quando è stata fondata, Cisco è cambiata diverse volte: ha attraversato l’esplosione del web negli anni ‘90, la bolla delle dotcom negli anni 2000, la rivoluzione (ancora da compiere) dell’IoT iniziata nel decennio successivo. I numeri sono quelli di un colosso: fornendo ancora oggi tecnologie fondamentali per andare in rete, dall’ethernet ai data center per il cloud, Cisco incassa 51 mld di dollari all’anno, e dà lavoro a una popolazione aziendale che potrebbe riempire una piccola città (83.300 dipendenti in 95 Paesi). Quella popolazione, intanto, è diventata sempre più inclusiva, sia per quanto riguarda l’etnia dei dipendenti che il genere. E c’è un momento preciso in cui quella trasformazione è iniziata: “Otto anni fa”, racconta la Executive vice president Francine Katsoudas, che guida non solo il personale ma anche le policy e il ‘Purpose’ dell’azienda. La svolta è stata l’arrivo, nel 2015, dell’attuale Ceo Chuck Robbins: “Con lui abbiamo iniziato a capire che quando hai le persone migliori a livello di cultura, questo avrà un grande impatto su tutto quello che fai. In quel momento, eravamo 88esimi sulla lista ‘100 Best companies to work for’ di Fortune. Detto sinceramente, non eravamo al punto in cui siamo ora, in termini di diversità”, dice la vice presidente guardando le colleghe che l’hanno accompagnata in Italia per la ‘business review’ di uno dei Paesi chiave dell’azienda: con l’occasione, quattro delle manager più importanti di Cisco si sono sedute con Fortune Italia per spiegare come il lavoro
REAZIONE A CATENA
Jul 11, 2023
8 minuti
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