Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La Musa: L’eredità di Rothvale vol. 1
La Musa: L’eredità di Rothvale vol. 1
La Musa: L’eredità di Rothvale vol. 1
E-book551 pagine8 ore

La Musa: L’eredità di Rothvale vol. 1

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

E se la verità su un famoso dipinto non fosse quella che era stata raccontata? E se quella non fosse nemmeno l’opera originale e un dipinto diverso ne avesse ispirato la creazione? La storia di un dipinto... La motivazione dietro l’opera Avvampante giugno, il capolavoro del pittore romantico Lord Frederic Leighton: una donna che dorme su una sedia. Una bellezza inquietante, una fonte di ispirazione avvolta nel mistero dei tempi antichi.

1812...
Gravato dai propri scheletri di famiglia e da sensi di colpa angosciosi, Graham Everley, riluttante Lord Rothvale, ritorna da un lungo soggiorno in Irlanda per occuparsi degli incarichi che lo attendono in Inghilterra. L’ultima cosa che immagina di trovare ad attenderlo è il suo destino: Imogene Byron-Cole, una ragazza tanto adorabile quanto perseguitata da un tragico passato. Graham non riesce a staccarsi da lei, e così la sposa, nonostante una serie sempre più intricata di problemi che minacciano di distruggere le basi stesse della sua intera esistenza.
Graham e Imogene iniziano il loro viaggio insieme, esprimendo il loro amore attraverso una serie di ritratti. L’arte li cattura del tutto e alla fine diventa la loro salvezza, poiché li aiuta a superare il profondo dolore della perdita, ispirando un capolavoro.
LinguaItaliano
Data di uscita21 lug 2020
ISBN9788855311731
La Musa: L’eredità di Rothvale vol. 1
Autore

Raine Miller

Raine Miller is the New York Times bestselling author of the Blackstone Affair series: Naked, All In, and Eyes Wide Open. She lives in California with her husband and two sons.

Leggi altro di Raine Miller

Autori correlati

Correlato a La Musa

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La Musa

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La Musa - Raine Miller

    Capitolo 1

    Agnellino chi ti ha creato?

    Sai chi ti ha creato?

    Chi ti ha donato la vita e ti ha invitato a mangiare,

    Accanto al ruscello e sopra al prato...


    William Blake ~ Canti dell’innocenza, 1789


    Kent, 1812


    Imogene alzò lo sguardo e vide tutto ciò che le interessava sapere. Il sole di novembre aveva quasi conquistato le nuvole e questo era sufficiente per lei. L’aria era fredda, ma non aveva importanza perché la possibilità di cavalcare per lei prevaleva su tutto. Era il suo momento di libertà e lei lo accoglieva con entusiasmo. Solo quando era in sella poteva davvero mettere tutto da parte. Momenti come quello la riportavano indietro nel tempo... a prima.

    Proseguì al passo fino al limitare del prato, poi guardò giù verso il ruscello asciutto sottostante. I suoi occhi scorsero con facilità la pallina bianca tra le rocce scure, non appena la memoria inconscia si concentrò su ciò che non avrebbe dovuto essere lì. Spronò Terra nel crepaccio, e scoprì che la macchia bianca era un agnello, nato solo da poche ore. Senza rifletterci, scese da cavallo e allungò la mano verso la creatura sola. La calda lana del cucciolo fremette sotto la sua mano, sciogliendole il cuore in un attimo. Sapeva che non sarebbe mai riuscita a lasciarlo lì a morire. Era un agnello nato fuori stagione, un evento insolito per il tardo autunno, ma non eccezionale.

    Esaminò lentamente l’orizzonte finché non vide ciò che già sospettava. La madre era morta, il suo corpo giaceva a pochi metri di distanza, quasi del tutto celato dalla vegetazione. Imogene notò anche che c’era sangue sul terreno. Era penetrato nel suolo e aveva lasciato una grande macchia scura. Era probabile che la poverina fosse morta durante il parto, una crudele realtà che accadeva ogni giorno sia agli uomini sia agli animali.

    Raccolse il neonato belante, e se lo mise sul lato anteriore della sella mentre Terra sbuffava infastidita. Un grande masso le fece da montatoio, e pian piano si diressero fuori dal fossato roccioso, verso il terreno più saldo del prato. Si indirizzò verso l’ingresso della fattoria di Kenilbrooke, perché supponeva che la soluzione migliore fosse consegnare l’agnello al signor Jacks e informarlo della pecora morta.

    Ma Terra non ne voleva sapere. La splendida baia scuoteva la testa e avanzava in maniera impacciata, mostrando con chiarezza che aveva problemi a sostenere il peso. Imogene saltò giù per la seconda volta e cercò di scoprire cosa fosse a provocarle dolore. «Ti si è incastrato un sasso in quel fossato, bellezza mia?» La tranquillizzò con parole gentili e l’accarezzò, poi esaminò lo zoccolo in questione con grande attenzione, ma non trovò nulla. Per sua sfortuna i belati dell’agnello divennero ancora più insistenti. «Questo non ti è certo d’aiuto, vero, tesoro?» Terra le rivolse un’occhiata paziente, come se capisse ogni parola.

    Imogene prese l’agnello dalla sella, e lo tenne stretto a sé finché non si calmò. Una volta che Terra si fu tranquillizzata a sufficienza, si avvolse le redini attorno alla mano e cominciò a condurla lentamente. «Immagino che dovremo camminare per tutto il tragitto di ritorno.»

    Terra nitrì come se si dichiarasse d’accordo. L’unica soluzione che Imogene riusciva a trovare era guidare Terra con la maggior delicatezza possibile e chiedere aiuto a Kenilbrooke Park. Non avrebbe mai rischiato di provocare danni alla sua cavalla solo per star comoda, e una camminata non l’avrebbe uccisa. Tuttavia, poteva anche non essere molto piacevole con un agnello in braccio. E quel sole di novembre forse era un po’ più caldo di quanto avesse pensato all’inizio, ma sarebbe sopravvissuta. Non era poi così dura, si disse, mentre si faceva strada tra rocce e boscaglia, e una brughiera molto sconnessa... era solo un intenso esercizio fisico. I chilometri sarebbero trascorsi in fretta.

