Dal disastro alla rinascita: il progetto Vaia cura la ferita delle Dolomiti

In cinque anni la startup Vaia ha contribuito alla riforestazione delle Dolomiti con 90 mila alberi. Un impegno che non si ferma certo qui
Dal disastro alla rinascita il progetto Vaia cura la ferita delle Dolomiti

Quella notte, tra il 28 e il 29 ottobre 2018, raffiche di scirocco a oltre 200 chilometri orari distrussero 42.500 ettari di bosco, lasciando una ferita aperta che ancora oggi pesa su un territorio molto vasto, che comprende Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Le immagini della devastazione sono entrate nella memoria collettiva, porzioni di foresta buttati a terra come stuzzicadenti, «come un dito gigante che si è divertito a schiacciare la foresta», è stato uno dei commenti.

La stima è di 15 milioni di abeti divelti, soprattutto abeti rossi. Si tratta del disastro ambientale più grande d'Italia degli ultimi 50 anni. Un evento che ha evidenziato la fragilità di questi ecosistemi di fronte a eventi atmosferici estremi, purtroppo sempre più frequenti. I danni a lungo termine non si sono limitati alla devastazione forestale, ma anche ad indebolimento dell'ecosistema, aprendo la strada all'infestazione da bostrico, un insetto parassita, che ha già colpito oltre 10.000 ettari di boschi già compromessi dalla tempesta.

L'idea di Vaia: creare valore dalla distruzione

La maggior parte degli abeti caduti è stata raccolta e venduta. Ma togliere il legname non era sufficiente. «L'industria del legno non era attrezzata a gestire l'improvviso surplus e aveva iniziato a svendere il materiale alla Cina. È un legno prezioso, cosa fare per recuperarlo?». È quello che si è chiesto il founder Federico Stefani, 33 anni, una laurea in economia e un master in business administration tra Bruxelles e il Giappone.

Dopo un anno dalla tempesta, Federico insieme a Paolo Milan e Giuseppe Addamo danno vita alla start up Vaia, lanciando un amplificatore naturale analogico per lo smartphone realizzato con il legname recuperato dalle piante abbattute dal vento. Creato dagli artigiani locali, ogni Cube è un albero nuovo che cresce. «Per ogni Vaia Cube venduto, piantiamo un nuovo albero sulle Dolomiti. Così molte persone possono sentirsi parte del processo di riforestazione. Piantumare un albero significa contribuire al ripristino dell’ambiente, ma anche investire nel futuro, dal momento che saranno le prossime generazioni a vederne i risultati», ci spiega Federico.

Il Vaia Focus

Un progetto concreto e virtuoso, avviato da Vaia nel 2021 contribuendo alla piantumazione di 90.000 alberi sul territorio, coinvolgendo la società civile, generando nuove opportunità di crescita economica e sociale. Un processo lungo e complesso, che ha coinvolto il corpo forestale, le amministrazioni locali e gli enti a tutela del patrimonio boschivo, compresi esercizi commerciali e alberghi che hanno deciso di sostenere il progetto diventando ambassador. Un processo che ha coinvolto anche gli altri territori colpiti dalla tempesta, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

I nuovi progetti di Vaia

Sono numerosi i progetti che Vaia porta avanti per un cambiamento ambientale, sociale ed etico che includa più attori. Oltre a produrre il Cube e il Focus, l'amplificatore schermo per smartphone, Vaia organizza varie «experience», progetti di team building che coinvolgono le aziende nella piantumazione di nuovi alberi, ma anche di educazione ambientale con scuole e istituti.

Con il «Progetto Ghiacciai» Vaia ha deciso di contribuire attivamente alla salvaguardia dei nostri malconci giganti di ghiaccio, purtroppo in via di estinzione. In primis sostenendo la pulizia dei ghiacciai con Summit Foundation, poi la ricerca scientifica collaborando con il progetto internazionale Ice Memory, progetto di studio del CERN e dell'Università Ca' Foscari riconosciuto dall'Unesco. E in ultimo collaborando con la start up Glac-Up per il riuso dei teli geotessili utilizzati per proteggere i ghiacciai in estate, recuperando 4000 mq di teli e trasformandoli nel tessuto protettivo del Vaia Focus.

Nel futuro di Vaia c'è questo e molto altro. Ci sono tutte le materie prime a cui restituire dignità attraverso un modello di business consolidato con il Cube e il Focus, dando vita a prodotti che siano utili e in grado di produrre un impatto positivo secondo un modello di economia circolare. È questo che inorgoglisce maggiormente Federico: «La nostra idea sta diventando un modello. Un nuovo modo di fare upcycling. Valorizziamo la materia prima, collaboriamo con le comunità locali e creiamo un impatto positivo sull'ambiente e sul territorio. In Puglia, 15 milioni di ulivi sono morti per il batterio della Xylella. Stiamo portando lì il nostro modello».