Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Aprimi il tuo cuore: Harmony Bianca
Aprimi il tuo cuore: Harmony Bianca
Aprimi il tuo cuore: Harmony Bianca
E-book153 pagine2 ore

Aprimi il tuo cuore: Harmony Bianca

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Keera: La piccola Megan mi è stata affidata perché me ne prendessi cura. Io sono un ottimo chirurgo ma non sono portata per fare la mamma, non ho nemmeno un briciolo di istinto materno. E adesso che Megan ha disperatamente bisogno di un medico, io riesco solo a pensare che le labbra del dottor Adams sono fatte per essere baciate.

Reid: Nessuno più di me può capire quanto sia difficile crescere un figlio da soli. Io ho adottato due bambine ma, a causa di questa decisione, ho perso la mia fidanzata. Per questo voglio aiutare Keera a liberare l'amore che nasconde dentro di sé e a credere in un nuovo, luminoso futuro. Peccato che, nel tentativo di aprire il suo cuore, io abbia definitivamente smarrito il mio.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2019
ISBN9788830508194
Aprimi il tuo cuore: Harmony Bianca
Autore

Dianne Drake

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

Leggi altro di Dianne Drake

Autori correlati

Correlato a Aprimi il tuo cuore

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Aprimi il tuo cuore

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Aprimi il tuo cuore - Dianne Drake

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Child to Heal Their Hearts

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2013 Dianne Despain

    Traduzione di Claudia Cavallaro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-819-4

    1

    «Arrivo!» La voce assonnata di Keera arrivò a malapena alla porta della camera da letto e in nessun modo una persona davanti alla veranda avrebbe potuto sentirla. Ma non gliene importava niente. Non era di turno, ancora due giorni e poi nessun obbligo di lavoro per tutta la settimana seguente. Qualche giorno di libertà dopo un anno intero di lavoro, una vacanza per mangiare, dormire, leggere. Soprattutto, per avere del tempo per sé. Nessun intruso, nessuno che la disturbasse.

    Ma essendo primario di Chirurgia cardiaca, non sempre otteneva quello che voleva. Per esempio, adesso qualcuno stava bussando alla porta, e molto energicamente. «Okay, un momento» mormorò con un sospiro, gettando un’occhiata alla sveglia che lampeggiava dal comodino. Quando vide che erano le due e dieci, ebbe voglia di lanciarle addosso una scarpa. Era andata a letto all’una e venti, il che significava che aveva dormito ben cinquanta minuti.

    Trasalì a un altro colpo alla porta, poi ne seguì uno ancora più forte. Quando le si schiarì la mente, cominciò a spuntare le possibili ragioni di quella visita notturna. Nel peggiore dei casi, un disastro che non aveva niente a che fare con le condizioni atmosferiche. Nel migliore dei casi... un intervento urgente in attesa. Ma perché non limitarsi a una telefonata, come facevano sempre?

    Forse l’avevano chiamata e lei non aveva sentito. «Ho detto che arrivo» gridò, stringendo la cintura dell’accappatoio mentre si avviava alla porta d’ingresso. «Si faccia riconoscere, per favore» intimò, anche se guardando dallo spioncino intravide l’uniforme di un agente di polizia. «E mi mostri il suo distintivo.»

    «Va bene, signorina Murphy» gridò l’uomo.

    Signorina Murphy. Dopo l’università e tutti gli altri stage fatti per diventare un cardiochirurgo, in sostanza si riduceva a quello, no? Un medico non sposato, una signorina... Una carriera di successo, una vita privata senza eventi degni di nota e questo bastava a definirla.

    Si liberò la faccia dai lunghi capelli rossi e guardò di nuovo dallo spioncino.

    «Agente Carla James» disse, mostrandole il documento di identità. Una donna piccola, rotondetta, che veniva nascosta dall’agente più alto.

    «E l’agente Brian Hutchinson» aggiunse quello più alto, chinandosi verso lo spioncino per permetterle di vedere il distintivo. «Le dispiace aprire la porta?»

    «Si tratta di lavoro?» insistette lei togliendo la prima delle tre catene di sicurezza e infine il catenaccio. Precauzioni dovute al fatto che viveva da sola.

    «No, signora» rispose l’agente Hutchinson avanzando di un passo appena la porta si aprì. «Mi dispiace molto, ma è una questione personale.»

    Allora, lei si sentì sollevata. Keera Murphy non aveva una vita privata. «Di che cosa si tratta, allora?» chiese.