    Continua a ripetertelo, ragazza.



    Rimuginare era la cosa che gli riusciva meglio, o almeno così gli diceva abbastanza spesso suo fratello. Venire nel Kent per il matrimonio del cugino era la cosa giusta da fare. Ciò non significava che lui volesse trovarsi lì, ma dopotutto, desiderio e necessità si accordavano di rado. O almeno a lui non era mai capitato. Quindi, che Kent fosse per il momento. Graham Everley, nono Lord Rothvale, barone, signore di Gavandon, membro del Parlamento, ritrattista mancato e, soprattutto, patetico idiota, guardò fuori dalla finestra della casa del suo amico e pensò all’anno trascorso. Il suo ritorno in Inghilterra riportava alla mente innumerevoli sensazioni d’impotenza e rimpianto. L’Irlanda era diversa. Più semplice. Più lenta. Gli era mancata dal giorno in cui era partito.

    «Allora, avete in programma di andare in città mentre siete qui?» chiese Hargreave dal divano alle sue spalle.

    «In effetti sì» rispose Graham, mentre continuava a guardare fuori dalla finestra. «La prossima settimana ci andrò. Quant’è, due ore a cava...» Le parole gli morirono in gola. Perse la voce, mentre veniva colpito a fondo e con forza da una stilettata. Sembrava che qualcosa gli stesse perforando davvero la carne. I battiti forsennati che accompagnavano quella fitta gli rivelarono che anche il suo cuore si era unito alla battaglia. Tutto ciò era una reazione diretta a quel che i suoi occhi stavano osservando. «Hargreave? Vedo uno spettacolo davvero straordinario. Proprio lì.» Fece cenno all’amico di avvicinarsi. «Chi è… chi è quella bella ragazza che porta in braccio un agnello neonato e conduce da terra una cavalla zoppa lungo il vostro vialetto?»

    Henry Hargreave lo raggiunse alla finestra e si accigliò non appena la vide. «Sembra che la signorina Byron-Cole abbia bisogno di aiuto. Scendo a verificare cosa sia successo.» Graham si mise alle calcagna dell’amico. Anche a costo di apparire scortese, l’avrebbe guardata da vicino.

    «Signorina Byron-Cole, buongiorno. Avete avuto qualche problema, a quanto pare» dichiarò Hargreave mentre si avvicinava.

    «Signor Hargreave.»

    Pareva agitata. Accidenti, sembrava una dea. Graham non riusciva a distogliere lo sguardo da lei. E quella sua voce. L’aveva solo sentita pronunciare il nome di Hargreave, ma era stato abbastanza per stuzzicargli i sensi. Aveva un timbro piuttosto rauco, un tocco sensuale, che gli metteva in mente immagini di pelle nuda e corpi intrecciati nel letto. Il corpo nudo di lei nel letto di lui, nello specifico.

    Guardò la signorina Byron-Cole mentre spiegava l’accaduto a Hargreave e decise di ignorare che la stava fissando come un idiota. «Avevo pensato di chiedere aiuto al vostro fattore. Sì, signore, è stata una mattinata intensa. Mi sono imbattuta in questo agnello appena nato e nella madre morta nel ruscello asciutto della prateria a nord, e non sono riuscita ad abbandonare il cucciolo. Intendevo consegnarlo alla tenuta ma, al ritorno, ho presto scoperto che la mia cavalla era zoppa. Sembra avere qualcosa che la disturba, forse un sasso o qualcosa del genere, incastrato nello zoccolo dell’anteriore destro. Temo che abbiamo fatto una camminata lenta e faticosa invece di una cavalcata.»

    Hargreave chiamò il suo fattore e si rivolse di nuovo a lei. «Signorina Byron-Cole, dovete essere esausta per aver portato quell’agnello fin qui. Desiderate bere qualcosa e riposarvi?»

    «Siete molto gentile, ma no grazie» rifiutò lei con una scossa del capo. «Temo di essere inopportuna, dal momento che avete visite, e non desidero affatto distogliervi dai vostri ospiti.» I suoi occhi si spostarono su Graham, fermo sui gradini. Graham si gelò e rimase a bearsi della vista di lei, costretto a guardarla, incapace di far altro che fissarla. «Mia zia si sarà accorta della mia assenza ormai, temo. Sono molto in ritardo rispetto al solito... a casa mi staranno cercando» disse in tono serio.

    «Certo, ma non preoccupatevi di essere inopportuna. Sono più che sicuro che state fornendo una gradita distrazione ai miei ospiti, comunque.» Hargreave si girò leggermente, e volse lo sguardo a dove si trovava Graham, ancora piantato sui gradini e con la bocca spalancata come un mentecatto. Hargreave inarcò un sopracciglio con aria divertita verso Graham, prima di tornare di nuovo a rivolgersi alla bella signorina Byron-Cole.

    Quel maledetto bastardo fortunato.

    «In ogni caso, siamo vicini di casa, e voi avete affrontato delle difficoltà con grande coraggio per riportare alla tenuta qualcosa che mi appartiene. È mio dovere ringraziarvi, visto che ora sono in debito con voi» continuò a blaterare Hargreave mentre appariva il fattore. «Ah, ecco il signor Jacks. Prenderà l’agnello e darà un’occhiata al vostro cavallo... ehm... com’è che si chiama?»

    «Terra. Si chiama Terra, signor Hargreave. Il signor Jacks lo sa.»

    Graham pensò che la signorina Byron-Cole sembrasse voler fuggire via, e venne colto dall’idea del tutto irrazionale di doverle chiedere di restare a bere qualcosa, come Hargreave aveva suggerito. Non ne aveva abbastanza di fissarla. E voleva sentirla parlare ancora un po’. Ma tutti i suoi desideri dovettero aspettare mentre uno stalliere spostava la sella dalla sua cavalcatura zoppa a un regale morello che sfoggiava una macchia bianca sulla fronte, perfetta riproduzione di un’onda marina che s’infrangeva.

