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In-giustizia è fatta
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E-book312 pagine4 ore

In-giustizia è fatta

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Info su questo ebook

"La legge è uguali per tutti!". Con questo slogan, il libro-denuncia "IN-GIUSTIZIA E' FATTA" affronta, attraverso una drammatica, dolorosa vicenda personale, un argomento cruciale: la giustizia. Protagonista della storia un giovane italiano, da molti anni volontario in Guatemala, che a un certo punto della sua esperienza si trova, suo malgrado, coinvolto in un inquietante caso giudiziario. Un diabolico complotto finalizzato a interessi politici, crea l'alibi per avviare un procedimento penale. Il processo farsa, costruito sulle basi di un sistema di corruzione nelle alte sfere della magistratura- collusa con una spregiudicata fondazione umanitaria- lo condanna a subire, pur innocente, anni di carcere. Un esempio di come la legge, garante dell'ordine e della giustizia, a volte può trasformarsi in spietato strumento di potere e di persecuzione.
LinguaItaliano
Data di uscita30 gen 2020
ISBN9788831657655
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    Anteprima del libro

    In-giustizia è fatta - Emiliana Colombo

    libro.

    INTRODUZIONE

    Oggi, 2 aprile 2015 mi accingo a scrivere questa storia.

    Ho riflettuto a lungo sul senso della sua divulgazione ma finalmente ho deciso di farlo per un motivo molto semplice: la vicenda è talmente grottesca che merita di essere condivisa, soprattutto con le persone che conoscono bene il suo protagonista e sono in apprensione per lui a causa della grande ingiustizia di cui è vittima.

    Per una maggiore chiarezza ho ritenuto utile portare a conoscenza del lettore anche gli avvenimenti che hanno segnato il percorso di Samuele in questa sua lunga avventura, dal lontano inizio fino al recente, sconcertante, imprevedibile epilogo.

    Fanno da sfondo al racconto aneddoti di carattere turistico, inseriti per rendere la lettura il più possibile gradevole malgrado la drammaticità dell’argomento.

    PRIMA PARTE

    1

    . UNA STRANA TELEFONATA

    Non ricordo esattamente il giorno, ma sicuramente eravamo all’inizio dell’estate 2012.

    Come di solito sono in casa a svolgere le mansioni domestiche. Roberto, mio marito pensionato, è fuori per faccende e Giorgio, mio figlio 24enne, al lavoro come sempre.

    Sono le 3 del pomeriggio. 

    Mentre il ronzio dell’aspirapolvere riempie il silenzio della casa, i miei pensieri spaziano un po’ ovunque finché uno -più prepotente degli altri- si impone alla mia attenzione.

    Cosa starà facendo mio figlio Samuele in questo momento? Là sono le 7 del mattino, di sicuro avrà già fatto colazione e iniziato a lavorare. Sono molto mattinieri in Guatemala, inoltre alla missione ci sono sempre tante cose da fare e il tempo non basta mai.

    Non lo sento da oltre due mesi. È abituato a non rispondere ai messaggi del cellulare e nemmeno a telefonare a casa con frequenza. Lui è fatto così. Il detto nessuna nuova, buona nuova è il suo motto preferito e noi, dopo tanti anni, abbiamo imparato a condividerlo.

    Chiamalo adesso, lo saluti e senti come va mi suggerisce l’istinto.

    D’accordo, ci siamo visti appena 3 mesi fa e abbiamo trascorso 20 giorni di vacanza insieme: io, Roberto e mia sorella Lidia, un po’ aiutando nell’hogar e un po’ facendo i turisti. Siamo stati bene e ci siamo divertiti. Quando l’abbiamo lasciato tutto era a posto.

    Ciò nonostante la vocina dentro di me insiste chiamalo.

    Mi arrendo, spengo l’aspirapolvere e compongo il numero del suo cellulare.

    Minuti restanti 8 avverte la segreteria telefonica.

    La tessera prepagata è quasi esaurita, ma il tempo per salutare Samuele mi basta.

    Haló? risponde la voce all’altro capo del filo.

    Ciao Samu come stai? Non ti sentiamo da un po’.

    Ciao mami, qui tutto bene, c’è solo un piccolo problema, ma si risolverà presto. Si tratta sicuramente di un grosso equivoco.

    Perché?  cos’è successo?

