Rosa Chemical: «Povero a Londra, bannato da Tinder, libero sempre»

L'inno alla libertà di esprimersi e di amare chi e come si vuole, la «povertà estrema» a Londra, OnlyFans e Fedez. Incontro con la star di Made in Italy in occasione del Pride
rosa chemical copertina digitale cover

Rosa Chemical è vestito da Rosa Chemical, i pantaloni neri di pelle che fanno un po' fetish, una camicia aperta sul davanti, gli occhiali scuri, orecchini e piercing, tatuaggi che partono dal collo. Fuma una sigaretta elettronica in piedi addossato alla finestra aperta («dà fastidio?»), non beve alcol «perché non mi piace perdere il controllo, l'ho già perso troppo da ragazzino», buone maniere, sorriso bianchissimo, accento torinese. Eccolo qui il pericoloso cantante che avrebbe voluto innescare una eversiva «rivoluzione gender» secondo la deputata Maddalena Morgante di Fratelli d'Italia, qualche giorno prima di Sanremo. Alla fine con quell'attacco le ha fatto un favore? «Sì, la ringrazio e le mando sempre tanto amore», ammette lui.

Non sarà quella gender ma in una rivoluzione ci spera: in Made In Italy e ora in Bellu guaglione canta un po' la stessa cosa, la libertà di esprimersi, di mostrarsi per ciò che si è al di fuori delle convenzioni di genere, culturali, sociali, e quella di amare chi si vuole e come si vuole, poliamore e promiscuità, sesso libero. C'è dentro il suo vissuto, quello di un outsider naturale, nato a Rivoli 25 anni fa, vero nome Manuel Rocato, mamma estetista, papà che lascia casa molto presto, una violenta sensazione di diversità, l'urgenza di esprimersi. Oggi è il volto della copertina digitale di Vanity Fair dedicata al Pride: «Per me il Pride è il momento in cui si reclamano in maniera non violenta diritti per la comunità Lgbtq+ e libertà che dovrebbero essere scontate. Prima di matrimonio egualitario e adozioni, c'è un diritto elementare da pretendere: quello alla normalizzazione dell'amore libero, poter semplicemente andare in giro mano nella mano con la persona che amo senza essere giudicato».

Da dove viene questa esigenza di inneggiare alla libertà?
«C'è chi racconta di quando spacciava per la strada, io racconto le difficoltà che ho avuto nell'essere accettato. Metto lo smalto da quando avevo 14 anni, prima che diventasse di moda, avevo i capelli lunghi, i tatuaggi, le borchie. Dentro la mia testa era tutto normale, non esistono cose da uomo e cose da donna».

E fuori dalla sua testa?
«Un sacco di dita puntate e commenti tipo: ah, allora sei gay, allora sei trans. Come fossero insulti, poi. Capito?».

Come reagiva?
«Non ne ho mai fatto una tragedia, mi sono sempre sentito molto forte e me ne sono fregato dei giudizi. Però non tutti hanno le spalle larghe e in tanti mi scrivono per dirmi che la mia musica li ha aiutati a sentirsi meno soli. Io sono sempre stato così».

Così come?
«Libero».

In che senso?
«Finché non ledo la libertà altrui, posso fare ciò che voglio. Oggi è tutto più facile perché se vado in giro conciato così, la gente dice solo: ah, ecco Rosa Chemical. Prima pensava: strano. Ma io sono così, chiaro che se vado a fare un colloquio in banca, non penso che dall'altra parte ci sarà qualcuno che dirà: lo assumo nella mia banca. Ma non mi importa. Magari in futuro, chissà».

In futuro ci saranno dei Rosa Chemical in banca?
«A Londra i poliziotti sono tatuati. Io ci ho vissuto per sei mesi, li ho visti».

Che cosa faceva a Londra?
«Ho fatto un botto di lavori. Grafico, illustratore, tatuatore, macellaio».

Macellaio?
«Già. E neanche mi piace la carne. Ma per i soldi ho fatto di tutto a Londra. Ci ho vissuto sei mesi a 18 anni: due mesi di povertà e quattro di povertà estrema. Il secondo giorno che sono arrivato ho speso un sacco di soldi per comprare l'attrezzatura per fare musica, in poco tempo avevo finito tutti i risparmi. Aiutavo come grafico un ragazzo italiano, che mi dava 200 euro al mese. Ma c'era l'affitto settimanale per una casa in condivisione con trenta persone, il cibo e tutto il resto…».

