Veronica Yoko Plebani argento nel Triathlon alle Paralimpiadi e cover girl di Vogue: «Pensavo che non avrei dimenticato il dolore. E invece l’ho fatto. Per questo oggi non ho paura di niente»

L'atleta paralimpica, fotografata da Cho Gi-Seok, si racconta alla giornalista Elena Favilli: la meningite, il suo nuovo corpo, che non ha mai odiato, e cos'è la bellezza per lei
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L'intervista a Veronica Yoko Plebani argento nel Triathlon alle Paralimpiadi di Parigi 2024 e cover girl di Gennaio 2022 di Vogue Italia

Veronica Yoko Plebani è nata a Gavardo, in provincia di Brescia, il 1° marzo 1996. Già bronzo Tokyo ha conquistato l'argento nel Triathlon donne PTS 2 alle Paralimpiadi di Parigi 2024. Come riportato dalla stessa atleta in zona mista dopo la vittoria: «La gara è stata durissima, ma io mi sono veramente sorpresa di me stessa. Sono stata solidissima in tutte le tre fazioni. Non lo so, è veramente incredibile. E poi avere i miei amici, tutti, che hanno fatto il tifo tutto il tempo...». Qui sotto trovate quello che Veronica Yoko Plebani ci ha raccontato quando ancora Parigi era lontana e invece Tokyo vicinissima.

Veronica Yoko Plebani argento nel Triathlon alle Paraolimpiadi di Parigi 2024

Veronica Yoko Plebani argento nel Triathlon alle Paraolimpiadi di Parigi 2024

Veronica Yoko Plebani argento nel Triathlon alle Paraolimpiadi di Parigi 2024

ALAIN JOCARD/Getty Images

Veronica Yoko Plebani argento nel Triathlon alle Paraolimpiadi di Parigi 2024

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L'intervista a Veronica Yoko Plebani protagonista della cover di Gennaio 2022

C’era una volta una bambina che voleva diventare albero. Anzi, no, c’era una volta una bambina che voleva diventare foresta. Si chiamava Veronica e aveva occhi azzurri come il cielo e ali di farfalla. La mamma aveva voluto darle Yoko come secondo nome, perché in Giappone è il nome che si dà alle bambine che nascono a marzo e aprono la primavera. E Veronica avrebbe portato presto non solo il sole, ma interi oceani, fiori e montagne sulla sua pelle.

Abito lungo a canotta in organza con ricamo floreale all-over, Giorgio Armani.

Quando parlo al telefono con Veronica Yoko Peblani, dalla sua casa di Bologna dove studia Scienze Politiche, non posso fare a meno di chiederglielo subito: come ci si sente a posare per un servizio che andrà sulla copertina di Vogue Italia? «È stata una giornata meravigliosa, soprattutto perché, per la prima volta, il mio corpo è stato fotografato in tutta la sua complessità e non solo per i suoi aspetti non conformi. Ho un corpo difficile da scattare ed è stato molto bello raccontarlo come qualcosa che non parla solo di disabilità ma che fa parte di un contesto molto più ampio».

Parlare con Veronica è come volteggiare in un quadro di Chagall, trasportati in una danza attraverso tempi, spazi, gioie e dolori troppo grandi per una ragazza di 25 anni. La sua passione per lo sport nasce da bambina che cresce nella provincia di Brescia e si alimenta seguendo da tifosa le gare del padre maratoneta. Poi a 15 anni una meningite fulminante sembra spezzare tutti i suoi sogni. Veronica rischia di morire, passa quattro mesi in ospedale e torna a casa su una sedia a rotelle con le falangi delle mani e le dita dei piedi amputate e grandi cicatrici su gran parte del corpo. «Quando ero in ospedale pensavo che non sarei mai riuscita a dimenticare quel dolore. E invece l’ho dimenticato. Per questo oggi non ho più paura di niente. Qualsiasi sfida mi sembra possibile. Che potrà mai succedere?».

Abito con doppio strato di chiffon di seta e piume all-over cucite a mano, MaxMara.

La tua è stata una metamorfosi in tutti i sensi. Sei cambiata moltissimo dopo la malattia, ma anche nello sport continui a cambiare. Hai cominciato dalla canoa, poi lo snowboard, ora il triathlon con la medaglia di bronzo ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020. Qual è il tuo sport preferito?
Il mio sport preferito è la fatica! Mi piace molto il cambiamento, forse è per questo che quando ho incontrato il team di triathlon alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro  nel 2016 ho capito subito che quello sport assurdo sarebbe stato adatto a me. Passare al volo dal nuoto alla bici, dalla bici alla corsa… in un momento in cui non riuscivo neanche a camminare per un km! Come faceva a non piacermi una sfida così?

