Diario di guerra dal Corno di Cavento
Di Felix Hecht
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Anteprima del libro
Diario di guerra dal Corno di Cavento - Felix Hecht
SAT Carè Alto
Gruppo di ricerca storica Tenente Felix Hecht
Diario di guerra
dal Corno di Cavento
del primo tenente dei Kaiserjäger Felix Wilhelm Hecht von Eleda
note dell’ing. Dante Ongari
Youcanprint Self-Publishing
Titolo | Diario di guerra dal Corno di Cavento
Autore | Felix Hecht
ISBN | 9788891180582
Prima edizione digitale: 2014
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
www.youcanprint.it
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PREMESSA ALLA PRESENTE EDIZIONE
Con immenso piacere, assieme all’annuario Sat Carè Alto 2005, distribuiamo gratuitamente il Diario di guerra dal Corno di Cavento
del primo tenente dei Kaiserjäger Felix Wilhelm Hecht von Eleda, con note del compianto ing. Dante Ongari, che fu anche presidente della SAT dal 1967 al 1969. Questo grazie alla sensibilità e cortesia dei famigliari dell’ing. Ongari, in particolar modo del figlio Michele, che ci hanno concesso i diritti per la stampa. A tutti il nostro ringraziamento.
Il diario è stato curato dal neo costituito gruppo di ricerca storica SAT Carè Alto Tenente Felix Hecht
, con l’inserimento di alcune foto attuali inerenti la zona della guerra.
Diceva Luisa Pedretti Romeri ricordando Dante Ongari a sei mesi dalla morte:
Ma un lavoro che a mio giudizio merita un’attenzione particolare è
Il diario di guerra dal Corno di Cavento di Wilhelm Hecht con testo, foto e note di Dante Ongari. La singolarità del contenuto del diario, la difficoltà della traduzione e della ricostruzione storica e il fascino che sprigiona la figura del giovanissimo tenente Hecht fanno di questo libro un piccolo gioiello nella storia della guerra bianca.
Ed ancora:
Possiamo concludere affermando che è motivo di orgoglio per noi della Rendena aver avuto un personaggio di elevate doti umane e culturali la cui notorietà ha varcato i confini della nostra terra. Egli ci ha lasciato il prezioso patrimonio dei suoi studi e delle sue ricerche, che dovrebbero costituire un contributo a rafforzare i legami e l’amore per i nostri paesi.
La Sat Carè Alto ha voluto anche pubblicare intatta la premessa alla quarta edizione dell’autunno del 1995, dove l’ing. Ongari dedicava l’opera "in particolare alla gente di montagna".
Ed è questo il nostro auspicio e la nostra speranza: che i nostri convalligiani sempre più si appassionino alla propria terra, alle proprie valli, alla propria storia ed alle proprie tradizioni, diventando altresì sentinelle attente dell’ambiente circostante, tenendo ben presente quanto ha detto il grande scienziato Lester Brown, Noi siamo la prima generazione cui tocca decidere se la terra debba rimanere un luogo abitabile
.
Piergiorgio Motter - Presidente SAT Carè Alto
Val Rendena - 14 ottobre 2005
PREMESSA
Questa quarta edizione appare a ventisei anni dalla prima, e come le precedenti, seconda e terza, è stata realizzata dalle Arti Grafiche
R. Manfrini di Calliano.
Nel frattempo la solitaria guerra glaciale sull’Adamello è stata largamente sondata e illustrata da voluminose pubblicazioni italiane e da più concise sintesi in tedesco. L’argomento che pertanto sotto il profilo storico è da ritenersi assai documentato, continua tuttavia a interessare soprattutto gli abitanti ai margini del massiccio, stimolati in questo dalla presenza di relitti bellici congelati nel giaccio. Cosi il ricordo dell’evento, ormai leggendario, si ritrasmette con più realismo.
Destinata in particolare alla gente di montagna, la traduzione del diario dal tedesco non è di proposito strettamente letterale, ma sono state tralasciate solo frasi e ripetizioni pleonastiche ricorrenti nel testo stenografico. Infatti il giovane autore ha steso il suo diario segreto nel ritmo convulso dell’azione di comando negli avamposti del fronte. Lo scritto rivela una spiritualità cristallina che eleva la moralità dell’azione in termini di un espressionismo, allora diffuso nel migliore ambiente culturale viennese.
Kappenabzeichen del 13º reggimento Landsturm Wir halten durch
. Noi resistiamo
- Facente parte del Iº corpo della Iª armata.
Il lungo commento che accompagna il diario è destinato soprattutto alla gente del versante trentino dell’Adamello. Lo scopo resta quello di fornire una breve sintesi illustrativa dei luoghi e delle attrezzature del fronte occupato dagli imperiali austro-ungarici nel corso della guerra.
Infine è da segnalare il notevole contributo e interessamento riservato dalle Arti Grafiche Manfrini a questa edizione.
