his own mind. The focus is his own healing, resilience, and physical and emotional survival.

The meditative and exacting prose of the prose will appeal to analytical readers who will relish the precision of Lancon’s journey and the reflection of an intellectual writer whose life is informed by literary reflection. For those more tethered to emotional experiences, this book will likely be strongly admired, but not necessarily loved. Enormous thanks to Europa Editions, one of my favorite publishing houses, for sending me Disturbance in exchange for an honest review.
Profile Image for La gata lectora.
343 reviews294 followers
November 19, 2019
Asistimos al renacer de Philippe Lançon después de sobrevivir al atentado de Charlie Hebdo en 2015. Lo acompañaremos desde el día antes del suceso a los primeros meses de hospitalización y seremos testigos de todo lo que pasa detrás del silencio obligado impuesto por los cirujanos y su tediosa rehabilitación, ya que perdió un tercio del rostro, el correspondiente a la parte inferior de la mandíbula.
Aunque al principio se me hizo un poco cuesta arriba y a pesar de algunas advertencias sobre la densidad de este libro, no solo seguí adelante, sino que llegué a acompañar completamente a Philippe y a su tropa sanitaria. Tanto ha sido así que finalmente he sentido mucha tristeza por tener que despedirme. Gracias Philippe, me has hecho sentir contigo muchas cosas.
Profile Image for Valerie.
174 reviews19 followers
January 11, 2019
C'est un récit témoignage qui ne peut pas vous laisser indifférent. Écrit avec tous les détails qu'un homme a gardé en mémoire et qui survit aux balles terroristes d'une kalachnikov, reçues en pleine mâchoire.
C'est dur a l’écriture rythmée: tantôt lent ou chaque seconde compte - description de l'attaque et du silence donne une impression d'infini- et parfois très vite et saccadée comme l'urgence des opérations subies pour retrouver un visage.

Les mots sont choisis, pesés et laissent une trace, une cicatrice. On garde en tète certains passages qui paraissent inutile: les poils ennemis des chirurgiens. Pourquoi je garde ça en tête, je ne sais pas? Sûrement lié au fait que tout compte même la plus infime particule indésirable.....

Je mets un bon 4⭐️ tant pour cette écriture ciselée que pour le témoignage...mais âme sensible s'abstenir!
Profile Image for Marcello S.
582 reviews257 followers
April 27, 2020
Verso le dieci e mezzo del 7 gennaio 2015 non erano molti in Francia a voler essere Charlie.

Philippe Lançon è uno dei sopravvissuti all’attentato durante la riunione di redazione nella sede di Charlie Hebdo.
Ferito da più colpi di arma da fuoco, sopravvive fingendosi morto. In questo memoir racconta lo shock di quel giorno e l’odissea ospedaliera dei mesi successivi - fatta di molte operazioni e di un lungo periodo di riabilitazione - necessaria in particolare per la ricostruzione di parte del volto e della mandibola. Per diversi mesi riuscirà a comunicare solo attraverso le parole scritte su una lavagnetta.

La traversata è un viaggio fisico ed emotivo. Si sofferma ovviamente molto su ciò che accade all’interno dell’ospedale e sul rapporto che si crea con chi ci lavora, ma è anche ricco di riflessioni sulla memoria e di digressioni su lavoro, paure, libri (in particolare Kafka, Mann e Proust), sogni, jazz, Bach, viaggi.
Un’altra parte importante è la gestione complicata della relazione con Gabriela.

Ho ritrovato le sue tracce dodici anni dopo grazie a un sogno e alle virtù di Internet. Aveva un sito, le ho scritto. Ci ha messo qualche mese a rispondermi. Viveva a New York, dove insegnava danza e Pilates. Aveva interpretato il ruolo della cattiva, naturalmente latinoamericana, in alcune serie televisive. Viveva con un banchiere americano di Chicago più vecchio di lei. Non avevano figli. Quando le ho scritto aveva appena aperto un piccolo studio in cui molti cileni andavano a ballare. Com’è la vita degli altri, dopo che sono usciti dalla nostra? Non ne sappiamo niente, e quello che immaginiamo è quasi sempre falso.

