Federica Di Meo, la pioniera del manga italiano

Dall'ispirazione giapponese alla guida dell'euromanga, il viaggio di Federica Di Meo, un'artista visionaria che continua ad appassionare schiere di fan dei manga
Federica Di Meo la pioniera del manga italiano

Federica Di Meo incarna un mondo pulsante di creatività, dove ogni linea è un tratteggio che porta alla creazione di storie che diventano piccoli manga-cult. Nel suo ultimo lavoro, Oneira, pubblicato da Star Comics e al terzo volume, l'autrice tratteggia ambientazioni minuziosamente dettagliate e le popola di personaggi che convincono pubblico e critica, grazie alla sua capacità di fondere stili e influenze diverse in un unico, coerente universo artistico. I suoi fan l'apostrofano amorevolmente «Zia Fede» e ogni sua pubblica uscita si traduce in schiere di fan adoranti che agognano una sua dedica. L'uscita recente del terzo volume di Oneria è l'occasione per conoscerla da vicino e farci raccontare una vita da mangaka.


L’intervista a Federica Di Meo: la pioniera del manga italiano

Quando ha deciso di voler disegnare Manga?
«Le racconto un aneddoto. Durante una festa di carnevale, alle superiori, dovevamo vestirci come le professioni che sognavamo di fare da grandi. Io avevo scelto di vestirmi da mangaka, il che già fa sorridere. All'inizio l'avevo fatto per divertimento, pensando che non sarei mai diventata una mangaka nella vita reale, quindi volevo approfittarne almeno una volta. Tuttavia, due o tre anni dopo aver iniziato a studiare la tecnica del manga, il mio desiderio di diventare una mangaka si è fatto sempre più forte. All'inizio era un semplice tentativo, un modo per divertirmi, ma poi è diventato una passione ardente che non si è mai spenta».

Quando ha capito che i manga sarebbero diventati la sua professione?
«Un paio di anni dopo aver iniziato a studiare la tecnica del manga, ho avuto l'opportunità di lavorare per DeAgostini. Questo progetto, che coinvolgeva altri autori era una collana che insegnava a disegnare manga. Parlo del 2008, quindi un bel po' di tempo fa. È stato in quel periodo che mi sono davvero confrontata non solo con la mia passione e il mio desiderio di creare, ma anche con il processo creativo in tutti i suoi dettagli. Questa esperienza mi ha dato anche la possibilità economica di frequentare un breve corso di perfezionamento a Tokyo, in Giappone. È stato lì che ho avuto la conferma definitiva: al mio ritorno ho deciso che dovevo dedicarmi seriamente a questa carriera e fare di tutto per realizzare il mio sogno».

Ha avuto dei modelli o delle fonti di ispirazione particolari nel suo lavoro di mangaka?
«Il mio primo approccio al manga, che mi ha influenzata per molti anni, è stato attraverso le opere di Rumiko Takahashi, la regina del manga, autrice di diversi capolavori come Ranma ½, Lamù e Maison Ikkoku. Takahashi ha un modo di raccontare che apprezzo molto: riesce a trasmettere una grande quantità di significati con semplicità, rivelando molti più dettagli e profondità di quanto si possa percepire a una prima lettura. Questa semplicità mi ha influenzato enormemente nel mio lavoro, specialmente nelle opere su cui sto lavorando attualmente, come Somnia. La lezione di Takahashi mi ha aiutato a mantenere l'attenzione sulla storia senza sovraccaricare il lettore con i disegni, che comunque rimangono fondamentali. Un altro autore di riferimento per me è Takehiko Inoue. Ho adorato le sue opere come Slam Dunk e Vagabond, quest'ultima in particolare è un'opera più adulta che racconta la storia di Miyamoto Musashi. Inoue ha un respiro quasi meditativo nelle sue storie, una qualità che mi ha folgorato e che mi ha permesso di inserire momenti di solitudine e introspezione nei personaggi. In conclusione, nel manga, cerco di far crescere i personaggi e le loro storie in modo che il lettore possa vivere un percorso insieme a loro, seguendone l'evoluzione all'interno delle pagine».

Quali sono state le maggiori sfide che ha affrontato come mangaka italiana in un settore dominato dai giapponesi?
«All'inizio, la sfida principale è stata farsi accettare. Per oltre un decennio, è stato difficile superare la diffidenza dei lettori, che si aspettavano la stessa qualità delle opere giapponesi. Alcuni non volevano neanche avvicinarsi ai manga non giapponesi. Tuttavia, recentemente ho ricevuto scuse da lettori che, dopo aver letto Somnia, hanno rivalutato il loro giudizio. Un'altra grande sfida è stata ottenere la fiducia delle case editrici, che hanno scommesso su autori con poca esperienza. Questo ha comportato la necessità di rispettare scadenze rigorose, mantenere alta la qualità e costruire un rapporto forte con il pubblico, soprattutto online e nelle fiere. È fondamentale che le nostre opere parlino per noi, mettendo in secondo piano la nostra figura personale, per concentrarsi sulla qualità del lavoro».