    «Terra, nel senso di terraferma? Molto appropriato. Vedete, il cavallo su cui tornerete a casa si chiama Triton, dio del mare. Abbiamo qui rappresentati sia la terra sia il mare, per così dire» scherzò Hargreave, mentre indicava entrambi i cavalli con il dito.

    Graham avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, ma aspettò invece la risposta di lei.

    «E sono proprio così, terra e mare davvero.» Non rise della battuta. «Conosco Triton. Oserei dire che sono in grado di gestirlo. È un puledro veloce, ma mite. Grazie, signore, per la vostra gentilezza e per avermelo concesso in prestito. Mio zio può mandare uno stalliere a prendere Terra domani, così da restituirvi Triton al contempo. È una soluzione accettabile?»

    «Senza alcun dubbio, nessun problema.» Hargreave la aiutò a montare in sella dal panchetto mentre Graham dovette obbligarsi a tenere i piedi inchiodati ai gradini. Voleva essere lui ad aiutarla a sollevarsi dal montatoio. Voleva posarle le mani sulla vita e tenerla... cosa diavolo gli aveva infettato il cervello? «Voi e la vostra famiglia parteciperete al ballo stasera?» le chiese Hargreave. Ottima domanda, accidenti.

    «Sì, signore, è un evento attesissimo a Wilton Court. Credo che tutti noi lo attendiamo con grande entusiasmo» rispose cortese, ma guardava in direzione del vialetto di ghiaia come se fosse il suo migliore amico. Voleva andarsene.

    «E voi siete tra quelli che lo attendono con ansia?» Grazie, Hargreave! Graham sperò che dicesse di sì. Il ballo di quella sera significava che avrebbe potuto rivederla. Parlarle. Ballare con lei. Toccarla.

    «Sì, certo.» La sua risposta non tradì nulla. La signorina Byron-Cole era una bellezza riservata. «Ancora una volta, vi ringrazio, signor Hargreave, per il vostro aiuto di oggi. Per cortesia porgete i miei omaggi alla signora Hargreave, alla signorina Mina e al signor Everley. Buona giornata, signore.»

    Sentire il proprio nome pronunciato dalle sue labbra era piacevole, anche se si rendeva conto che non si riferiva a lui quando aveva detto signor Everley. La signorina Byron-Cole aveva menzionato suo cugino, Julian Everley, futuro sposo ed effettiva ragione per cui Graham era tornato in Inghilterra dopo oltre un anno e mezzo. Se suo cugino non fosse stato in procinto di sposarsi, lui non avrebbe mai lasciato Donadea di sua spontanea volontà.

    Con un sorriso forzato, lei chinò la testa in segno di saluto. Quando la risollevò, i suoi occhi si spostarono per un attimo su di lui e indugiarono. Con la sensazione di essere all’improvviso tornato uno scolaretto, Graham non riuscì a trattenere un ampio sorriso. Ma non appena lei colse quel gesto, si voltò di scatto. Accidenti.

    «Signorina Byron-Cole, a stasera, allora.» Hargreave s’inchinò prima di raggiungere Graham sui gradini. Entrambi la guardarono cavalcare veloce lungo il vialetto, gli zoccoli di Triton che sollevavano pezzi di ghiaia mentre lei veniva condotta via e svaniva alla vista. Quel cavallo nero di Hargreave era magnifico. In effetti, l’intera scena era magnifica: cavallo e amazzone.

    «Dovete dirmi tutto di lei, Hargreave.» Graham decise di non perdere tempo a scoprire qualsiasi cosa avrebbe potuto sapere sulla signorina Byron-Cole.

    Il suo amico inarcò di nuovo un sopracciglio nel guardarlo, ma non proferì parola. Al loro ritorno nel salotto, tutte le teste si voltarono verso di loro, impazienti di udire qualche nuovo pettegolezzo.

    «Allora?» chiese Sophie.

    «La signorina Byron-Cole manda i suoi omaggi a tutti voi.» Hargreave spiegò rapidamente ai presenti cos’era successo, mentre prendeva la mano della moglie e se la portava alle labbra per un bacio.

    «Sembrava sfinita, Henry. Avreste dovuto farla entrare a riposare e bere qualcosa» lo rimproverò Sophie.

    «Sì, mia cara, l’ho proposto, ma sembrava molto preoccupata che a Wilton Court non sapessero dove fosse ed era ansiosa di tornare a casa. Come avrete di certo visto, è letteralmente schizzata via da qui. Mi preoccuperei che possa accaderle qualcosa nel cavalcare Triton, se non sapessi che è una cavallerizza molto capace.»

    Graham sorprese persino se stesso quando sbottò: «Oserei dire che si è comportata in modo davvero eccezionale e con notevole senso della situazione e del dovere a lei imposto. Ha avuto la previdenza non solo di salvare l’agnello, ma anche di risparmiare lesioni permanenti al suo cavallo evitando con saggezza di cavalcarlo. La ritengo più sensata della maggior parte delle donne che hanno il doppio della sua età.»

    Tutti si voltarono a fissarlo come se gli fosse spuntata un’altra testa. «Credo che su questo concordiamo tutti, Graham» andò in suo soccorso Hargreave. «Parteciperà al ballo stasera.»

    «Ma chi è?» C’era ricascato. La sua bocca aveva agito in modo del tutto indipendente dalle buone maniere e dalla logica. «Ehm, è piuttosto... piuttosto singolare.» Era consapevole di essere insistente, e di sembrare un perfetto idiota, ma doveva saperlo.

    La signorina Wilhelmina Charleston, o Mina, come veniva affettuosamente chiamata, fidanzata di suo cugino e sorella della signora Hargreave, rispose per prima. «Quella straordinaria giovane donna è la stimatissima Imogene Byron-Cole e il dovere non le è certo estraneo, signore, come avete giustamente osservato. È venuta a Shelburne per vivere con la sua famiglia, i Wilton. Lady Wilton è sua zia e sorella del padre della signorina Imogene, il defunto Lord Wyneham. La signorina Imogene è cresciuta in una tenuta di campagna nell’Essex, dove di recente è rimasta orfana, e possiamo ipotizzare che sia ancora provata dal dolore della sua perdita.»

