Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto: «Grazie alla nostra generazione il futuro di questo Paese sarà migliore»

I due, protagonisti del bellissimo film Stranizza d’amuri di Giuseppe Fiorello, sostengono il Pride di Palermo perché è importante schierarsi e lottare per i diritti civili: «Ci esponiamo perché ci crediamo e c’è una totale tranquillità e naturalezza riguardo ai temi dell’identità»
Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto «Grazie alla nostra generazione il futuro di questo Paese sarà migliore»
Maddalena Petrosino

Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto (Samu per chiunque abbia visto Amici 22), 18 anni ciascuno, sono i protagonisti del film Stranizza d’amuri, diretto da Giuseppe Fiorello e prodotto da Eleonora Pratelli e Riccardo Di Pasquale. I giovanissimi interpreti hanno conquistato pubblico e critica vestendo i panni di Nino e Gianni, due adolescenti che si innamorano profondamente sullo sfondo della Sicilia del 1982 e devono, per questo, far fronte a ingiurie e pregiudizi, anche in famiglia. Le vicende raccontate nel film – che ha conquistato due Nastri d’Argento: il Premio Graziella Bonacchi per i protagonisti e il riconoscimento al miglior regista esordiente per Beppe Fiorello – sono liberamente ispirate a quelle del delitto di Giarre. L’evento di cronaca in cui persero la vita Giorgio Agatino Giammona (25 anni) e Antonio Galatola (15 anni), una coppia di ragazzi omosessuali, divenne fondamentale nella storia del movimento di liberazione omosessuale italiano perché portò alla fondazione del primo circolo Arcigay. Anche per questo, e proprio in virtù dei ruoli che hanno interpretato nel lungometraggio che ha visto per la prima volta Beppe Fiorello dietro alla macchina da presa, i due giovani attori sono stati scelti come volti del Pride di Palermo, il 24 giugno. In questa intervista ci hanno raccontato quanto conti per loro la libertà di essere sé stessi, quanto le loro vite siano cambiate (in meglio!) negli ultimi mesi e, soprattutto, quanto siano fiduciosi nei confronti del futuro.

Quanto dopo Stranizza d’amuri e, per quanto riguarda Samu, anche dopo la notorietà arrivata con Amici è cambiata la vostra vita?
Gabriele: «Per me Stranizza d’amuri è stata la prima “botta”. La mia vita è cambiata totalmente, dal punto di vista personale più che sociale, forse. Sento che in ciò che sto studiando da quando sono bambino, e cioè la recitazione, ora c’è qualcosa di più e anche di importante e questo mi rende orgoglioso. E poi ovviamente è meraviglioso l’affetto che si riceve quotidianamente dal pubblico, soprattutto perché senti che puoi fare del bene nelle persone che si rivedono nel tuo personaggio».
Samu: «Io ho affrontato un mix di queste due situazioni che mi ha portato ad avere tante cose e non in maniera graduale. Finito Amici è subito uscito il film e mi sono ritrovato a cavalcare quest’onda bellissima che mi ha fatto cambiare tante cose nella quotidianità, anche nel rapporto con le persone e con tutto l’amore ricevuto quando le incontriamo nelle sale o se le incrocio per strada».

Cosa vi ha insegnato questo film?
S: «L’esperienza in generale mi ha fatto crescere tantissimo. Nonostante non sia il primo film a cui ho partecipato, ho capito il valore del cinema proprio grazie a Stranizza d’amuri. Mi sono dedicato completamente al mio personaggio e gli ho dato amore. Tutto questo lavoro mi ha fatto capire quanto è magico il cinema: può farti viaggiare pur restando fermo in una sala e può anche riportare in vita le persone».
G: «Il film mi ha insegnato tutto: da come stare davanti a una macchina da presa, perché io vengo dal teatro, fino ad arrivare a capire quanto sia importante – nella recitazione e nella vita – lo sguardo, prima ancora della parola».