    Con apparente noncuranza mi racconta l’accaduto, e la mia sorpresa iniziale si trasforma in crescente apprensione. Scatta l’allarme.

    Normale istinto materno?  Sesto senso?

    Senza dubbio. Ma non solo.

    Conosco abbastanza bene il Guatemala: Paese tanto affascinante quanto insidioso.

    Perché non ci hai avvisato subito? gli chiedo risentita.

    Ho aspettato a parlarvene per non spaventarvi, tanto non dovrebbe essere una cosa grave minimizza.

    I minuti sono finiti e il clic della linea che cade interrompe la conversazione.

    Non ci posso credere! Che storia è mai questa? mi chiedo in preda allo sconcerto.

    Mentre riaggancio, la mia mente è già alla ricerca di una possibile soluzione, anche se in questo momento mi riesce difficile ragionare con lucidità.

    Lo richiamo col telefono fisso.

    Scappa Samuele, subito. Vai all’aeroporto e imbarcati sul primo aereo per l’estero intanto che sei ancora libero e in possesso del passaporto. E’ pericoloso stare lì!

    Non posso farlo, mamma, se mi fermano peggioro la mia situazione. Il tentativo di fuga verrebbe interpretato come un’ammissione di colpa e i reati diventerebbero due risponde.

    Perché non controdenunci questa donna per diffamazione e menzogne?

    Ci ho pensato, ma secondo il mio avvocato è troppo tardi. La Procura ha già aperto un’inchiesta e avviato le indagini. Ormai sono indagato.

    Hai chiamato l’ambasciata italiana?

    Sì, però non so cosa stiano facendo di preciso. Mi hanno solo consigliato uno studio legale di loro fiducia, ma non mi sembra il caso di cambiare difensore adesso, vediamo prima come vanno le cose.

    Hai bisogno di aiuto? Vuoi che venga giù qualcuno?

    Per il momento no, mami. L’avvocato dice di stare calmo e avere pazienza che tutto verrà chiarito. E’ solo un bluff, un castello di sabbia. Non preoccupatevi. Mi farò sentire io appena ci sono novità.

    Dove sei adesso?

    Dagli Emiliani a Mixco, i preti mi hanno dato ospitalità.

    Mi raccomando, tienici informati, non lasciarci sulle spine.

    Come si fa a far finta di niente dopo una telefonata del genere?

    Col trascorrere delle ore, l’ansia si fa sempre più opprimente.

    Guardo l’orologio: sono quasi le 7

    Ma che fine hanno fatto Roberto e Giorgio?

    Sto preparando la cena quando, poco dopo, li vedo arrivare insieme.

    Finalmente, era ora li accolgo infastidita dal ritardo.

    Cosa c’è? chiedono vedendomi agitata.

    Ho chiamato Samuele per salutarlo. Rispondo.

    Eh?!

    E’ successa una cosa grave, incredibile

    Cosa??

    Una donna l’ha accusato di violenza sessuale sulla figlia di 7anni. Ha sporto denuncia contro di lui alla procura di Antigua. Dopo i primi accertamenti del P.M, il giudice ha emesso un mandato di arresto e la polizia l’ha rinchiuso nella cella del tribunale in stato di fermo. Hermano Victor, avvisato da Sr.Imelda, gli ha messo immediatamente a disposizione un avvocato di sua conoscenza, certa Claudia P. Bisognava pagare subito la cauzione per evitare il trasferimento nel carcere di Chimaltenango. E’ stato rilasciato il giorno stesso dopo il versamento della cauzione. E’ comunque inquisito.

    Sono allibiti.

    Ma ora dov’è, cosa fa?

    "E’ in libertà condizionata almeno fino a quando le indagini disposte dal procuratore non chiariranno la vicenda. E’ stato allontanato dalla missione di S. Lucas col divieto assoluto di rimetterci piede. Per il momento non gli hanno ritirato il passaporto, ma non può lasciare il Guatemala e ogni 2 settimane deve presentarsi al distretto di polizia di Antigua a firmare. Ora è ospite dei padri Somaschi a Mixco. Lo stanno aiutando Hermano Victor e un certo sig. Gonzalo -suo collaboratore- che si è preso a cuore il caso.

    Dice di stare tranquilli che si farà vivo lui appena avrà altre notizie".

    Cosa possiamo fare noi da qui?

