Di fronte a quel ramo del lago di Como
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Di fronte a quel ramo del lago di Como - Paolo Locatelli
Paolo Locatelli
Di fronte a quel ramo del lago di Como
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www.paololocatelliscrittore.it
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Ringraziamenti
Al mio indimenticabile amico Dorindo Bettiga.
Ora che la ferocia del dolore molto lentamente cede il passo allo splendore dei ricordi
posso solo dirti che dopo averti creduto immortale ho la certezza che tu lo sia.
In copertina:Lecco - Marina
Olio su tela di Enrico Locatelli (1970-1980)
ogni riferimento a persone realmente esistite o fatti realmente accaduti è puramente casuale
Indice dei contenuti
Ringraziamenti
Prefazione
Personaggi Principali
PRIMO CAPITOLO
SECONDO CAPITOLO
TERZO CAPITOLO
QUARTO CAPITOLO
QUINTO CAPITOLO
SESTO CAPITOLO
SETTIMO CAPITOLO
OTTAVO CAPITOLO
NONO CAPITOLO
DECIMO CAPITOLO
EPILOGO O MORALE?
Note
Prefazione
Questo romanzo è il terzo della serie di sei gialli che ha per protagonisti l’Ing. Rossi e il commissario Corsie.
E’ stato scritto nel 1999 e quindi i lettori più giovani non si stupiscano: la moneta corrente era la lira. Dopo l'anziana signora
nel quale avevo immaginato un'assassina capace di raccogliere la simpatia dei lettori volevo scrivere di delinquenti cattivi, senza morale, abbietti. A contrastare la bruttezza di questi uomini e donne infami è la bellezza dei luoghi nei quali si dipana la trama: quel ramo del lago di Como, la sponda di Lecco, che fin dall'infanzia amo pur essendo io di altre acque dolci. Così nell'epilogo è il sentiero del viandante
, dal quale si possono ammirare paesaggi che non ho timore di definire tra i più suggestivi del mondo, a restituirci quella speranza di salvezza introvabile in questi assassini.
Grazie e buona lettura a tutti
Paolo Locatelli
Personaggi Principali
Enrico Rossi
Stella Bianchi
Moglie di Enrico
Francesco Corsie
Commissario di Polizia
Angelo Lombardin
Anziano amico di Enrico
Segio L.
Industriale
Francesca L.
Figlia di Sergio
Loredana F.
Amante di Sergio e seconda moglie di Augusto
Augusto G.
Marito di Loredana
Ottavio G .
Figlio di Augusto
Manuela C.
Fidanzata di Ottavio
PRIMO CAPITOLO
«Pronto? Luca e Paolo associati?»
«No! Qui Franco e Ciro divisi!»
Anche se perplesso rifece il numero. Doveva aver sbagliato.
«Pronto? Luca e Paolo associati?»
«No! Qui Franco e Ciro divisi!»
Enrico sapeva di essere stanco, poteva veramente aver sbagliato. Rifece il numero.
«Pronto? Luca e Paolo associati?»
«No! Qui Franco e Ciro divisi!»
«Signorina scusi, non riattacchi, io sto chiamando il numero 02-123456789!»
«Esatto! Complimenti, lei sta proprio chiamando la Franco e Ciro divisi
!»
E chiuse la comunicazione per la terza volta consecutiva prima che Enrico potesse dire un'altra parola. Si trovava in una cabina telefonica, non sapeva in quale luogo e come ci fosse arrivato. Gli era rimasto un solo gettone e guardò Quasimodo come se attendesse una risposta alla domanda Che faccio adesso?
, ma il cane per sua sfortuna non era dotato del dono della parola e lo scrutava con il muso reclinato sul lato sinistro come se gli stesse dicendo Che facciamo adesso?
. Decise di usare l'ultimo gettone per chiamare di nuovo.
«Pronto? Luc..»
«No! Qui Franco e Ciro divisi!»
E giù la cornetta. Pazienza: tanto l'ufficio della Luca e Paolo associati era proprio di fronte alla cabina telefonica, si sarebbe presentato di persona e avrebbe suonato. Peggio per loro. Chiudendo la porta della cabina telefonica si accorse che alle sue spalle c'era la vecchia cascina diroccata nella quale, all'età di cinque anni, si era tagliato la mano cadendo mentre giocava con i suoi piccoli amici a
bussolotti [¹] ". Si guardò quella mano e con sua grande sorpresa vide che la cicatrice, dovuta ai sette punti di sutura, che avrebbe dovuto correre dalla base del pollice alla linea della vita prolungandola a dismisura era sparita. Non aveva più dubbi: la cascina era stata demolita definitivamente nel 1965 per far posto ad un palazzo di otto piani e la cicatrice non poteva scomparire da dove era sempre stata, quindi, qualcuno lo aveva drogato. Doveva stare molto attento ma decise comunque di entrare nell'edificio; gli venne incontro la signora Fiorina, la portinaia dello stabile, che urlò:
«Enrico! Quante volte ti devo ripetere che l'orario del gioco inizia alle quattro del pomeriggio e finisce alle sette?»
