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Nel silenzio del mio amore
Nel silenzio del mio amore
Nel silenzio del mio amore
E-book447 pagine6 ore

Nel silenzio del mio amore

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Info su questo ebook

The Austens Series

Dall'autrice di Un perfetto amore sbagliato

Alcune verità non possono essere ignorate...

Burro e marmellata sono fatti per stare insieme, così come la panna e la cioccolata calda… E ragazzi come Tyler Knight non vanno bene per ragazze come Cam Emerson. Lei se ne è resa conto dal primo momento in cui lo ha visto. Non appartiene al suo mondo. La maggior parte dei fidanzati di Cam sono esistiti solo tra le pagine dei libri, ma invece di preoccuparsi per l’assenza della sua vita sentimentale, riversa tutte le sue energie nel lavoro al Parole al vento, un caffè libreria. Tyler Knight cerca di trovare sempre il lato positivo delle cose. Dopo il suo infortunio e dopo aver rotto in modo terribile con la sua fidanzata, ha conosciuto Cam, la sua coinquilina bizzarra e intelligente, molto più bella di quanto all’inizio non avesse pensato. Lei ha chiarito di non essere interessata a lui, ma Tyler non riesce a capire cosa li separa e che invece per Cam è così evidente. In fondo, è convinto che, nonostante le loro differenze, potrebbero funzionare benissimo insieme…

«Leggere la storia di Cam e Tyler è come guardare in faccia la realtà. Bella, romantica e, come sempre, ironica!»
Brittainy C. Cherry
Staci Hart
è nata a Houston nel 1980 e fino a oggi si è occupata di grafica, è stata un’imprenditrice, una sarta, una stilista e una cameriera. Con la Newton Compton ha pubblicato la serie Cattive abitudini e Nel silenzio del mio amore. Vive vicino a Denver con la famiglia.
LinguaItaliano
Data di uscita27 giu 2018
ISBN9788822724366
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    Anteprima del libro

    Nel silenzio del mio amore - Staci Hart

    1. Ho sempre ragione

    Cam

    Credo di essere una sensitiva, almeno in un certo senso.

    D’accordo, magari non una di quelle autentiche che predicono il futuro, quella roba da Madame Esmeralda o simili, ma vi assicuro che con poco più di uno sguardo posso svelarvi diverse cose su una persona, dal tipo di libri che legge al loro drink preferito.

    Ho sempre avuto la tendenza a incasellare le persone, esattamente come succede con i libri nella classificazione decimale Dewey, in cui ogni volume ha il suo posto. I nerd con i nerd. Le ragazze alla moda con altre ragazze alla moda, e così via. Per esempio, quando ho incontrato per la prima volta il mio coinquilino, Tyler, ho capito all’istante diverse cose. Di sicuro faceva sport, football, secondo me; qualsiasi uomo così alto e ben piazzato sarebbe un folle a non sfruttare il suo corpo per fare sport. Era stato scaricato di recente, e l’avevo capito dal fatto che era venuto a vivere con me con un solo borsone pieno di vestiti e un paio di scatoloni. E per quel che riguarda il suo drink preferito, ipotizzai che fosse un appassionato di birra. Era solo una supposizione, ma ci avrei scommesso, e più tardi scoprii che avevo ragione.

    Usavo i miei poteri solo a fin di bene, di solito cercando di far mettere insieme persone di mia conoscenza o gli sconosciuti in cui mi imbattevo. Diciamo che piantavo piccoli semini, dando loro una piccola spinta per farli conoscere meglio. Non che andassi in giro a dare davvero delle spinte – sono una sfigata quattrocchi alta nemmeno un metro e sessanta che arriva a cinquanta chili da bagnata e non riesce nemmeno ad aprire le porte più pesanti senza uno sforzo notevole. Ma ero brava a identificare delle caratteristiche in comune tra le persone, e con una parola ben piazzata o un minimo di manipolazione a fin di bene, riuscivo a far entrare le persone l’una nel campo visivo dell’altra quanto bastava perché si notassero a vicenda.

    Anche se immagino che in fin dei conti lo facevo perché ero innamorata dell’idea di amore.

    C’è qualcosa di molto gratificante nell’immaginare due persone che si innamorano l’una dell’altra e poi assistere alla storia che nasce. Nel sapere che hai avuto un ruolo tanto importante e hai permesso loro di trovare qualcuno da amare, soprattutto se invece tu non hai ancora trovato nessuno.

    Non che non stessi cercando qualcuno di speciale, ma diciamo che la mia vita amorosa era pressoché inesistente da un bel pezzo. Mi sentivo più al sicuro da sola.

    Inoltre, è più facile pensare agli affari altrui che ai propri, e io ero perfettamente a mio agio nel far mettere insieme tutte le persone che potevo.

