La voglia di rivincita. Spesso le più grandi imprese hanno questo come carburante, come fiamma primitiva. Può esserlo per gli sportivi più esperti, e anche per chi, come Tommaso Marini, alle Olimpiadi di Parigi vuole esserci da protagonista anche se al debutto.

Il fiorettista di Ancona, classe 2000, a Tokyo riuscì solo a respirare l’atmosfera, in una edizione dei Giochi che è stata - e speriamo resti - un unicum inverosimile. Oggi, ‘Planet Marini’, suo nickname su Instagram, ha ben altre ambizioni, obiettivi concreti, tangibili. Inevitabili.

Perché quella voglia di rivincita si mischia con un’altra voglia, ancora più ardente: quella vincere, facendo del proprio meglio. Quel ‘meglio’ che a Milano gli è valso l’oro Mondiale nel suo fioretto, e che lo ha reso tra i giovani italiani - sportivi e non - più attesi dell’anno.

Intervista a Tommaso Marini, alle Olimpiadi di Parigi da protagonista

Come ti stai avvicinando ai Giochi di Parigi 2024?

“Sto lavorando per Parigi da un anno. È un percorso molto lungo, ora ci sono gli step più difficili, quelli più faticosi, come spesso capita quando si arriva a ridosso del punto d’arrivo. Mancano due gare di Coppa del Mondo, in Asia, partiremo a fine Aprile e rimarremo fuori un mese perché il nostro ct ha deciso di fare il ritiro nel continente asiatico, questo renderà tutto ancora più faticoso. Queste ultime due gare faranno da prova per tastare le sensazioni, soprattutto per la gara a squadre, che è la più importante. Dopodiché torneremo, perché avremo altri ritiri, i campionati italiani, ancora ritiri, gli Europei, e poi il ritiro, lunghissimo, pre-Olimpico. Sicuramente sarà una bella full immersion di fatica, speriamo di non appesantirci troppo…(ride, ndr). Sono super carico, perché questo periodo va affrontato così”.

tommaso marini olimpiadi parigi schermapinterest
OLIVIER CHASSIGNOLE//Getty Images

Come arrivi a queste Olimpiadi?

“Sicuramente non da outsider, perché comunque sono campione del mondo in carica. Nemmeno favorito però, perché il nostro circuito è formato da atleti molto forti, di tante nazioni, da non sottovalutare. Bisogna lottare in ogni match, senza dare niente per scontato. Sicuramente io avendo vinto il Mondiale e stando da quasi 3 anni ai vertici, sarei un ipocrita a dirti di andare lì da outsider, però non mi sento così sicuro. So quanto valgo, so quanto valgono gli altri, bisogna giocarsela ad armi pari fino alla fine”.

Tre anni fa sei stato a Tokyo come riserva, senza partecipare, ammettendo però che ti saresti sentito pronto. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?

“La voglia di entrare nel vivo dell’Olimpiade, cosa che non ho potuto fare in Giappone. Una voglia di avere un riscatto, di partecipare ai Giochi, di entrare in squadra, e per fortuna ci sono riuscito. Credo che mi abbia lasciato questo, positivo per alcuni tratti ma negativo per altri, perché io avevo sofferto quella decisione al tempo. E quindi anche questa voglia di riscatto che avevo, non ha sempre giocato a mio favore, perché avevo fretta di far vedere che potevo in realtà essere in squadra. Sono però poi arrivato al saperla gestire, raggiungendo il mio intento. Credo che lo sport agonistico ti aiuti molto nella crescita e nella formazione del carattere. Non che te lo faccia venire, ma venire fuori, facendoti sviluppare degli strumenti per poterti capire meglio, per poterti gestire, facendo uscire quei lati che tu stesso non conoscevi. E sicuramente in un percorso di crescita è molto importante. Credo che chiunque faccia uno sport in maniera agonistica ha un modo di crescere più repentino, non per forza migliore, rispetto a chi non lo fa”.

Bisogna lottare in ogni match, senza dare nulla per scontato

Come sta la scherma italiana? È ancora un settore di nicchia, ma ad ogni competizione si rimane delusi se non arrivano medaglie…

“È proprio così, ed è forse il più grande sintomo di ignoranza verso questo sport. Chi lo segue sa che non esiste più solo l’Italia come nazione, tante altre sono emerse e possono tranquillamente batterci. La medaglia non è scontata, per niente. Magari, mi piacerebbe lo fosse (ride, ndr)”.