    «Wyneham, ne ho sentito parlare. Penso di averlo persino incontrato una volta. Lord Wyneham era un politico? E in quali circostanze la signorina ha perduto i propri genitori? Oserei dire che ho colto la sua tristezza, non l’ha mai abbandonata durante il dialogo di poco fa...»

    Graham desiderò di avere un coltello per tagliarsi la lingua.

    Mina e Sophie si scambiarono un’occhiata, il loro sguardo comprensivo era un chiaro segno che notavano quanto si stesse comportando da perfetto idiota.

    «Avete ragione. Lord Wyneham era molto conosciuto nella Camera dei Lord e ha servito in modo davvero esemplare fino alla sua morte prematura.» Mina esitò prima di rivelare di più. «La signorina Imogene è diventata amica intima di nostra sorella, Jocelyn, e persino con lei si è confidata molto poco. Ed è appena uscita dal lutto ufficiale.»

    Graham annuì con rispetto, in attesa che Mina continuasse. Essere tanto ansioso di sapere tutto su questa Imogene Byron-Cole era preoccupante. Cosa diamine gli prendeva? Doveva essere sull’orlo della pazzia. Era stato lontano dall’Inghilterra davvero per troppo tempo.

    Mina sorrise con dolcezza e proseguì con la sua storia. «A quanto ho capito, Imogene ha subito molteplici perdite nell’arco di un solo anno. La prima è stata la separazione dalla sua amata e unica sorella, per via del matrimonio della signora con un gentiluomo e della sua partenza, credo, per il Gloucestershire. In seguito, sua madre, Lady Wyneham, ha ceduto a una malattia devastante, dopo anni d’infermità, a pochi mesi di distanza dal matrimonio. E poi si è verificata la sfortunata scomparsa di Lord Wyneham, appena sette mesi fa. È rimasto ucciso in un incidente con la pistola in circostanze dubbie, alcuni insinuano che sia stato intenzionale, e lo imputano al dolore per la perdita della moglie. Circa sei mesi fa, dopo che il clamore si è placato e i preparativi conclusi, Lady Wilton è tornata dall’Essex con Imogene. Va da sé che la signorina si sta sforzando di adattarsi alla perdita di tutte le persone che amava e alla mancanza di punti fermi nella sua vita durante lo scorso anno.»

    Graham non riuscì a trattenersi dal porre la domanda, perché odiava l’idea che fosse stata mandata in una famiglia che avrebbe potuto non volerla. «E dite che sia la benvenuta dai suoi parenti?»

    Mina annuì, ma non prima di essersi lasciata sfuggire un sorriso sornione. «Credo che sia molto amata anche se, immagino, la loro devozione dev’essere in parte dovuta alla gratitudine, poiché la sua grande perdita ha portato un’enorme ricchezza alla loro famiglia. Visto che Lord Wyneham è morto senza un erede maschio, il suo diritto, la sua proprietà e il suo titolo nobiliare sono passati al nipote, e cugino di Imogene, Timothy Wilton, che riceverà tutto quando raggiungerà la maggiore età l’anno prossimo. Anche se per adesso è ancora all’università, a Cambridge.»

    «E quanti anni ha lei?» Graham voleva saperne di più. «Ha già fatto il suo debutto?» Sapeva che si stava dimostrando un patetico idiota, ma non riusciva in alcun modo a preoccuparsene.

    «Da ciò che Jocelyn ha detto non credo che abbia ancora compiuto i vent’anni. Ha partecipato a una stagione a Londra lo scorso inverno, ma in maniera limitata a causa della malattia di sua madre.»

    «E cavalca spesso?» chiese come uno sconsiderato.

    Suo cugino, Julian Everley, che fino a quel momento era rimasto in silenzio per tutta la conversazione, decise infine di parlare. «Cristo Santo, Graham, questa è senz’altro una sorpresa. Sì, cavalca spesso.» Jules sfoggiava un sorrisetto compiaciuto mentre elargiva qualche informazione in più. «L’abbiamo incontrata parecchie volte mentre eravamo fuori a cavallo. Sembra molto sicura ed esperta, ma con ogni evidenza preferisce uscire da sola piuttosto che in compagnia di altri cavalieri.»

    Hargreave intervenne subito dopo. «Sì, come dice Jules è un’amazzone esperta. Sempre molto educata e umile, proprio come si addice a una giovane donna. Suo zio, Sir Oliver Wilton, mi ha avvicinato poco dopo il suo arrivo a Shelburne. Mi hanno lasciato intendere che cavalcare è il suo unico vero conforto, e lui acconsente al suo desiderio di uscire in sella da sola in piena libertà. Il cavallo è stato portato qui dalla sua casa nell’Essex. Quando la incontrai per la prima volta, fui felice di concederle l’accesso a Kenilbrooke, poiché Sir Oliver preferiva che lei andasse a cavallo solo all’interno dei confini della tenuta, dove la sua sicurezza poteva essere meglio garantita. Il mio fattore, Jacks, ha organizzato tutto e si cura di lei proprio come di una figlia. Fa in modo che possa godersi la sua cavalcata in pace sotto la protezione che Kenilbrooke le offre.»

    Graham rispose con decisione. «Capisco. Bene allora, Hargreave, dovrete presentarmi la signorina Byron-Cole al ballo di stasera.»

    Hargreave strinse le labbra divertito, pronto a iniziare a deriderlo. «Davvero? Avevo l’impressione che steste mostrando un semplice, lievissimo interesse passeggero.»

    Graham socchiuse gli occhi e pensò a tutte le repliche che non avrebbe mai pronunciato in presenza di gentili signore. Che ne diresti dell’interesse passeggero del mio frustino su per il tuo culo? Anche Hargreave lo sapeva e sembrava divertirsi moltissimo.

    «Consideratelo fatto, amico mio. Ma per favore ricordate che è una signorina rispettabile e non una persona con cui divertirsi. Ha molte persone desiderose di proteggerla.» Hargreave pronunciò le ultime parole con cautela.