La scrittura tiene lontani rabbia e sensazionalismi e le sue qualità vanno al di là della potenza di ciò che esprime.
Il mio appunto è forse la tendenza di Lançon a dilungarsi, a usare due parole quando potrebbe usarne una, talvolta a ripetersi a discapito di una maggiore fluidità. Una sforbiciata avrebbe probabilmente migliorato il risultato, che resta comunque buono.
La figura di Houellebecq ritorna spesso (il 7 gennaio 2015 è anche la data di uscita di Sottomissione).
[74/100]
Profile Image for SilviaG.
378 reviews
January 2, 2020
4.5
"El colgajo", escrito por Philippe Lançon, uno de los sobrevivientes del atentado islamista de Charlie Hebdo, es un libro de memorias del autor. Un libro intimista, personal, duro y magistralmente escrito.
El periodista se remonta al día anterior a la masacre, a su vida, a cómo era su día a día. Y a cómo, en unos instantes, todo esto cambia, desaparece... se hace añicos. Y todo lo que importaba, lo que le inspiraba, deja de hacerlo.
Dejar de ser Philippe, para pasar a ser un símbolo. Su cuerpo, destrozado, hace que requiera cuidados intensos y complicadas operaciones. Y él, para salir adelante, se tiene que aferrar a sus amigos y familia, a los profesionales que le ayudan, y a sus lecturas de cabecera.
Es un viaje a los meses de internamiento hospitalario que tuvo que pasar para poder recomponer su vida.
Realmente, un gran libro
Profile Image for Isa.
112 reviews18 followers
August 23, 2018
Le récit d un traumatisme mais surtout d une reconstruction avec les mots justes sans pathos avec une pointe d humour avec beaucoup de bienveillance et de reconnaissance pour les soignants, les amis et la famille, tous acteurs de son retour. Un livre à lire et à relire. Beaucoup d émotions tout au long de cette belle lecture.
Profile Image for Jo.
1,101 reviews157 followers
July 26, 2020
‪Passé 100 pages, la curiosité est remplacée par la lourdeur et la vacuité. C’est plus un journal intime qu’un roman. Difficile de juger les mots d’une victime de l’attentat de Charlie Hebdo, mais l’impression générale est fastidieuse à cause de passages trop redondants.‬
Profile Image for Álvaro Velasco.
254 reviews38 followers
April 30, 2020
Es un testimonio valioso y sincero. Quizá no es un libro para todo el mundo. Lo que cuenta es duro. No se regodea de su situación ni carga especialmente contra nadie. A mí me ha ayudado a pasar este confinamiento vírico. No me gusta el título, que, por otra parte, está correctamente traducido.
Profile Image for iva°.
660 reviews103 followers
July 14, 2022
za stotinjak stranica preduga, čini mi se. iskustvo atentata, boravak u bolnici i svoj oporavak philippe lançon opisao je minuciozno, vodeći računa o svakoj riječi, o svakoj rečenici pa je čitanje užitak, ali s vremenom, na žalost, postaje i zamor: nakon upada dvojice atentatora u prostorije pariškog satiričkog tjednika charlie hebdo, philippe ostaje među rijetkim preživjelima: živ, ali bez donje trećine lica. slijede operacije, komplikacije, operacije, komplikacije i, ako nisi fan štiva medicinske tematike, nemoj ni pomišljati na ovu knjigu.
s druge strane, lançon je vrlo vješt, spretan, dinamičan, jasan, organiziran i talentiran autor koji je, očito, tesao svoj stil kao novinar u satiričkom časopisu, a ovdje se razgranao do krajnjih granica. iako središnje mjesto, naravno, zauzima njegovo tijelo i paklene muke kroz koje prolazi tijekom vraćanja u život, bitnu pažnju posvećuje i svom duševnom i emocionalnom stanju koji su, podjednako kao i tijelo, atentatom oštećeni. cijela je plejada likova koji mu u rehabilitaciji pružaju pomoć i podršku - od kirurginje i medicinskog osoblja do prijatelja, bivše žene i djevojke s kojom veza, tijekom njegovog boravka u bolnici, puca - i oni su izneseni vrlo realistično pa imam dojam da smo se fino družili tijekom proteklih dana.