Qual è stato il momento più gratificante della sua carriera fino a oggi?
«Il momento più gratificante è stato alla mia prima Japan Expo in Francia, una fiera dedicata esclusivamente al mondo del Giappone e del manga. È un evento enorme, quasi un terzo di Lucca Comics & Games, ma interamente focalizzato sui manga. Era la prima volta che presentavamo il nostro numero 1 di Oneira e non sapevamo come il pubblico francese avrebbe reagito. Il volume era uscito da due mesi e non avevamo avuto la possibilità di fare un tour, quindi le uniche reazioni che avevamo ricevuto erano dai social media. Quando siamo arrivati alla fiera, siamo stati travolti dall'affetto del pubblico: dal primo giorno fino alla fine dell'evento, c'erano così tante persone che volevano dediche che abbiamo dovuto tagliare le file. Questa esperienza mi ha confermato che il nostro lavoro può toccare il cuore delle persone anche oltre i confini nazionali. È stato uno dei momenti più belli della mia carriera».

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Come vede l'evoluzione del mercato dei manga in Italia? Pensa che ci siano più opportunità oggi per gli artisti italiani rispetto a quando ha iniziato?
«Sì, oggi ci sono molte più opportunità rispetto a quando ho iniziato. Alla fine degli anni '90 e i primi anni 2000, c'è stato un grande boom dei manga, con tentativi di creare manga europei che però si concentravano più sull'aspetto grafico che su quello narrativo. Dopo un periodo di calo tra il 2005 e il 2015, dovuto anche alla diminuzione degli anime in televisione, il mercato è risorto con l'avvento delle piattaforme di streaming e la pandemia. Questo ha attirato sia i vecchi lettori sia nuovi giovani fan, che trovano nei manga un linguaggio accessibile e personaggi a loro vicini. Una caratteristica che apprezzo molto dei manga è la loro capacità di offrire storie per tutti, con temi e livelli di lettura diversi. Ci sono titoli per ogni età e interesse, dai giovani adolescenti agli adulti che iniziano nuove fasi della loro vita. Questo amplia enormemente le possibilità per gli artisti italiani di trovare il proprio pubblico».

Quali consigli darebbe ai giovani artisti italiani che aspirano a diventare mangaka?
«Il primo consiglio è di non arrendersi alle prime difficoltà, né alle seconde. La gavetta è lunga, ma con costanza, pazienza e una vera passione per raccontare storie, si può andare lontano. È importante documentarsi continuamente e tenersi aggiornati, poiché questo è un mondo in continua evoluzione. Studiate, osservate nuovi stili sui social, analizzate come vengono costruite le pagine, quali inquadrature vengono scelte e quali tematiche vengono affrontate. Un altro consiglio fondamentale è fare rete: unitevi ad altre persone che condividono la vostra passione, supportatevi a vicenda. Noi, come prima e seconda generazione di autori italiani, abbiamo costruito una community forte, inizialmente su Messenger, poi su forum e Facebook, e ora anche su Instagram. Collaborate, condividete risorse, consigli e ispirazioni».

Il ruolo delle donne nel mondo dei manga è cambiato nel corso degli anni?
«In Italia, il mondo dei manga è sempre stato popolato da molte figure femminili, forse più di quelle maschili. Negli anni '90 e primi 2000, i ragazzi venivano indirizzati verso uno stile fumettistico più classico, mentre le ragazze, viste come outsider, avevano più libertà di sperimentare. Questo ha portato molte donne a diventare autrici di manga. Rispetto alla Francia, dove ci sono meno autrici femminili, in Italia la parità tra i sessi nel settore dei manga è più evidente e in crescita. Personalmente, non ho mai percepito il fatto di essere donna come un problema, e questo mi ha dato molta fiducia. Il nostro mondo è sempre stato molto indie e, di conseguenza, alcune problematiche presenti in altri settori non si sono manifestate».

Come riesce a conciliare il tuo lavoro con la tua vita personale?
«Lavoro da casa in tre turni: mattina (9-13), pomeriggio (15-19) e sera (22-01). Questo mi permette di bilanciare il mio lavoro con la vita privata, che include mio marito e il mio cane. Preferisco lavorare di sera quando non ci sono distrazioni come email o richieste di correzioni. Tuttavia, quando le attività aumentano, il tempo dedicato al lavoro fisico sulle pagine può diminuire. Inoltre, svolgo il ruolo di art director per uno studio dove supervisiono il lavoro di un team di autori di manga, controllando i loro lavori settimanalmente e suggerendo modifiche se servono. Questo ruolo non solo mi dà soddisfazione, ma mi aiuta anche a rimanere aggiornata».

Cosa significa per lei essere un punto di riferimento per tanti giovani artisti italiani?
«È un ruolo che prendo molto seriamente. Ho due soprannomi, uno italiano “zia Fede” e uno francese “Donna Federica”, e preferisco decisamente il secondo. Questo ruolo comporta molta responsabilità e mi ha spinto a fare scelte non solo per me, ma anche per coloro che stanno intraprendendo questo percorso artistico. Mi metto costantemente alla prova per una buona causa, perché credo fortemente in questo movimento. Contribuire a questa comunità è fondamentale per me, perché credo che dovremmo guardare oltre le differenze e parlare un linguaggio comune nel mondo dei fumetti».

Quali sono i suo progetti futuri e cosa speri di realizzare nei prossimi anni?
«Il mio prossimo progetto è già terminato in Francia e sarà pubblicato nei prossimi mesi anche in Italia. Si tratta dell'ultimo numero del primo arco narrativo di Oneida. Per il futuro, sto già lavorando su altri progetti, ma non fatemi dire nulla, altrimenti mi sgridano».