    Il mio lavoro a Parole al vento consisteva di vari compiti: amministrazione, vendita di fumetti, barista e organizzazione d’incontri – ovviamente quest’ultima era la parte del lavoro che preferivo. Mettere insieme i ragazzi appassionati di fumetti con le ragazze che divoravano romanzi rosa che entravano in negozio era diventato il mio hobby preferito. Una volta a settimana organizzavo le serate per single, il momento migliore per far avverare la mia magia, e occuparmi dei drink al bancone del bar era un modo come un altro per creare relazioni amorose. Far nascere nuovi rapporti era una cosa che facevo dai tempi del college, ma da quando ero stata assunta per aiutare ad avviare e gestire Parole al vento, la mia attività si era intensificata notevolmente.

    Era un gioco da ragazzi, praticamente come rubare le caramelle a un bambino. Incontrare qualcuno a New York non era facile, e l’idea alla base del nostro bar – che era anche una caffetteria e una libreria, con un’ampia sezione dedicata ai fumetti – ci portava una clientela piuttosto variegata. Avevamo a che fare con persone di ogni tipo, dall’avvocato aziendale in cerca di hentai, più comunemente noti come porno con tentacoli, fino alle ragazzine adolescenti che scartabellavano a tutte le ore la nostra ricca sezione di romanzi. C’erano i ragazzi dei college, soprattutto quelli del Columbia, visto che il negozio era abbastanza vicino al campus, e naturalmente le classiche gattare stereotipate da romanzi rosa e i ragazzi super-nerd a caccia di fumetti. Queste ultime categorie erano le più facili da accoppiare.

    Per esempio, dall’altra parte del bar c’era una ragazza – la chiameremo La lettrice – con il naso tra le pagine di un libro che sorseggiava un Chai. Mentre pulivo la superficie del bancone, mi accorsi che girava le pagine con la velocità di una veterana, il che probabilmente voleva dire che leggeva da quando era piccola. Aveva le dita macchiate di inchiostro, o forse grafite, e ogni volta che si tirava su gli occhiali si macchiava un po’ il naso. Sotto il libro che teneva tra le mani notai un quaderno nero per appunti, così immaginai che fosse un’artista. Qualcosa di lei – forse la sua postura, come se cercasse di apparire ancora più minuta di quanto fosse, o magari i suoi abiti, larghi e un po’ fuori moda – mi suggerì che in tutta probabilità non era il tipo da puntare un ragazzo e non mollarlo finché non l’ha ottenuto. Ma di certo era molto carina, la pelle color crema e i capelli legati in uno chignon da cui spuntavano grosse ciocche.

    Qualche posto più in là c’era un ragazzo che da un pezzo stava guardando sulla nostra tv The Reader - A voce alta con in mano una pinta di Guinness e un fumetto giapponese. Di tanto in tanto il suo sguardo saettava verso di lei, nonostante lei continuasse a voltare le pagine imperterrita e completamente inconsapevole di lui, tanto assorta nel suo libro da non averlo notato nemmeno lontanamente a dispetto dei taciti segnali che lui continuava a mandarle. Lui sembrava il tipico ragazzo che poteva frequentare il negozio di fumetti dove lavoravo prima di essere assunta a Parole al vento – impacciato, alto e magrolino, almeno per gli standard della società. Penso che a modo suo fosse adorabile, con i suoi capelli scuri arruffati e una felpa con cappuccio aperta e una t-shirt con sopra rappresentato Batman che mangiava del ramen, incorniciato dalla finta copertina di un fumetto e con una scritta in caratteri giapponesi che recitava: Batman e Ramen. Davvero delizioso.

    Immaginai lei che alzava lo sguardo su di lui e gli sorrideva, al che lui le si sarebbe avvicinato per parlare. Le avrebbe chiesto di uscire, si sarebbero scambiati i numeri e lei sarebbe arrossita teneramente. Sarebbero andati fuori a cena, magari avrebbero parlato un po’ delle loro vite, e lui poi l’avrebbe baciata davanti alla porta di casa di lei. E poi matrimonio, bambini e tutto il resto.

    Sospirai con aria trasognata.

    A Batman sarebbe bastato un pizzico di autostima per avere una possibilità con La lettrice, ma in fin dei conti il segreto era sempre quello. Quel ragazzo non ne aveva affatto, e nemmeno lei. Ed è lì che entrai in scena io.

    Il mio coinquilino, Tyler, mi fece un cenno con la testa: «Lasciali in pace, Cam».

    Socchiusi gli occhi e gli lanciai un’occhiataccia ironica. «Non dirmi cosa devo fare, Tyler».

    Lui rise e scosse la testa, e io mi limitai a sorridergli dalla parte opposta del bancone. Si andò a sedere al solito posto, vicino alla parte posteriore del bancone a ferro di cavallo dove mi teneva compagnia durante il lavoro. Quasi due metri di uomo con occhi gentili e calorosi, un sorriso in grado di abbagliarti come i fari di uno stadio e una mandibola che sembrava uscita da una pubblicità di Abercrombie. Cavolo, detesto Abercrombie, ma comprerei tutto quello che vogliono se sui loro cartelloni pubblicitari ci fosse Tyler in mutande.

