Michela Murgia racconta il suo tumore: «Le metastasi sono già nei polmoni, nelle ossa, al cervello»

La scrittrice Michela Murgia ha un cancro al quarto stadio. In un’intervista al Corriere della Sera ha detto che ha intenzione di sposarsi
Michela Murgia
MILAN, ITALY - SEPTEMBER 29: Michela Murgia attends Che Tempo Che Fa TV Show on September 29, 2019 in Milan, Italy. (Photo by Stefania D'Alessandro/Getty Images)Stefania D'Alessandro/Getty Images

L'intervista che ha rilasciato al Corriere della Sera lascia senza fiato: la scrittrice sarda Michela Murgia, classe 1972, ha un tumore al quarto stadio: «Ora l’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti».

Racconta tutto in modo lucido e dettagliato, come ha fatto anche sul suo nuovo libro Tre ciotole (Mondadori, 2023), che si apre con la diagnosi di un male incurabile: «È il racconto di quello che mi sta succedendo. Diagnosi compresa». Le tre ciotole del titolo sono quelle in cui lei mangia: un pugno di riso, qualche pezzetto di pesce o di pollo e qualche verdura.

Nella lunga e commovente intervista, Michela Murgia racconta che ha intenzione di sposarsi («Mi sposo perché lo Stato chiede un ruolo: mio marito saprà cosa fare») e di aver comprato una casa a Roma con dieci letti «dove la mia famiglia queer potrà vivere insieme».

Nel 2014 il cancro aveva colpito un polmone. Oggi il tumore è ripartito dal rene: «Mi sto curando con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia: stimola la risposta del sistema immunitario». Un’operazione oggi non avrebbe senso: «Le metastasi sono già nei polmoni, nelle ossa, al cervello».

Nel febbraio 2022 era stata ricoverata in terapia intensiva e aveva pubblicato su Facebook un lungo post con una le foto di una siringa e di alcune pillole spezzate.

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Alla domanda del giornalista Aldo Cazzullo, che le chiede: «Lei sta dicendo una cosa terribile con una serenità che mi impressiona», lei risponde così: «Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. (…) Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno».

Ma, pensando a quando non ci sarà più, dice: «Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai. Quando avevo vent’anni ci chiedevamo se saremmo morti democristiani. Non importa se non avrò più molto tempo: l’importante per me ora è non morire fascista».

L'intera intervista del collega sul Corriere della Sera è una di quelle che non si possono perdere. Cercatela ovunque, on line o in edicola: le domande sono coraggiose e le risposte emozionanti.