Una cena giamaicana per una buona causa

Quando il senso di comunità si costruisce attraverso la cultura del cibo
Una cena giamaicana per una buona causa

A quante famiglie si può appartenere?

Infinite.

Questo è il primo pensiero che mi attraversa la mente mentre parlo con Caterina Monda, fondatrice di Metis PR. La incontro in occasione della Jamaican Charity Dinner che si terrà questa sera a Milano presso Convey/Basic Village con i celebri chef Christopher e Lisa Binns (Stush in the Bush, “un'entità culinaria giamaicana rigenerativa e sostenibile dal giardino alla tavola”).

La cena nasce con l'intento di raccogliere fondi da devolvere a due scuole primarie giamaicane: la Sandy Bank Primary School e la Pedro Plains Primary School. Inoltre il ricavato della serata sarà devoluto a Transwave, un'organizzazione no profit dedicata alla promozione della salute e del benessere della comunità transgender nei Caraibi.

Ho approfondito con lei il percorso che l'ha portata alla ideazione di questa iniziativa, creata con la madre Jacqueline Greaves, l'influencer Tamu Mcpherson, il giornalista Jordan Anderson e Simple Flair (Simona and Riccardo Crenna) .

Caterina cominciamo dagli inizi, qual è il tuo percorso?

CM: «Sono nata in Italia da papà italiano e mamma giamaicana. Quando ero molto piccola, all'età di un anno, i miei si sono trasferiti a New York. Sono cresciuta lì e ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare in un'agenzia di PR focalizzata principalmente sul mondo del design di lusso. Mi sono innamorata: ciò che mi affascinava era l'idea del design da collezione, specialmente made in Italy, di cui erano tutti ossessionati. Ero così curiosa di capire cosa venisse fatto in Italia, che ho deciso di trasferirmi qui sei anni fa. Mi sono stabilita a Milano e ho iniziato questa avventura di apprendimento. Questo è stato il mio percorso professionale. Alla fine ho fondato Metis PR, che, ovviamente, si concentra molto sul design. E per me è così importante lavorare con marchi e designer selezionati secondo quella che chiamo la “made in Italy philosophy”, una filosofia che pone al centro valori quali la tradizione e la preservazione dell'artigianato. Metis è stata fondata un anno e mezzo fa con la mia socia Debrina Aliyah, che è malese. All'inizio ci siamo sentite intruse in questo mondo. Poi Milano ci ha accolte così bene che abbiamo deciso di rimanere e creare la nostra base qui. Per questo Metis è un'agenzia di pubbliche relazioni che non ha il mio nome, come spesso accade. Volevo riflettere l'esperienza vissuta e creare davvero una comunità».

Caterina Monda con la madre Jacqueline Greaves

Michael Yohanes

Come hai scelto il nome Metis?

CM: «Sono super appassionata, direi nerd, di mitologia greca, ho letto tutti i libri possibili sull'argomento e soprattutto sono stata fortunatissima perché da piccola i miei genitori mi hanno fatto frequentare classi gratuite per bambini al Metropolitan Museum di New York che si focalizzavano proprio sulla storia greco-romana. Da lì è nata la mia ossessione.

Meti è il nome di una dea greca, astuta e intelligente, che aiutò Zeus a ribellarsi al padre. È grazie a lei se lui raggiunse il successo anche se venne subito messa da parte. Ho scelto Metis come nome della mia agenzia per renderle omaggio, per onorarla dei suoi meriti. Così le ho dato un nuovo nome, Metis, che fa riferimento anche a noi due fondatrici.

In tanti momenti le donne non sono state prese sul serio o sono state sottovalutate, schiacciate. Questo è il motivo per cui creo delle occasioni di incontro tra gruppi di donne, per confrontarsi e sostenersi, non solo in ambito lavorativo. Desidero che le donne si sentano potenti e sicure di sé, che possano parlare di qualsiasi cosa senza sentirsi in colpa. L'idea è quella di creare una comunità di costellazioni composta da persone che ci piacciono e ci ispirano.

Metis richiama anche la parola meticcio, che contiene in sé l'idea di intreccio, proprio come l'incontro tra diverse culture che caratterizza la mia vita e quella di Debrina. Sono orgogliosa di esser italiana, giamaicana, newyorkese…sono molto fortunata perché fin da piccola non "ho visto” le differenze, dato che la diversità faceva parte della mia stessa famiglia.

A Milano ho riscontrato che non c'era grande mescolanza tra gruppi di persone, così ho voluto fare qualcosa di nuovo. Tre anni fa abbiamo dato vita a una serie di cene con persone che amiamo, amici, famigliari e creativi tra cui potrebbero nascere sinergie. A cucinare è mia madre, Jacqueline Greaves, che ci accompagna in un viaggio alla scoperta della cucina giamaicana. Ci sono amici come Tamu Mcpherson e Jordan Anderson che non se ne sono persa una!».

L'idea di creare una community passa anche attraverso il cibo?

CM: «Assolutamente! Il cibo è potente, porta con sé emozioni profonde e memorie dell'infanzia. L'abbiamo chiamata "feeding the children", cioè portare gli amici a casa nostra per fare un buon pasto, un pasto giamaicano caldo e nutriente. Ma poi abbiamo ricevuto richieste su Instagram, di persone che erano incuriosite vedendo le foto sui social e volevano venire e fare questa esperienza. E mia madre, cosa molto speciale, ama spiegare, raccontare la storia che c'è dietro ogni piatto. La cosa bella è che i milanesi si sono dimostrati molto ricettivi e abbiamo scoperto che questo concetto di costruzione della community attraverso le tradizioni culinarie, questa idea di famiglia, appartiene sia alla cultura giamaicana che a quella italiana. Tutto nasce dalla volontà di creare dialoghi».

Come si è sviluppata l'iniziativa della charity dinner?

CM: «Mia madre per molti anni ha intessuto rapporti con le scuole primarie con cui stiamo collaborando perché ha amici nella comunità, e poi è molto vicina agli chef Lisa e Christopher Binns che sono vere e proprie star, chef pluripremiati in Giamaica. Ci siamo detti: “Perché non facciamo qualcosa?”. Abbiamo parlato con Tamu Mcpherson e Jordan Anderson, e Jordan ha proposto di aiutare anche Transwave, una organizzazione che crea iniziative a favore della comunità LGBTQIA+ nei Caraibi. Al momento la situazione è molto complicata, non c'è nemmeno l'assistenza sanitaria. Non hanno spazi sicuri dove ritrovarsi. Volevamo quindi raccogliere fondi per queste organizzazioni in cui crediamo profondamente. Vogliamo aiutare attraverso la creazione di un evento divertente, diverso e delizioso, facendo conoscere la straordinaria cucina di Stush in the Bush, un pasto rustico e gourmet che invita gli ospiti a rallentare e a uscire dai sentieri battuti».