    Sarebbe un bel colpo, vero? Peccato che io e lui non appartenessimo nemmeno alla stessa categoria. No, lui era sempre circondato di cheerleader e reginette di bellezza, modelle e ragazze che a loro volta sarebbero state perfette per una pubblicità di Abercrombie e… non lo so. Di sicuro non era interessato a ragazze come me. Non fraintendetemi, non è che la cosa mi desse fastidio o chissà che. Era semplicemente una di quelle ineluttabili verità della vita. Le ragazze nerd che indossano camicie di flanella e magliette con sopra la Morte Nera e la scritta That’s no moon non escono con ex giocatori di football. Escono con collaudatori di videogiochi, o al massimo con baristi che brillano nei tornei di Magic: The Gathering. Tipi che buttano i loro soldi su cosplay e aggiornamenti per pc.

    Sorrisi e feci un cenno con il mento verso i due ragazzi, riportando la mia attenzione su situazioni che avrei potuto cambiare. «Guardali. Sarebbero così carini insieme».

    «Non puoi saperlo. Magari è un tipo violento».

    Sbuffai dal naso. «Già, non ne dubito. Sono abbastanza sicura che lei riuscirebbe a picchiarlo senza problemi».

    Tyler fece un sorrisetto e afferrò la sua birra. «Era tanto per dire. Non sai nulla di loro».

    «Non è vero, almeno qualcosina la so. Guarda, lei ha dell’inchiostro sulle dita, quindi probabilmente è una specie di artista».

    «O magari vende giornali».

    Lo fissai con occhi inespressivi. «Nessuno compra più i giornali».

    Tyler contraccambiò lo sguardo, divertito. «Non credo proprio che tu abbia ragione».

    Appoggiai una mano sul fianco. «Ah, davvero? Devo proprio ricordarti di Jane e Charlie?»

    «No, ti prego, Cam. Non farlo».

    Ma lo feci ugualmente. «Se non fosse stato per me, non sarebbero mai usciti insieme, il che significa che non si sarebbero mai sposati, e che non avrebbero mai avuto i loro splendidi bambini di cui io sono zia onoraria. Si odiavano, Tyler. Letteralmente, si odiavano. E adesso sono le due persone più felici che conosca, tutto grazie a me».

    Scosse la testa e inclinò il bicchiere di birra verso di me. «E così ha avuto inizio la tua crociata per far mettere insieme tutti quelli che incontri».

    «Esatto, è così. Ma ci pensi? Se potessi rendere felici altre due persone come lo sono Jane e Charlie? Ecco perché lo faccio».

    «Io sono ancora convinto che la cara vecchia idea di lasciar decidere alle persone con chi uscire non sia così male».

    «E se loro volessero uscire, solo che ancora non se ne sono resi conto?», chiesi con enfasi.

    «È un passatempo malato, Cam», scherzò.

    «Mi regala soddisfazioni enormi. È come finire di staccare un lembo di pelle quando ci si scotta al sole».

    Tyler fece una smorfia, ma rise lo stesso.

    «O come guardare quei video di power washing porn».

    «Cosa?», arricciò le labbra.

    «Non li hai mai visti?», tirai fuori il telefono sogghignando. «Oh, cavolo, tieniti forte».

    Si guardò intorno con circospezione. «Sei sicura che sia il caso che veda un video porno qui?».

    Alzai gli occhi al cielo e gli passai il cellulare. «Non è un vero porno, sono solo gif di persone che usano quelle idropulitrici ad alta pressione per lavare le cose. Quei video tipo prima e dopo».

    Guardò lo schermo per qualche secondo e sospirò. «Ma pensa un po’. In effetti è davvero piacevole da guardare».

    «Te l’ho detto. Esattamente come ti dico che quella ragazza è un’artista».

    Tyler sembrava ancora poco convinto.

    «Scommetto cinque dollari».

    Il mio coinquilino sospirò, e dentro di me gioii per la sua imminente sconfitta. «So già che me ne pentirò, ma ci sto. Prima o poi anche tu sbaglierai».

    Scoppiai a ridere, voltandomi di nuovo verso i due ragazzi, e il mio sorriso si allargò ulteriormente quando intravidi cosa stavano leggendo. «E scommetto venti dollari che riesco a farli mettere insieme».

    Tyler arricciò le labbra, prendendo in considerazione la proposta. «Se riesci a fare in modo che lui le chieda di uscire subito, ti offro una cena».

    «Non puoi mettere fretta all’arte», replicai con un sorriso. Gli feci l’occhiolino e mi diressi verso La lettrice per mettere in atto la mia magia.

    La ragazza alzò lo sguardo dal libro e si tirò su gli occhiali, allargando la macchiolina di grafite che aveva sul naso.

    «Tutto bene da queste parti?»

    «Sì, grazie. Posso chiederti un bicchiere d’acqua?»