    Graham sentì che gli si drizzavano gli aculei, puntò gli occhi su Hargreave con l’autorità e il diritto che tanto riuscivano facili a un uomo della sua posizione sociale, e parlò con fermezza e rigorosità. «Mi conoscete. Sono un gentiluomo, non è così? Non mi diverto… mai con le giovani signore...» Il suo aspetto doveva apparire minaccioso, perché Hargreave arretrò e si mise a debita distanza.

    «Senza alcun dubbio, Graham, lo so» lo rassicurò Hargreave.

    Lui tentò di scrollarsi di dosso l’atteggiamento difensivo e si sforzò di addolcire il tono. «Penso che per adesso mi congederò, cercherò mio fratello e mi sistemerò nelle mie stanze. A dopo, allora? Signora Hargreave, signorina Mina, Jules, Henry.» Si inchinò prima di lasciare la stanza, consapevole che i pettegolezzi avrebbero preso il via nel momento stesso in cui fosse uscito. Suo cugino e i suoi amici avrebbero avanzato congetture su di lui. A ciò sarebbero seguite battute e prese in giro. Si poteva di sicuro aspettare una totale messa alla berlina a causa dell’interesse per la bella signorina Imogene Byron-Cole prima, durante e dopo il ballo di quella sera. E non poteva più fare nulla in merito ora.

    Imogene... un nome irlandese. È davvero reale? Mi sembra di essere stato trapassato da una spada a due mani. Se sto sognando... voglio svegliarmi?

    La sua reazione al vederla era stata viscerale. Tentò di rifletterci, e il suo corpo reagì in maniera indipendente senza tenere in alcun conto la razionalità. Mentre Graham camminava verso le scuderie, ebbe un’illuminazione nel realizzare che gli eventi erano stati messi in moto da un destino che andava ben oltre il suo controllo. Non era quello che si aspettava di trovare lì, ma non gli sarebbe stato possibile allontanarsi da Imogene Byron-Cole più di quanto potesse fermare il tempo. La testa cominciò a fargli male, ma il suo cuore stava tornando a vivere.

    Raggiunte le scuderie, gli odori e i suoni familiari lo calmarono un po’. Graham scelse un grigio dall’aria briosa e ordinò che lo sellassero. Mentre aspettava, vide il cavallo di lei solo in un box. Si chiama Terra, signor Hargreave. Chiamò la giumenta per nome, e le accarezzò il collo prima di chinarsi a esaminare con attenzione la zampa anteriore destra. Non sembrava risparmiarla ora, il che era un buon segno. Terra era un bellissimo esemplare, e sarebbe stato un peccato che un simile animale subisse dei danni... o che il suo cavaliere si facesse male a causa sua.

    Lo stalliere intervenne: «Quella non è della tenuta, signore, e oggi era zoppa.»

    «Sì, ho visto la signorina condurla fin qui. Si è ripresa?»

    «Sì, signore. C’era tipo un sasso che le faceva male. Il signor Jacks l’ha fatta vedere al maniscalco. La sua padrona la riavrà come nuova.»

    «Sai qualcosa dell’agnello che la signorina ha portato qui stamattina? Che ne è?»

    «Ecco, signore. Gli do da mangiare latte di mucca con una bottiglia fin quando non si trova il pastore. Lo succhia proprio bene.»

    Graham sbirciò nell’angolo del box, ed eccolo lì, avvolto in una vecchia coperta per cavalli. L’agnello alzò la testa per guardarlo, sbattendo le palpebre sui grandi occhi espressivi. Lui pensò al cucciolo stretto tra le braccia di lei durante la lunga camminata per tornare, premuto sul suo corpo, cullato contro il suo seno caldo. Era maledettamente geloso di quell’agnello.

    La voce dello stalliere interruppe le sue meditazioni. «Il cavallo è pronto per voi, signore.»

    Graham cavalcò il grigio con foga per i campi, nel tentativo di schiarirsi le idee e pensare a qualcosa di tranquillo. Ma la tranquillità gli sfuggiva. L’immagine di lei, con i capelli biondo scuro e quei penetranti occhi castani, era fissa nella sua mente, e non voleva andarsene.

    Adesso ho tradito la mia attrazione per lei. E se non le piacessi? Stasera mi guarderanno tutti. Cristo Santo.

    Capitolo 2

    Un ballo è un movimento misurato,

    così come un verso è un discorso misurato.


    (Francis Bacon ~ Il progresso del sapere, 1605)


    Mentre si precipitava lontano da Kenilbrooke sul solido dorso di Triton, e si sentiva al tempo stesso imbarazzata e sconvolta, desiderò di poter cavalcare fino a svanire dalla faccia della terra. La sua intrusione a casa del signor Hargreave, oltretutto mentre lui aveva ospiti, non era un’esperienza che avrebbe desiderato ripetere. Imogene era in rapporti amichevoli con il signor Jacks, e oggi si era aspettata di avere a che fare con lui, ma si era del tutto sbagliata.

    Pensò a quello che era appena successo. Era stato angosciante star lì con il signor Hargreave che le parlava sotto lo sguardo di un ospite. Dovevano averla ritenuta fuori di testa, a vagare per i campi con degli animali indifesi. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter fuggire. Costretta a ricordare le buone maniere, aveva cercato di mostrare un sincero interesse per il ballo di quella sera, ma in tutta franchezza, non era certa di sentirsela. Quell’evento era la prima occasione formale da quando aveva smesso il lutto. Era davvero pronta? E chi era l’uomo alto ritto sui gradini? L’intensità con cui la fissava l’aveva fatta sentire come se non indossasse altro che la sottoveste. Ciò non poteva che essere sconveniente, non era forse così? Imogene scosse la testa per cercare di schiarirsela un po’. Chiunque fosse, doveva essere lì per il matrimonio di Mina e del signor Everley. Forse era addirittura qualche parente. Per quanto avrebbe voluto negare l’idea di esserne attratta, lo sconosciuto possedeva un’oscura bellezza e il fascino del mistero.