E com’è stato lavorare con Giuseppe Fiorello?
S: «Beppe è un grande, ci siamo trovati da subito. È stato bravissimo a creare un rapporto con e tra noi. Prima di cominciare le riprese ci siamo visti più volte, siamo anche andati insieme al mare. Adesso con lui è quasi famiglia: una cosa meravigliosa e rara. È molto meticoloso sul set, ma quando riguardo il film – non so quante volte l’ho già visto – capisco la sua necessità di essere così preciso. Perché il lavoro si nota».
G: «Beppe è stato un grandissimo esempio di professionalità, amore e affetto. Con lui tutto camminava di pari passo: l’aspetto professionale e la voglia di insegnarci qualcosa era identica alla parte paterna e affettiva nei nostri riguardi. È stato un collante fondamentale. Se si vede un’aria di famiglia nella casa di Nino e nel film è merito suo».

Foto: Maddalena Petrosino

La vostra interpretazione si è aggiudicata il Nastro d’Argento - Premio Graziella Bonacchi e Giuseppe Fiorello è stato premiato come migliore regista esordiente. Vi aspettavate questi risultati?
G: «Ho sempre pensato che questo film avesse un grandissimo potenziale e, in fondo al mio cuore, sapevo che non si sarebbe fermato solo all’uscita in sala. Quando qualcosa ha un’aria magica si capisce. Però tutte queste cose che sono arrivate così velocemente mi hanno travolto. È bellissimo perché, quando non te le aspetti, le cose sono ancora più speciali. Ci stiamo tutti facendo trasportare dalle onde».
S: «Ce lo auguravamo e ci auguriamo ancora di vivere tante cose belle con il film. Siamo fieri di quello che abbiamo fatto e consapevoli che è un bellissimo lavoro, ma ci stupiamo sempre. Speriamo sia solo l’inizio! (ride – ndr)».

In questa edizione dei Nastri d’Argento il tema dell’omosessualità, della transizione e soprattutto dell’emarginazione è stato affrontato anche in altre pellicole: Il signore delle formiche e L’immensità ad esempio. È giusto che l’arte e il cinema si occupino di temi sociali così sentiti in questo periodo?
G: «Il coraggio nel trattare tematiche così rilevanti è fondamentale. L’arte è il miglior mezzo per veicolare messaggi, soprattutto lo sono la musica, che è ascoltata da tutti, e il cinema. Perché vedendo un film chiunque può trovare una parte di sé nel personaggio o nella storia; trattare tematiche importanti può far sentire meno sole le persone che stanno vivendo sulla propria pelle un’esperienza simile a quella vista sullo schermo».
S: «Sono d’accordo. L’arte in generale è un mezzo per comunicare, far riflettere ma anche per imparare. È tanto importante che dietro al lavoro degli artisti ci sia un messaggio».

L’edizione 2023 dei Nastri d’argento è stata anche caratterizzata da una forte presenza di premi ai più giovani. È un bel segnale per il cinema, soprattutto in era post-pandemica.
G: «Vedere il cinema che sta rinascendo è una grande gioia. Sono rimasto stupito ai Nastri nel vedere quante categorie sono state istituite per i giovani. Il fatto che il cinema italiano possa contare sui ragazzi è un punto a favore del nostro Paese perché si possono così lanciare dei messaggi in modo più semplice e, mi viene da dire, più sensibile».
S: «La nostra generazione è il futuro e sapere che ci sono tanti coetanei che stanno prendendo questa strada è stimolante e mi aiuta anche a impegnarmi di più. Non per una competizione, ma perché - quando vedi tante persone della tua età inseguire un sogno e mettercela tutta – ti viene spontaneo impegnarti di più per ciò che ami».

Quindi è questo il vostro futuro?
S: «Il mio futuro è lo studio. Quest’estate sarò ancora in giro con il film ma continuerò anche a ballare. A settembre, poi, mi trasferirò a New York per una borsa di studio di un anno nel settore danza, ma mi piacerebbe riuscire a studiare anche recitazione e portare avanti entrambe le strade».
G: «Dopo la maturità, che sarà il punto di chiusura del mio percorso scolastico, mi concentrerò sul lavoro. A gennaio forse sarò in tour con uno spettacolo ispirato al romanzo L’amico ritrovato di Fred Uhlman a cui ho già partecipato l’anno scorso. Poi anche io vorrei continuare a studiare recitazione, chissà magari potrei raggiungere Samu Oltreoceano! (ride – ndr)».