Uno sport in cui, come tanti altri ormai, l’attenzione alla tenuta fisica è fondamentale. Qual è la tua routine di allenamento?

“Io mi alleno tutti i giorni, due volte al giorno. Principalmente la mattina faccio preparazione atletica, che varia anche dai periodi: sotto gara carichiamo un po’ di meno, mentre nei periodi ‘morti’ spingiamo un po’ di più. Per quanto riguarda la scherma, con la mia preparatrice atletica - la stessa della Nazionale - puntiamo molto su reattività e rapidità, per cui facciamo tutti quelli esercizi che facciano stare pronti e scattanti il più possibile. E poi c’è anche una parte di peso, esercizi con pesi e macchine. Personalmente però credo che il fattore più importante nella scherma sia la reattività, la rapidità, e ovviamente anche la resistenza: più sei resistente nella fatica, più riesci a rimanere lucido mentalmente”.

Questa routine è cambiata, o cambierà, per Parigi 2024?

“No, rimarrà sempre la stessa, perché noi siamo stati abituati ad affrontare tutte le gare con la stessa importanza. Per quanto mi riguarda, un Mondiale vale come Parigi 2024, la differenza è mediatica. Per lo stesso motivo per cui per un tennista le Olimpiadi non hanno lo stesso valore che può avere per noi, che facciamo uno sport più in ombra. Diamo il tutto per tutto, perché sarebbe un ottimo modo per farci conoscere e pubblicizzare il nostro movimento, per renderlo alla portata di tutti”.

Un appuntamento importante, per cui serve anche un certo tipo di preparazione mentale.

“A me onestamente l’esposizione mediatica non ha mai spaventato. Ognuno fa il proprio, se va bene bene, se va male amen. Dobbiamo capire che a volte si perde non solo perché abbiamo fatto qualcosa di sbagliato noi, ma anche perché gli altri sono più bravi di noi. Dobbiamo mettere in preventivo che tutto è possibile. Ovviamente questa è la mia prima Olimpiade, ora sono tranquillo, poi probabilmente il giorno prima potrei ‘farmela addosso’…L’importante però credo sia lavorare ora e fare tutto quello che è da fare, nella maniera più serena e tranquilla. Poi una volta arrivati lì, l’unica certezza che potremo avere sarà quella di esserci preparati in una maniera corretta. Servirà andare con la coscienza a posto, con la voglia ovviamente di vincere. L’Olimpiade è una gara molto particolare, ha tanti fattori: emozioni, tensione, il fatto che sia ogni 4 anni. Sicuramente vince chi è il più bravo tecnicamente quel giorno, ma anche chi riesce a gestire meglio tutti questi pensieri”.

Lasci sempre qualcosa di tuo, oltre lo sport. Sarà così anche a Parigi, immagino.

“Beh, potrei. Sì, penso di sì. Di argomenti importanti, da trattare, ce ne sarebbero tanti. E spesso noi ci scordiamo che lo sport unisce molti valori, ed è bello farcene portavoce. Parigi potrebbe essere una bella vetrina per esporre un pensiero, un’idea. In realtà io credo che tutti gli sportivi dovrebbero farlo. Ho sempre pensato che lo sport sia una scuola di vita molto positiva, e quindi credo che tutto gli sportivi possano dare un valore aggiunto alla società”.

Stai rendendo la scherma un mondo un po’ più ‘pop’, anche per la tua attenzione allo stile, al comunicare.

“Ci sto provando, onestamente, poi non so se riuscirò nel mio intento. Cercare di svecchiarla un po’, rendendola alla portata di tutti. Perché è un bellissimo sport, è giusto che si evolva, e che tutti possano conoscerlo almeno una volta”.

Un giorno hai detto: Vado in pedana per fare la storia. Cosa può rappresentare Parigi 2024 nella tua, di storia?

“Spero che possa avere un ruolo importante, fondamentale. Spero di poter arrivare a quel traguardo che ogni sportivo desidera, prendere una medaglia. Se dovessi riuscirci, potrei dire di aver messo un altro mattone nel mio cammino. Sicuramente non sarà l’apice, ma una tappa importante nel mio percorso di vita”.