Kickboxer - La nuova guerriera
Di Manuel Mura
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Anteprima del libro
Kickboxer - La nuova guerriera - Manuel Mura
633/1941.
La promessa nascente
La folla che gremiva il grande stadio esultò come le due contendenti si scambiarono una serie continua di pugni seguiti da calci rapidi e potenti per poi tornare in guardia e studiarsi.
Rimanevano a poca distanza pronte a scagliarsi l'una contro l'altra, entrambe intenzionate a vincere.
Quel giorno si disputava la finale per il titolo americano dei pesi medi femminili di Kickboxing e la folla si augurava la promessa nascente americana Serena Marshall togliesse il titolo all'attuale detentrice, l'australiana Ketty Kerson detta Dynamite.
Era più di un'anno che la campionessa in carica non trovava avversari alla sua altezza, temuta ed evitata da tutti si era creata una fama da dura senza precedenti.
Era alta, possente, con spalle larghe, muscoli ben sviluppati soprattutto nelle braccia, capelli scuri corti tagliati a strisce e due occhi scuri che intimorivano come la sua brutalità. Distruggeva le avversarie tanto che nessuna voleva battersi con lei e quelle poche si ritiravano dopo la prima ripresa sempre fossero ancora in piedi. Nella maggior parte dei casi non si arrivava al quinto e ultimo round fermandosi al secondo per le botte prese.
Dynamite era abituata a spazzare via qualunque ostacolo sulla sua strada e grazie alla sua fama non doveva nemmeno impegnarsi al massimo, finora almeno. Ora si trovava di fronte un'avversaria fuori dal comune che già dal primo minuto la stava impegnando al massimo costringendola a non abbassare mai la guardia e dare fondo a tutte le sue forze. La cosa che più la spiazzava era la sicurezza con cui l'affrontava: quella ragazza non aveva paura di lei.
Per quanto a una prima occhiata le era parsa più debole delle avversarie incontrate finora si rese conto d'averla sottovalutata, stesso pensiero che doveva aver avuto il pubblico.
Serena Marshall era una ragazza ancora molto giovane, attraente d'aspetto e simpatica nei modi ma appariva improbabile come combattente. Bassa di statura, magra di corpo, con un accenno di seno e contornata da capelli rossi folti che le ricadevano fino a metà schiena difficilmente la si sarebbe scambiata per un'atleta professionista. Non che le mancasse la forma atletica ma il fisico esile e i muscoli appena accentuati per non parlare del viso da bambina facevano credere a tutti non resistesse un secondo sul ring.
Il fatto che fosse figlia di un grande campione di Kickboxing dei pesi massimi la faceva apparire più come una raccomandata che un'esperta. Ma per quanto avesse potuto far carriera con le giuste conoscenze sembrava impossibile potesse rialzare l'onore dell'America, anche se vestita con i colori della bandiera. Questi si rispecchiavano sia nei pantaloni che nell'uniforme. Il colore azzurro le copriva il seno, il bianco gli avambracci fino sopra il gomito terminando con una striscia rossa che si ripeteva all'altezza delle spalle. Quest'ultimo colore ricopriva interamente i guantoni che si scontrarono nuovamente con quelli neri della campionessa senza che nessuna delle due prevaricasse.
Dynamite si lanciò all'attacco come un toro inferocito ma la forza bruta che dimostrava insieme all'aggressività intrinseca non bastarono a darle la vittoria come far perdere il sangue freddo a Serena. Con un veloce gioco di gambe riuscì a schivare gli attacchi più pericolosi prendendosi solo qualche colpo di striscio per poi passare rapida al contrattacco.
La campionessa incassò senza sforzo i suoi pugni e passò nuovamente all'attacco intenzionata a chiudere quella sfida prima che finisse il primo round. Un calcio frontale la respinse e nemmeno si accorse del pugno in faccia seguito da altri tre che la costrinsero sulla difensiva. Si strinse alla ragazza e vennero divise dall'arbitro.
L'istante seguente era Serena ad essere passata all'attacco piazzando un pugno allo stomaco e uno più pericoloso al mento che sbatté l'avversaria contro le corde.
