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Romeo e Giulietta
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E-book278 pagine1 ora

Romeo e Giulietta

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Info su questo ebook

Romeo e Giulietta (The Most Excellent and Lamentable Tragedy of Romeo and Juliet) è una tragedia di William Shakespeare tra le più famose e rappresentate, e una delle storie d'amore più popolari di ogni tempo e luogo. La vicenda dei due protagonisti ha assunto nel tempo un valore simbolico, diventando l'archetipo dell'amore perfetto ma avversato dalla società.

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LinguaItaliano
EditoreE-text
Data di uscita1 mar 2019
ISBN9788828101628
Romeo e Giulietta
Autore

William Shakespeare

William Shakespeare was born in April 1564 in the town of Stratford-upon-Avon, on England’s Avon River. When he was eighteen, he married Anne Hathaway. The couple had three children—an older daughter Susanna and twins, Judith and Hamnet. Hamnet, Shakespeare’s only son, died in childhood. The bulk of Shakespeare’s working life was spent in the theater world of London, where he established himself professionally by the early 1590s. He enjoyed success not only as a playwright and poet, but also as an actor and shareholder in an acting company. Although some think that sometime between 1610 and 1613 Shakespeare retired from the theater and returned home to Stratford, where he died in 1616, others believe that he may have continued to work in London until close to his death.

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    Romeo e Giulietta - William Shakespeare

    Informazioni

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    QUESTO E-BOOK:

    TITOLO: Romeo e Giulietta

    AUTORE: Shakespeare, William

    TRADUTTORE: Raponi, Goffredo

    CURATORE: Alexander, Peter; Raponi, Goffredo

    NOTE: Tragedia in un prologo e 5 atti. Titolo originale: The most excellent and lamentable tragedy of Romeo and Juliet. Si ringrazia Goffredo Raponi per averci concesso il diritto di pubblicazione. Questo testo è stato realizzato in collaborazione con l'associazione Festina Lente C.I.R.S.A.

    CODICE ISBN E-BOOK: 9788828101628

    DIRITTI D'AUTORE: sì

    LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/.

    COPERTINA: [elaborazione da] La contemplation (forse Romeo e Giulietta o Paolo e Francesca?), 1873 di Hugues Merle (French, 1823–1881). - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Hugues_Merle_-_La_contemplation.jpg – Pubblico Dominio.

    TRATTO DA: traduzione originale da William Shakespeare, The Complete Works, a cura del prof. Peter Alexander, Collins, London & Glasgow, 1960, pagg.XXXII – 1376.

    CODICE ISBN FONTE: n. d.

    1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 27 dicembre 2000

    2a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 12 luglio 2018

    INDICE DI AFFIDABILITA': 3

      0: affidabilità bassa

      1: affidabilità media

      2: affidabilità buona

      3: affidabilità ottima

    SOGGETTO:

    PER011000 ARTI RAPPRESENTATIVE / Teatro / Generale

    FIC004000 FICTION / Classici

    DIGITALIZZAZIONE:

    Goffredo Raponi, [email protected]

    REVISIONE:

    Goffredo Raponi, [email protected]

    Claudio Paganelli, [email protected]

    Catia Righi, [email protected]

    IMPAGINAZIONE:

    Catia Righi, [email protected]

    Claudio Paganelli, [email protected]

    Marco Calvo (ePub)

    Marco Calvo (revisione ePub)

    PUBBLICAZIONE:

    Catia Righi, [email protected]

    Claudio Paganelli, [email protected]

    Liber Liber

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    Romeo e Giulietta

    Note preliminari di Goffredo Raponi

    Il testo inglese adottato per la traduzione è quello dell'edizione dell'opera completa di Shakespeare curata dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare - "The Complete Works, Collins, London & Glasgow, 1960, pp. XXXII-1370) con qualche variante suggerita da altri testi, in particolare la più recente edizione dell'Oxford Shakespeare curata da G. Welles & G. Taylor per la Clarendon Press (New York, U.S.A., 1994, pp. XLXIX - 1274; quest'ultima comprende anche I due nobili cugini" ("The Two Noble Kinsmen") che manca nell'Alexander.

    Alcune didascalie sono state aggiunte dal traduttore di sua iniziativa per la migliore comprensione dell'azione scenica alla lettura, cui questa traduzione è essenzialmente ordinata ed intesa. Si è lasciata comunque invariata all'inizio e alla fine della scena, o all'entrata ed uscita dei personaggi nel corso della stessa scena, la rituale indicazione Entra/ Entrano ("Enter) e Esce/ Escono (Exit / Exeunt"), avvertendo peraltro che non sempre essa indica movimenti di entrata/uscita, potendosi dare che i personaggi cui si riferisce si trovino già in scena all'apertura di questa, o vi restino alla chiusura.

    Il metro è l'endecasillabo sciolto, intercalato da settenari; altro metro si è usato per rendere citazioni, proverbi, canzoni, strambotti, bagattelle ecc., ogni qualvolta sia stato richiesto, in accordo col testo, uno stacco di stile.