podsjetnik: zlo je sveprisutno, patnja je neizbježna, ljudski organizam je moćan, a snaga volje (i humor) nužni za preživljavanje.
Profile Image for Tomas Bella.
199 reviews444 followers
December 14, 2020
Guardian píše, že táto kniha je miestami ako paródia na francúzske intelektuálne eseje a je to výstižné - v živote by som neveril, že o jednej sekunde deja sa dá napísať 5 strán, s odbočkami k Foucaultovi, autoromu detstvu a životnej filozofii stolára, ktorý vyrobil stôl, na ktorom píšem. A potom o ďalšej sekunde zasa ďalších 5 strán. Ale dá sa. Je to neuveriteľne sebestredné a detailné na úrovni, že Boris Filan je popri tom skromný zakríknutý začínajúci autor.
Na druhej strane, Lançon zažil niečo, čo Filan nie, strelili ho samopalom do tváre a potom ho rok v nemocnici rekonštruovali, čiže jeho skúsenosť aj schopnosť ju reflektovať je jedinečná, a kto má rád hrubé autobiografie, možno ho to bude baviť.
Každopádne to nie je kniha pre ľudí, ktorých zaujíma samotný teroristický útok (vybaví sa na pár stranách) alebo časopis Charlie Hebdo (nie je tu nič) alebo iné obete (nič) alebo akékoľvek spoločenské alebo politické súvislosti (nič). Je to 100% vnútorných poryvov duše.
Profile Image for Zéro Janvier.
1,563 reviews92 followers
August 16, 2019
Je suis un lecteur honteux, aujourd'hui.
Je n'ai pas réussi à terminer ce livre.

Il s'agit pourtant du témoignage de Philippe Lançon, à la fois victime et survivant de l'attaque de Charlie Hebdo, le 7 janvier 2015.

Les premiers chapitres ont été éprouvants, pour ce qu'ils racontent. Les suivants l'ont été mais pour une raison différente : je me suis ennuyé, tout en culpabilisant de l'être face à ce témoignage d'un homme blessé, touché au corps et au coeur par un attentat qui lui a enlevé des amis, des collègues, et dans lequel il a failli perdre lui-même la vie.

C'est presque impossible de critiquer un tel livre, surtout pour en dire "du mal". Je n'ai pas envie d'en dire du mal, simplement faire part de mon ressenti après en avoir lu plus d'un tiers. Malgré un début tragiquement prometteur, j'ai fini par comprendre que ce livre n'était pas pour moi, que je ne serais pas emporté par les mots de Philippe Lançon, pourtant probablement salvateurs pour lui.

J'aurais aimé aimer ce livre et en dire autant de bien que certains lecteurs dont j'ai vu des chroniques très élogieuses, même si elles ne cachaient pas la douleur de la lecture. J'ai renoncé, j'en ai honte, mais j'aurais sans doute plus honte encore si j'avais fait semblant d'avoir terminé et aimé ce livre si particulier.
Profile Image for Uri.
145 reviews65 followers
November 9, 2019
Dues coses:
1) Encara que és interessant quan parla de la revista Charlie Hebdo, de l'atemptat i de les seves possibles causes i conseqüències, no necessitava TANTA informació sobre el post-operatori (que bàsicament ocupa un 75% del llibre, sense estalviar cap detall sobre les seqüeles de l'atemptat, les cures, la rehabilitació, etc).
2) El fet de compartir tant pocs referents culturals amb l'autor (bàsicament ell és un senyor burgès que segueix el cànon literari occidental, un tiu de jazz i música clàssica, i jo un punki subcultural d'extraradi) tampoc ajuda a que m'interessi la part menys hospitalària del llibre. O sigui que no hi ha hagut 'match'.

En resum, que he acabat bastant fart de l'autor, i no sé ni com he pogut acabar de llegir aquest llibre.
Profile Image for Mélanie.
798 reviews153 followers
February 23, 2019
Livre inclassable qui nous prend par la main et nous entraîne au plus près de la densité intérieure de l'écrivain et au plus profond de soi. Une écriture magnifique pour décrire les infimes sensations d’un homme qui veut se remettre à vivre et qui, pour ce faire, doit se battre contre la peur et d’innombrables épreuves physiques et morales. Sublime.
Profile Image for Helene Labriet-gross.
5 reviews3 followers
September 12, 2018
Un livre que j’ai longtemps hésité à lire, par crainte de ne pas pouvoir lire la réalité d’un survivant de l’attaque contre Charlie Hebdo. C’eût été passer à côté d’un récit sans misérabilisme ni lamentations, porté par une plume précise et resiliente.
Profile Image for Loulou11.
94 reviews12 followers
October 26, 2022
J’écris cet avis à chaud. J’ai pris beaucoup de temps pour lire ce texte, peut être parce qu’il me touchait trop et qu’une part de ce qu’il décrivait me faisait peur. Comment survit-on a l’insurmontable? Philippe Lançon nous donne un début de réponse par le prisme de son vécu. Un récit difficile, chaque page pesait une tonne et pourtant elle était portée par un style élégant et pudique. Un livre extrêmement marquant qui restera gravé très longtemps dans ma mémoire. Merci de vous être livré M. Lançon.
Profile Image for Silvia Romano.
Author 11 books47 followers
October 14, 2022
Estoy dudando entre las cuatro y las cinco estrellas. Arranca lento y pesado pero recupera brío a medida que pasan las páginas. Me pasaron muchas cosas con este libro porque escribe el autor como si las cosas sucedieran a otra persona. No hay morbo ni autocompasión. Hay ensayo y reflexión. No hay rencor. Ni siquiera un uso ideológico del asunto. Me gustaron sus lecturas y sus refugios. Sus miserias lo hacen más humano. No abusa del diario personal. Es crónica, es ensayo, es diario. Hay pasajes brillantes. Y además hace literatura con todo eso. Muy recomendable.
Profile Image for LAPL Reads.
609 reviews180 followers
June 4, 2020
On January 7, 2015, two gunmen forced their way into the Paris offices of the French newspaper Charlie Hebdo, and killed 12 people and injured 11 others. The newspaper was known for its criticism of individuals, organizations, governments and countries. The staff were egalitarian about whom and what they stridently satirized in images and writing, and because of this drew the attention and anger from many religious, political and ethnic groups. Their office had been attacked before, and was relocated to an unmarked building, with armed guards. With guns firing, the two male attackers identified themselves as belonging to Al-Qaeda.

