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Il giallo sole di Vendicari
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E-book152 pagine1 ora

Il giallo sole di Vendicari

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Info su questo ebook

Giacomo Cassisi – il giornalista con il vezzo dell'indagine che ha fatto appassionare i lettori di Italia, Spagna, Colombia ed Ecuador- ritorna con una nuova storia ambientata in Sicilia: "IL GIALLO SOLE DI VENDICARI", romanzo scritto dal giornalista Rai Antonello Carbone ed edito in cartaceo dalla salentina Manni. Promosso "inviato speciale" del giornale per il quale lavora, "La Gazzetta del Mattino, il protagonista Giacomo Cassisi si sposta dalla sua Taormina (dove vive e dove ha seguito la sua prima inchiesta raccontata nel libro d'esordio "A Taormina, in inverno" sempre edito da Manni) per un'altra inchiesta che si sviluppa tra la pietra bianca degli iblei e la pietra lavica dell'Etna. Due omicidi legati fra loro, tra le campagne di Vendicari e il mare di Portopalo, turbano l'equilibrio imperfetto del paesaggio del val di Noto che si estende fino a Catania nel bel mezzo della primavera siciliana. Cassisi segue l'evolversi dei fatti nel groviglio reso ancor più ingarbugliato dal filo che lega la sua amica Elena a Gina, la sorella di una delle vittime. Tra stanze segrete e negozi come labirinti, lavoro nero e tavolini all'aperto, c'è un momento in cui, sotto Il giallo sole di Vendicari, le cose prendono la giusta piega. Un giallo appassionante, impegnato, dai ritmi serrati.
LinguaItaliano
Data di uscita9 giu 2017
ISBN9788892669215
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    Anteprima del libro

    Il giallo sole di Vendicari - Antonello Carbone

    [email protected]

    Prefazione

    Nei classici del genere poliziesco, la serialità dei protagonisti ha abituato i lettori a commissari, ispettori, detective professionisti o dilettanti, con tratti distintivi realistici e ben caratterizzati tali da proporli sempre più spesso come volti di successo del piccolo e grande schermo. Antonello Carbone parte dalla sua esperienza di cronista e ha creato il personaggio di Giacomo Cassisi, un giornalista con il pallino delle indagini che si muove in una Sicilia magica e imperscrutabile.

    L’odore della zagara e la forza energetica dell’Etna sono fonte d’ispirazione per l’autore catanese, che nei suoi racconti descrive i luoghi simbolo o magari meno conosciuti della Trinacria, intrisi di storia, miti e leggende ora velati da un alone di mistero. Quel mistero che si insinua tra i vicoli della turistica Taormina, come è successo nel precedente romanzo, o tra i sentieri di campagna di Vendicari, come in questo giallo che sviluppa un preciso percorso narrativo tra Catania e Siracusa evocando anche le atmosfere suggestive di Marzamemi. Così i territori siciliani – con i loro vizi e le loro bellezze, con i loro pregi e i loro mali, con il nero oscuro che contrasta col giallo del sole, con la luce abbagliante delle albe o con il rosso dei tramonti – si impongono nei romanzi di Carbone. Sono i posti che il suo Cassisi esplora col fiuto del cronista e il cuore di un figlio di quella terra troppe volte martoriata da una criminalità subdola che ne corrode l’anima e, come fosse una bella donna afflitta, ne vuol far sfiorire il fascino.

    Giochi di potere, segreti e vendetta giocano ruoli principali in questa storia. Temi d’attualità intessono la trama: droga, migrazione, colletti bianchi, diversità sessuale. Il protagonista scruta dietro le maschere di un’umanità fatta di vittime e carnefici, ognuna specchio della società odierna, che l’autore ha posizionato in scena come fosse un teatro letterario.

    Giacomo Cassisi legge il dolore nei volti di chi affronta viaggi disperati, prova disgusto verso il male oscuro della corruzione che procura morte, combatte la rabbia e il senso di sconfitta per non perdere mai la speranza. Interpreta il suo lavoro come una sorta di missione per ricercare la verità: stavolta trova alleato il carattere benevolo del commissario Bagnato oltre al fidato contributo dell’informatore Zanzara e dell’amica Elena, così l’indagine evolve intersecandosi con le vicende personali.