    I nomi dei personaggi sono resi nella forma italiana.

    Il traduttore riconosce di essersi avvalso di traduzioni precedenti dalle quali ha preso anche in prestito, oltre all'interpretazione di passi controversi, intere frasi e costrutti, di tutto dando opportuno credito in nota.

    Personaggi

    Il coro

    Il Principe della Scala, signore di Verona

    Paride, giovane nobile di Verona, parente del principe

    Montecchi, Capuleti, capi di famiglie in contesa tra loro

    Romeo, figlio del Montecchi

    Benvolio, nipote del Montecchi, cugino di Romeo

    Mercuzio, parente del principe e amico di Romeo

    Tebaldo, nipote di Monna Capuleti

    Frate Lorenzo, frate Giovanni, francescani

    Baldassarre, servitore di Romeo

    Sansone, Gregorio, Pietro, servitori del Capuleti

    Abramo, servitore del Montecchi

    Monna Capuleti, moglie del Capuleti e madre di Giulietta

    Giulietta, figlia del Capuleti

    La nutrice di Giulietta

    Lo zio dei Capuleti

    Monna Montecchi, moglie di Montecchi e madre di Romeo

    Uno speziale

    Tre Musici - Il Paggio di Paride - Un altro Paggio - Un Ufficiale

    Cittadini di Verona - Parenti delle due famiglie - Maschere - Guardie - Vigili - Persone del seguito

    Scena: a Verona, per la maggior parte del dramma; a Mantova nella I scena del V atto

    Prologo

    Entra il coro

    Coro -

    Nella bella Verona,

    dove noi collochiam la nostra scena,

    due famiglie di pari nobiltà;

    ferocemente l'una all'altra oppone

    da vecchia ruggine nuova contesa,

    onde sangue civile va macchiando

    mani civili. Dai fatali lombi

    di questi due nemici ha preso vita

    una coppia di amanti

    da maligna fortuna contrastati (¹)

    la cui sorte pietosa e turbinosa

    porrà, con la lor morte,

    una pietra sull'odio dei parenti.

    Del loro amore la pietosa storia,

    al cui terribil corso porrà fine

    la loro morte, e dei lor genitori

    l'ostinata rabbiosa inimicizia

    cui porrà fine la morte dei figli:

    questo è quanto su questo palcoscenico

    vi rappresenteremo per due ore.

    E se ad esso prestar vorrete orecchio

    pazientemente, noi faremo in modo,

    con le risorse del nostro mestiere,

    di sopperire alle manchevolezze

    dell'angustia di questa nostra scena. (²)

    Atto primo

    Scena I - Verona, una piazza davanti alla casa dei Capuleti

    Entrano Sansone e Gregorio con spada e scudo

    Sansone -

    E che! Siam tipi da portar carbone,

    noialtri?

    Gregorio -

    Ah, certo no!

    Noi paghiamo a misura di carbone! (³)

    Sansone -

    E se ci salta poi la mosca al naso

    tiriamo fuori questa.

    (Indica la spada al suo fianco)

    Gregorio -

    Che scoperta!

    È come se dicessi: "Finché vivo

    tiro fuori il mio collo dal collare". (⁴)

    Sansone -

    Io, se mi smuovo, le scarico brutte.

    Gregorio -

    Sì, soltanto che a smuoverti e a menare

    ci metti qualche tempo.

    Sansone -

    Basta ch'io veda un cane di Montecchi.

    Mi basta quello per farmi scattare.

    Gregorio -

    Già, ma scattare è muoversi;

    rimanere ben saldi sulle gambe,

    quello è coraggio. Se tu scatti, scappi.

    Sansone -

    No, so scattare pure stando fermo:

    mi basta d'incontrarmi con un cane

    di quella gente là. Fa' che l'incontro,

    sia maschio o femmina, io prendo il muro. (⁵)

    Gregorio -

    Con questo fai vedere che sei stroppio;

    perché al muro ci va sempre il più debole.

    Sansone -

    Questo è vero; è per questo che le donne

    che sono i vasi più deboli e fragili, (⁶)

    vanno sempre appoggiate spalle al muro.

    Perciò io sai che faccio?

    Caccio dal muro i servi dei Montecchi

    e ci appoggio le serve.

    Gregorio -

    Qui però

    ci sarà da vedersela fra uomini,

    padroni e servi.

    Sansone -

    Per me fa lo stesso.

    Mi mostrerò tiranno:

    combattuto che avrò coi loro uomini,

    sarò gentile con le loro donne...

    Taglio loro la testa.

    Gregorio -

    Ma che dici!

    Vuoi tagliare la testa alle ragazze?

    Sansone -

    La testa... Insomma far loro la festa.

    Prendila come vuoi. (⁷)

    Gregorio -

    Non sono io,

    sono esse che se la devon prendere

    nel senso che vuoi tu.

    Sansone -

    E puoi star certo

    che fintanto che mi sto ritto in piedi,

    quelle mi sentiranno. Lo san tutte

    che bel tocco di carne è il sottoscritto.