    «Ma certo». Presi un bicchiere e lo riempii con del ghiaccio. «Che leggi?», le domandai nonostante già conoscessi la risposta.

    «Oh», mise un dito tra le pagine per tenere il segno e voltò il libro per lanciare un’occhiata alla copertina. «Outlander».

    Annuii comunicandole la mia approvazione. «Un classico. Jamie Fraser è proprio il ragazzo perfetto, non trovi?».

    Lei arrossì e sospirò, sorridendo dolcemente. «È la quarta volta che leggo tutta la serie. Lui è davvero magnifico, hai presente? Dolce e deciso, è sensibile ma tutt’altro che debole. È l’uomo perfetto». Sospirò di nuovo. «Peccato che non è reale».

    «Be’, se lo fosse, potrebbe stare solo con una donna. Se non altro, in questo modo possiamo averlo tutte».

    Sorrise di nuovo, e gli occhiali le calarono appena lungo il naso. «Immagino sia giusto così».

    Le appoggiai l’acqua davanti agli occhi, e la ragazza ne bevve un sorso. «Allora, dimmi un po’, sei un’artista?»

    «Sì, come fai a saperlo?»

    «Hai le dita macchiate. In realtà hai un po’ di grafite proprio qui». Mi toccai la parte superiore del naso.

    «Uhm», mugugnò e si guardò le mani prima di mettersi a rovistare nella borsa per estrarne subito un pacchetto di salviette umide. «Potrei anche ricordarmi di lavarmi le mani dopo aver disegnato, ma lo faccio solo se sono allo studio. Perciò mi porto sempre queste in giro, come se stessi viaggiando con un neonato. A meno che la bambina non sia io, e in tal caso la cosa avrebbe molto senso».

    Scoppiai a ridere. «Cosa usi per disegnare?»

    «Adoro il carboncino, ma è un vero disastro. Come puoi ben vedere», commentò mostrandomi le mani.

    «Già, l’ho sentito dire. Il ragazzo del mio capo è un artista e a lui succede la stessa identica cosa. Quello l’ha fatto lui». Indicai verso l’alto, e la ragazza si sporse all’indietro per seguire il mio dito.

    «Oh, adoro quel pezzo, e il fatto che sia la prima cosa che vedo ogni volta che entro qui mi lascia sempre a bocca aperta».

    «Ha un gran talento, questo è certo». Mi appoggiai sul bancone. «Una curiosità, hai mai letto fumetti?».

    La ragazza scosse il capo. «No, mai».

    «Be’, vedi, c’è un fumetto giapponese che adoro, si chiama Inuyasha. Parla di una ragazza che cade in un pozzo e si ritrova scaraventata indietro nel tempo, nel Giappone feudale».

    Le sue labbra si aprirono in un grande sorriso. «Wow, proprio come Claire in Outlander».

    «Esatto. Be’, tecnicamente viene classificato come commedia romantica, quindi il tono è molto diverso da quello di Outlander, ma è davvero fantastico. Vanno alla ricerca di certe gemme, e Inuyasha protegge questa ragazza nel corso delle loro avventure, anche se di solito lei non ne ha affatto bisogno, è una tipa tosta. Dovresti dargli un’occhiata. Posso farti avere una copia del primo volumetto a metà prezzo, se ti va».

    «Assolutamente sì», disse arrossendo felice. «È davvero gentile da parte tua, non dovevi disturbarti».

    Mi strinsi nelle spalle. «Qualsiasi cosa pur di convertire le persone ai fumetti. Dico a Ruby di prenderti una copia e te la aggiungo al conto». Mi allontanai dal bancone rivolgendole un sorriso. «Ti lascio al tuo libro. Ma fammi sapere se ti serve altro, d’accordo?»

    «Grazie mille», rispose lei con un sorriso. Mi sentii una vera figa mentre mi dirigevo verso Batman. Il seme era stato piantato, e il fatto di averla convinta a passare da Outlander a un manga mi rese euforica.

    «Come va quaggiù?», chiesi al ragazzo, lieta che si trovasse proprio davanti al lavandino, così da darmi una scusa per fermarmi da quelle parti.

    Scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli scuri. «Tutto bene, grazie».

    Immersi le mani nell’acqua saponata del lavandino e andai alla ricerca di un bicchiere sporco da lavare. «Inuyasha, eh?». Feci un cenno verso il fumetto giapponese che stringeva tra le mani, il mio asso nella manica.

    «È un classico. Ho letto tutta la serie almeno cinque o sei volte».

    «Anche io. Ho comprato tutti i volumetti quando ho studiato per un semestre a Tokyo».

    Sembrò sorpreso. «Sai leggere il giapponese?».

    Annuii e spostai il bicchiere nel lavandino del risciacquo. «E anche parlarlo un po’. Sai cosa c’è scritto sulla tua maglietta?»

