Mauro Perrella, esperto di web reputation: «Attenzione, sul web nessuno perdona»

Insieme al suo team, Mauro Perrella, digital manager esperto di web reputation, si occupa dell’immagine a livello digital di professionisti, imprenditori e talent. Lo abbiamo intervistato
Mauro Perrella
Mauro Perrella

Se godere di una buona reputazione è sempre stato importante, oggi la sfida a costruirla e a mantenerla si gioca, forse ancora più che nella realtà, sul web. Lo sa bene Mauro Perrella, digital manager tra i più affermati e riconosciuti a livello italiano ed internazionale, che della cura della web reputation per aziende e personaggi famosi ha fatto il suo lavoro. «Insieme al mio team, mi occupo dell’immagine a livello digital, per gestire visibilità dei profili, brand awareness e personal branding», spiega, «Ho selezionato i migliori talenti digital, con competenze tecniche importanti, e io faccio da collante fra loro e i clienti finali, fra cui ci sono professionisti, imprenditori e talent».

Lei come è approdato a questa professione?
«In realtà io ho fatto studi classici: sono un appassionato di Letteratura. Poi ho seguito percorsi più tecnici legati al settore della comunicazione e successivamente al digital. Ho iniziato a viaggiare tanto, fisicamente e anche online, e così ho selezionato uno zoccolo duro di 30 o 40 collaboratori. Non abbiamo un ufficio fisico, ma chat e circuiti interni, e i nostri servizi funzionano 24 ore su 24».

Qual è il social più importante oggi?
«Instagram, sicuramente. È il social più esposto e con più persone iscritte: in Italia oltre 40 milioni, quindi i 2/3 del Paese, escludendo bambini e anziani».

Facebook, invece?
«Ha una struttura troppo complessa, ed è più discorsivo, più adatto a chi vuole parlare. Su Instagram, invece, basta mettere una foto, anche senza caption: è più facile, più diretto e il suo utilizzo è più immediato, e sappiamo che le cose più semplici sono quelle che vengono scelte dalla gente. Instagram soddisfa l’esigenza di condivisione e di mostrare agli altri le emozioni: ecco perché è così importante e decide le sorti delle vendite dei prodotti».

Come si mantiene alta la reputazione online?
«Affidandosi a una struttura tecnica o a un consulente che abbia strumenti per migliorare quotidianamente il sentiment e farsi consigliare. Tutti possiamo sbagliare, e noi lavoriamo proprio come problem solver. Oggi c’è bisogno di un lavoro di ottimizzazione continua: specialmente su Instagram ci sono sempre difficoltà da risolvere, audience da ripulire, contenuti sotto attacco. Sul web nessuno perdona».

Ad esempio?
«È successo che una celebrity postasse una foto con un piede sul tavolo, e sono partite le critiche. Noi avremmo voluto che pubblicasse una gallery spiegando che si trattava di uno shooting, ma la cliente ha deciso di fare diversamente, pubblicando un piccolo comunicato. Noi consigliamo la best practice, ma non sempre i nostri suggerimenti vengono seguiti».

Che cosa «premia» su Instagram?
«Instagram ha cambiato una porzione del suo algoritmo, e premia ancora di più i contenuti realizzati bene e alcuni video, e li rende più virali. Premia i profili con gli engagement migliori: più che follower e like, è diventata importante l’interazione. Da qualche settimana, inoltre, vediamo foto vecchie che tornano a vivere: l’intelligenza artificiale che sta dietro Instagram sta diventando come un essere umano, che si nutre anche di ricordi. È un cambiamento epocale, che rende il suo algoritmo quasi umano».

Come è meglio presentarsi sui social?
«Il segreto è quello di essere sempre molto vicini a se stessi e non modificare tanto le proprie foto, altrimenti si entra in un loop per cui si le immagini peggiorano anziché migliorare. Instagram premia la qualità delle foto e dei video. Inoltre, suggerisco di non fare quello che i social hanno insegnato finora, vale a dire pubblicare tanti contenuti solo per esserci: meglio pochi post, ma buoni. Non c’è bisogno di esagerare».

Può quantificare?
«Ci sono aziende che pubblicano decine di storie e contenuti, ma io ritengo che 3 o 4 foto a settimana e un paio di storie al  giorno siano la quantità giusta. Ovviamente tutto dipende dai momenti e dalle situazioni, ma al nostro alter ego non guasta mantenere un po’ di mistero».

Un personaggio pubblico deve pubblicare anche i contenuti più personali?
«Credo che ogni tanto un po’ di privato ci possa stare: identifica la persona, aiuta a capire chi si ha di fronte».

Un errore da non fare?
«Bisogna evitare di usare i social per vantarsi. Non se ne può più».

Eppure tanti influencer hanno costruito il loro successo proprio così.
«Ha funzionato perché era novità e si pensava che mostrarsi “superiori” generasse consenso, invece quello che produceva era l’invidia. Che ha portato a grandi crisi. Un esempio virtuoso, in questo senso, è la gestione dei social di Jannik Sinner, che ha sempre modi molto garbati e viene apprezzato per questo».

Le novità sono continue: cosa ci dobbiamo aspettare dopo Instagram?
«A mio avviso non potrà arrivare nulla migliore di Instagram, che non è solo un social, ma una killer application. Il suo avvento è stato come la nascita della televisione o della stampa: ha creato una rivoluzione industriale, soprattutto dalla pandemia in poi. È un motore di ricerca, uno stile di vita e il player numero uno al mondo se vuoi cercare qualcuno. È un luogo in cui vivere e promuovere la propria attività, socializzare, è un’applicazione perfetta».