    L’agente James scelse quel momento per uscire da dietro la schiena di Hutchinson, e l’unica cosa che Keera vide fu la bambina che aveva in braccio. «Mi dispiace, ma non capisco.» Le avevano portato un paziente? Una bambina. No. Doveva esserci un errore. Si erano sbagliati di casa, o di persona. Lei non era una pediatra.

    «Mi dispiace, non trovo le parole per dirglielo» continuò l’agente Hutchinson. «Ma questa sera suo marito e un’altra persona non identificata sono rimasti uccisi in un incidente automobilistico vicino a Mountain Canyon Road. La bambina è stata catapultata fuori e se l’è cavata. L’abbiamo fatta visitare in un ambulatorio nelle vicinanze e sta bene, a parte qualche graffio. Penso che sia sotto shock, perché non parla, forse per il trauma. Ma il dottore che l’ha visitata ha detto che fondamentalmente sta bene.»

    «Mi fa piacere, ma deve esserci un errore, perché io non sono sposata.» Keera indietreggiò di un passo, appoggiandosi alla parete. «Sono divorziata e senza figli.»

    «Kevin Murphy» continuò Hutchinson. «Kevin Joseph Murphy, signora. Suo marito, secondo certi documenti che abbiamo trovato sulla scena dell’incidente. Come residenza, dava questo indirizzo.»

    «Ma non siamo... Non siamo stati...» Keera chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi. Kevin era morto? Il loro matrimonio era stato un disastro e il divorzio un vero incubo, ma non gli avrebbe mai augurato niente di male. «Ne siete sicuri?» riuscì a chiedere alla fine.

    «Sì, signora. Abbiamo potuto identificare suo marito, ma non l’altro passeggero. Speravamo che...»

    Lei guardò l’agente che teneva la bambina, chiedendosi se fosse la figlia... Chi altri poteva essere se non la figlia che lui aveva avuto mentre erano ancora sposati? «Probabilmente il passeggero era la sua seconda moglie. Melanie, Melodie, o qualcosa del genere.» O quella venuta dopo, vista la tendenza di Kevin a cambiare donna in rapida successione. Ma forse era solo il rancore a farla pensare in quel modo. «Melanie, sì, era questo il suo nome.» Le girava la testa per le informazioni che alla fine cominciava ad assimilare. Kevin era morto, probabilmente insieme alla sua seconda moglie. E la loro figlia... «Non è mia» disse.

    «Ma lei risulta moglie del signor Murphy e parente più prossimo, perciò abbiamo dedotto...»

    «Avete dedotto male» lo interruppe lei. «Le informazioni sono vecchie. Mio marito e io abbiamo divorziato alcuni mesi fa, probabilmente i documenti che avete trovato risalivano a prima. Mi ha chiamato qualche giorno fa per dirmi che erano arrivati altri documenti da firmare, e quella bambina...» Scosse la testa. «Deve essere figlia della sua seconda moglie.»

    «Allora, abbiamo un problema» disse Carla James, «perché non sappiamo a chi consegnarla.»

    Una femminuccia, lo aveva saputo. Keera non l’aveva mai vista. Né aveva mai voluto vederla. E non voleva vederla ora. «Di certo ci sarà una casa affidataria disposta ad accoglierla. O qualche altra struttura che si occupi di queste emergenze, no?»

    Entrambi gli agenti scossero il capo.

    «I servizi sociali?»

    Da dietro la James, comparve una giovane donna. «Sono Consuelo Martinez, dei servizi sociali, e sono stata temporaneamente assegnata alla piccola Megan. E in questo momento ho un piano d’emergenza che sarebbe nell’interesse della bambina. Speravamo che la sua famiglia...»

    «Già, la sua famiglia. Ma io non sono la sua famiglia» la interruppe Keera.

    Consuelo si spostò e le fu ben visibile il suo colorito giallastro. E di colpo Keera assunse automaticamente il ruolo professionale spuntando mentalmente le possibili cause... una delle ragioni per le quali Kevin sosteneva di essersi allontanato da lei. Era sempre troppo dottoressa. Purtroppo lei non aveva argomenti validi per controbattere, perché in fondo era vero, aveva amato la medicina più di suo marito.

    «Senta, lo so che esiste un piano di emergenza, c’è sempre quando di mezzo c’è un bambino» disse, ma con poca convinzione, perché in quel caso non ne era del tutto sicura. Ma se lo augurava, altrimenti...

