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Il Guardiano e il Mondo Diverso
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E-book196 pagine2 ore

Il Guardiano e il Mondo Diverso

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Info su questo ebook

Nina si trasferisce con i suoi zii per poter trovare una soluzione ai suoi problemi di salute.
In una notte la sua vita subirà un cambiamento inaspettato, si troverà ad affrontare dei mutamenti e delle verità celate che non sapeva facessero parte di lei: conoscerà Nathan un ragazzo misterioso e protettivo.

Come mai questo ragazzo diventerà tutto per lei?


***L’AUTRICE

Mary Gio ha sempre viaggiato con la fantasia.
Da bambina si divertiva a riscrivere i finali dei suoi cartoni animati preferiti.
Scrive il “IL GUARDIANO E IL MONDO DIVERSO” con l’intento di coinvolgere ed emozionare i suoi lettori condividendo quello che è il suo mondo interiore.
LinguaItaliano
EditoreMary Gio
Data di uscita30 ago 2019
ISBN9788834179673
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    Anteprima del libro

    Il Guardiano e il Mondo Diverso - Mary Gio

    http://write.streetlib.com

    Pubblicato con

    Il Servizio Numero 1 in Italia

    di Assistenza alla Pubblicazione

    per gli Autori Indipendenti

    Self Publishing Vincente

    www.SelfPublishingVincente.it

    Mary Gio

    IL GUARDIANO

    E IL MONDO DIVERSO

    Copyright © 2019 Mary Gio

    Tutti i diritti riservati.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta

    senza il preventivo assenso dell’Autore.

    1 a edizione Agosto 2019

    Titolo | Il Guardiano e il Mondo Diverso

    Autore | Mary Gio

    Voglio ringraziare mio marito e i miei figli per il sostegno e la fiducia.

    Un ringraziamento particolare alle mie sorelle Venere e Lara che hanno creduto

    in me e incoraggiato in questo progetto.

    «Nina è ora, muoviti o perderemo l’aereo» disse zia Betta mentre scendeva le scale con le ultime valige.

    «Zia, arrivo, ho finito!» Ero davanti alla porta della mia cameretta con tutti i cartoni sigillati, aspettavano solo di essere caricati sul camion dei traslochi, sarebbero arrivati insieme ai mobili.

    «Credo che questa casa mi mancherà da morire» mormorai mentre raggiungevo i miei zii fuori ad aspettarmi con la macchina accesa. «Non ti preoccupare dove andremo, starai benissimo. Vedrai, ti troverai bene. Poi, lo sai, lo facciamo per la tua salute. Lì, te lo assicuro, troveremo una soluzione» detto questo, m’infilai in macchina senza rispondergli, ma con tantissima angoscia.

    Ero nata in quella casa. Ero molto piccola quando, da quello che mi era stato raccontato dai miei zii, mia madre e mio padre morirono in un incidente stradale. Si occuparono di me lo zio Edo e la zia Betta. Hanno sempre badato a me nella maniera migliore. Lo zio era un medico molto bravo mentre la zia era un’ottima insegnante di piano. Ho avuto una bellissima infanzia, tutto splendido fino a quando tre anni fa ho cominciato a star male per dolori fortissimi che a volte mi costringono a stare a letto per giorni. Per provare delle cure sperimentali, in una clinica specializzata, eravamo costretti a trasferirci.

    Arrivammo all’aeroporto, dove prendemmo l’aereo. Fu un’esperienza straordinaria. Era tutto così piccolo visto dall’alto, era splendido vedere la terra così lontana. «Zia, allora, mi dici, dove siamo diretti?» mi girai guardandola sghignazzando, lei si divertiva a tenermi sulle spine e incuriosirmi fino allo sfinimento. «Ok, te lo dico. Siamo diretti dove siamo cresciuti lo zio ed io. È un posto immerso nel verde e si respira un’ottima aria. Vedrai, la tua camera è bellissima, poi farai amicizia, la gente è molto gentile». Gli occhiali erano scesi dal naso e suoi occhi erano sempre luminosi. A volte mi piaceva fermarmi e osservarla, per me era bellissima. Lo zio non aveva distolto lo sguardo dalle sue riviste mediche ma sorrideva, il che significava solo una cosa: aveva ascoltato ogni singola parola.

    Ci vollero tre ore prima che l’aereo atterrasse, io avevo trascorso il mio tempo guardando dall’oblò e immaginandomi correre per quei prati verdi che mi aspettavo di vedere.

