Starless - Il cacciatore di stelle
Di S. Lostwords
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Info su questo ebook
Ti renderai conto che in realtà non c’è un fatto vero e proprio da raccontare e spero tu non rivoglia indietro i minuti passati a leggere, davvero.
È solo un po’ della storia di qualcuno.
Forse è solo un po’ della storia di tutti.
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Anteprima del libro
Starless - Il cacciatore di stelle - S. Lostwords
S. Lostwords
Starless – Il cacciatore di stelle
Dedico questo racconto al piccoletto, ch’è riuscito perfettamente nel suo intento.
Non ce l’avrei fatta senza di lui.
Capirete poi a chi mi stia riferendo.
Ringrazio la mia famiglia e i miei amici tutti, la nullafacenza, la musica e i film.
Per qualsiasi contatto: [email protected]
Tutti i diritti riservati, della copertina e del testo.
Non saprei dire, sicuro delle mie parole, cosa questo libricino sia.
Ti renderai conto che in realtà non c’è un fatto vero e proprio da raccontare.
Spero tu non rivoglia indietro i minuti passati a leggere, davvero.
È solo un po’ della storia di qualcuno.
Forse è solo un po’ della storia di tutti.
Alzatosi dal letto, sedeva alla scrivania.
Avrebbe dovuto studiare.
Prima dormicchiava, mai tranquillo, sul letto: malinconia e mal di testa.
Canzoni poco allegre davano osso all’animo ma pace al capo dolorante. Capo chino sulla mano, mano china sul foglio, sperando di scrivere qualcosa. Sperava lo trapiantasse dall’apatia all’attività.
Era come se una telecamera lo riprendesse dall’alto, dalle sue spalle, come in un film dalla bella fotografia.
Si sentiva un po’ stupido e infantile. Probabilmente lo era, ma tant’è.
Tendeva ad essere più teatrale possibile e si divertiva nel farlo.
Sognava sempre, ad occhi aperti, una vita difficile com’è ma anche grandiosa come dovrebbe essere; ad occhi chiusi invece, di notte, sognava mostri. Sognava mostri che non gli facevano niente. Era terribile.
Dalle cuffie uscivano confortevoli le note di Shine On Your Crazy Diamond, mentre lui s’illudeva di star scrivendo un piccolo capolavoro. Piccolo sì, ma che almeno lo rendesse vivo; che lo rendesse sereno, anche giusto per un poco. Scriveva per chiunque ne avesse potuto avere bisogno, ma anche solo per sé stesso, alla fine. Gli serviva davvero scrivere. Da piccolo iniziava mille racconti ma non ne portava mai a termine uno. Quanto era orgoglioso di poter, alla fine, far leggere quelle poche pagine però!
I Pink Floyd erano l’Aspirina per i suoi mal di testa e, purtroppo, stavano funzionando anche quella volta. Stavano dissipando quel torpore psichico padre dell’improvvisa ispirazione e questa non era cosa buona. Aveva un’ispirazione sfuggente, debole. Fugace, come il treno sul quale c’è la persona della tua vita, quella che non conoscerai mai, quella che non potrà ricevere l’amore di chi non oltrepassa la linea gialla.
Aveva deciso di scrivere una storia, ma non sapeva bene di che tipo. Sembrava in ogni caso che scrivere gli stesse venendo facile, certamente non come risolvere gli esercizi che avrebbe dovuto fare. Era iscritto all’università, ma non era felice. Per questo motivo si sentiva un ingrato, se ne dispiaceva e faceva bene a farlo; aveva possibilità che non tutti hanno la fortuna di avere e soffriva nel non sfruttarle appieno. Si stava però pian piano rassegnando alle cose così com’erano e, in fondo, non ne era così dispiaciuto: almeno aveva qualcosa a cui aggrapparsi.
Non faceva in tempo a lamentarsi di non saper cos’altro scrivere (e come scrivere questo in modo da farla sembrare una cosa nobile) che si fissava, bocca aperta e sguardo perso, a immaginare cose. Durava almeno fino a quando il riflesso nello schermo del portatile non lo riportasse alla realtà. Adorava osservare qualsiasi cosa. Talvolta però vi si perdeva, alienato, e tornava cosciente solo visualizzando la quantomeno strana scena dall’esterno, come fosse spettatore di se stesso.
Ad ogni modo, sembrava gli fosse venuta un’idea.
Aveva in volto una smorfia corrucciata e muoveva la mano come fosse un direttore che comanda all’orchestra di proseguire.
L’idea era più o meno questa: scrivere di se stesso, proiettandosi però in una terza persona. In effetti tutt’altro che qualcosa di speciale, ma ne era entusiasta. Non sapeva se avesse davvero un senso oppure no. Inizialmente stava pensando di far viaggiare se stesso fra mondi e pianeti, facendo incetta di didascalici insegnamenti, ma alla fine cambiò idea; sarebbe stato un po’ come se il Piccolo Principe ed il suo narratore fossero la stessa persona, insomma.
Dondolandosi sulla sedia, comunque, si chiedeva se