Spiazzo di Rendena, 22 maggio 1969
Trento, 30 novembre 1995
Dante Ongari
L’autore del diario
Autore del diario è il bruno tenente Felix Wilhelm Hecht von Eleda, di 23 anni, viennese, figlio d’un generale dell’esercito austro ungarico, di nobile casato. Reduce dal fronte russo della Galizia, passa un anno sulle posizioni del Nozzolo nelle Giudicarie e poi altri tre mesi su quelle del Creino dello Stivo nell’area del lago di Garda. Infine egli si trova al comando della sua compagnia di esploratori dei Kaiserjäger nei cinque mesi che precedono la prima caduta del Corno di Cavento, avvenuta il 15 giugno 1917.
Il diario inizia colla data dell’8 febbraio e s’interrompe con quella dell’11 giugno. Quattro giorni dopo, alle prime luci di un’alba tersa, le bocche da fuoco italiane piazzate a semicerchio attorno al Cavento martellano i pochi ettari di neve occupati dai duecento uomini del tenente Hecht. Le difese sono sconquassate dalle granate del fuoco a tamburo a cui le artiglierie austriache reagiscono tardi e male. Poi, nel pieno sole della mezza mattina, duemila alpini muovono all’assalto del Cavento da est, da nord e da ovest. Poco dopo mezzogiorno gli assalitori occupano il Corno rovesciando i Kaiserjäger, che trovano scampo fuggendo dai camminamenti del ghiacciaio verso il Folletto. Tredici di loro sono catturati nella breve galleria passante i graniti della vetta del Cavento; sparsi tra le trincee sconvolte, pochi feriti e nove morti. Il comandante resiste per ultimo, isolato nella caverna, colle mani alla mitraglia. Colpito alla testa è travolto dalla violenza degli arditi guidati dal tenente Nicolò degli Albizzi, di nobile origine fiorentina, detto il russo. I due giovani tenenti che si fronteggiano nello scontro mortale hanno tra loro parecchie affinità tali da stimolare facili rapporti di amicizia in circostanze diverse; entrambi sportivi e appassionati di montagna, entrambi provenienti dalla cavalleria, entrambi di famiglia patrizia. L’agile tenente Hecht ha la peggio e finisce, per mano di un fulvo alpino, nei dirupi del Cavento. La salma scompare insepolta con sorte non rara ai caduti dell’Adamello e sono vane le ricerche fatte allora dal padre per via diplomatica tramite il Vaticano. Colla resistenza ad oltranza, il comandante adempie al giuramento di fedeltà fino alla morte, riportato nel frontespizio del suo scritto, e riscatta inoltre la scarsa combattività dei suoi soldati che, logorati dal bombardamento, non hanno causato vittime tra gli assalitori del Corno.
Il presidio è messo a saccheggio dai vincitori che vi trovano abbondante e vario bottino; il sottotenente Fabrizio Battanta, detto il brigante del Cavento, invade la ridotta del comando e tra l’altro vi raccoglie una fotografia di famiglia dell’Hecht, una lettera della fidanzata e il quaderno del diario scritto in stenografia tedesca. A ricordo del valoroso caduto, il comasco Battanta conserva il manoscritto per quasi mezzo secolo pur senza saperne il contenuto. La parziale trasposizione dalla stenografia in tedesco e la relativa traduzione del testo in italiano sono di data recente promosse da Luciano Viazzi.
L’autore del diario ha quasi la precisione d’una serie di fotogrammi nel cogliere la vita giornaliera del fronte pur coll’uso di poche parole. Nello scritto trova libero sfogo l’intimo dell’animo suo oppresso dall’incubo di oscuri presagi. Traspare l’alternarsi tra sentimenti di elevata spiritualità e la tradizione d’una educazione militare irrigidita dalla fedeltà all’impero di cui ne constata l’efficienza militare, mentre gli sfugge il superamento storico. Ufficiale leale e preparato, passa nei Kaiserjäger per condividere da buon camerata le fatiche e il rischio del fante di montagna, insofferente delle ingiustizie sociali e della camorra degli imboscati.
Sul Cavento egli vive il dilemma dell’attesa continua tra il subire l’attacco degli alpini, di cui teme l’aggresività, o il prevenirne la mossa attaccando. Lo amareggia la condotta velleitaria degli alti comandi preoccupati di mascherare la loro indecisione e la contrappone al fervore degli italiani intenti ad assediare il Cavento con sempre nuove bocche da fuoco. Si compiace invece dell’organizzazione tecnica del fronte sul ghiacciaio di cui ammira le imponenti opere a tergo della prima linea in contrasto colle precarie difese degli avamposti del Cavento sospinti a poco più di un centinaio di metri dagli alpini.
La nube del suo pessimismo interiore si dissolve sempre nel rimettersi alla volontà divina con fede sicura che risente del clima religioso della famiglia di operosa moralità; profondo affetto lo lega al vecchio padre e alle due sorelle Margot e Lisi che supplirono all’amore della madre perduta da ragazzo.
Altra fonte di serenità è la contemplazione della