Quando hai capito che saresti diventata un’atleta?
Quando sono uscita dall’ospedale, per darmi un tono di normalità, mio padre ha pensato di mettermi su un aereo e portarmi con lui alla maratona di New York. Il giorno prima della gara una non profit organizza sempre una corsa di soli 5 km che finisce sulla stessa finish line della maratona ufficiale e in quella corsa mio padre con la sua squadra mi ha spinto sulla carrozzina fino al traguardo, che ho tagliato camminando. Erano solo pochi passi, ma è lì che ho provato quella sensazione di conquista che mi ha fatto pensare: devo fare qualcosa che mi dia questo tipo di gioia.

Abito lungo a canotta in organza con ricamo floreale all-over, Giorgio Armani.

La gioia è forse l’emozione che trapela di più in tutto quello che fai e sei molto seguita sui social, soprattutto dai giovanissimi. Che cosa cercano in te?
Penso siano curiosi rispetto alla mia storia, alla mia attitudine nei confronti del mio corpo. Si pensa sempre che ci voglia un gran coraggio nel mostrarsi quando si ha un corpo non conforme, invece per me è normale. Io ho sempre pensato al mio corpo come a uno strumento che mi permetteva di fare cose e non come a un limite. Anzi, le cose più straordinarie le ho fatte dopo che il mio corpo ha subito questa trasformazione, quindi non l’ho mai odiato.

Sul tuo profilo Instagram c’è anche una tua foto nel letto d’ospedale, ancora intubata e con i segni recenti lasciati dalla meningite sulle tue braccia. Io quando l’ho vista ho pensato a Frida Kahlo, che passò molto tempo della sua vita a letto dopo il suo primo incidente, e che trasformò quella sua sofferenza e disabilità in arte. Che effetto ti fa vedere quella foto oggi?
Quello che mi ha sempre spinto ad andare avanti con gioia è stata la curiosità: sono troppo curiosa di quello che potrà succedere domani. Anche se qualcosa non va bene o mi sento giù, il semplice sapere che presto potrebbe accadere qualcosa di bellissimo e incredibile mi rende sempre felice. Quella malattia è stato solo un passaggio della vita, come tante altre cose, e per me è importante mostrare che ci sono stati momenti difficili, che ci sono, ma che l’attitudine nell’affrontarli è sempre coraggiosa e affamata di vita. È normale passare attraverso tanti ostacoli ma è doveroso guardarli al passato, andare avanti.

Tuta in popeline ricamato, Alberta Ferretti.

La visibilità pubblica ti ha ormai trasformato in qualche modo anche in un’attivista. Tu come ti definisci? Ti senti prima di tutto un’atleta?
Fare l’atleta ad alti livelli definisce la tua identità perché richiede un impegno quotidiano così importante che è difficile pensarsi come qualcos’altro, per quanto a me piaccia considerarmi una persona con molte sfaccettature. Quindi, sì, io sono prima di tutto un’atleta, poi in futuro si vedrà, non mi piace pianificare troppo, preferisco vivere e scoprire strada facendo quale sarà la prossima porta che si apre. Sicuramente mi piacerebbe aiutare altri giovani atleti con disabilità nel loro percorso.

Oggi nei media c’è molta più sensibilità rispetto all’inclusione di corpi che si allontanano dallo standard. Si parla molto di nuovi canoni di bellezza. Che cos’è la bellezza per te?
La bellezza è complessità. I fiori sono tutti diversi l’uno dall’altro ma nessuno dice mai che quelli diversi non sono adatti, non sono belli o non dovrebbero avere uno spazio nel mondo. Anche il mio secondo nome, Yoko, può significare un sacco di cose diverse: figlia del sole, figlia degli oceani, figlia delle foglie… e io mi sento proprio così, un organismo in continua trasformazione.

Top in tulle e abito sottoveste a stampa floreale con inserti in pizzo e choker farfalla, Dsquared2.

*Elena Favilli (1982) è un’autrice bestseller internazionale e una giornalista impegnata a individuare e denunciare discriminazioni di ogni tipo. È fondatrice e direttrice creativa di Rebel Girls, un gruppo editoriale che crea contenuti per ispirare le nuove generazioni di bambine a essere più coraggiose e sicure di sè. La serie di libri “Storie della buonanotte per bambine ribelli”, è tradotta ormai in quasi 50 lingue.

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Crediti moda:
Foto di Cho Gi-Seok
Styling di Vanessa Reid
Models: Veronica Yoko Plebani
Assistant: Jang Hyejin
Project Manager: Kelly Suh
Hair: Olivier Schwalader @ Bryant Artists
Make-up: Cecile Paravina @ Bryant Artists
Set Designer: Giulia Munari
On set: Kitten Production

In apertura: Abito con doppio strato di chiffon di seta e piume all-over cucite a mano, Max Mara.

VERONICA YOKO PLEBANI @ Vision Street Casting
Foto Cho Gi-Seok
Styling Vanessa Reid
Top di catene metalliche con applicazioni floreali in ceramica e gonna di pelle con fiori a intarsio sovrapposti, Marni.

Sulle labbra, L’Absolu Mademoiselle Shine, n. 156, Lancôme. Hair Olivier Schwalader @ Bryant Artists
Make-up Cecile Paravina @ Bryant Artists
Set Designer Giulia Munari

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