Ostensibly the book is not about the motives of the terrorists, or about the Charlie Hebdo newspaper, it is about Philippe Lançon’s memory of what happened on that day: the attack, his injuries, surgeries, mental and emotional conditions, and perhaps some type of reconciliation. There is nothing at all gruesome in Lançon’s descriptions that are crafted in a style of writing that is similar to Henry James and Marcel Proust, to whom Lançon refers throughout the book. His poetically phrased writing does not trivialize the attack and its aftermath, but microscopically spotlights what his brain can piece together.

His stay, for more than a year, at Les Invalides in Paris, a huge, historical complex of hospitals and museums, requires numerous surgeries to reconstruct the damaged part of his face; psychiatric, physical and occupational therapies; some clashes with an otherwise fine French healthcare system; and reconnections with family, friends, a lover and with the the rest of the outside world. Because he was a regular contributor to Charlie Hebdo, Lançon is assigned a cadre of rotating police officers who guard and shadow him for months.

Lançon provides insight into what it is like to have been physically assaulted and mentally traumatized, whether in a personal attack, an accident or a wartime battle. He remembers the sounds of the automatic weapons, of the faces of the staff around him, of seeing injured colleagues on the floor near by, and of not being aware that he was injured. There is an ongoing stream of consciousness, brought on by the trauma and by medication, that creates the runaway engine of his mind that cannot be stopped. All of this makes it difficult for him to clearly put the scattered pieces of the puzzle together.

His ability as a writer, and more importantly as a journalist, allows him to examine and to express what a trained soldier might not be able, or want to do--dredge up the past. You are not likely to find a soldier, from the greatest generation to those from the recent global battles, who will talk to family or friends about battles on the war front. This is where the journalist excels and lets us in on what it is like: the attack and the ongoing aftermath.

When treasured, fractured memories of books and writers bubble up, then the seasoned writer regards them with gallows humor:

On January 8, entering room 106, among the tubes I thought of one of Pascal’s sentences. It was a true cliche, but I’d read a lot of Pascal when I was a teenager … thirty-five years later, you find yourself in the hospital, after an attack, that’s what occurs to you: “The sole cause of man’s unhappiness is that he does not know how to stay quietly in his room.”

Reviewed by Sheryn Morris, Librarian, Central Library
Profile Image for Patrick Martel.
374 reviews43 followers
October 6, 2018
« Dans un an, Monsieur Lançon, vous verrez qu’on n’y verra plus rien! ». C’est ce que lui affirme un membre de l’équipe soignante dans les premiers jours de son hospitalisation. L’année en question débute le 7 janvier 2015, jour de l’attaque chez Charlie Hebdo. Quelques années plus tard, au moment d’achever le livre, Philippe Lançon sait que la dame errait. La réparation —c’est comme ça que l’auteur la nomme— sera beaucoup plus longue.

LE LAMBEAU est le récit d’un retour après être tombé au combat. Une longue et douloureuse réhabilitation. Réparer le visage … sans perdre l’esprit.