    Tra le immancabili presenze femminili, sui generis ritroviamo la gatta Niciula dal manto bianco e grigio che poltrisce sul divano della mansarda taorminese, un po’ sorniona e un po’ guardiana, legame tra il passato e il presente della vita di Cassisi.

    Carbone fa proprio lo stile di scrittura dai capitoli brevi e dai quadri narrativi introdotti da titoli di canzoni, un’immaginaria colonna sonora che accompagna i personaggi e coinvolge il lettore. Tra le righe, gli omaggi ai modelli letterari di Sciascia e Pirandello, introdotti con la leggerezza di una folata di vento che si insinua tra le pagine per ricordarne l’influenza, la grandezza, gli insegnamenti, l’eredità.

    Cristina Marra

    IL GIALLO SOLE DI VENDICARI

    La partita di pallone

    "Mancano 15 minuti, oltre al recupero, alla fine della gara.

    Il risultato resta ancorato sullo 0-0…"

    La voce del telecronista detta i tempi. Gina si guarda attorno. In casa è l’unica non interessata alla partita. Dovrà piuttosto raccattare, alla fine, cartoni di pizza, bicchieri di plastica e bottiglie di birra disseminati nel salone. Mai avrebbe però negato a Luca, il suo giovane fidanzato, il piacere di trascorrere la serata con gli amici davanti alla tv per guardare la finale di Champions League.

    Sono in cinque, tutti uomini, quasi accampati, chi a cavalcioni su una sedia chi sdraiato sul tappeto finto persiano. Semmai sul sofà avrebbero potuto starci in tre, ma Ciccio, il vicino di casa, con la sua stazza occupa due posti. In più suda e il resto del gruppo, con fragorosa goliardia, evita di stargli seduto accanto. Lui se ne infischia, anzi si sganascia dalle risate se qualcuno glielo rimprovera, certo che almeno così lo spazio conquistato non gli sarà usurpato.

    Le persiane sono aperte, via di fuga per i fumatori. Maggio in Sicilia è prologo d’estate. Nell’aria c’è il profumo di zagara diffuso dai rigogliosi alberi di limone coltivati in grossi vasi bianchi posti agli angoli del ballatoio.

    I led della tv 50 pollici, appesa al muro come fosse un arazzo in quell’open space che ha reso moderno un antico dammuso, riflettono raggi dalla tonalità verde in tutto l’ambiente dominato dal color oro delle pietre che lo compongono.

    Strana la fenomenologia del calcio: quella sfera di cuoio presa a pedate da ventidue giocatori in mutandoni ha il potere di incantare l’universo maschile. Nasconderà forse il segreto del cosmo, cui le donne – o quanto meno la maggior parte di esse – non pensano. Chissà se per senso di superiorità.

    Nessuno si accorge di Gina che si allontana. Non è un malessere a destarla e suscitarle ansia, piuttosto un fremito. Si chiude in bagno, poggia spalla e testa sul muro piastrellato di cementine, si sciacqua il viso e, con le mani a pinza sul lavabo trasparente, avvicina il volto allo specchio per scrutare le occhiaie. Nota, senza curarsene troppo, qualche ruga. Arriccia la fronte, la ridistende. Poca roba, è più preoccupata del biancore.

    Pensa al fratello, Umberto. Squattrinato com’è ridotto, dove sarà in questo momento? Nemmeno stasera è con loro. Ha declinato l’invito, ancora una volta. Assente proprio lui, cresciuto a pane e pallone, tra i pochi mangiatori di polvere dei campetti di periferia riuscito a coronare il sogno di giocare da professionista ed esordire addirittura in serie A. Aveva anteposto la passione sfrenata per il calcio a quella per il suo amato sax.

    Gina afferra il cellulare per telefonargli. Compone il numero, ma subito dopo chiude la chiamata. Se non le avesse risposto si sarebbe preoccupata, diversamente si sarebbe sentita replicare un secco e scocciato cosa vuoi?.

