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Clare Waight Keller di Givenchy e il vincitore del Premio LVMH 2019 Thebe Magugu in conversazione con Vogue

“Amo il modo in cui parla della sua comunità, delle donne della sua vita e dei dettagli che nota del modo in cui vestono”. La direttrice artistica di Givenchy, Clare Waight Keller, chiacchiera con il vincitore del Premio LVMH 2019 Thebe Magugu su cosa significhi essere designer oggi come oggi
Clare Waight Keller di Givenchy e il vincitore del Premio LVMH 2019 Thebe Magugu in conversazione con Vogue
Thebe Magugu © Trevor Stuurman

Mercoledì 4 settembre, lo stilista di Johannesburg, Thebe Magugu, è diventato il primo designer africano ad aggiudicarsi il Premio LVMH. A presentare il premio il vincitore, assieme ad un sostegno economico del valore di 300.000 euro e ad un anno di tutoraggio, è stata la musa di Nicolas Ghesquière, l’attrice svedese premio Oscar, Alicia Vikander. Ribattezzato di recente Karl Lagerfeld Prize, il premio noto in passato come LVMH Special Prize è andato invece all’israeliano Hed Mayner di 33 anni.

Dopo l’evento, Vogue ha chiacchierato con la direttrice artistica di Givenchy e membro della giuria del Premio LVMH, Clare Waight Keller, e con Thebe Magugu, per scoprire come si è svolta la giornata e cosa significhi essere designer nel 2019.

Thebe Magugu ©Trevor Stuurman

Clare Waight Keller © Getty Images

Pascal Le Segretain

Cosa ha contraddistinto i finalisti di quest’anno e Thebe in particolare?

Clare Waight Keller (CWK): “I finalisti erano affascinanti quest’anno in quanto avevano tutti una storia molto sincera e personale o una causa molto onorevole. Le creazioni di Bethany Williams hanno un messaggio filantropico e diversi designer come Kunihiko Morinaga di Anrealage, Emily Bode, Phipps by Spencer Phipps e la stessa Williams lavorano col tema della sostenibilità. Quello è stato in realtà il tema generale che è emerso: sembrano essere tutti molto consapevoli del rispetto per l’ambiente. Penso che per molti di noi della giuria si tratti di qualcosa che abbiamo presente ma per tanti di questa nuova generazione di designer è al cuore di ciò che fanno e di come intendono sviluppare le loro aziende. Abbiamo senza dubbio imparato molto dalle loro storie.

Thebe ha un’idea molto chiara di ciò che vuole ottenere. Amo il modo in cui parla della sua comunità, delle donne della sua vita e dei dettagli che nota del modo in cui si vestono. Dà una storia ai suoi capi e incorporano anche la tecnologia. C’è una grande forza creativa in Sud Africa di cui non si sente parlare a sufficienza e abbiamo ritenuto che Thebe potesse davvero trarre un grosso vantaggio dalla vincita del premio.”

Quali sono state le più grandi sfide nella tua carriera fino ad oggi?

Thebe Magugu (TM): “Il talento non manca in Sud Africa è il sistema, la distribuzione e quant’altro, a scarseggiare. È quello il motivo per cui non si sente parlare più spesso degli stilisti del continente africano in generale. Da un punto di vista personale, l’area di Johannesburg dove mi trovo attualmente a lavorare, è piuttosto pericolosa, quindi mi è molto difficile portare qui la gente per mostrare loro il mio lavoro. A volte guardo SHOWStudio e sento fuori spari di pistola e mi rendo conto quanto la mia realtà sia spaccata in due”.

In che modo pensi di utilizzare il soldi del premio per sviluppare il tuo marchio?

TM: “Da designer la mia missione è avere un marchio globale con base al di fuori da Johannesburg. Piuttosto che organizzare una sfilata grandiosa, preferisco concentrarmi sulla struttura della mia impresa in modo da potere realizzare obiettivi più grandi in futuro. Voglio poter avere un atelier, in quanto fino ad ora ho lavorato da casa mia ingaggiando di tanto in tanto qualcuno che mi aiutasse perché, come ho spiegato a Clare e alla giuria, tutto, fino ad oggi, esisteva solo nella mia testa, a parte l’aspetto del cucito. Mi sono dovuto occupare della contabilità, di preparare i cartamodelli, di tagliare i tessuti; in condizioni del genere occorre ingegnarsi. Far quadrare i conti, creare qualcosa dal nulla, richiede molta energia. Ora sento di poter respirare un po’ per la prima volta da quando ho lanciato il marchio”.

Quali sono le qualità che cercate quando si tratta di reclutare nuovi talenti?

CWK: “Devono possedere l’abilità di parlare di moda con passione; è incredibile vedere quanta gente lavori nel settore senza avere una comprensione approfondita di come funzioni. Credo inoltre che la capacità di raccontare una storia attraverso i capi e immaginare concetti interessanti costituisca una grossa parte del lavoro di designer. Ora vogliono tutti una maggior profondità; l’aspetto emozionale nella moda è più forte che mai ed è molto importante essere in grado di comunicarlo”.

Il comitato di LVMH ha ribattezzato lo Special Prize for young designers il Karl Lagerfeld Prize proprio in onore dello stilista scomparso. Quali sono i tuoi più grandi ricordi legati a Lagerfeld?

CWK: “Ci sono tanti momenti trascorsi con Karl che amo ricordare. Ci siamo incontrati per la prima volta nel 2011 circa quando sono entrata a far parte di Chloé, di cui era stato responsabile creativo due volte, dal 1964 al 1974 e dal 1992 al 1997. Anche se era nel settore da tantissimo tempo, amava la moda profondamente e ne parlava in maniera tale come se fosse qualcosa di sempre nuovo per lui, una scoperta continua. Amava scoprire nuovi designer ed era interessante partecipare alla giuria del premio in sua compagnia in quanto aveva sempre molto da dire su ogni singolo candidato”.

In che modo la tecnologia influenza il vostro lavoro e il modo in cui comunicate il vostro stile?

CWK: “Non credo che nessuno sia più in grado di operare senza social media, costituiscono una parte integrante di ciò che facciamo. Non importante cosa fai, se sei cantante, attrice o stilista, si tratta di conoscere il tuo pubblico. Come dicevo prima, le emozioni giocano un ruolo più importante che in passato e ciò che mi piace del modo in cui Ariana Grande [l’attuale volto di Givenchy] interagisce sulle sue piattaforme digitali è che è completamente aperta rispetto a come si sente e ai suoi sentimenti: piange, racconta di aver avuto una giornata tosta, parla di tutto”.

TM: “Collaboro con un’azienda chiamata Verizon, composta da amici, per creare dei microchip da inserire in tutte le mie etichette. Scaricando la mia app e scansionando l’etichetta si ottengono tutte le informazioni sul capo, dalle immagini del lookbook, ai dettagli sulla sua realizzazione, al retailer che l’ha venduto come anche il concetto e la storia che ha ispirato la collezione. Mi sentivo triste al pensiero che c’è così tanto lavoro che va in ciò che faccio di cui la gente non conosce nulla. Ora questo tipo di tecnologia cambierà le cose”.

Thebe Magugu Spring Summer 2020

J. Countess