Stordita dai colpi ricevuti non poté reagire a quelli seguenti: una serie di pugni bassi e alti la sballottarono da una parte all'altra e non fosse suonato il gong sarebbe finita molto male.
Tornata all'angolo e medicate le ferite si convinse che era stato solo un caso e come suonò il gong del secondo round si alzò sicura della vittoria.
Si lanciò all'attacco non capacitandosi come una ragazzina potesse metterla così tanto in difficoltà e soprattutto l'affrontasse con tanta disinvoltura.
Lo stesso pubblico aveva cambiato atteggiamento nei confronti di Serena dopo averla vista in azione e ora non pochi pensavano che ce la potesse fare. Ma come la videro prendersi due potenti pugni al corpo temettero il peggio e quando le arrivò uno al mento sbattendola a terra pensarono fosse finita.
Cominciò subito il conteggio: al tre si rialzò pronta a combattere tra gli incoraggiamento del pubblico e la perplessità della sua avversaria.
Provò nuovamente a sorprenderla ma Serena rimaneva in guardia chiusa riuscendo a reggerne l'impeto e puntando gli occhi verdi sulla donna di fronte a sé che rappresentava tutto il suo mondo.
E come le forze di quest'ultima ebbero un cedimento ne approfittò per passare all'attacco e piazzare due rapidi calci ai fianchi seguiti da uno ruotato alla testa.
Stavolta fu il turno di Dynamite di finire al tappeto ma neanche al due si rialzò pronta fare a pezzi la sua rivale.
Si lanciò come una furia su Serena che venne messa in seria difficoltà e in due occasioni rischiò di finire al tappeto per il colpi presi, poi il suono del gong le divise.
Dynamite era certa d'averla in pugno e di stenderla al prossimo round.
In effetti fu totalmente a suo favore ma non riuscì nel suo intento e si sentiva sempre più esausta al contrario di Serena che malgrado tutti i colpi presi non accusava la stanchezza alla stessa maniera.
Tentò il tutto per tutto al quarto round ma la promessa nascente riuscì a rimanere a distanza di sicurezza ed evitare i colpi più pericolosi salvandosi così ancora una volta anche se tutti la davano ormai perdente.
Molti la davano spacciata al prossimo round mentre altri che sarebbe arrivata alla fine ma perso ai punti, a ogni modo non sarebbe riuscita a togliere il titolo a Dynamite.
Dal canto suo sentiva il corpo pesante come non mai e come iniziò l'ultimo round radunò le sue ultime forze per lanciarsi in un attacco tanto disperato quanto accanito.
A Serena sembrava di essere nel mezzo di una tempesta tanto veniva colpita con forza e brutalità e per quanto si desse da fare per evitare i colpi alla fine diversi la raggiunsero di cui un pugno al volto che la scagliò al tappeto.
Immediato cominciò il conteggio e non ci fu nessuno tra il pubblico che pensò ce la potesse fare.
Al cinque la ragazza si destò dallo stordimento e realizzò che doveva assolutamente trovare la forza per rialzarsi.
Ricordava gli infiniti allenamenti iniziati da ragazza con l'obiettivo di diventare un campione come suo padre: niente e nessuno le avrebbe impedito di realizzare il suo sogno.
Una grande esclamazione di sorpresa aleggiò nello stadio come la giovane riuscì a rimettersi in piedi. L'arbitro le chiese se si sentiva di continuare e lei rispose energicamente di sì.
Dynamite non si capacitava di come potesse essere ancora in piedi dopo tutti i colpi presi: si chiuse in difesa in un'inversione di ruolo che vedeva per la prima volta sulla difensiva.
La stanchezza estrema non le permise di reagire efficacemente ai colpi continui di Serena che rapida come un fulmine ne piazzava di sempre più micidiali.
Era come avesse assorbito il suo stesso spirito aggressivo ma molto più incisiva nel colpire: un pugno al plesso solare piegò in due la campionessa e uno in faccia la sbatté a terra.
Era al limite ma lo stesso non voleva mollare: con la forza della disperazione si tirò su prima si arrivasse al dieci ma riuscì solo a rimandare la fine.
Serena infranse facilmente le sue ultime difese con precisi e potenti calci circolari e laterali per poi arrivarle in corpo a corpo