    «Ha ragione. Di solito c’è. Ma non adesso. Al momento, non ci sono posti liberi per una bambina dell’età e della fase di sviluppo di Megan» continuò l’assistente sociale. «Però, domattina potrò contattare altre agenzie in zone diverse, oppure potremo spostare qualche bambino in un’altra struttura, dopodiché...»

    «Sta per caso prendendo della flucloxacillina, Consuelo?» la interruppe Keera, soprattutto per non sentirle dire che per quella notte non avevano posto per Megan.

    Consuelo sembrò confusa. Così come i due agenti. «Uhm, sì. Per un’infezione all’orecchio. Perché?»

    «Le consiglio di chiamare il suo medico domattina e dirgli che ha avuto una reazione negativa al farmaco. Niente di serio, non si allarmi. Ma è meglio farlo presente.» Ma questo non cambiava il problema, perché in braccio all’agente James c’era ancora una bambina da sistemare. «Mi dispiace» disse. «È la forza dell’abitudine. Fa parte del mio lavoro prestare attenzione ai dettagli, e mi hanno già detto che a volte esagero.»

    «È bello sapere che è così coscienziosa, dottoressa» disse l’agente Hutchinson, «ma sono le due e mezza, e ancora non abbiamo la minima idea di come risolvere il problema...»

    «Della figlia del mio ex marito.» L’ironia della sorte la colpì duramente. Era la figlia segreta di Kevin. Lui aveva trovato il coraggio di parlargliene soltanto quando la piccola aveva compiuto un anno. La sua prima confessione devastante, seguita da quanto amasse la madre della bambina. Desiderava divorziare e tenere la casa che dividevano per la sua nuova famiglia... Ma di tutto questo Megan non aveva alcuna colpa, no? «È proprio sicura che non ci sia un posto per lei questa notte?»

    «C’è soltanto il centro degli educatori della contea, ma se posso lo evito, soprattutto per bambini così piccoli» disse Consuelo. «Una struttura troppo grande, con troppi bambini. I più piccoli vengono... trascurati.»

    «È un istituto pubblico...»

    «Sì. E se lei rifiuta la bambina, resta la nostra unica risorsa, perché non posso restare qui davanti alla sua porta per tutta la notte» si intromise l’agente James.

    «No, naturalmente non può» disse Keera indietreggiando di un passo, come se sentisse di essere sul punto di cedere. Un altro passo, pausa per riflettere, e alla fine l’invito a entrare in casa. E mentre l’agente James la superava, lei poté vedere da vicino Megan, e se la stanza non fosse stata piena di gente... di estranei, sarebbe caduta in ginocchio. E avrebbe pianto. Il groppo alla gola rischiò di soffocarla, le sembrò che la stanza ruotasse intorno a lei. «Mettetela sul divano, per favore. Mi siederò vicino a lei, perché non si senta sola.» Non poteva permettere che finisse in un istituto.

    Keera guardò Consuelo, che si era fermata allo specchio in anticamera e stava esaminando il suo colorito. «Ma la terrò soltanto fino a domattina» puntualizzò all’assistente sociale. «Se non le troverà un posto prima che io vada in ospedale, cioè esattamente fra tre ore, dovrà portarla in un centro di assistenza. Oltretutto, non sono molto pratica di bambini. Perciò, domattina venga, mi raccomando. Alle dieci il mio primo intervento sarà finito, poi dovrò fare il solito giro del reparto e non vorrei dovermi preoccupare anche per la bambina.»

    Si rese conto di apparire, sgradevole... senza cuore. E non era stata sua intenzione esserlo. Ma come poteva gestire una situazione simile? Aveva appena accolto la bambina che era stata la causa del suo divorzio e non sapeva come comportarsi.

    «Allora, prima che se ne vada, sappiamo se ha delle allergie?» Kevin era allergico ai frutti di mare. «O particolari condizioni fisiche che richiedano attenzione... o medicine?»

    Consuelo, che si era finalmente staccata dallo specchio, scosse la testa. «Il suo pediatra è Reid Adams, e ha lo studio in una cittadina che si chiama Sugar Creek, nel Tennessee. A circa un’ora a ovest da qui. Ma non siamo ancora riusciti a contattarlo. È in campeggio.»

    «In campeggio?» chiese Keera.

    «Un campeggio per bambini leucemici. È il medico di riferimento.» Consuelo girò intorno a Keera, che non si mosse per aiutare l’agente James a sistemare Megan sul divano. «E, dottoressa... è una brava bambina. Molto tranquilla. Non le causerà problemi.»

    No, la bambina no. Non adesso, comunque, perché i problemi di Keera risalivano al passato.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1