    Adesso niente, la Procura sta investigando, bisogna solo aspettare.

    Osservo l’espressione incredula dei loro volti tramutarsi in sgomento.

    Cala il silenzio. Nessuno sa cosa dire.

    Mi arrabbio quando mio marito dice Ma sarà vera questa accusa?

    Il dubbio si insinua nella sua mente e l’urgenza della verità lo induce alla telefonata chiarificatrice.

    Ma cosa dici pà, sono tuo figlio, mi conosci, pensi che sia capace di fare una cosa simile? E’ tutta una macchinazione della signora Alicia M.

    Avevo bisogno di sentirtelo dire. Ma chi è questa signora Alicia, la conosci?

    Sì la conosco di vista, ma non ci ho mai parlato.

    Chi è?

    E’ la mamma di Sofia, una alunna interna del collegio. Dopo la scuola, la bambina viene affidata alla custodia delle suore, nell’hogar, fino a quando lei viene a prenderla.

    E perché mai ti sta facendo questo?

    Non lo so, non ne ho idea, forse mira ai soldi. In ogni caso il giudice mi ha proibito di avvicinarla e quindi non saprò mai cos’ha in mente.

    Questa storia non mi piace.

    Non penso ad altro mentre apparecchio per la cena.

    Cosa si può fare a 10000 km. di distanza?

    A chi chiedere aiuto?

    Alla congregazione delle suore Somasche? Al vescovo? All’Ambasciata Italiana? Alla Farnesina?

    Solo di una cosa sono sicura: bisogna assolutamente intervenire - e subito - per fermare questa donna e il suo piano diabolico, qualunque esso sia.

    Se è solo una questione di soldi, basta offrirle ciò che vuole, purché ritiri immediatamente la denuncia.

    Forse si può fare.

    L’evolversi dei fatti renderà purtroppo impossibile questa semplicistica ed illusoria soluzione.

    Intanto vedo chiaramente il pericolo incombere sul mio ragazzo, nonostante le sue rassicurazioni.

    Davanti alla minaccia concreta, il mio istinto si allerta. Non posso ignorarlo, non mi tradisce mai.

    Immagino Samuele in un carcere duro in Guatemala per lunghi anni, perché questa è la sorte che lo aspetta se le cose dovessero mettersi male.

    La realtà di questo paese centroamericano è difficile. Per gli stranieri e i turisti andare in giro da soli, specie al buio, è pericoloso: rapine, estorsioni, violenze e uccisioni anche per pochi soldi sono frequenti. La malavita e la delinquenza comune dilagano di pari passo con la povertà e il degrado. Il Guatemala inoltre è un importante crocevia per il traffico di droga proveniente dal Sudamerica e quindi più soggetto a fenomeni diffusi di criminalità organizzata.

    Il governo, guidato da un presidente ex-militare, tenta di combattere tutto questo con il pugno di ferro. La polizia è ovunque e la gente ha paura.

    A cena e per tutto il resto della serata l’atmosfera è pesante, carica di interrogativi.

    Discutiamo a lungo senza concludere niente. Il problema è serio, ma purtroppo non sappiamo cosa fare; totalmente spiazzati da questa improvvisa emergenza che mette in pericolo Samuele e minaccia la nostra tranquilla routine familiare.

    Andiamo a letto avviliti sperando che la notte porti consiglio.

    Sapevo per certo che non avrei chiuso occhio nonostante la pillolina.

    Inquieta, mi rigiro continuamente nel letto, mentre al mio fianco Roberto russa beato suscitando la mia irritazione e aumentando il mio nervosismo.

    Ma com’è possibile dormire così tranquillamente dopo quello che è successo? penso non senza un po’ di invidia.

    Accendo la luce e provo a leggere. L’effetto rilassante della lettura di solito funziona, ma non questa volta: proprio non riesco a concentrarmi. E’ inutile, il sospirato sonno non arriva, tanto vale rassegnarsi e lasciar scorrere pazientemente nei ricordi le lunghe ore di una notte insonne.

    2

    . L’ORIGINE DELLA STORIA

    Un giorno d’autunno del 1998, mio figlio Giorgio, 9 anni, torna a casa da scuola con un volantino che dice:

    Cercasi famiglie volonterose disponibili per adozioni a distanza.