Rosa Chemical è in tour: il 27 giugno al Campi Beer Festival di Campi di Bisenzio (Firenze), il 22 luglio al Rock In Roma di Roma, il 24 luglio a Un’Estate da Belvedere di Caserta, il 30 luglio al Castello di Brescia di Brescia e il 18 agosto ad Arabax al Music Festival di Arbatax (Nuoro).

Paolo Morelli

E come ha fatto?
«Ho conosciuto due ragazzi italiani che facevano una rivista fetish. Li aiutavo nell'impaginazione, poi mi hanno ospitato a casa loro: dormivo in un divanetto a due posti all'ingresso dell'appartamento, con tutti gli spifferi. Compravo pacchi di riso da dieci chili per risparmiare, mangiavo solo quello, quando volevo viziarmi ci mettevo dentro un po' di tonno o delle verdure saltate. Questo lo racconto perché quando sento dire che i giovani non vogliono fare la gavetta, mi viene da dire: dipende da che giovani».

Ma perché voleva restare a Londra?
«Perché volevo togliermi dalla vita che avevo in Italia: tanti lavori e lavoretti che non mi permettevano di concentrarmi sulla musica. Mi sono detto: mollo tutto e vado a Londra, così non ho più niente. Poi non volevo chiedere soldi a mia madre, non sono quel tipo di persona».



La svolta quand'è arrivata?
«In quei mesi mi sono buttato nella musica, ho iniziato a fare alcuni pezzi, il mio primo ep e ho visto che ingranavo, gli stream crescevano, a un certo punto durante una diretta Instagram in cui parlavo di piedi è arrivato uno streamer famoso, Panetti: quello è stato uno dei segni che qualcosa stava cambiando».

Parlava di piedi su Instagram?
«Sì, ne parlavo in modo ironico, del perché mi piacciono, mi mandavano foto di piedi e io dovevo dare i voti».

Sua madre Rosa, a cui ha dedicato la parte iniziale del suo nome d'arte, l'ha sostenuta?
«Sempre. E non è facile vedere tuo figlio che molla la scuola in terza superiore, grafica pubblicitaria».

Ha mollato la scuola per la musica?
«Per fare arte. Non mi interessava in particolar modo la musica, volevo solo esprimermi, ho anche dipinto in passato. Quando finirà il periodo della musica vedremo».

L'attore?
«Magari… ci penso spesso, mi piacerebbe molto. Solo che conciato così, nei film potrei fare solo il delinquente o me stesso».

Torniamo alla mamma.
«Mi è sempre stata vicina, ha solo cercato di convincermi a finire la scuola. Ma io non ho mai accettato questa cosa di “almeno prendi il diploma, così se va male fai altro". Per me non c'erano alternative: o andava così o andava così».

Era convinto che sarebbe andata così?
«L'ho sempre saputo, da quando ero bambino».

Come?
«Se da quando sei piccolo hai qualcosa dentro di diverso e non riesci ad amalgamarti a niente di ciò che ti circonda, se invece che stare attento a scuola disegni, se invece che andare a ballare lavori… se hai un obiettivo così forte non esiste alcun piano B. Per me o c'era questa vita o c'era questa vita in mezzo a una strada anche senza fare soldi».

Poteva finire anche malissimo, però.
«Dipende: che cosa vuol dire malissimo? Non avere soldi? Alla fine penso che stavo meglio prima, quando non ero famoso, rispetto a oggi. Io a Londra ci stavo bene anche da povero, quello che contava era esprimermi. Potevo finire in mezzo alla strada? Ma in mezzo a una strada ci ho anche dormito».

Quando?
«A Torino, prima di andare a Londra, quando facevo il writer e andavo a fare i graffiti di notte. Poi una volta mi hanno anche beccato e ho subìto un processo».

Racconti.
«Avevo 16 anni, ho fatto parecchie cazzate, vandalizzato dei monumenti. Ho pubblicato anche un video in cui mi drogavo e poi andavo a vandalizzare. La polizia di Torino ha aperto una squadra per me e i writer come me».

