Cottarelli: «Le bufale (anche su di me), la politica e Breaking Bad»

Nel suo nuovo libro, l'economista smonta le bugie economiche di questi anni. Qui dà qualche giudizio sul governo («Populista istituzionalizzato»), parla di candidature («Non lo escludo») e racconta di quella telefonata ricevuta dal Quirinale
Cottarelli «Le bufale  la politica e Breaking Bad»

«Da interista lo capisco: diamo sempre la colpa all’arbitro, accusandolo di favorire gli altri. Che si tratti di una partita, o di una crisi economica: l’arbitro Bce favorisce la Germania, il Fondo Monetario favorisce la Francia, e così via». Purtroppo non è così, e Carlo Cottarelli, economista italiano, ha deciso di spiegarlo facile nel suo Pachidermi e pappagalli (Feltrinelli, pagg. 272, euro 16), libro in cui mette in fila e smonta metodicamente Tutte le bufale sull'economia a cui continuiamo a credere. Sono mezze verità, indulgenti autoconvinzioni, secche bugie che negli ultimi anni hanno attecchito tra la popolazione italiana. Qualcuna a caso: «La Bce finanzia il governo tedesco in gran segreto; il Portogallo è uscito dalla crisi aumentando il debito pubblico; non si assumono giovani perché non vanno in pensione i vecchi».

Qual è la bugia più grossa?«Forse quella che le comprende tutte: “Tutti i problemi dell’Italia sono causati da altri”. Se non ci fosse la Merkel o Macron, è la bugia che ci raccontiamo, saremmo un Paese felice e prospero».

Sono le bugie che ci fanno stare bene.«Infatti ho scelto di aprire il libro con Caterina Caselli: “La verità/ti fa male/ lo so”».

Ma noi italiani, quanto la reggiamo la verità? Più o meno degli altri?«Sappiamo solo che nel nostro Paese c’è la più grossa divaricazione in Occidente tra la percezione della realtà da parte dei cittadini e la realtà stessa».

Perché, secondo lei?«Per l’esistenza di un problema reale - la crisi economica - più forte che in altri Paesi. Per la presenza dei populismi. E per una penetrazione più capillare dei social network, strumento di democrazia ma anche di diffusione più veloce delle bufale».

S****u Twitter, dopo anni di studi economici, formulazioni di teorie e un preincarico da Presidente del Consiglio, lei è stato massacrato per aver criticato Halloween.«E confermo: non capisco perché abbiamo preso l’abitudine di scimmiottare gli americani e le loro feste».

Fa strano, detto da uno come lei che è stato 28 anni in America.«E infatti, nonostante tanti anni lì, non uso termini inglesi. Nel libro parlo di bufale, non di fake news».

Touché. Risponde ai commenti?«No, mi arrabbio troppo. Rispondo solo a chi mi scrive privatamente, con garbo e con l’unico intento di iniziare una discussione interessante per entrambi. Il resto, è solo un esercizio di relazioni pubbliche e proclami».

A proposito di social, proclami e bufale, lei considera populista questo governo?«Preferisco parlare di populismo istituzionalizzato. I 5 Stelle mi ricordano un partito messicano: nacque nel 1929 col nome di Partito nazionale rivoluzionario. Dopo aver preso il potere, cambiò nome in Partito Rivoluzionario Istituzionale. Una contraddizione in termini».

Non le chiedo un voto, perché so che non li dà fuori dall’Università. Ma come giudica Luigi Di Maio fin qui?«Un politico sveglio, capace di adattarsi alle situazioni».

E il premier Giuseppe Conte?«Un democristiano furbo, molto più di quel che appare».

Ultimo, Zingaretti.«(ci pensa, ndr) Scusi, non riesco a figurarmelo».

Lei da chi aveva ricevuto richieste di candidarsi?«Praticamente da tutti, meno il Pd».

Addirittura. A maggio, durante lo stallo per la formazione di un Governo, è stato chiamato come premier incaricato.«Ero a casa a Milano, avevo appena finito di correggere i compiti dei miei studenti all’Università. Stavo per mettermi a cucinare un piatto di lenticchie, che avrei mangiato guardando una puntata di Breaking Bad. Squillò il telefono. Era il Quirinale…».

Andò a Roma e divenne l’uomo più popolare del Paese per quattro giorni, prima di fare un passo indietro e consentire la nascita del governo giallo-verde. Rifarebbe tutto?«Sì, credo di aver fatto tutto al meglio. Mi dispiace solo perché qualcuno, come alcuni 5 Stelle e Marco Travaglio, ha detto che ero risentito per non essere diventato premier».

Un’altra bufala, questa volta ai suoi danni?«Sì. Per me è stato già un onore essere chiamato per qui quattro giorni».

Ci pensa mai a fare politica?«Svolgo già un ruolo parapolitico, con i libri e gli incontri in giro per l’Italia».

Riformulo: ha in mente di candidarsi o fare un partito?«Al momento no. Ma non lo escludo».