A Taormina, d'inverno
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Anteprima del libro
A Taormina, d'inverno - Antonello Carbone
RINGRAZIAMENTI
Prefazione
Sicilia e mistero sono sinonimi. Ogni pietra ha una storia, ogni silenzio nasconde una verità. Certe volte bastano due righe su un quotidiano, una conversazione portata dal vento. L’aria è satura di indizi e la tentazione di seguirli è troppo forte. Lo sanno quei giornalisti che aprono porte rimaste chiuse e fanno domande invece di stare zitti. Ma poi, da un dubbio all’altro, da una risposta all’altra, si arriva al punto in cui la verità non può essere rivelata, né dimostrata. Allora è il momento di scrivere un romanzo.
Siamo abituati alle storie rassicuranti del Commissario Montalbano. Sappiamo già che risolverà il caso, che la Sicilia dolente delle mafie e dei delitti non gli toglierà l’appetito, che la sua equazione darà sempre il giusto risultato. Ma con A Taormina, d’inverno, siamo più dalle parti di Leonardo Sciascia, del suo ultimo, rarefatto, romanzo: Una storia semplice. Ci accontentiamo di spiegazioni verosimili, dice Sciascia, restiamo in superficie, perché pensiamo sia la nostra salvezza. Lui era un pessimista, credeva che l’impulso più forte fosse quello di aggiustare
la verità, non di raccontarla. Invece qui abbiamo Giacomo Cassisi, un giornalista che ha bisogno più di verità e meno di salvezza. Non per scriverla sul giornale, ma per se stesso.
Nello scenario di una Sicilia bellissima, goethiana, che sembra finta, ma è reale, se non altro perché tutti conoscono Taormina, la morte misteriosa di Efre Vazzini, apre le porte segrete di una piccola città, rivela gelosie, tradimenti, colpe. Non siamo nella terra nostalgicamente arcaica che pure piace tanto: ci sono blackberry e amici su Facebook, ci sono computer, sms, messaggi in codice. Eppure, come in Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, ci sono verità reali e verità apparenti, e bisogna passare dall’una all’altra, accettare una quota di ambiguità, di reticenza, di menzogna.
La commedia umana si è vestita di giallo perché in Sicilia non potrebbe essere altrimenti, ma nella sua indagine tra bar e spiaggia, tra una granita di gelsi e un tuffo al cuore dall’alta rupe di Castelmola, tra Fiori di Bach e mandorle amare (tutto, oltre le dosi consigliate può essere letale) Giacomo Cassisi comprende che la quotidianità può essere mostruosa e che il mistero è l’altra faccia delle nostre certezze. La frase di Picasso è anche di Antonello Carbone, giornalista che si è scoperto felice narratore: Se si segnassero su un foglio tutti i punti per i quali sono passato e li si unisse con un tratto, forse si otterrebbe un minotauro.
Roselina Salemi
LUNA
Chiaroscuro. È l’effetto della matita che si muove frenetica su un foglio ruvido d’album da disegno. Incerta, inizialmente, ma poi sempre più padrona di quello spazio bianco. Il tratto morbido si trasforma via via in sfumatura marcata, linee apparentemente confuse sono tracciate invece da una mano ispirata.
«Al diavolo il computer, la scrivania e la tv. E pure questa storiaccia che l'mi fa diventare matto. Meglio stare qui a scarabocchiare» sbraita Giacomo, rivolto verso l’unico ospite della casa, Niciula, la gattina dal manto bianco e grigio nata nel cortile della redazione e da lui adottata.
La micia, incurante delle nevrosi del padrone, muove appena l’orecchio e continua a poltrire sul divano, accucciata sul cuscino sistemato nell’angolo dove il tetto della mansarda si fa spiovente. Un punto dove Giacomo riesce appena a poggiare i piedi in quelle occasioni in cui ha voglia di stendersi per guardare un po’ di tv.
Quella notte, però, l’ansia non lascia largo all’ozio. Difficile trovare una valvola di sfogo quando non si fuma. Quel lapis l’unico richiamo irrefrenabile. Giacomo ripensa a tutte le volte che, al liceo, i suoi compagni di classe gli chiedevano di disegnare per loro.
Il monitor, sempre acceso, ha la funzione di una lampada fluorescente che illumina la parte opposta della stanza dove ha deciso di sedersi, accanto al tavolo della cucina vicino alla finestra.
Un’altra intensa giornata alle spalle. Ai suoi casini personali, da qualche tempo si è aggiunto l’omicidio eccellente di Taormina. Perché di omicidio trattasi, sembra ormai assodato, anche se il corpo della ricca ereditiera deceduta in pieno corso Umberto, da un primo esame necroscopico, non presentava alcuna ferita. Se solo la donna avesse avuto la forza di parlare, quella mattina, quando brancolando cercava aiuto, oggi la storia avrebbe già avuto scritta la parola Fine
.
Un fatto di cronaca non lascia mai indifferente un giornalista. A maggior ragione se l’episodio fa parlare la gente e il cronista vive nel luogo dell’accaduto. Giacomo Cassisi, firma della Gazzetta del Mattino
, dopo essersi separato dalla moglie Laura, aveva deciso di andare ad abitare proprio a Taormina, in un piccolo appartamento mansardato.
Unico suono nella casa, nell’ora dei gufi, il tic tac dell’orologio da cucina.
Mi godo i rari momenti in cui il telefono tace
, pensa Giacomo mentre abbozza una figura.
C’è ancora qualche mollica su quel tavolo solitamente altare di fugaci pasti.
Il pugno di Giacomo si fa serrato. Il lapis che afferra tra le dita incide con altalenante vigore quel pezzo di carta. Il contrasto del chiaroscuro aumenta. In parte è originato dal palmo della mano che si trascina sul bozzetto. Ormai imbrunito dalla matita.