    Gregorio -

    E buon per te che non sei nato pesce,

    perché saresti nato stoccafisso...

    Piuttosto tira fuori quell'arnese,

    che arriva gente di Casa Montecchi.

    Entrano Abramo e Baldassarre

    Sansone -

    Io la mia lama l'ho bell'e snudata.

    Attacca tu per primo. Io ti spalleggio.

    Gregorio -

    Spalleggio... che vuoi dire?

    Mi rivolgi le spalle e te ne scappi?

    Sansone -

    No, non temere.

    Gregorio -

    Eh, di te ho paura.

    Sansone -

    Restiamo dalla parte della legge,

    lascia che siano loro a cominciare.

    Gregorio -

    Io gli passo davanti,

    e gli faccio gli occhiacci del dispetto.

    E la prendano pure come vogliono.

    Sansone -

    La prenderanno come avranno il fegato.

    Io gli faccio gli occhiacci,

    mi mordo il pollice in faccia a loro,

    e lo faccio schioccare, ch'è un insulto. (⁸)

    E se la prendon male, tanto meglio.

    (Fa il gesto di mordersi il pollice)

    Abramo -

    Per noi ti mordi il pollice, compare?

    Sansone -

    Io sì, mi mordo il pollice.

    Abramo -

    Ti sto chiedendo s'è verso di noi

    che te lo mordi. Rispondimi a tono.

    Sansone -

    (A Gregorio, a parte)

    Se rispondo di sì, sto nella legge? (⁹)

    Gregorio -

    (A Sansone, a parte)

    No.

    Sansone -

    No, compare. Se mi mordo il pollice,

    non è per voi. Però mi mordo il pollice.

    Ma non vorrete mica attaccar briga?

    Abramo -

    Briga, noi? No.

    Sansone -

    Ma se n'aveste l'uzzolo,

    io sono a vostra piena discrezione.

    Il mio padrone vale quanto il vostro.

    Abramo -

    Ma non di più.

    Sansone -

    D'accordo.

    Gregorio -

    (A Sansone, a parte)

    Di' di più,

    sta venendo un parente del padrone.

    Sansone -

    Vale di più, sissignore!

    Abramo -

    Tu menti!

    Sansone -

    Fuori le spade, se siete degli uomini!

    Gregorio, pronto con il tuo fendente.

    (Si battono)

    Entra Benvolio

    Benvolio -

    Fermi, insensati, fermi! Giù le spade!

    Idioti! Non sapete quel che fate!

    (S'intromette, e con la propria spada fa abbassare a terra quelle dei contendenti)

    Entra Tebaldo e s'accosta a Benvolio, sussurrando

    Tebaldo -

    Sei bravo, eh?, Benvolio, a trar la spada

    in mezzo a questi timidi cerbiatti!

    Vòltati, e guarda in faccia la tua morte.

    Benvolio -

    Sto solo a metter pace tra costoro.

    Perciò rinfodera, o almeno adoprala

    a darmi mano a rappacificarli.

    Tebaldo -

    Che! Tu parli di pace spada in pugno?

    Questa parola pace io la odio

    come l'inferno, i tuoi Montecchi e te!

    A te, vigliacco, in guardia! Fatti sotto!

    Si battono. Entrano parecchie persone delle due famiglie e si accende una zuffa generale; poi sopraggiungono dei cittadini armati di mazze

    Cittadini -

    Mazze ferrate! Picche! Partigiane!

    Datevi addosso, ammazzatevi tutti!

    Capuleti, Montecchi, morte a tutti!

    Entra il vecchio Capuleti, uscendo di casa, in vestaglia, con Monna Capuleti

    Capuleti -

    Che diavolo di pandemonio è questo?

    Qua il mio spadone!

    Monna Capuleti -

    Sì, la tua stampella!

    Una stampella dategli, piuttosto!

    Perché chiedi una spada, che vuoi farci?

    Capuleti -

    Il mio spadone! C'è il Montecchi, il vecchio,

    che viene a provocarmi, spada in pugno!

    Entrano il vecchio Montecchi con Monna Montecchi

    Montecchi -

    Vile d'un Capuleti!

    (Fa per slanciarsi, spada in pugno, contro il Capuleti, ma la moglie lo trattiene)

    ... E non tenermi!

    Lasciami andare!

    Monna Montecchi -

    Non farai un passo,

    per andarti a scontrar con un nemico.

    Entra il Principe Scaligero col suo seguito

    Principe -

    Sudditi ribellanti,

    nemici della pace,

    profanatori delle vostre spade

    con sangue cittadino!... Non m'ascoltano!...

    Oh, dico a voi, non uomini, ma bestie,

    che spegnete la perniciosa rabbia

    che v'infiamma nelle vermiglie polle

    sgorganti dalle vostre vene! Fermi!

    Da quelle vostre mani insanguinate,

    gettate a terra, a pena di tortura,

    i maltemprati acciai,

    ed ascoltate la vostra condanna

    dalle labbra dello sdegnato Principe.

    Tu, vecchio Capuleti, e tu, Montecchi,

    avete già tre volte disturbato

    la

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