«Lo so benissimo! Ma io devo alzare le gonne della Isa!»
«Sei un bambino cattivo e lo dirò alla tua mamma!»
A Enrico non poteva fargliene un baffo e si gettò attraverso le gambe divaricate della Isa che lo guardava con aria di sfida. Era l'unico bambino capace di fare una cosa simile, perché era piccolo e svelto come una mangusta.
Con suo grande sgomento, non riuscì nel gesto che tante volte aveva concluso con una spettacolare piroetta sull'asfalto e con il grido vittorioso:
«Hai le mutande sporche!»
Isa chiuse le gambe serrando il collo di Enrico ed egli vide due cose che lo sorpresero: una folta selva nera al posto delle mutande ed un volto che non era quello di una bambina di sei anni dai lunghi capelli neri ma quello di una donna matura e bionda che con la bava alla bocca gli stava dicendo:
«Era questo quello che volevi? Prova a prenderlo se ci riesci!»
No, no, non era quello che Enrico voleva, lui voleva solo giocare. Girò la testa e vide il cortile nel quale aveva passato tante ore della sua infanzia e contro il muro c'era Stella, che piangeva e chiedeva aiuto, ma lui non poteva muoversi.
Si svegliò di soprassalto, sudato e spaventato; guardò l'orologio e dopo una faticosa lotta con il suo cervello ancora completamente addormentato riuscì a decifrare l'ora: erano le quattro e venti e aveva i bruciori di stomaco. Aveva esagerato con il ragù o forse con la pancetta coppata o forse con il gorgonzola o forse con quella salsa tonnata o forse con il Bordeaux
o forse con la grappa o forse .....e aveva anche un leggero, o forse non troppo leggero, mal di testa. Guardò Stella che dormiva tranquilla e serena come un angioletto, eppure aveva mangiato quanto lui, anzi di più perché aveva preso anche un formaggino Tigre
dopo il gorgonzola e una fetta di torta: beata lei e il suo stomaco! Era mercoledì e andavano a cena dalla madre di Enrico almeno una volta alla settimana, di solito alla domenica; ma quella sera, approfittando del fatto che aveva appena concluso un importante lavoro e che il suo socio Cavacci aveva proclamato l'opportunità di concedersi qualche giorno di ferie, almeno sino al lunedì successivo, avevano pensato di far visita alla mamma Mirella.
Si alzò cercando di evitare ogni rumore per non svegliare Stella e si recò in bagno: era indeciso se prendere il solito Malox
o una Tums
, una di quelle pastiglie che gli aveva spedito un suo vecchio amico da Madison nel Wisconsin. Optò per una Tums
, tornò a letto e si addormentò dopo pochi minuti: la Tums
aveva funzionato.
Si svegliò alle undici, si chiese cosa ci faceva a casa di giovedì e ricordò che lo studio Cavacci & Rossi si era messo in ferie: magnifica sensazione! Stella stava preparando la colazione e quando Enrico si presentò in cucina per darle un bacio, lei guardò la capigliatura arruffata e ridendo esclamò:
«Oggi si inizia così!»
Schiacciò il pulsante di avvio del riproduttore di audio cassette e le leggere ed impalpabili note dell'andante del concerto per pianoforte e orchestra n° 21 K 467 della "piccola peste di Salisburgo [²] " occuparono la cucina con discrezione, come se stessero chiedendo permesso.
«Entrate, entrate sublime poesia, ristoro e pace di ogni pena.»
I biscottini ripieni di marmellata alla frutta sembravano ancora più dolci e mai un caffè era stato così glorioso. Peccato non potersi permettere ogni mattina un simile avvio: dolce e lento! Stella mischiò il suono della sua voce con quello del concerto solo dopo la fine dell'andante.
«E' buona la polenta in quel rifugio?»
«Quale rifugio?»
«Stai ancora dormendo?»
«Forse!»
«Enrico, domani a mezzogiorno andiamo a mangiare la polenta con il Commissario e Lombardin! E se non sbaglio devi offrire tu!»
«Corbezzoli! Me ne ero completamente dimenticato!»
«L'avevo capito. Speriamo che finalmente possa venire anche la fidanzata di Corsie. Non siamo ancora riusciti a conoscerla.»
«Per dimostrarti che sono veramente sveglio mi impegnerò in una serie di risposte: uno, conosco benissimo il posto ma non ho mai provato a mangiarci, due, lo ha scelto Lombardin e tre, sia il Commissario che la sua compagna hanno preso un giorno di ferie per godersi un fine settimana insieme e quindi penso proprio che avremo il piacere di conoscere la signora. Piuttosto, sei sicura che devo pagare io?»
«Non fare il taccagno, non ti sei ancora sdebitato con Lombardin che ti ha regalato la macchina dei tuoi sogni [³] .»
«Che usi quasi sempre tu.»
«Vuoi andare in giro per Milano a fare lo stupido con la Spider
?»
«Io non