Come l'hanno beccata?
«Perché ero scemo (ride, ndr), mi riprendevo senza mostrare la mia faccia ma poi i video li mettevo su Facebook. I poliziotti sono venuti a prendermi a casa alle sei del mattino con un mandato per droga e vandalismo».

Povera mamma Rosa.
«Sì, alla fine sono riuscito a romperle le palle, mi dispiace».

Ma l'ha perdonata.
«È stata la prima a credere in me, lei ha 56 anni ma è come una ragazzina, curiosa di tutto, non ha mai cercato di impormi niente, ha sempre voluto capire cosa volevo e cosa pensavo. È grazie a lei che mi sento così libero e che vorrei che il mondo fosse un luogo di libertà».

E suo padre?
«I miei si sono separati quando avevo quattro anni, per qualche tempo è stato nei dintorni, poi si è trasferito in America. La mia famiglia è sempre stata composta da me e mia mamma».

Non ha rapporti con suo padre?
«Sì, li abbiamo, per esempio poco tempo fa ero in Giamaica e lui mi ha raggiunto lì. Cambiamo argomento?».

Parliamo di Fedez e del famoso bacio a Sanremo. A ripensarci oggi, rifarebbe tutto?
«Non lo so, quell'episodio è successo perché in quel momento mi andava di farlo e deve rimanere lì».

Il bacio di Rosa Chemical e Fedez al Festival di Sanremo 2023.

Ne ha parlato con Fedez?
«Non l'ho più sentito dopo quella sera. E poi è passato tanto tempo».

Lei è ancora su OnlyFans?
«Sì, al momento pubblico molto poco ma sto per tornare più forte di prima».

Ma perché ci sta?
«Mi diverto. Sono stato uno dei primi, nella musica, a parlare di sesso in maniera così aperta, per me non è un tabù. Se adesso ci mettessimo a parlare di penetrazione, non ci troverei niente di strano. Sono una persona molto promiscua, mi piace fare sesso e mi piace farlo con tante persone diverse, mi sono sempre filmato, quindi a un certo punto ho pensato che potevo farci dei soldi».

Però ora non ne ha più bisogno.
«No, è solo un passatempo. OnlyFans è bello anche perché c'è la chat in cui gli iscritti ti fanno le richieste».

E lei li accontenta?
«È da tanto che non accontento nessuno, però qualche volta sì, succede. Ora tornerò con dei contenuti di coppia con Alex Mucci, una star di OnlyFans. Ci tengo anche a dire che quando si parla di inclusività dobbiamo pensare anche alle ragazze che lavorano con il corpo e alle sex worker, che oggi sono considerate malissimo, per non dire insultate».

Ma lei sessualmente come si definisce?
«Mi riconosco nel sesso italiano».

Non vuol dire niente…
Ride. «Vuol dire tutto e niente, ma questa è la definizione. Tornando a OnlyFans: mi piace organizzare la location, pensare alle idee. Perché, vede, io sono sociopatico».

Sociopatico?
«Io non esco di casa. Lo faccio solo per lavorare, se no sto chiuso dentro. Non mi piace uscire, andare nei locali, frequentare le persone».ù

E la sua vita affettiva e sessuale?
«Tutto in casa. Le persone le conosco sui social network. So che sembro un hikikomori, ma visto che sono sempre in giro per lavoro, la goduria è non uscire».

Che cosa fa in casa oltre che lavorare?
«È triste da dire ma gioco alla Playstation: ho bisogno di non pensare. E poi faccio musica. Musica e sesso. Tanto sesso».

È su Tinder?
«Purtroppo no, anzi ne approfitto per fare un appello: mi hanno bannato da Tinder perché pensavano che qualcuno si volesse appropriare dell'identità di Rosa Chemical. Ma sono io! Avevo anche l'abbonamento Premium… E la cosa mi dà molto fastidio perché vuol dire che una persona famosa non può stare su Tinder e deve fare sesso solo con altri famosi».

Vuole lanciare l'idea di un Tinder dei famosi?
«No, anzi, a me non interessano i famosi, io voglio fare sesso con la commessa, con le persone normali. Adesso mi tocca rispondere su Instagram ma è un casino, non è gestibile».

Foto di Nicola Bussei e Asia Jennifer Lanni. Stylist: Simone Folli. Abiti, Moschino.