    Dopo aver lasciato Triton a uno stalliere nella scuderia, percorse il sentiero verso casa. Ma non era davvero casa sua, dopotutto. Lei era un’ospite lì. Anche se sapeva che le erano affezionati, la sua vita non era la stessa e non lo sarebbe stata mai più. Il confronto tra Wilton Court e la casa in cui era cresciuta metteva in evidenza una forte dissomiglianza. I suoi quattro cugini erano però una notevole distrazione dalla dura, dolorosa realtà, e quello era già qualcosa.

    Tornò con la memoria al matrimonio della sorella. Solo un anno prima, avevano celebrato la felicità di Philippa, senza alcun sentore di ciò che sarebbe successo. Imogene supponeva che il tempo avrebbe alleviato la sua tristezza, ma per ora quella la avvolgeva ancora come un mantello.

    A salutarla trovò la solita confusione. «Alexander! Porta subito fuori quel cane coperto di fango. E, Bettina, guardati! Hai addosso tanto fango quanto il cane.» La zia Wilton li rimproverò entrambi.

    «Ci dispiace, Madre.» I gemelli si scusarono con lei, prima di affrettarsi a eseguire i suoi ordini.

    Imogene non riuscì a trattenere un sorriso. «Bettina mi ricorda... me stessa a quell’età.» «Imogene. Stavamo iniziando a preoccuparci, cara. Sei in ritardo» la riprese la zia.

    «Sì, Zia, mi scuso. Terra ha avuto una zoppia e ho trovato un agnello orfano, che ho portato a Kenilbrooke. Mi hanno prestato un cavallo per tornare.»

    «Sempre questo debole per gli animali.» Posò la mano sul viso di Imogene. «Ma sei una ragazza dolce dal cuore gentile che non può farci niente, non è vero?»

    «No, Zia. Non posso farci niente.» Si strinse nelle spalle a mostrarsi impotente.

    «Sii buona e vai su ad aiutare Cariss a prepararsi per il ballo di stasera. Oggi ho saputo dalla signora Charleston che i cugini del signor Everley sono venuti a Kenilbrooke per il matrimonio. Oserei dire che ci saranno nuove conoscenze stasera, mia cara, quindi indossa gli abiti migliori e, Imogene, cerca di divertirti per una volta.» La zia Wilton le prese con delicatezza il mento nella mano. «Sei giovane, bella e degna. Meriti di essere felice, mia cara. Tua madre e tuo padre l’avrebbero voluto.» Al sentir nominare i genitori, il viso di Imogene si rattristò, e sua zia se ne accorse, ma continuò. «Ora, cuoricino, per favore non lasciare che sentir parlare di loro ti rattristi. Sono insieme in paradiso e in pace. So per certo quale sia il loro desiderio più grande: che la loro amata figlia trovi la felicità e si faccia una vita tutta sua come tua sorella. Questa è un’occasione di divertimento e svago, in cui devi essere spensierata e incontrare nuove persone. Presto attirerai l’attenzione di qualche gentiluomo. Ne sono certa. Come potrebbe non essere così? Quindi, avrai un’espressione felice? Ci proverai?»

    «Sì, Zia, ci proverò.» Imogene la strinse in un abbraccio delicato.

    Zia Wilton le baciò la fronte. «Ecco la mia ragazza coraggiosa. Adesso vai a farti bella.»

    Ore dopo, Imogene aveva seguito alla lettera i consigli della zia ed era determinata a sforzarsi di trarre un minimo di divertimento dalla serata. L’abito che aveva scelto era color cipria, in seta chiffon, a maniche corte e vita alta, con una cintura intricata, impreziosita di broccato dorato. Aveva tralasciato gli indispensabili lunghi guanti bianchi. Il suo solo ornamento era il girocollo di perle e diamanti della madre. Era molto antico e comprendeva quattro fili orizzontali di perle, di cui quello centrale era fissato con un diamante e un ovale incastonato di perle. Indossarlo la faceva sentire vicina nell’anima alla madre. Imogene sistemò i capelli biondo scuro in modo che fossero quasi tutti raccolti, ma lasciò che alcuni lunghi riccioli pendessero da un lato.

    Sua cugina, Cariss, indossava una mise simile, ma azzurra. Cariss era la migliore amica di Imogene, a parte sua sorella, ma più giovane di due anni. Sulla carrozza diretta a Kenilbrooke teneva la mano di Imogene, mentre chiacchieravano delle varie danze, di ciò che le donne avrebbero indossato, e si chiedevano chi sarebbero stati i loro partner di ballo. Quando si fermarono sul vialetto, il bagliore emesso dalle torce ardenti illuminava i gradini del cortile. Imogene venne subito riportata al suo precedente incontro di quello stesso giorno, proprio lì in quel punto. Si sentì invadere da una sensazione insolita... strana, accompagnata da sentimenti inconsueti... era un inconsapevole presagio di come le cose stessero per cambiare.



    Sir Oliver e Lady Wilton furono annunciati per primi, poi Timothy, Cariss e infine Imogene. «La signorina Byron-Cole» la voce del valletto risuonò nella stanza rumorosa. Lei alzò la testa, conscia di avere molti occhi puntati addosso. Raccolse ogni granello di coraggio che riuscì a racimolare, tenne il mento alto e avanzò.

    La padrona di casa, Sophie Hargreave, si avvicinò all’istante e tese entrambe le mani in segno di benvenuto. «Cara Imogene, siete assolutamente adorabile stasera. Oso dirvi che Henry ci ha raccontato della vostra mattinata movimentata e siamo rimasti tutti colpiti dal vostro sangue freddo nell’affrontare la situazione in cui vi siete trovata. Mia cara, come avete fatto?»

    «Grazie, Sophie, e io oso dire che stasera l’intera sala ha un fulgore davvero molto gradevole. Siete gentile a lodarmi, ma ho fatto solo quel che dovevo in tali circostanze.»

    «Signorina Byron-Cole, penso che voi sottovalutiate la vostra saggezza e la straordinaria forza d’animo.» Era la voce del signor Hargreave, che proveniva dalla sua sinistra.