    La campagna è promossa dalle Missionarie Somasche di S. Gerolamo Emiliani di Lecco (ONLUS) e riguarda progetti di aiuto ai bambini di alcuni Stati del Centro America.

    La troviamo una buona cosa quindi accogliamo l’invito.

    L’iniziativa prevede il sostegno per l’istruzione scolastica a partire dalla scuola materna fino al termine della scuola dell’obbligo.

    Ci viene affidata Consuelo Emperatriz, una bambina salvadoregna di 2 anni.

    La nostra referente è Madre Ceferina, superiora della Missione Somasca alla Costa del Sol in Salvador.

    Per quattro anni tutto procede bene. Periodicamente, per telefono o per posta, ci mettiamo in contatto con loro.

    Nell’agosto del 2002 mi viene un’idea.

    E se facessimo una vacanza speciale e andiamo a trovare Consuelo? propongo una sera durante la cena.

    Perché no? risponde Roberto.

    Dopo un breve scambio di opinioni ci troviamo tutti d’accordo.

    Detto, fatto. Si parte.

    Io, Roberto, Samuele ed Elisa, una nipote.

    Giorgio preferisce restare a casa con la zia. E’ un ragazzo tranquillo, non ama viaggiare e per il momento gli bastano gli amici e la sua squadra di calcio.

    Approfittiamo dell’occasione per conoscere un po’ quella zona. Visitiamo El Salvador e Guatemala.

    Pur non essendo nuovi alla realtà dei paesi in via di sviluppo, rimaniamo impressionati dalle condizioni di estrema povertà in cui versa la maggior parte della popolazione dei due paesi.

    Tornati a casa organizziamo una rete di solidarietà tra amici, parenti e conoscenti. Le famiglie coinvolte nel programma di adozione a distanza diventano una quindicina e tutti gli anni raccogliamo fondi da inviare a Suor Ceferina per la retta scolastica dei bambini, i quali ringraziano con brevi lettere di auguri decorate con piccoli ninnoli e fotografie.

    La stagione autunnale mi gioca sempre dei brutti scherzi e quella dell’anno 2004 non fa eccezione.

    Un giorno mi sentivo particolarmente triste e malinconica quando Samuele abbracciandomi esclama:

    Perché non cambi aria per un po’ e vai a trovare la madre Ceferina?

    Lì per lì non ci faccio caso, ma ripensandoci, realizzo che forse non è una cattiva idea. Mi farebbe senz’altro bene evadere per qualche tempo dalla noiosa routine domestica e lanciarmi in una nuova avventura.

    Approfittando del fatto che Roberto, ormai pensionato, si dichiara disponibile a sostituirmi in casa, con l’approvazione dei miei uomini prendo la decisione.

    Improvvisamente Samuele esclama con slancio Vengo anch’io. Sembra entusiasta.

    Sono sorpresa.

    Come mai tanto interessamento per questo viaggio? E il lavoro? chiedo incuriosita.

    Mi piacerebbe fare qualcosa di diverso, viaggiare, conoscere altri posti, altra gente. Per il lavoro chiederò un permesso.

    Che strano mi dico. Non è da lui mollare così su due piedi gli amici, le ragazze, lo stadio, i raves, i centri sociali e tutti gli interessi che fanno parte della sua stravagante vita. E’ vero, ultimamente il ragazzo appare insofferente, irrequieto, insoddisfatto. Ha anche rotto con la morosa. Già di carattere un po’ ribelle, si dimostra sempre più allergico ai doveri e alle regole dettate dall’ordine sociale e famigliare.

    Cerco di indagare più a fondo sul perché di questo desiderio improvviso e inaspettato ma lui non si sbilancia. Come sempre, quando tento di forzare le sue difese, si barrica dietro un ostinato silenzio.

    Non c’è mai stata molta confidenza tra noi, in casa è un ragazzo timido e chiuso.

    Che si sia stancato della vita che conduce?

    Dimmi cosa ti sta succedendo. Ti sei cacciato in qualche guaio? insisto.

    Ma no, mami. Voglio solo allontanarmi da qui e cambiare vita per qualche tempo, fare nuove esperienze

    Non aggiunge altro.

    Siamo tutti d’accordo, ma per lui la situazione è un po’ più complicata, c’è il lavoro di mezzo.