    «In realtà no. Fammi indovinare: Gli stupidi americani comprano tutte le cavolate che gli vendiamo

    «Quasi. Batman & Ramen. Davvero delizioso. Arguti».

    Il ragazzo abbassò lo sguardo sulla sua t-shirt sghignazzando. «Vorrei averlo saputo prima».

    Appoggiai un altro bicchiere nel lavandino adiacente. «Leggi mai libri di narrativa?».

    Si strinse nelle spalle. «A volte. Cronache del ghiaccio e del fuoco è stata l’ultima serie di romanzi che ho letto. Hai presente, Il trono di spade

    «Sì. Ho letto tutte le ottomila pagine». Sorrisi. È fatta. «Be’, comunque, una delle mie serie fantasy preferite parla di una donna che viene scaraventata nel passato attraverso un cerchio di pietre magiche. Si chiama Outlander, ne hai mai sentito parlare?».

    Socchiuse gli occhi pensieroso. «Sì, ci hanno fatto anche una serie tv, vero?»

    «Esatto. È davvero bella. E poi l’autrice è un’amica di George R.R. Martin».

    Sembrava colpito. «Non lo sapevo».

    «Incredibile, vero? Claire viene spedita indietro nel tempo di duecento anni, nel bel mezzo della ribellione giacobita. Guerrieri scozzesi. Scene di combattimento epiche. Scene di sesso epiche», ammiccai con le sopracciglia.

    «Avete i libri qui?»

    «Se non li avessimo, me ne sarei già andata. Ma secondo me prima dovresti guardare la serie tv». Mi asciugai le mani e le appoggiai sul bancone, esattamente come avevo fatto con La lettrice. «Gli appassionati sono perlopiù ragazze, ma vedi il mio coinquilino, laggiù?», feci un cenno verso Tyler.

    «Il ragazzone?»

    «Sì, proprio lui. Un tempo giocava a football, e posso dirti che è uno degli uomini più virili che conosca, eppure adora la serie tv. L’ultima volta che ho visto un episodio senza di lui, mi ha tenuto il broncio per una settimana. Non dirgli che te l’ho raccontato, però».

    Batman sorrise.

    «Senza contare che l’argomento un giorno o l’altro potrebbe tornarti utile, se hai capito che intendo», feci un cenno del capo verso La lettrice, e il ragazzo si voltò a guardarla.

    «Oh», commentò. Capì al volo a cosa mi riferivo quando si accorse del libro che stava leggendo la ragazza. «Penso proprio che stasera rinnoverò il mio abbonamento ai canali via cavo. Grazie per la dritta», aggiunse riconoscente.

    «Quando vuoi, amico. Spero che ti piaccia. Fammi un fischio se ti serve altro, d’accordo?».

    Batman annuì, sorridendo senza togliere gli occhi di dosso dalla Lettrice. «Puoi contarci».

    Me ne tornai trotterellando verso Tyler, che sollevò un sopracciglio scuro. «Sembri fin troppo sicura di te, considerando che non sei nemmeno riuscita a farli parlare tra loro».

    Ma io scossi la testa. «Sta tutto nel piantare il seme, amico. Lei sta leggendo Outlander, e lui un fumetto giapponese con le stesse premesse».

    Mi lanciò un’occhiataccia. «Gli hai detto che guardo la serie tv, vero?».

    Mi strinsi nelle spalle. «Dovevo convincerlo che non è una roba per sole ragazze. E tu eri la mia dimostrazione migliore».

    Sbuffò. «Mi hai usato contro i miei interessi in una scommessa».

    «Mi dispiace. No, non è vero, non mi dispiace nemmeno un po’, e poi tu sei un vero e proprio fanboy di Outlander, quindi non ci provare nemmeno», aggiunsi con una risata. «Ah, e comunque, lei è un’artista, e adora usare il carboncino, grazie mille. Prenderò cinque dollari adesso e venti all’incontro numero…», lanciai un’occhiata alla futura coppia e inclinai la testa. «Tre. Entro il terzo incontro staranno insieme».

    Tyler sospirò ed estrasse il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni, rovistando un istante prima di estrarre una banconota da dieci, i tendini del suo avambraccio in tensione. Non riuscii a fare a meno di fissarli, era come un segnalatore di virilità che cercava di richiamare la mia attenzione.

    «Hai da cambiare?».

    Gli strappai la banconota dalle dita con un gesto fulmineo e un sorriso. «Certo che sì. Lavoro in un bar».

    Tyler

    Rimasi a guardare la schiena di Cam mentre apriva il registratore di cassa e mi prendeva il resto, solo lontanamente infastidito. Perlopiù ero divertito, e con lei mi capitava molto spesso. Non era raro che la vedessi all’opera con le coppie, ma la cosa non smetteva mai di impressionarmi. Una volta ha cercato di spiegarmi questa sua abilità dicendo che era come se fosse in grado di vedere delle connessioni tra le persone; tutto ciò che doveva fare era concentrarsi, e tanto bastava per riuscire a impacchettare una coppia, tutto lì. Era iniziato tutto con la sua compagna di stanza al college, e una volta portata a casa quella vittoria, era diventata inarrestabile.