    La partita nel frattempo vive i suoi ultimi minuti. La voce del telecronista si impone sul brusio di sottofondo. Dal salone, con la porta chiusa, poco si percepisce, tranne ogni tanto l’urlo: minchia!. Può voler dire qualsiasi cosa in Sicilia, è un’espressione che cambia significato a seconda della modulazione con cui è pronunciata.

    Bussano. È Luca.

    «Ehi, stai bene? Tutto ok? Hai bisogno di qualcosa?»

    «Sì, tranquillo. Torno subito. Ma… hanno segnato?» La donna cerca di essere convincente, però la domanda banale la tradisce. Anche perché del calcio a lei non è mai fregato nulla.

    Il castello

    Giacomo Cassisi è al castello di Calatabiano per un forum di economia. L’argomento è Legalità, sicurezza e sviluppo, tema e personaggi invitati interessano più al giornale che a lui. Stringe mani e saluta i convenuti con finta cordialità. Eminenze grigie con cui difficilmente avrebbe condiviso persino una pausa caffè.

    Ascolta con malcelato distacco i relatori. Diffida di chi parla di antimafia per luoghi comuni proclamandosene paladino. Come fichi su un albero, prima o poi cadono tutti.

    Prende appunti su un notes di stenografia dalla copertina rossa. Semmai lo perdesse non passerebbe inosservato, ma nessuno riuscirebbe a decifrare quei ghirigori che invece per lui sono fondamentali promemoria.

    L’iPhone ha la suoneria disattivata. Conservato sul fondo della tasca della giacca non avverte nemmeno il vibracall. Si accorge della chiamata perduta a fine conferenza, quando tira fuori il cellulare per scattare una foto, attratto dalla luce che filtra attraverso la finestra della cappella palatina di quello storico sito che sovrasta il promontorio su cui sorge la chiesa intitolata a San Filippo Siriaco l’esorcista, detto U niuru per il suo volto scuro giacché – si narra – tornato dagli inferi pieno di fuliggine dopo aver ricacciato Satana.

    Il santo giusto al posto giusto, oggi pensa.

    Scorre il display e visualizza il numero del centralino del giornale. Richiama al diretto di Elena Marini. Non è più la segretaria di redazione, ma ha sempre cognizione di causa di quel che succede, anche se ha cambiato stanza e ruolo dovendosi occupare a tempo pieno della rubrica NerosuBianco per le pagine regionali di cronaca. La stessa che curava prima lui.

    «Ero io! Perché non rispondi?»

    Giacomo non si scompone. Sa che la sua amica sta attraversando un periodo delicato. Partita per una lunga vacanza con il suo compagno, era rientrata da sola dopo pochi giorni trincerandosi dietro un inaccessibile silenzio.

    «Chiaramente perché non lo sentivo! Dimmi.»

    «Sembra giunto il momento che tu dimostri di meritare il nuovo incarico di inviato, sai quanto qui sia stato maldigerito. Comunque telefona a Zappulla e mettiti d’accordo con lui. Dovrai occuparti di un morto per overdose nel Siracusano.»

    «Un morto per overdose? Cosa ci sta dietro se fa tanto notizia?»

    «Non ne so granché. Ancora non conosco nemmeno il nome della vittima. Il lancio d’agenzia indica soltanto le iniziali.»

    «D’accordo mi informerò, ma tu eventualmente aggiornami. Penso che oggi mi risparmierò di arrivare a Catania, sono rimasto nei paraggi quindi rientrerò direttamente a Taormina dritto dritto a casa e manderò il pezzo per email.»

    La risposta è un laconico «Fai tu…»

    Una lacrima sul viso

    Il morto era stato trovato zona Vendicari, nello spiazzo davanti a un casale disabitato. A segnalarlo una telefonata anonima alla Polizia. Accanto al corpo, una siringa. Sul posto la scientifica, impegnata nella ricerca di ulteriori tracce eventualmente utili alle indagini. Sulle cause del decesso però pochi dubbi: overdose.

    Un’Audi A1 nera con tre persone a bordo segue la volante con la sirena lampeggiante. La vettura si parcheggia sfiorando il muro di pietra bianca che delimita l’area transennata. Chi sta alla guida accarezza il volto della donna

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