    L’ostacolo è subito rimosso: il suo giovane capo gli concede volentieri un permesso di tre mesi.

    E’ tutto a posto, non ci resta che organizzare il viaggio.

    Telefoniamo a Sr. Ceferina, che nel frattempo da El Salvador è stata trasferita in Guatemala, per chiedere ospitalità nella sua nuova missione.

    Nessun problema, venite pure. Qui c’è lavoro per tutti risponde felice.

    Roberto e Giorgio non hanno difficoltà a rimanere a casa da soli, so che se la caveranno bene.

    Verso metà settembre partiamo.

    Hogar de los Angeles (casa degli angeli) si chiama la missione somasca di S. Lucas Sacatepequez. All’aeroporto ci accoglie con grande gioia la superiora Madre Ceferina, salvadoreña . Oltre al collegio, il complesso ospita una casa famiglia per bambini abbandonati, orfani o vittime di gravi situazioni famigliari. Sono circa una trentina, piccoli. Vengono indirizzati lì dal tribunale dei minori.  Nell’attesa di trovare loro una famiglia adottiva, le suore si prendono cura di loro.

    Il lavoro non manca di certo e con esso anche le soddisfazioni.

    E´ la stagione delle piogge in Guatemala. Da maggio a ottobre violenti acquazzoni si abbattono quotidianamente su strade, case e campi provocando frane e allagamenti un po’ ovunque, specie nelle zone più povere del Paese.

    La nostra umile e fatiscente dimora si trova nel mezzo di una pineta e non vede mai il sole.

    Avvolta da una costante umidità, é meta e rifugio di numerosi insetti. Enormi ragni neri passeggiano sui letti scatenando il mio terrore mentre Samuele, che da sempre ne é affascinato, se li tiene teneramente sulle spalle come fossero innocue bestiole di compagnia.

    Sfruttiamo i week-end riposando e facendo i turisti. Nei tre mesi di permanenza, viaggiando con i mezzi pubblici o accompagnati da M.Ceferina, riusciamo a visitare le località più belle e caratteristiche del Guatemala: Antigua, Panajachel, Chichicastenango, Tikal, Amatitlán, Cobán e tanti altri posti interessanti.

    Un cenno particolare merita il Parco Nazionale TIKAL.

    Dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, è il più importante sito archeologico della civiltà Maya in Guatemala. Si trova a Nord in una vasta area di foresta pluviale nel dipartimento del Petén.

    Dalla fitta vegetazione emergono gigantesche e maestose piramidi di pietra che si arrampicano verso il cielo con le loro ripidissime e lunghissime scale. Il tratto turistico si snoda nella foresta di ceibas, tra scimmiette saltellanti, pappagalli variopinti e ragni velenosi. E’ disseminato da una grande quantità di ruderi archeologici: monumenti, templi, necropoli e palazzi che convergono nella piazza principale della grande città distrutta, centro del potere politico e religioso dell’antica civiltà.

    All’uscita, il museo archeologico conclude la visita.

    Il 2 novembre, in occasione della ricorrenza dei morti (finado) con un gruppo di novizie andiamo ad assistere al Festival de los bariletes gigantes (aquiloni giganti) che si svolge ogni anno nel cimitero indigeno di Santiago Sacatepequez. Una moltitudine di gente in costume tipico con grandi mazzi di fiori in mano affolla le strade delle cittadina in direzione del camposanto. Molti sventolano orgogliosi la propria opera d’arte: un coloratissimo aquilone che, a fine giornata, lasceranno volare in cielo per accompagnare le anima dei loro cari defunti. Ce ne sono di enormi variopinti e bellissimi confezionati a mano con materiali di ogni genere.

    Dopo la cerimonia commemorativa una giuria popolare premierà il migliore.

    A sera, decine di ubriachi accasciati sulle tombe in mezzo a rifiuti di cibo e bottiglie di alcool, verranno recuperati dai famigliari per essere condotti a casa.

    Molti invece, in stato di semi-incoscienza, passeranno la notte al cimitero in attesa di smaltire la sbornia.

    Il 20 dicembre torniamo a casa.

    Il giorno di Natale l’avventura vissuta viene piacevolmente condivisa con tutta la famiglia riunita per l’occasione.

    Finite le feste, Samuele, stranamente malinconico e pensieroso, lancia la frecciata.