    Finalmente la voce dell’hostess: «Si allaccino le cinture»... Mi sentivo al settimo cielo, ero eccitatissima, strinsi le mani fino a quando non giungemmo a terra.

    Aspettammo un po’ per riprendere i bagagli, poi guardai lo zio che mi sembrava un po’ sovra pensiero «Zio cosa c’è? Hai cambiato umore!» afferrandolo per mano.

    «Non ho nulla, è che doveva venire un nostro vecchio amico a prenderci ma non si vede» facendomi un sorriso poi lasciò la mia mano e ridendo indicò con il dito. «Guarda, è arrivato. Non è cambiato per niente» poi gli andò incontro con le braccia aperte. «Eh, devo dire che hai sempre la solita faccia» e abbracciò un grande omone che avrei confuso facilmente con un orso, se fossimo stati al buio.

    Io mi nascosi dietro a zia Betta che anche lei sorrideva dalla felicità. Dopo qualche minuto che si scambiarono piccoli pettegolezzi, si ricordarono di me.

    «Tesoro, ti presento Mike, ci conosciamo da tantissimo tempo», lo zio afferrandomi per un braccio e portandomi davanti a lui «Ecco: lei è mia nipote Nina». Quasi spaventata da quell’omone, timidamente cercai di dirgli qualcosa, ma ero troppo impressionata dalle sue mani enormi e dalla suggestione che mi davano i suoi occhi neri e profondi.

    «Piacere tutto mio. Nina, non ti preoccupare non sei la prima ad avere paura di me, ma ti assicuro che abbaio ma non mordo» facendo una breve risata, io dal canto mio diventai rossa e abbassai lo sguardo.

    «Come ti senti oggi? I tuoi per telefono mi hanno raccontato tutto di te e anche di quei fastidiosissimi dolori, spero di riuscire ad aiutarti» poi fece cenno con una mano di seguirlo. Prendemmo la macchina e cominciammo ad attraversare la città che era davvero enorme.

    Passarono due estenuanti ore, ma mi divertivo tantissimo a osservare la gente che sembrava andasse di fretta, alcune erano vestite in maniera strana e tutto ciò mi incuriosiva.

    Finalmente uscimmo dalla città tanto caotica e prendemmo una strada che si dirigeva verso le montagne e la macchina si fermò.

    «Ehi, non hai chiuso occhio, non sei stanca?» Mike si rivolse a me mentre chiudevo lo sportello della macchina. «No… devo osservare tutto, mi piace come sta andando la mattinata» girando a lui le spalle per guardarmi intorno.

    Era tutto meraviglio. C’era un viale con alberi altissimi ai lati, in fondo si vedeva una casa gialla con tantissime piante, involontariamente mi misi a correre fino ad arrivare davanti alla porta con un gran fiatone. Mi feci coraggio e contando fino a tre, aprii ed entrai gridando «Permesso!».

    Inaspettatamente mi trovai davanti a una donna con un dolce tra le mani e un grembiule. Lei all’inizio mi osservò e poi divertita, per stare al gioco, mi gridò «avantiiiii» scoppiando a ridere.

    «Ciao, io mi chiamo Sue, sono la moglie di Mike. Ho pensato di farvi trovare qualcosa da mettere sotto i denti, spero che ti piaccia la torta di mele» mi sorrideva, ma anche lei mi dava un senso di disagio i suoi occhi erano neri come quelli di Mike. «Certo, mi piace» era l’unica cosa che mi venne fuori d’impulso.

    Nel frattempo fui raggiunta dagli altri e quando Mike vide la moglie la salutò con un bacio sulla fronte, poi si girò verso di noi «Bene. Nina, tu devi aver conosciuto mia moglie, che cosa dire? Betta, Edo, vi presento Sue» era quasi imbarazzato.

    «Ah, ma allora non sei l’orso che noi tutti conosciamo, ti sei sposato anche tu alla fine» lo zio andò verso di lei per darle la mano e rideva davvero di cuore.

    Dopo le presentazioni Sue volle fare gli onori di casa «Edo, sappiamo benissimo che questa è casa tua ma abbiamo fatto degli accorgimenti e volevamo mostrarveli».

    «Non ti preoccupare. Mi fido di Mike, so che è un ottimo falegname».

    «Zio, la mia stanza dov’è? Posso?» intrufolandomi nei loro discorsi.

    «Certo, è di sopra». Sue prese una delle valige e mi fece strada su per le scale.