    Sorrisi tra me e me senza staccarle gli occhi di dosso. I suoi capelli scuri le ricadevano sulla schiena in soffici onde. Che fosse molto minuta si capiva al primo sguardo, anche con indosso la sua camicia di flanella nera e rossa. Quando si voltò di nuovo verso di me, le sue labbra rosee erano piegate a formare un sorrisetto, e gli occhi scuri le brillavano da dietro gli occhiali.

    Ecco il problema di Cam Emerson: lei sapeva sempre tutto.

    D’accordo, magari non proprio tutto, ma l’ho sentita sostenere conversazioni in giapponese, tedesco e francese, e parla abbastanza portoghese da riuscire a fare molto di più che chiedere dove si trova il bagno o la biblioteca. L’ho vista cucinare dal nulla un soufflé che mi si è sciolto letteralmente in bocca, e l’ho vista riassemblare un laptop per videogiochi con la sua linguetta tra i denti, piegata sul tavolino con le schede di rete e tutti i pezzi di ricambio sparsi per casa. Per non parlare di quando si mette a gridare oscenità durante una partita di football e non concorda con una decisione dell’arbitro, il che capita piuttosto di frequente, perché oltre a sapere tutto, Cam ha anche sempre ragione.

    Mi passò la banconota da cinque dollari dall’altra parte del bancone, con uno sguardo sul volto che diceva chiaramente che non avrei dovuto scommettere contro di lei. Aveva ragione anche a tal proposito, naturalmente.

    «Allora, che cosa fai stasera?», mi chiese.

    Mi strinsi nelle spalle. «Non ho programmi particolari, domattina devo andare a lavoro. Kyle mi ha appena scritto che sta venendo qui». Bevvi un sorso di birra in attesa della reazione che sapevo sarebbe seguita.

    Cam socchiuse gli occhi, e fece una piccola smorfia con l’angolo della bocca. «Uhm».

    «Già. Magari oggi non andrà troppo male».

    «Possiamo solo sperare».

    «Non fa sempre lo stronzo».

    Appoggiò una mano sul fianco. «Dici sempre così, ma io un’altra versione di Kyle devo ancora vederla».

    Avvertii una fitta al petto. «Lo so, ma non è sempre stato così. Quando giocavamo insieme in Nebraska… non so come spiegartelo, Cam. Quando ti alleni insieme in quel modo, si diventa praticamente fratelli. Forse la fama gli ha dato un po’ alla testa…».

    «Parecchio, direi».

    Le lanciai un’occhiataccia. «…Ma sotto sotto è un bravo ragazzo. Quando mi sono infortunato, lui è stato uno dei pochi a rimanermi sempre accanto, a parte i miei genitori. Veniva a trovarmi in ospedale tutti i giorni, e quando mi hanno dimesso ha continuato a distrarmi da quel che era successo. Cercò di non farmi pensare al fatto che non avrei più giocato, che non sarei mai diventato un professionista. Ero devastato, Cam, e lui c’è sempre stato per me».

    «Lo so», disse lei con dolcezza, gli occhi più sereni.

    Mi ripresi dall’emozione del momento. «Be’, in ogni caso, ha funzionato. Kyle mi ha aiutato a superare i miei giorni più difficili. Gli devo tantissimo, anche il fatto di rimanere suo amico nella sua fase da stronzo».

    Cam sorrise, e gli occhiali le scivolarono leggermente lungo il naso. «Sei una delle persone più buone e genuine che abbia mai conosciuto. Quindi se mi dici che Kyle è un tipo a posto, non dovrei controbattere».

    «Ma lo farai comunque».

    «Certo che sì. Hai presente con chi hai a che fare?», disse con una risata. «Ma cercherò di essere gentile con lui. Per te».

    «Grazie».

    Il suo sguardo si spostò alle mie spalle. «Parli del diavolo…», mugugnò prima di allontanarsi per sbrigare qualche faccenda a qualche passo di distanza.

    Mi voltai e mi vidi Kyle che avanzava verso di me con un’andatura che mi ricordò quella di un gangster, un sorriso sotto la tesa piatta del suo cappello. Se avesse avuto uno stereo in stile ghetto in spalla a fare da colonna sonora alla sua entrata, di certo avrebbe messo una canzone di Kanye. Kyle era una delle ultime persone con cui uscivo, ormai. Non ero granché a mio agio con altre persone, non più, ma Kyle per me era uno di famiglia, anche se negli anni dopo il college era cambiato parecchio.

    «Che si dice, amico?», domandò mentre mi alzavo per contraccambiare il saluto.

    Dopo avermi stretto la mano Kyle si guardò intorno, scuotendo la testa. «Che cazzo di posto è questo? È il bar più strano che ho mai visto in vita mia, cazzo. E poi mi chiedi come mai non sono mai venuto qui prima d’ora». Si sedette accanto a me continuando a guardarsi intorno sdegnato. «Devi smetterla di venire in posti del genere. Manderà la tua reputazione a puttane».

