Michela Murgia: Non c'è un solo modo di volerci bene

L'editoriale di Michela Murgia, direttrice del pride issue di Vanity Fair: mentre l'Italia è infiammata dalla retorica sulla famiglia tradizionale, raccontiamo i diversi nuclei affettivi che oggi sono già realtà
michela murgia
D.R.

Questo editoriale di Michela Murgia è pubblicato sul numero 25-26 di Vanity Fair in edicola fino al 4 luglio 2023

Se potessi, vi direi di leggere questo numero diretto da Michela Murgia e poi di conservarlo per rivederci tra dieci anni. Perché tra dieci anni, forse prima, quello di cui parliamo, di cui scriviamo, di cui leggete, diventerà la norma. L’amore non si ferma. Si può ostacolare, si può rallentare. Ma l’amore non può essere fermato. E chi prova a fermarlo, verrà smentito e archiviato dalla Storia. È sempre stato così. Lo sarà un’altra volta. Buona lettura.

Simone Marchetti


Quando Simone Marchetti mi ha chiesto di dirigere questo numero sviluppando il tema delle famiglie queer, definizione ombrello in cui rientrano tutte le forme di relazione stabile organizzata che vanno oltre il modello riconosciuto dalla legge italiana, ho pensato due cose: la prima è che fosse pazzo, la seconda è che quella pazzia valeva la pena farla insieme e di farla proprio ora, in un momento in cui l’Italia è infiammata dalla retorica sulla famiglia tradizionale come modello non modificabile.

Sono partita dall’ovvio: in natura non sopravvive all’evoluzione ciò che è più stabile, ma chi meglio sa adattarsi alle condizioni nuove. Negli ultimi cento anni il mondo è così cambiato che sarebbe stato sciocco aspettarsi che non mutassero con esso anche i nostri stili di vita, di lavoro e di organizzazione sociale, compresi i modelli di relazione. La famiglia contadina era una tribù popolosa di tre generazioni, dove nonnә, padri e madri, cuginә e sorelle, nipoti e affini vivevano intersecatә dentro al legame di sangue. Nel Dopoguerra è partita la crescita industriale che ha portato al Nord milioni di persone a lavorare nelle fabbriche e vivere in case molto più piccole: è lì, non dalla notte dei tempi, che si sono create le condizioni della nascita della famiglia mononucleo, la coppia giovane con due bambinә, schema tutt’altro che tradizionale.

Il mondo nel frattempo è cambiato ancora. Oggi, con una natalità ai minimi storici, salari da povertà, affitti impraticabili e ascensore sociale inchiodato, pensare che quel modo di gestire la vita sia ancora l’unico possibile o legittimo è miope e poco creativo, di certo insufficiente a farci felici. Da decenni molte persone trovano in autonomia soluzioni alternative per garantirsi una qualità di relazione e una sicurezza di vita che non è più possibile raggiungere con il modello familiare previsto dalla legge attuale. Lo Stato le ignora, nel migliore dei casi, o le perseguita, come sta avvenendo con la guerra per la cancellazione delle genitorialità da Gpa o non binarie. In altri Paesi europei i patti di convivenza oltre la coppia sono già leggi o proposte di leggi, ma in Italia la resistenza omofobica, la sessualizzazione dello stare insieme e il divieto di considerare figlә quellә non biologicә rende difficile anche la nascita di un dibattito sul tema.

Tra le pagine di questo numero potreste invece scoprire quanto sia semplice parlarne se si considera la sola cosa che conta: la felicità delle persone, che passa soprattutto dalla libera scelta di organizzare gli affetti come ciascunә sente di voler fare, condividendo uguali diritti e responsabilità a prescindere dall’orientamento, dal genere e dal numero delle persone coinvolte. Troverete storie di famiglie, ma anche riflessioni su quanto la categoria della queerness faccia già parte del nostro immaginario culturale, se solo la smettessimo di considerarla strana. Di strano (e molto inquietante) ci sono solo quellә che vogliono farci credere che l’unico modo in cui dobbiamo volerci bene è quello che decidono loro.

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