    Imogene si voltò per rispondergli direttamente e si ritrovò a guardare gli occhi verdi da mozzare il fiato dell’uomo che era rimasto a osservarla sui gradini di Kenilbrooke quello stesso pomeriggio. È lui. Imogene non rispose subito al signor Hargreave. Non poteva con quegli occhi verdi che la fissavano. «Grazie... v- vi ringrazio per il complimento, signor Hargreave.» Alla fine Imogene ritrovò la voce.

    «Signorina Byron-Cole, permettetemi di presentarvi il mio amico, Graham Everley, Lord di Rothvale, di Gavandon e del Warwickshire.»

    Lei fece una riverenza. "Lord Rothvale.» Graham Everley. Dev’essere parente del signor Everley. Forse un cugino? Ed è un lord. I suoi occhi sono così... verdi.

    Lord Rothvale s’inchinò. «Signorina Byron-Cole, è un onore.» Continuava a fissarla. Ma lei era colpevole dello stesso reato. E non riusciva nemmeno a impedirsi di guardarlo. Lui sorrise appena, la sua espressione seria si addolcì. «La vostra cavalla è guarita, signorina Byron-Cole.»



    «Questa è un’ottima notizia,» rispose lei con un sorriso «ma come fate a sapere della mia cavalla, Lord Rothvale?»

    Dio esiste di sicuro e in qualche maniera mi favorisce. Mi stai sorridendo. Si sporse in avanti per sussurrare: «Vi ho visto condurla a mano stamattina, mentre portavate quell’agnello.»

    Lei arrossì in modo delizioso e chinò lo sguardo. «Signore, voi mi fraintendete. Anch’io vi ho visto stamattina, ritto sui gradini. Quel che intendevo era: come avete saputo che è guarita?» Quindi alzò lo sguardo dritto su di lui, in cerca di una risposta.

    Alla signorina Byron-Cole non sfuggiva nulla e non era un timido fiorellino, il che era ancora meglio. Quello splendido rossore fu tanto adorabile che iniziò a sentirsi l’acquolina in bocca, e quando lei lo guardò sentì il proprio uccello risvegliarsi. Stasera in sua presenza avrebbe davvero dovuto concentrarsi per evitare di rendersi ridicolo. «Quando sono uscito a cavallo, più tardi, ho visto la vostra giumenta in scuderia. Terra, mi pare che abbiate detto. Bene, la vostra Terra non è più zoppa, e l’agnello che avete salvato sembra stare benissimo. Vedete? Tutto è andato per il meglio, e ciò grazie ai vostri sforzi.» Sentì il proprio volto distendersi a restituirle il sorriso.

    «Sono molto felice di saperlo, signore. E grazie per aver controllato la mia Terra.»

    Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse rifletterci. «Signorina Byron-Cole, posso reclamare il primo giro di danze?»

    «Ve lo consento.» Non gli sfuggì il lieve allargarsi degli occhi di lei quando accettò.

    «E anche la vostra compagnia a cena?» le propose. «Oserei dire che la vostra conversazione a cena sarebbe molto gradita.» Dovrò sforzarmi di dialogare in modo coerente... sarà difficile. Preferirei limitarmi a guardarti. E immaginarti nel mio letto.

    «Sì» sussurrò, anche se parve un po’ meno convinta. Quello però non gli interessava. Aveva accettato, ecco tutto ciò che contava. La sua accondiscendenza spontanea gli piaceva.

    L’incantesimo si ruppe quando Jules e Mina si unirono al gruppo. Mina tese le mani verso la signorina Byron-Cole in segno di benvenuto. «Siete splendida, Imogene. Spero che vi stiate godendo la serata dopo la cavalcata movimentata di stamattina.»

    «Grazie, Mina. Voi siete bellissima, come sempre. In effetti, trovo la serata molto piacevole.» Rivolse un sorriso luminoso alla coppia di fidanzati, e Graham si accontentò di limitarsi a osservarla mentre chiacchierava con i suoi amici. «Jocelyn è venuta stasera? Non la vedo.»

    «No, ha dichiarato di non sentirsi bene, ma penso che in realtà volesse evitare il ballo. Non sappiamo più come incoraggiare nostra sorella a introdursi in società» disse Mina.

    «Per Jocelyn è difficile stare in ambienti affollati. Ma è l’amica più gentile che si possa trovare. Sono fortunata ad avere la sua amicizia.» Osservò Mina e Jules. «Se posso dirlo, voi e il signor Everley formate una coppia straordinaria stasera: la felicità che provate nello stare insieme è evidente.»

    Fu Jules a rispondere: «Grazie, signorina Byron-Cole, per le vostre parole gentili. Penso che abbiate colto nel segno. Siamo davvero molto felici.» Baciò con tenerezza la mano di Mina. «E sono lieto che gli altri possano vederlo con tanta facilità.» Jules mise una mano sulla spalla di Graham. «Ho notato che siete stata presentata al mio cugino ribelle.»

    «Ribelle, dite? E nonostante questo è lui a detenere il titolo degli Everley?» replicò Imogene.

    «Esatto. È lui l’Everley con il titolo di lord, ma io ho una casa più grande e coltivo più rape di lui» scherzò Jules.

    «Non sono affatto un ribelle! Che intenzioni hai, Jules?» Graham alzò gli occhi al cielo allo scherzo mal riuscito del cugino. «Più rape? Questa è la cosa più idiota che tu abbia mai detto, ne sono sicuro.»

    «Eh, Graham, la mia intenzione è quella di seguire le convenzioni stasera e assicurarmi di trovare delle partner per due giri di danza. Come ben sai, non posso ballarne più di tre con Mina» disse, sornione. «Signorina Byron-Cole, quali avete liberi?» le chiese Jules con tranquillità. Forse Jules aveva più giudizio di quanto Graham avesse pensato all’inizio, rifletté mentre capiva dove volesse arrivare il cugino.

    «Oh... be’, Lord Rothvale ha richiesto il primo giro e la compagnia a cena.» I suoi occhi castani si agganciarono a quelli di Graham. «Il secondo, il quarto e l’ultimo sono liberi, signor Everley.» Imogene rispose a Jules, ma continuò a tenere lo sguardo fisso in quello di Graham mentre pronunciava quelle parole.