    «Quale reputazione?». Tornai a sedere e ripresi in mano la birra.

    «Appunto». Sorrise voltandosi verso di me appoggiandosi al bancone del bar. «Che si dice di nuovo, amico? Non ti vedo da settimane».

    «Niente di che. Credo di essere vicino a far firmare il mio primo giocatore. Ho quasi convinto Darryl Johnson, almeno credo, e poi ci sono alcuni altri che sto corteggiando, ma è a Darryl che sto dedicando la maggior parte delle mie energie».

    Sollevò un sopracciglio biondo. «È il running back dei Nebraska?».

    Annuii e bevvi un sorso di birra. «Pensavo di fare un salto per il ballo di inizio anno. Spero solo che rimanga libero fino ad allora».

    «Magari se la piantassi di essere un così nobile figlio di puttana e comprassi una macchina a quel ragazzo, firmerebbe i documenti senza battere ciglio».

    Aggrottai la fronte. «Sai che non lavoriamo così».

    Scoppiò a ridere e alzò le mani in segno di resa. «Lo so, lo so. È davvero onorevole, e sono orgoglioso di te per come ti attieni alla tua integrità morale, con tutta questa storia del fare le cose nel modo giusto eccetera eccetera. È solo che non so se questo comportamento possa pagare le bollette».

    «Se un giocatore non vuole firmare con me perché qualche altro agente gli ha comprato una macchina, allora non voglio rappresentarlo».

    «E va bene, ho capito». Kyle si guardò di nuovo intorno, arricciando il naso. «Questo posto puzza di caffè e cultura. Che merda. Non capisco per quale motivo ti vieni a nascondere in questo buco quando potrei farti entrare in qualsiasi club di New York».

    Cam svoltò l’angolo del bancone a ferro di cavallo e si diresse verso di noi; Kyle scoppiò a ridere fragorosamente.

    «Oh, giusto. Mi ero dimenticato che qui ci lavora lei».

    Gli lanciai un’occhiataccia prima di rivolgere di nuovo lo sguardo a Cam, che nel frattempo si stava impegnando per sfoggiare un sorriso che potrei definire solo come di merda.

    «Ehi, Kyle. Whisky?». Gli lanciò un sottobicchiere che recitava Il modo migliore per scoprire se puoi fidarti di qualcuno è dargli fiducia - Ernest Hemingway.

    «E coca. Come fai a saperlo?».

    Cam si strinse nelle spalle. «È solo che hai l’aspetto di uno che beve whisky».

    Kyle rispose facendo spallucce a sua volta prima di tornare a voltarsi verso di me, ignorando Cam che gli versava il drink. Dalle sue labbra tese, mi resi conto che in realtà Cam aveva sentito tutto.

    «Allora», riprese Kyle, «stasera devi assolutamente venire con me al Noir. Abbiamo il servizio di bottiglie al tavolo».

    «Kyle, è mercoledì».

    «E allora?».

    Mi guardò come se fossi completamente fuori di testa mentre afferrava il drink che Cam aveva appoggiato sul bancone senza rivolgerle nemmeno uno sguardo. La guardai di sfuggita, e riuscii quasi a sentire la sua voce che mi diceva: "Hai visto?", ma un attimo dopo si voltò per avvicinarsi al registratore di cassa.

    Sogghignai. «Finirai col vomitare domani agli allenamenti».

    «Forse, ma cosa pensi che mi faranno? Sono il secondo miglior ricevitore in tutta la nfl. Credi davvero che non mi metteranno in campo perché arrivo col doposbronza agli allenamenti?». Quella grassa risata oscena risuonò di nuovo in tutto il locale, come se non avesse una sola preoccupazione al mondo. Come se fosse invincibile.

    Percepii Cam alzare gli occhi al cielo nonostante in quel momento ci stesse dando le spalle. Iniziavo a ricordare per quale motivo fosse passato un po’ di tempo dall’ultima volta che l’avevo visto; lo squadrai dalla testa ai piedi. Oramai non c’era più traccia di quel ragazzino con gli occhi grandi del Nebraska, eppure io sapevo che in fondo la sua bontà d’animo non lo aveva abbandonato completamente. L’unica cosa che potevo fare era sperare che non si autodistruggesse completamente prima di accorgersene a sua volta.

    «Forza», mi intimò. «Ci saranno anche Garcia e Jensen, e una marea di pupe. Ti darò anche la precedenza».

    Con quell’uscita, Cam si allontanò definitivamente, la schiena rigida come se stesse tenendo un limone tra le scapole.

    Alla fine Kyle si voltò verso di lei, fissandola mentre si allontanava. Fece un cenno con il mento verso Cam mentre lei si appoggiava al bancone, sorridendo e chiacchierando con la ragazza con in mano il libro di Outlander.

