Dal Giappone: la direttrice di Vogue racconta il Covid-19

La direttrice di Vogue Japan Mitsuko Watanabe fa un toccante resoconto dell’impatto del Covid-19 sul Paese, sull’industria della moda. E sulla rivista
Cherry blossom festival in Matsuda south of Tokyo
Cherry blossom festival in Matsuda, south of TokyoPhotography Shutterstock

Il 14 febbraio, Vogue Japan ha deciso di impedire a tutti gli editor di partecipare alla settimana della moda che sarebbe cominciata quello stesso giorno a Londra, seguita dalle sfilate di Milano e di Parigi; uno dei nostri editor era già stato alla New York Fashion Week. Il numero di casi di coronavirus in Giappone era in aumento (compresi i casi dei passeggeri della Diamond Princess, la nave da crociera ancorata nel porto di Yokohama). Anche molti dei grandi brand europei avevano cominciato ad annullare la presenza alle sfilate del personale dei loro uffici in Asia. C’è stata una riunione con il presidente di Condé Nast Giappone, Jun Kitada, e si è deciso che non avremmo assistito alle presentazioni in passerella. Di tutti i media giapponesi che si occupano del fashion month, noi siamo stati i primi a rinunciare. In quel momento i casi di coronavirus in Europa non erano molti e qualcuno ha ritenuto che stessimo usando una prudenza eccessiva.

Tuttavia, qualche giorno più tardi, quando i casi non collegati ai passeggeri della Diamond Princess hanno iniziato ad aumentare, Condé Nast Giappone ha deciso una strategia che prevedeva due settimane di smart working a cominciare dal 22 febbraio. L’unica altra occasione in cui un’intera azienda era ricorsa a misure di prevenzione simili era stato nel marzo 2011, all’epoca del terremoto del Tōhoku. Intanto, si è saputo che alla Milano Fashion Week Giorgio Armani aveva sfilato a porte chiuse e che la situazione in Italia stava cambiando rapidamente, peggiorando più in fretta di quanto si sarebbe potuto immaginare.

Fermare la diffusione di fake news

I dipendenti e il personale della nostra company avevano cominciato a lavorare da remoto da qualche giorno, quando un gruppo di esperti del governo ha annunciato che le successive due settimane sarebbero state cruciali per impedire l’ulteriore diffusione del virus e ha chiesto di lavorare da casa a tutti coloro che potevano farlo e di non uscire se non era assolutamente necessario. Nel contempo, la scorta di mascherine negli ospedali ha cominciato a esaurirsi e i dottori a temere un “collasso del sistema sanitario” se la situazione si fosse prolungata.

L'ora di punta al mattino nella stazione di Shinagawa, Tokyo, febbraio 2020Photography Getty Images

Il governo ha promesso altri 100 milioni di mascherine entro una settimana, ma a tutt’oggi è un miracolo trovarne una. Alcuni hanno cominciato a rivendere mascherine a prezzi altissimi sui siti di e-commerce e il governo ha dovuto adottare provvedimenti per proibire queste speculazioni. Molti giapponesi usano comunque le mascherine, a prescindere dal coronavirus, specialmente durante la spola da casa al lavoro in inverno. Sono considerate necessarie, che è il motivo per cui nessuno avrebbe immaginato che potessero scarseggiare con l’esplosione dell’epidemia, e nessuno sembrava rendersi conto che la maggior parte delle mascherine in vendita in Giappone in realtà erano realizzate in Cina.

Dopo il crescendo di agitazione per le mascherine è scoppiato il panico da mancanza di carta igienica. È partita una fake news, poi diffusa rapidamente sui social: “Le importazioni dalla Cina si sono fermate quindi il prossimo articolo a esaurirsi sarà la carta igienica”. Mentre nei supermercati e nei negozi di casalinghi gli scaffali si svuotavano, il governo ha dichiarato che la scarsità di carta igienica era una falsa ma la situazione non è migliorata. In Giappone si produce sufficiente carta igienica ma la penuria nei negozi ha messo in crisi la rete di distribuzione rallentando il ritorno alla normalità. Ho ordinato la carta igienica su un grosso sito internet che uso spesso e, pur non essendoci carenza, il prezzo era moltiplicato e mi hanno detto che ci sarebbe voluta più di una settimana per la consegna. Quando si spezza una catena di produzione, non è facile ripristinarla.