    Graham s’intromise: «Anche il giro finale è riservato.» I suoi occhi non lasciarono mai quelli di lei. Era determinato a sedurla.

    Jules si rivolse a tutti i presenti. «Voi cosa ne dite, signorina Byron-Cole? Mi farete l’onore del secondo giro e concederete a Hargreave il quarto? Graham, farai da partner a Mina per il secondo e alla signora Hargreave per il quarto. Hargreave e io possiamo far coppia con Elle per l’ultimo ballo che resta libero a entrambi. È una soluzione che va bene a tutti?»

    «Sì» concordò Graham con decisione.

    Imogene non aprì bocca per dichiararsi d’accordo, ma dopotutto non disse nemmeno di no. Per ora era sufficiente. Quella bellezza misteriosa l’aveva assecondato di nuovo e questo era tutto ciò che gli interessava. Sì, sembra venirle naturale.



    Mentre prendeva posizione per il primo ballo, Imogene si sentiva strana, diversa. La sua mano scottava là dove la pelle di lui entrava in contatto con la sua. La fissava moltissimo. Provò sollievo per il semplice fatto di restare in silenzio e non dover parlare, mentre si muovevano sui gradini lungo la fila.

    Il signor Graham Everley, Lord Rothvale, era alto e aveva spalle ampie, e l’abito gli stava alla perfezione. I suoi lineamenti nobili erano molto gradevoli e, combinati con quegli espressivi occhi verdi, lo rendevano un bell’uomo. O almeno Imogene la pensava così. I capelli castano scuro erano lisci, gli arrivavano fino alle spalle, li portava in maniera tradizionale: legati in una coda e fissati con un nastro. Aveva qualche anno in più di lei, e un’aria da intellettuale, quindi Imogene supponeva che avesse ricevuto un’istruzione. Il suo contegno era piuttosto austero, un po’ autoritario, ma non taciturno né arrogante. Il suo sorriso era dolce quando si decideva a concederne uno e in lui c’era anche una nota garbata. C’era anche una tristezza palpabile in lui, un peso, qualcosa di gravoso. Imogene riconobbe quei sentimenti perché non le erano estranei.

    Il secondo giro di danze con il signor Julian Everley fu senz’altro illuminante. Come sempre lui si comportava da perfetto gentiluomo, ma lei percepiva una sorta di sottinteso, e avvertiva che aveva in mente qualcosa. «Signorina Byron-Cole, al termine del ballo mi piacerebbe molto presentarvi mia sorella, Ellenora. Penso che voi due gradireste la compagnia reciproca. Come voi, anche lei va a cavallo e sarebbe felice di avere qualcuno con cui far amicizia qui a Shelburne, per queste poche settimane lontano da casa. Sareste disposta a conoscerla?»

    «Certo, signor Everley. Sarebbe un piacere incontrare vostra sorella. È sempre bello incontrare un’altra persona che apprezza la bellezza del montare a cavallo.» Imogene fu colpita dall’atteggiamento cordiale di Ellenora Everley, e le due entrarono subito in sintonia. Everley sembrava contento che la sorella avesse un’amicizia più o meno della sua età. Le ragazze si stavano godendo una piacevole conversazione sui cavalli, quando Lord Rothvale si unì a loro, giunto a reclamare Imogene per la cena. Aveva con sé un uomo più giovane, con ogni probabilità il fratello, e la somiglianza era così evidente che quando Lord Rothvale lo presentò non fu una sorpresa. «Colin Everley, mio fratello minore. La signorina Byron-Cole.»

    «Signor Everley.» Imogene fece una riverenza. Ha gli stessi occhi verdi del fratello.

    «Piacere di conoscervi, signorina Byron-Cole.» S’inchinò.

    Imogene si rivolse a tutti e quattro i cugini. «È passato molto tempo da quando vi siete ritrovati tutti insieme?»

    Il signor Julian Everley rispose a nome di tutti. «In effetti, per noi è la prima volta che ci riuniamo da oltre un anno.» S’illuminò quando la sua Mina si avvicinò, gli occhi gli brillarono in modo evidente alla vista della fidanzata. «E poiché è una felice riunione di famiglia, abbiamo anche la gioia di aggiungere un’altra Everley al totale.»

    Imogene inclinò la testa per congratularsi. «Avere il sostegno della propria famiglia è una cosa meravigliosa, no? Oserei dire che sono un po’ invidiosa del fatto che siate tutti insieme stasera. Siete fortunati a esserci l’uno per l’altro.» Rivolse a ognuno di loro uno sguardo sincero.

    Lord Rothvale spostò di nuovo gli occhi sagaci su di lei. «Esatto, signorina Byron-Cole, è bello e giusto riunirci in questa occasione felice. È passato troppo tempo da quando siamo stati insieme. Voi avete fratelli?»

    «Ne ho solo una. Mia sorella maggiore, Philippa. Ora è la signora Brancroft e risiede a Wellick, nel Gloucester. Mi manca molto adesso che si è sposata con il dottor Brancroft. È un praticante nel nuovo ospedale di quella città.» Imogene udì l’eccitazione nella propria stessa voce mentre continuava: «Siamo d’accordo che andrò da loro dopo Capodanno. Voglio restare con mia sorella mentre si prepara alla nascita del suo primo figlio.»

    «Wellick, avete detto?»

    «Sì, milord, la conoscete?»

    «In effetti sì, signorina Byron-Cole. Wellick non dista più di quindici chilometri da Gavandon, dove io vivo. Gavandon si trova all’estremità sud-occidentale del Warwickshire, al confine con il Gloucestershire, e le due città non sono molto distanti.»

    Aveva una voce vellutata, mentre la guardava e parlava della propria casa. Imogene si sentiva un po’ nervosa perché era troppo facile stare con quell’uomo... un uomo che aveva visto per la prima volta solo quel mattino e conosciuto in modo ufficiale alla sera. Quando la guardò lei provò qualcosa di diverso, un’eccitazione che le rese il fiato più corto di quanto avrebbe dovuto. Come se Lord Rothvale vedesse di lei più di quanto chiunque avesse mai visto prima. E fu scioccata di scoprire che viveva così vicino

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1