Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'eredità insanguinata
L'eredità insanguinata
L'eredità insanguinata
E-book120 pagine1 ora

L'eredità insanguinata

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il giallo mischiato al rosa diventa arancione e così nasce un nuovo genere letterario "l'Arancione". Letizia Tomasino in questo ultimo romanzo inserisce tutte le caratteristiche del giallo poliziesco non mancando di inserire un tocco del genere letterario rosa.

Sarete rapiti da un intreccio ben articolato di storie. Storie di amicizie, amori, delitti. Torna in scena il maresciallo Tarallo con nuovi casi. Un incontro tra presente e passato che si fondono in un unico contesto. Un romanzo vivace e brillante, crudo ma mitigato dall'ironia della scrittrice che lo rende a tratti divertente. Il lettore viene coinvolto fin dai primi capitoli ed è fagocitato dall'incalzare degli innumerevoli cambi e colpi di scena. Numerosi flashback renderanno dinamica la trama così intrecciata da essere difficilmente sintetizzabile. Un finale inatteso che sgroviglierà l'intricata matassa. Siete pronti ad essere sorpresi?
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2020
ISBN9788831663663
L'eredità insanguinata

Leggi altro di Letizia Tomasino

Correlato a L'eredità insanguinata

Ebook correlati

Gialli per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su L'eredità insanguinata

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'eredità insanguinata - Letizia Tomasino

    Uno

    17 giugno 1959

    Il treno proveniente da Agrigento si era fermato alla stazione di Roccabusambra. Dal mezzo era sceso un unico passeggero, con indosso una divisa e tre valigie al seguito: era il maresciallo Pietro Tarallo. Dopo aver osservato il treno ripartire per la destinazione finale, Palermo, si guardò attorno: l’unico essere vivente era un cane spaparanzato al sole di giugno; l’animale lo stava squadrando, muovendo la coda in segno di amicizia, senza spostarsi di un millimetro dalla sua postazione di beatitudine. Il giovane maresciallo si pentì subito di non aver annunciato il suo arrivo, ma non aveva minimamente pensato di trovare il nulla alla stazione. Si tolse il berretto con la visiera e, con un fazzoletto di stoffa su cui la madre aveva ricamato le sue iniziali, si asciugò il sudore che stava cominciando a colare dalla fronte. Trovò una cabina telefonica fuori della stazione e, dopo aver infilato il gettone nell’apposita fessura, compose il numero della caserma di Roccabusambra. Passò qualche minuto prima che qualcuno si decidesse a rispondere.

    Dopo aver terminato la telefonata, infilò la mano nella tasca interna destra della divisa e prese altri gettoni per avvisare la sua famiglia di essere arrivato sano e salvo a destinazione. Alla stazione di Aragona aveva speso 300 lire per comprare dieci gettoni telefonici.

    Certo, prendere servizio proprio quel giorno non era la sua massima aspirazione, avrebbe voluto aspettare, ma quella stessa mattina a Roccabusambra avevano trovato una donna priva di vita all’interno della sua abitazione e quindi c’era bisogno di lui. Pietro aveva messo in valigia un certo quantitativo di peperoncino, che sarebbe servito sia per la preparazione degli spaghetti aglio e olio di cui era ghiotto, sia per appenderli nel suo alloggio contro il malocchio. In tasca teneva sempre un cornetto portafortuna, che sua madre gli aveva regalato quando era partito per il servizio militare. Il maresciallo non era superstizioso ma, per ragioni che nemmeno lui sapeva spiegare, evitava di fare cose importanti nel giorno diciassette.

    Dopo circa un quarto d’ora, un’auto di servizio si fermò davanti alla stazione. Il brigadiere Antonio Toniutti scese dalla vettura e si avviò dritto dal maresciallo, che nel frattempo aveva fatto amicizia col serafico cane, tanto che il carabiniere pensò subito che l’animale fosse del suo superiore. Dopo le presentazioni, il brigadiere caricò due delle tre valigie nel bagagliaio della macchina, il maresciallo prese la terza. Quindi aprì la portiera anteriore per far salire Tarallo e subito dopo quella dietro per il cane, che invece rimase al suo posto. Il maresciallo capì l’equivoco e disse che il cane era un randagio: questo fu solo l’inizio del suo nuovo incarico.

    Pietro Tarallo era originario della provincia di Agrigento; per la precisione era nato ad Aragona, un paese che ha preso il nome da donna Beatrice Aragona Branciforti, ed è sito lungo la provinciale Palermo-Agrigento a 400 metri sul livello del mare, lì dove è stato fondato nel 1606 su licenza del viceré spagnolo Suarez de Cordoba, in terra di maccalube e zolfatare di pirandelliana memoria.