    «Locale strano, tipe strane».

    Aggrottai la fronte, stringendo la presa sul mio bicchiere. «Cam non è strana».

    «Oh, sì, eccome. Scommetto che non ha nemmeno un paio di scarpe col tacco».

    «E la cosa non la rende affatto strana», dissi deciso. «Vorrebbe dire solo che non le piacciono i tacchi».

    Kyle sembrava ancora molto confuso. «Non è nemmeno truccata o roba del genere».

    «Perché sta bene anche senza trucco. Qual è il tuo problema?»

    «Non lo so, amico. Sarebbe una gran figa se si mettesse un po’ di trucco e un bel reggiseno push-up».

    Scossi la testa, cercando di resistere alla tentazione di stenderlo lì su due piedi. «Sei uno stronzo».

    Ma lui scoppiò a ridere e mi diede una pacca sulla spalla. «Oh, ma dài, amico. Non farmi l’ipersensibile. Sto solo cazzeggiando. Cam è una ragazza a posto, sai che mi piace. È simpatica, solo che non è il tuo tipo».

    «E quale sarebbe il mio tipo, esattamente?»

    «Be’, non quello». Fece di nuovo un cenno verso Cam.

    «È la stessa cosa che mi ripete di continuo anche lei». Mi sistemai sullo sgabello, mentre continuavo a guardarla.

    «Allora è sveglia anche lei. Grazie a Dio l’hai friendzonata da subito», disse mentre beveva un sorso del suo drink.

    «Ci siamo friendzonati a vicenda», lo corressi.

    «Come ti pare. Allora, vieni stasera o no?»

    «No», risposi, felice di poter cambiare argomento. «Devo lavorare domattina».

    «Anche io, ma la cosa non mi impedisce di uscire stasera».

    «Be’, a quanto pare non ho la tua stessa sicurezza lavorativa».

    Sogghignò. «D’accordo, d’accordo. Questo fine settimana le andrebbe meglio, principessa? In tal modo potrà salvaguardare le sue preziose ore di riposo?».

    Alzai gli occhi al cielo con un sorriso. «Sì, questo fine settimana può andare».

    «Bene. Allora è deciso. Ci ubriachiamo, ti facciamo scopare, rivediamo i ragazzi. Non avrai bisogno di altro».

    «Se lo dici tu», mugugnai nonostante il programma non mi attirasse per niente.

    «Lo dico io».

    «Allora non posso proprio ribattere».

    Kyle alzò il bicchiere con un sorriso smagliante sulle labbra. «Brindo a questa verità, gran figlio di troia».

    Sollevai il mio bicchiere, toccai il suo e bevemmo; Kyle scolò il suo whisky e coca con un sorso. Appoggiò il bicchiere sul bancone e si alzò, infilandosi una mano in tasca in cerca del portafogli.

    «Già te ne vai?»

    «Sì, amico, questo posto mi fa venire la pelle d’oca, cazzo». Lasciò un pezzo da venti sul bancone e mi diede un’altra pacca sulla spalla. «È stato bello rivederti, fratello. Questo fine settimana, ricordatelo».

    Sorrisi. «Ha fatto piacere anche a me. Buona fortuna per stasera».

    Scoppiò a ridere. «Oh, la fortuna non c’entra niente, credimi. Non fare troppe follie qui in libreria, promesso?»

    «Ehi, non ci scherzare. Non hai visto cosa diventa questo posto quando arrivano i fumetti nuovi della settimana».

    Kyle socchiuse gli occhi con un’espressione allibita. «È come se tu stessi cercando di dirmi qualcosa, ma io non capisco una sola parola», scherzò prima di andarsene e gridarsi alle spalle: «Ci vediamo, amico».

    Alzai una mano per salutarlo.

    Cam non tornò da me finché lui non se ne fu andato, e quando lo fece fu con un sorriso esagerato sul volto.

    Sollevai un sopracciglio. «Che mi significa quest’espressione?»

    «Mi hanno insegnato che se non ho nulla di carino da dire allora è meglio che non parli. E poi, ho promesso a una brava persona che non lo avrei smerdato sul suo amico stronzo che aveva tutta l’aria di essere terrorizzato dai libri».

    Scoppiai a ridere. «Credo che tu abbia ragione. Sul fatto che sia terrorizzato dai libri, intendo».

    Cam si appoggiò al bancone, sorridendomi dolcemente. «Non mordono. Non troppo, almeno».

    Non riuscii a fare a meno di sorridere. Mi avvicinai a lei con fare cospiratorio. «Non andarglielo a raccontare, però, o potrebbe tornare indietro».

    «Il tuo segreto è al sicuro con me».

    2. Ogni singolo libro

    Cam

    Tyler mi sorrise dall’ altra parte del bancone. Sospirai, felice per la sua presenza. Sapete, per quante coppie io riesca a creare, non ho mai provato a far mettere lui con qualcuno. La ragione era semplice: Tyler

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