    Tre mesi sono pochi, vorrei prolungare almeno di 1-2 anni questa straordinaria esperienza in Guatemala. Per me è importante.

    Sei sicuro?  Pensaci bene!

    Sì, sono sicuro, ci ho pensato molto, praticamente da quando siamo tornati.

    Sono perplessa. Mi viene in mente l’ultimo giorno a S. Lucas. Mentre stavamo preparando le valigie, gli avevo chiesto: Non ti mancano casa e amici? non sei contento di tornare alla tua solita vita?

    No, io veramente vorrei fermarmi qui più a lungo mi aveva risposto senza esitare.

    Ero rimasta colpita dalla sua determinazione.

    ‘Sarà il desiderio di aiutare gli altri o piuttosto quello di realizzare se stesso a spingerlo in questa direzione’? mi chiedo.

    Forse entrambe le cose, visto che in passato non ha mai manifestato particolare interesse per il volontariato. Può darsi che questa esperienza lo abbia favorevolmente impressionato, concludo un po’ filosoficamente tra me e me.

    Sarebbe bello poterne discuterne tutti insieme in famiglia e avere le risposte direttamente da lui, ma so che non è possibile. Lo conosco bene, si chiuderebbe a riccio e gli altri non mi aiuterebbero di certo.

    Ma cos’è che ti attrae tanto di S Lucas?.

    Mi piace vivere laggiù perché tutto è più semplice, sto bene, aiuto la missione e questo mi fa sentire utile.

    E’ tutto chiaro, argomento chiuso.

    Contattiamo Madre Ceferina. Non ha nulla in contrario a ospitarlo, anzi è contenta.

    Il 1° febbraio 2005 Samuele, all’età di ventiquattro anni, lascia il lavoro, la famiglia, gli amici e tutto il suo mondo. Parte per quello che tutti noi pensavamo essere un’avventura di 1-2 anni al massimo.

    Destinazione ancora S. Lucas, una cittadina di circa 25.000 abitanti adagiata sull’altopiano Centrale del Guatemala a oltre 2.100 m. di altezza. Dipartimento di Sacatepequez, capitale Antigua.

    Dista circa 30 km. dalla capitale di Stato Città del Guatemala.

    Alla solita missione delle suore Somasche si impegna a fondo per anni; si occupa della manutenzione alle strutture: imbianchino, falegname, muratore, elettricista, idraulico ecc. Quello che serve. Lui sa fare un po’ di tutto, è molto bravo nel lavoro manuale e la fatica non lo spaventa.

    La sua presenza è preziosa in una comunità composta esclusivamente da religiose, ragazze e bambini.

    Nessun compenso, nessuna garanzia, nessuna sicurezza: solo vitto e alloggio in cambio di lavoro.

    Non lo vediamo per due anni e mezzo e raramente, solo in alcune ricorrenze, lo sentiamo per telefono.

    Nell’estate del 2007 gli facciamo visita con il nipote Fabio e la fidanzata Anna.

    Anche questa volta Giorgio decide di non accompagnarci. Ha già programmato le vacanze con gli amici, sta facendo la patente ed è impegnato con il calcio.

    Appena entriamo nell’ abitazione di Samuele (la stessa casetta nella pineta) ci prende un colpo.

    Nella camera da letto, in una grande teca di vetro, sotto un ramo, arrotolato su se stesso giace immobile un bellissimo pitone. L’animale sembra in letargo.

    E’ mio amico, mi fa compagnia esclama Samuele, mentre con indifferenza lo estrae dalla teca e se lo mette al collo come fosse una sciarpa.

    Non è pericoloso, non ha veleno e mangia solo un topolino alla settimana. Dopo il pasto dorme per 6-7 giorni. I topi non devo neanche comprarli perché li allevo io qui fuori.

    Che dire? E’ un ragazzo bizzarro. I rettili e i ragni sono la sua passione!

    Rammento le numerose volte che aveva chiesto l’autorizzazione a tenere in casa un serpente o una iguana. Permesso ovviamente mai accordato. Ora si è preso la rivincita.

    I suoi cugini non conoscono il Guatemala quindi programmiamo qualche giro turistico.

    Madre Ceferina ci mette a disposizione il suo microbus, l’autista ce l’abbiamo già: Roberto. E’ bravissimo a guidare, ha un eccezionale senso di orientamento e sa

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