    Sin da piccolo Pitrinu ‒ così lo chiamavano in paese ‒ aveva avuto la propensione per la giustizia. Il ragazzo era buono come un pezzo di pane, ma al momento di difendere qualche suo compagno sfoderava armi fatte di parole e a volte non aveva esitato a fare a botte. Non gli era andata sempre bene, però: un giorno era tornato a casa con un occhio pesto. Per fortuna il padre, conoscendo il carattere del figlio, lo consolò mettendolo in guardia dai pericoli della vita.

    Crescendo, il ragazzo aveva manifestato alla sua famiglia la volontà di arruolarsi nell’onorata arma dei carabinieri e, all’età di diciotto anni, Pietro lasciò il paese alla volta di Torino.

    Due

    Nei piccoli paesi le notizie su un fatto scabroso arrivano a tutte le orecchie ancor prima che la persona interessata, suo malgrado inconsapevolmente al centro dell’attenzione, ne sappia realmente qualcosa.

    La via dove abitava la badante Concetta Denaro era piena di vecchie signore che nei momenti liberi della giornata usavano comunicare attraverso i balconi. Gli argomenti erano quasi sempre gli stessi: la biancheria stesa, cosa preparare per pranzo o per cena, i fatti del paese riferiti da terze persone, gli sposalizi, i defunti del giorno, ecc. Mai che parlassero della loro vita: ognuna si teneva dentro le proprie disgrazie senza far trapelare alcunché ad altri.

    Concetta Denaro aveva affittato una casa appena ristrutturata e le vicine l’avevano inclusa nelle loro conversazioni. In paese si vociferava che pagasse l’affitto con prestazioni sessuali. In effetti, il proprietario della casa andava a trovarla una volta a settimana, sempre carico di buste della spesa. Le vecchiette curiose, assiepate dietro le persiane, erano pronte a carpire qualsiasi mossa dei probabili amanti. Secondo loro, l’anziano ma ancora piacente Paolo Cuccia, sposato con donna Filippa e padre di sei figli, si sollazzava con la bella Concetta, almeno questo avevano dedotto le comari da quelle visite.

    La dirimpettaia di Concetta era la vedova Anna Culia. Il marito era morto da tempo e lei, nonostante fosse ancora attraente e corteggiata, non si era mai risposata tenendo il lutto dopo otto anni dalla morte prematura del coniuge. Le sarebbe piaciuto essere ancora al centro dell’attenzione da parte di un uomo, ma aveva paura del giudizio degli altri, sapendo già che qualsiasi sua mossa sarebbe stata oggetto di critica. Sotto le vesti larghe e nere, Anna era di una bellezza sconvolgente. Il bel viso dai tratti gentili era rovinato da sopracciglia e baffi folti, mai depilati. Inoltre, la vedova non osava truccarsi: sarebbe stata la rovina per la sua reputazione di donna integerrima e timorata di Dio, ma nell’intimo delle sue stanze osava rimirare allo specchio la sua immagine di donna sensuale e ancora desiderosa di ricevere amore.

    Da quando Concetta Denaro aveva iniziato a stendere i panni fuori, le pettegole del quartiere avevano inventato la storiella della prostituzione. Se la donna appendeva un reggipetto rosso, le comari lo prendevano come un segnale di via libera per gli uomini che volessero accedere ai piaceri della bella badante forestiera. La voce si sparse a macchia d’olio, tanto che alcuni paesani, che avrebbero voluto godere dei favori sessuali della donna, aspettavano sotto casa sua sperando di scorgere quell’indumento peccaminoso.

    Quando Concetta andava a fare la spesa, sentiva gli occhi di tutti addosso, ma non riusciva a capire il motivo di cotanta attenzione. Una volta, un giovane più ardito degli altri osò fermarla domandandole quanto costasse una sua prestazione. Concetta lo mandò al diavolo e quella sera stessa chiese al padrone di casa di riferirle tutta la verità sulle voci che giravano sul proprio conto. Quello, messo alle strette, dovette ammettere che tutto il paese sparlava di lei, insinuando che ci fosse una tresca anche fra loro due.

    «Concetta, sai com’è… La gente vede che ti porto la spesa e pensa subito al male: non sa che, oltre a fare la badante, vieni a casa nostra a fare le flebo a mia moglie. Non ti preoccupare, Concè, ci penso io a mettere a tacere tutti quanti, ma tu non stendere più quel reggiseno rosso.»

    «E no, caro il mio padrone di casa, io stendo quello che mi pare e piace a casa mia, se gli altri sono maliziosi non è colpa mia. Devo solo capire chi ha dato inizio a queste dicerie infamanti», ma già si era fatta un’idea precisa su chi

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1