Foto: Maddalena Petrosino

Il Stranizza d’amuri interpretate due giovanissimi amanti che devono nascondersi e superare i pregiudizi di una piccola cittadina. Nella vostra vita vi è capitato di essere vittime di scherno e pregiudizi?
S: «Io vengo da un paesino e, quando vivi in una piccola realtà, può accadere che tanti abbiano da ridire sulle tue scelte perché non le comprendono. A me è successo, anche se non spessissimo, per aver scelto la danza. Nell’immaginario comune i bambini fanno calcio e le bambine danza, se avviene qualcosa di diverso diventa un problema per qualcuno, purtroppo. Di certo io non mi sono lasciato condizionare. E, anzi, oggi sono io ad aver condizionato: tramite quello che faccio, anche inconsapevolmente, ho fatto cambiare punto di vista a tanti ragazzi e anche a persone adulte e di questo sono felice».
G: «Non ho avuto esperienze di bullismo. Anche io non giocavo a calcio, ma non mi sono mai fatto condizionare da ciò che dicevano di me».

Conoscevate la vicenda del delitto di Giarre, a cui Stranizza d’Amuri si ispira, prima di approcciarvi a questa storia per il film?
G: «No, non la conoscevo. Mi sono subito andato a documentare quando è arrivato il provino e poi mi sono addentrato in fase di sceneggiatura quando il ruolo era già mio».
S: «Anche io non la conoscevo, ci siamo documentati tanto dopo».

E una volta capito che ruolo stavate ricoprendo, ne avete colto anche la responsabilità?
S: «Il personaggio mi ha insegnato tanto. Da Gianni ho preso principalmente il coraggio: è arrivato a morire, con il suo compagno, per amore. Ha avuto, se vogliamo, il coraggio di continuare ad amare nonostante le cose negative che altri dicevano su di lui».
G: «Anche io inizialmente mi sono sentito pervaso da una grande responsabilità. Poi ho capito bene di cosa il film poteva trattare e cioè una grande storia d’amore. E mi sono sentito di viverla come l’avrei vissuta io in prima persona. Questa responsabilità, quindi, a un certo punto ha lasciato spazio alla semplicità e alla naturalezza dell’amore».

A proposito di responsabilità: in virtù dei ruoli che avete interpretato, sarete tra i volti del Pride di Palermo il 24 giugno.
S: «Sono molto contento di quello che stiamo andando a fare e mi fa piacere abbiano scelto noi. Soprattutto perché abbiamo 18 anni ciascuno e spero che per la nostra generazione, che è quella del futuro, anche questo possa essere un segnale per riflettere. Ci esponiamo in questa occasione perché ci crediamo e c’è una totale tranquillità e naturalezza riguardo ai temi dell’identità».
G: «Quando ho saputo che saremmo stati al Pride mi sono emozionato: noi abbiamo iniziato l’anno scorso proprio da lì. Sapere che ci hanno invitati è bellissimo, perché ricordiamo ancora una volta i due ragazzi che raccontiamo nel film. Alla fine, purtroppo, non potrò esserci fisicamente perché ho l’orale della maturità dopo pochi giorni, ma con il cuore sarò a Palermo».

Proprio nel mese del Pride, la procura di Padova ha vietato alle coppie omogenitoriali di trascrivere sull’atto di nascita il doppio cognome. Ha stabilito, in pratica, che i bambini saranno riconosciuti solo come figli del genitore biologico. Vi siete fatti un’idea in merito a questa storia?
S: «A volte ascolto delle assurdità. Io penso che i bambini abbiano bisogno solo d’amore. Ci sono bimbi negli orfanotrofi che crescono con le suore ad esempio, quindi con sole donne, e nessuno pensa che questo possa essere un problema. Non vedo perché non dovrebbero crescere con due uomini o due donne che sono una famiglia e vogliono dargli amore».
G: «Concordo con Samu. Aggiungo, però, che sono molto fiducioso nel fatto che i politici di domani saranno persone della nostra generazione. Per fortuna, stiamo diventando sempre meno conservatori e sempre più aperti a tutto, quindi – in un futuro non molto lontano – le cose andranno meglio».