Sul foglio si delinea il volto di una donna. Prende forma il viso acqua e sapone che Giacomo vuole raffigurare.
Gli occhi. Il tocco appena accennato di mascara rivive nelle ciglia tracciate dalla punta della 6B or ora temperata. Al centro, brillanti pupille. I capelli accarezzano appena il collo. Via via lo schizzo diventa ritratto, ha l’aria di un’icona che sacra non è.
Dalla finestra filtra la luce della luna. A quell’ora della notte facile vedere in cielo la luna. Si riesce ugualmente a scorgerla, pur seminascosta da una nuvola.
Quel volto e la luna. Quel volto è la Luna.
Come la Luna, è una faccia apparentemente triste. Ma basta osservarla attentamente per scorgerne il sorriso.
ORE PICCOLE
Le lancette segnano le ore piccole. 3 e 10 minuti. Il loop di una nota attira l’attenzione sullo schermo colorato dove uno schizofrenico screen saver si batte come se volesse fuggire via dal monitor. Finché non sparisce, una volta sfiorata la tastiera.
Giacomo torna al computer. La lampada Tolomeo resta orientata ad illuminare il tavolo.
Sei utenti affollano la chat di Messenger.
Il Conte è il nick di Giacomo: al suo contatto bussa una certa Eylis. Nome intrigante, amicizia approvata.
Il Conte scrive: ...Ciau. Tu chi sei, Eylis? Non ti avevo mai incontrata qui. Da dove dgt?
Risposta: S_I_C_I_L_I_A, ti basta??
Quell’interrogativo incoraggia, è un richiamo ad approfondire la conoscenza.
Lo sterile linguaggio dei cybernauti facilita il dialogo. Senza pause, si scatena un ping pong di parole. Il ticchettio dei tasti è adesso un suono continuo, sordo.
La finestra è socchiusa, un soffio di vento sposta la matita dal foglio lasciato sul ripiano accanto alla cassettiera blu. Giacomo sembra non accorgersene, intento a digitare: Io qui, per tutti, sono il Conte
.
Eylis: Lo so... ti conosco!
Il Conte: Mi conosci?...
Eylis: Forse non avrei dovuto dirtelo...
Il Conte: ...e io conosco te?
Eylis: Quante domande! E tutte assieme. Sarai abituato a farle, ma...
Il Conte: ...Posso sapere il tuo (vero) nome?
Eylis: Non ora…però un giorno potrei rivelartelo... ma ti ho appena detto niente domande, semmai potrei fartele io...
Il Conte: Non è mica detto che io ti risponda...
Eylis: ...Tipica chiusura a riccio!!!
Il Conte: Chi, io? Chiuso a riccio... boh?...
È un fitto gioco di poche parole questo dialogo muto al computer.
Eylis: ...Ke fai a quest’ora sveglio, oltre che chattare?
Il Conte: Disegno. E mangio patatine
.
Eylis: ...Non accendere la webcam, tanto è inutile!
Il Conte: ??? Mi leggi nel pensiero? Ok, tengo a bada la curiosità. Mi affascina di più immaginarti...
Eylis: Io so ki 6! Ti leggo. Non ho più visto la tua firma sulla rubrica del giornale. Non ti pare che ti sia lasciato prendere troppo la mano dal giallo di Taormina?
Il Conte: Oh, oh...!!! Ecco il motivo dell’apparizione di un nome nuovo, allora...
Eylis: ...
Il Conte: Ma... sei un fake? Comincio a dubitare persino che tu sia una donna...
Eylis: Feicché?... Smettila... accendila adesso la webcam e vedrai che sono una donna
.
Giacomo non se lo lascia dire due volte e attiva subito la cam. Giusto il tempo della messa a fuoco e si delinea una sagoma. Non un profilo, bensì le forme di un seno che traspaiono da una camicia sbottonata.
Eylis: Ok? Ora stop... ho sonno... ci risentiamo
.
CAFFÈ NERO BOLLENTE
La Luna lascia il posto al Sole. L’orologio da parete segna le 8 del mattino.
I raggi attraversano la tenda in lino di colore arancio e svegliano Giacomo rannicchiato sul divano. Si è addormentato lì, con Niciula ai piedi e il resto della compagnia della sera prima: il desktop, il mouse, la Tolomeo accesa, il vassoio con le patatine, le molliche, ma soprattutto la 6B, piccolo arnese che aveva dato fisionomia ad un volto vago.
Il foglio d’album giace sulla mensola, trattenuto dal temperino. Con la luce del giorno, Giacomo quasi si illude di scorgere dei colori in quel ritratto in bianco e nero. Il sorriso appena tracciato, come per incanto, recupera tutta la padronanza sul viso disegnato. Quell’immagine gli ricorda qualcuno, ma fa fatica a concentrarsi. Un’idea confusa lo riporta alla fotografia di una donna con indosso un vestito a righe irregolari.
Un attimo, poi il pensiero va al caffè. L’occhio, neppure tanto sveglio, al monitor. Messenger è ancora aperto. Il disco rosso sull’icona gli fa capire che Eylis non c’è.
Dormirà ancora
pensa Giacomo. Oppure sarà già al lavoro
.
«Chissà chi è ’sta Eylis nella vita reale!» si chiede a voce alta, pur conscio di non ricevere risposte dalla sua amica gatta, nel frattempo distratta dalla gomma da disegno poggiata sul tavolo. «Non ne conosco la voce, non ne conosco il viso, ma...»
Giacomo ridiventa il Conte ed esplora la chat.
Eylis è sempre offline, lui le invia un messaggio: ...Perché quel riferimento al giallo di Taormina?
, lascia