Bien que Philippe Lançon soit entouré du personnel soignant, de sa famille, de ses amis, de Bach, de Kafka, de Proust, de fantômes et de l’omniprésent spectre de Houellebecq, il demeure seul avec ses douleurs pour laisser voguer ses pensées vers le passé, parfois mélancolique, généralement serein et riche. Parallèlement avec la chronologie de son évolution médicale, se succèdent dans sa mémoire des vignettes de sa vie. Des allers-retours entre le contemporain post-événement et le passé professionnel, sentimental et familial. Le lecteur finira par bien connaître les gens dessinés sur tableau de la vie de l’auteur ainsi que les événements ayant marqué son parcours de quinquagénaire.

Le langage est franc, calme, pudique et intime. L’écriture y est si belle que le surligneur pourrait être utilisé dans toutes les pages pour y mettre en évidence les passages distinctifs.

En filagramme du récit : L’événement de ce 7 janvier, ces appels au Prophète (« Allah Akbar ! »), ces rafales mitraillées, ces deux jambes au pantalon noir qu’il suit des yeux alors qu’il est au sol, gisant dans son sang et frôlant les corps de ses collègues et amis, eux aussi tombés au combat, morts ou blessés. Ces images, cristallisées dans sa mémoire, l’habitent tout au long de sa reconstruction et accompagnent ses incessantes douleurs physiques.

« L’attentat fend l’arbre à l’intérieur duquel les gens vivent, aiment, se séparent, se retrouvent, se souviennent, vieillissent. »

LE LAMBEAU pourrait concerner n’importe quelle victime d’un grave accident : L’ouvrage est une élégante représentation de courage, de détermination et d’entêtement. Cependant, présenté avec une vision intellectualisée, parfois avec humour, jamais pathos, le récit propose un effort constant de rationalisation des événements passés et présents.

Le livre est long, comme l’est la reconstruction. Le lecteur prend soin ne perdre aucun mot du récit, tant le parcours et les mots utilisés pour le décrire sont à la fois tragiques, captivants et attachants.

« Le charme est bien la dernière chose, après la dernière goutte de sang, qui devrait nous abandonner. »

« Je ne supporte pas plus les discours anti-musulmans que les discours pro-musulmans. Le problème, ce ne sont pas les musulmans, ce sont les discours : qu’ils foutent la paix aux musulmans! »
Profile Image for Molinos.
364 reviews605 followers
November 5, 2019
El colgajo es un libro en espiral concéntrica o un espejo hecho añicos. Hay un punto central que es el atentado en la redacción de Charlie Hebdo a partir del cual todo se rompe y que se convierte en el eje, en el punto central de toda su vida. Esa ruptura que destroza todo lo anterior se convierte en lo único que importa. No hay nada más allá, nada importa porque todo ha dejado de tener sentido. La vida que Lançon creía segura se ha esfumado y lo único a lo que puede aferrarse es a su dolor, a su agujero, a las operaciones, al colgajo, a los hospitales, al personal sanitario que le atiende, a las rutinas de hospital, a su cirujana, a los policías que le acompañan durante meses para protegerle, a su fisioterapeuta, a su habitación de hospital. Todo lo demás le es indiferente porque todo lo que se encuentra fuera de su dolor es peligroso. Para algunas personas puede resultar aburrido y es verdad que creo que le falta algo de edición ( A Ordesa le pasaba lo mismo y no sé si es que el trabajo de editor no se hace bien o que los autores se niegan a eliminar todo lo que ha salido de su mano) y podían haber recortado algunas páginas pero a mí me ha gustado incluso con sus repeticiones. La obsesión concéntrica me resulta sincera porque alguien que sufre siempre se reconcentra en su dolor, se vuelve adicto a él, se convierte en una obsesión, en una droga y no lo suelta. Para los demás que lo ven desde fuera puede resultar cansino, enfermizo e incomprensible pero yo entiendo su obsesión como una manera de hacer la enormidad de su tragedia algo manejable. Lançon le da vueltas y más vueltas tratando de entenderlo, de hacer comprensible lo incomprensible para así poder doblarlo, guardarlo y seguir adelante.

«Uno no se libra del refugio en el que está, no hay forma de destruirlo. Yo no podía eliminar la violencia que me habían infligido, ni tampoco aquella que trataba de mitigar los efectos de la primera. Lo que sí podía hacer, en cambio, era aprender a convivir con ella, a domesticarla buscando, como decía Kafka, la mayor dulzura posible».

Dice Lançon sobre la gente que le acompañaba «Los otros, por más cercanos que fueran, vivían en un mundo en el que la rueda gira un día tras otro, una cita tras otra. En el mundo en el que el atentado había sucedido sin suceder» y por eso recomiendo este libro, para reflexionar sobre como vivimos creyendo que las cosas que no nos afectan en realidad no han sucedido.
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