Al momento circolano parecchie fake news su come liberarsi dal virus, tipo mangiare il curry o bere l’acqua a 26-27°C. Queste informazioni vengono diffuse sui social senza evidenze scientifiche e le agenzie governative si trovano costrette a confutarle. Molti insistono che mangiare il curry funzioni perché il numero di casi in India è relativamente basso. Essere in grado di distinguere tra la verità e le bufale e cercare informazioni corrette è della massima importanza.

Niente blossom watching 2020

La primavera in Giappone prevede molti eventi all’aperto. Tuttavia, in conformità con le direttive del governo, i concerti, le cerimonie di laurea e gli eventi sportivi sono stati cancellati. Per la prima volta, un importante torneo di sumo e le partite del campionato di baseball professionale si sono svolti a porte chiuse. A causa del cambiamento climatico, i ciliegi fioriscono sempre prima e quest’anno a Tokyo ci si aspetta che sboccino la prossima settimana o giù di lì. Tuttavia, tutti i parchi pubblici hanno chiesto di astenersi dal “blossom watching”, con gruppi di persone che fanno i picnic sotto i ciliegi in fiore. Alla gente è stato chiesto di “guardare e passare oltre”.

Torneo Spring Grand Sumo all'Edion Arena di Osaka, l'8 marzo 2020, è andato in scena senza spettatoriPhotography Alamy

Ovviamente anche l’industria della moda sta incontrando delle difficoltà. Feste ed eventi cancellati o rimandati. La Tokyo Fashion Week, che solitamente segue Parigi, è stata annullata. Le vendite nei grandi magazzini a febbraio sono calate del 15% rispetto allo scorso anno.

È stato anche detto che i visitatori provenienti dalla Corea del Sud e dalla Cina saranno sottoposti a una quarantena di due settimane e molti ryokan con l’onsen (le tradizionali locande giapponesi con il bagno termale), molto amati dai turisti stranieri, stanno chiudendo. Non è difficile immaginare il danno economico che subiranno se il normale flusso di turisti verrà a mancare. 

Un modo diverso di lavorare

Durante il nostro periodo di smart working, Vogue Japan ha chiuso il numero di maggio. Questo numero include sempre dei servizi speciali sulle ultime collezioni da New York, Londra e Milano, ma, dal momento che i nostri editor non hanno potuto assistere alla presentazione delle collezioni, abbiamo ridotto il numero delle pagine e cambiato la struttura della rivista. Abbiamo guardato le sfilate che era possibile vedere in diretta streaming e controllato le pagine Instagram e i siti web per raccogliere informazioni sulle collezioni. Alcuni anni fa, quando la tecnologia digitale non era così estesa, credo che avremmo dovuto rinunciare del tutto ai servizi sulla moda.

La direttrice creativa di Vogue Japan Anna Dello Russo, che vive a Milano, ha assistito alla Fashion Week di Parigi. Poiché a Milano c’era già stato un aumento di infezioni da coronavirus, ha evitato di prendere l’aereo ed è andata a Parigi in auto. Ci ha messo quasi nove ore. Per preparare la copertina e i servizi fotografici di Vogue Japan per la prossima stagione, ha scelto di eludere i rischi che avrebbe potuto incontrare all’aeroporto trasportando i campionari.

L'area partenze dell'areoporto di Haneda a Tokyo, a marzo 2020Photography Getty Images

A Vogue Japan, il lavoro da remoto è stato esteso di altre due settimane e ciò ha fatto sì che ci rendessimo conto che con lo sviluppo della tecnologia il nostro modo di lavorare cambierà. Molti impiegati della redazione sono felici del tempo in più che possono trascorrere con la famiglia e la condizione delle donne che lavorano è diventata un argomento chiave che si spera darà l’avvio al cambiamento sociale. I lavori che si possono fare da casa sono pochi e con le scuole chiuse tante famiglie stanno avendo problemi a conciliare il lavoro con la cura dei figli. Come succede nella maggior parte dei paesi, di solito sono le donne a dover reggere il peso in più. In questa situazione, il divario di genere nelle nostre società è diventato evidente.

Attualmente la luce in fondo al tunnel ancora non si vede e in rete circola l’espressione “corona depression”. Stiamo affrontando una crisi e la gente sta accumulando generi di prima necessità. Ma noi dobbiamo guardare avanti e chiederci: cosa vorranno quando si saranno assicurati il quotidiano? Vorranno vedere cose belle, eccitanti, che portano speranza. Credo che la moda e il nostro lavoro giocheranno un ruolo in questo.