    Arrivammo in cima. C’era un corridoio con due stanze alla mia destra e due alla mia sinistra, in fondo un’altra stanza. Dedussi che doveva essere il bagno. Sue mi guardava quasi incuriosita, poi alla fine entrò nella seconda stanza a destra. «Ecco questa è la tua stanza». Io entrai quasi in punta di piedi. Era un po’ più piccola rispetto a quella di prima, ma aveva un’enorme finestra con un davanzale grande, dove potevo starci seduta sopra.

    Dopo poco fui raggiunta dagli zii che portando le valige nella loro camera, lasciarono davanti alla mia porta il resto dei miei bagagli, Sue nel frattempo spiegava loro il perché del cambiamento di posizione dei mobili.

    «C’è stata un’infiltrazione d’acqua e per mettere a posto il danno abbiamo spostato tutto, spero che vada bene» facendo segno del punto.

    «Non ti preoccupare, va tutto benissimo. Sapevamo bene che la casa è rimasta chiusa per troppo tempo, tranquilla grazie per il disturbo» disse lo zio Edo mettendo in un angolo la valigia.

    Io continuavo ad osservare la mia camera: era luminosissima, la luce prendeva ogni angolo e le pareti erano di colore azzurro tenue, il letto a baldacchino e l’armadio molto spazioso tanto che al suo interno ci sarebbe potuto stare un altro letto.

    Dopo un po’ una voce dalle scale «Ok signori, la cena ci aspetta. Che ne dite, si mangia?» Era Mike che ci chiamava. Passammo una bellissima serata, ricca di aneddoti degli zii, di quando erano ragazzini e di come si erano innamorati e degli strani cambiamenti di umore che lo zio aveva quando vedeva arrivare la zia e di com’era impacciato e incapace, cosa che a vederlo ora proprio non si direbbe.

    I giorni seguenti passarono in maniera molto veloce. Conobbi altre persone che gli zii frequentavano prima di andare a vivere in città. Tutti avevano qualcosa di nuovo da raccontarmi su di loro e le loro scorribande. Tante volte portavano la zia a farli tacere cambiando il tono della voce e lì capivo che dovevo far finta di nulla.

    Una sera diversa dalle altre, i miei zii ed io eravamo in salotto al piano di sotto, dove c’era un enorme camino tutto intagliato a mano. «Allora, Nina, come ti senti in questi giorni? Sei stata sempre in ottima forma, non hai mai avuto i tuoi soliti attacchi» disse lo zio mentre metteva la legna nel camino.

    «Sì, è vero. I miei soliti dolori sono spariti ma ogni tanto mi tirano le braccia, soprattutto il destro» appoggiando il mio libro sulle ginocchia.

    «Ah sì? Questo non me lo avevi detto, e tutto da quando?» sedendosi sulla poltrona a fianco a me.

    «Non mi sembra di una certa importanza, poi non sono dolori insopportabili» sorridendogli.

    «Ok, ora Nina dobbiamo parlarti» raggiungendoci la zia con delle belle tazze di cioccolato fumante. «Ormai sei diventata quasi una donna, a diciassette anni si è quasi a metà strada e noi dobbiamo parlarti e dirti delle cose importanti» porgendomi la tazza.

    «Zia, niente di grave vero?» era la prima volta che sentivo mia zia parlarmi in questa maniera e con tanta serietà, il suo viso sembrava tirato.

    «Niente d’inspiegabile, ascoltaci bene poi ci darai la tua opinione. Come iniziare» lo zio si preparava, ma lo interruppi bruscamente «Zio, aspetta» la tazza mi cadde dalle mani, la zia subito venne verso da me «Nina cosa c’è?».

    «Zia, le mie braccia, non riesco a muoverle! Mi fa male la pancia, no! È la schiena! Oh Dio, che dolore insopportabile!» all’improvviso mi accasciai. «Ma cosa succede? Non capisco».

    Lo zio subito venne verso di me con una siringa di tranquillante. Mi prese le braccia e in un attimo mi trovò la vena «Tranquilla, con questa starai subito meglio».

    «Zio, cosa succede? Sento dei passi» il dolore alla testa era fortissimo ma nonostante nessuno in casa camminasse, a me sembrava di sentire dei passi. Gli zii si guardarono in faccia e ora sembravano visibilmente terrorizzati «Ok, Nina sei sicura di quello che dici?» lo zio posando la siringa sul tavolino di fronte. «Sì, li sento e sono sempre più vicini» stringendomi alla zia.

    «Ok, ci siamo» lo zio Edo si alzò e andò verso la porta d’ingresso.

    Dopo poco aprì e fece accomodare l’ospite inatteso «Prego DJ, ma sei venuto da solo?».

    «No, io non viaggio mai da solo, lo sai» facendosi avanti. Mi trovai un ragazzo molto alto e ben piazzato con capelli neri e occhiali da sole, cosa per me stupida perché erano le nove di sera, con pantaloni corti e camicia sbottonata, piercing al naso e all’orecchio e sandali estivi.

    «Dov’è Nathan? Ci aveva detto che sarebbe venuto lui!» disse la zia con tono molto duro.

    Io continuavo a lamentarmi, i dolori erano attenuati ma non spariti del tutto «Allora DJ, dov’è?!» sembrava furiosa.

    All’improvviso proprio dietro di lei si fece avanti un altro ragazzo «Sono qui, non c’è bisogno di arrabbiarsi e di fare casino, ero qui da un po’, il tempo necessario per osservare lei» fece segno con il dito verso di me. «Questa non è maniera!» ribatté subito la zia alzandosi in piedi.

    Lui si fece avanti, era alto e magro, capelli castani scuri, occhi chiari, ma il colore non si riusciva ben a definire. Vestito con una camicia, giacca di pelle nera e jeans, si avvicinò a me e quasi pretendendo che lo guardassi fisso negli occhi «Ok, tu devi essere Nina, ti fanno ancora male le braccia?» mi sentivo in imbarazzo e non gli risposi, mi limitai a fargli cenno con la testa.

    «Bene, Edo. La porto via con me, qui non è al sicuro. Ti comunicheremo notizie più avanti come d’accordo» parlava con lo zio ma continuava a tenere il suo sguardo fisso su di me.

    «Come? Edo di questo tu non me ne hai parlato» la zia mi aveva lasciato da sola sul divano e aveva raggiunto lo zio che non aveva il coraggio di guardarla in faccia.

    «Lo so, ma ascolta, dobbiamo proteggerla, qui non sarebbe al sicuro. Hai visto anche tu che ci sono state troppe sparizioni, troppe morti, poi» la prese per le braccia. «Lei sta cambiando e non sappiamo a cosa andiamo incontro... devi essere coscienziosa capire e accettare, è per il suo bene non puoi fare altrimenti. I suoi dolori sono molto forti» e non finì la frase.

    «Zitto!» replicò la zia. «Non dire quello che stai pensando»! Coprendo il viso con le mani. Lo zio la strinse tra le braccia e cercò di consolarla parlandole nell’orecchio per non farsi sentire sicuramente da me.

    All’improvviso cominciai a stare peggio, sembrava che l’effetto del calmante fosse già passato e non riuscivo più a muovermi, terrorizzata, chiamai lo zio che subito si precipitò «Dimmi, cosa…».

    «Zio, il braccio destro, il collo, la mia testa, mi scoppia la testa!» cominciai a piangere interrottamente.

    «Ok, ci siamo DJ, prendi una coperta, avvolgila e portiamola via», Nathan diede direttive.

    Con le lacrime agli occhi lo guardai e poi mi rivolsi alla zia che sembrava disperata quanto me. «Zia no, non voglio, devo stare qui, zia» singhiozzando.

    Lei dopo essersi asciugata gli occhi con le mani venne verso di me, prese la coperta che si trovava sopra la poltrona e parlandomi dolcemente mi avvolse al suo interno «Bene, tu devi andare, dove ti porteranno starai meglio, loro ti spiegheranno delle cose e tutto ti sarà chiaro. Piccola non odiarci, noi ci rivedremo e potremo stare insieme come prima. Nathan, fidati di lui, ti spiegherà tutto!» e mi diede un bacio sulla fronte facendo spazio a DJ che mi prese in braccio e si diresse verso la porta.

    Nathan andò vicino a zio Edo visibilmente preso e la zia che continuava a piangere «Non vi preoccupate, starà bene. Le spiegherò tutto quello che c’è da sapere e se veramente i vostri sospetti sono fondati, chi sta facendo queste stragi ben presto sarà costretto a venire fuori! Ora andiamo, sta arrivando qualcun altro e non mi piace» poi si girò e ci raggiunse.

    Uscimmo e ci dirigemmo verso una Jeep di color rosso. DJ mi pose sul sedile posteriore molto delicatamente, dava l’idea di aver paura di farmi male. Nathan si mise alla guida, chiuse lo sportello poi

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