Le follie del destino: Harmony Collezione
Di Kim Lawrence
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Info su questo ebook
Erin Foyle, bella e sensuale fotografa inglese, conosce Francesco Romanelli durante una vacanza in Italia. I due si innamorano follemente e, presi dall'impeto della passione, dopo soli cinque giorni sono già marito e moglie. Il destino però ha in serbo per loro una sorpresa: dopo soltanto un mese Erin decide di lasciare Francesco, convinta che lui l'abbia già tradita. Le loro strade sembrano così separarsi definitivamente, ma come si suol dire al cuor non si comanda, e i due torneranno a fare i conti con la passione che ancora li unisce, e con una verità che, come spesso accade, non è come sembra.
Kim Lawrence
Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.
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Anteprima del libro
Le follie del destino - Kim Lawrence
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Claiming His Pregnant Wife
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2007 Kim Lawrence
Traduzione di Cristina Proto
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-794-4
1
Quando Francesco Romanelli imboccò la corsia di sorpasso dell’autostrada, sentì il cellulare vibrare in tasca. Lo ignorò, rivolgendo per un attimo la sua attenzione al sedile vuoto del passeggero dove si trovava un altro telefono. Spento.
Era l’unica cosa che era rimasta, dopo aver esaminato la casa ed eliminato ogni oggetto che avesse potuto ricordargli il suo matrimonio finito e sua moglie. O almeno era quello che aveva pensato.
Se la governante non fosse stata così impeccabile nella sua guerra alla polvere sarebbe rimasto all’oscuro dell’esistenza di quel telefono e del suo contenuto esplosivo. Probabilmente quello era stato lo scopo di sua moglie. Cos’altro avrebbe dovuto pensare?
Francesco serrò la mascella, nel tentativo di contenere la rabbia. Dopo i fatti dell’ultimo mese sembrava ironico che esattamente un anno prima si fosse lamentato con il suo gemello del fatto che la sua vita fosse diventata troppo prevedibile!
In quel periodo Francesco aveva appena rotto con la sua amante. Le loro strade si erano separate civilmente, come era stato civile e razionale il loro accordo. Quando lei gli aveva chiesto dove lui pensasse che stesse andando la loro relazione, Francesco era stato costretto ad ammettere che per lui non aveva alcuna direzione.
In fondo la signora in questione, avvocato aziendale tanto intelligente quanto bella, all’inizio della loro storia lo aveva avvertito che nella sua vita non c’era spazio per legami emotivi. Quindi era stata una sorpresa per lui sentirle dire: «Niente di personale, Francesco, ma l’orologio biologico scorre e non posso perdere tempo con un uomo allergico agli impegni».
Lui non ci aveva perso il sonno, ma in seguito aveva chiesto al suo gemello: «Pensi che io sia davvero allergico agli impegni?».
La risposta di Rafe era stata generica ma allusiva. «Certo che no, ma potresti mettere nelle tue relazioni personali lo stesso impegno che metti nel lavoro.»
«Questo è il problema. Io non ho bisogno di impegnarmi molto nel lavoro...» ammise. «Non c’è divertimento. La mia vita è assolutamente prevedibile. Non ci sono vere sfide.»
«Magari c’è una sorpresa che ti cambierà la vita proprio dietro l’angolo, Francesco.»
«Dio mio, spero proprio di sì.»
Come si dice? Attento a quello che desideri, perché potrebbe realizzarsi!
Infatti Francesco, nell’arco di pochi mesi aveva subito la perdita del gemello in circostanze tragiche, e aveva poi scoperto che l’amore a prima vista non esisteva solo nelle pagine dei romanzi d’amore... anche se forse sposare la persona di cui ci si innamora nel giro di cinque giorni nella realtà non funziona!
Osservandosi il dito abbronzato della mano sinistra, cinto dalla pesante fede d’oro, Francesco strinse ancora di più il volante tra le mani. Il labbro superiore si incurvò per il disprezzo: amore! Non era stato amore, ma una combinazione di desiderio e cieca infatuazione.
Forse la sua reazione alla lettera di Erin, arrivata una settimana prima, suggeriva qualcosa di più di un’infatuazione, ma Francesco non poteva accettare un fallimento. Uscire dall’ufficio due minuti prima di una riunione importante senza dire a nessuno dove stava andando, salire su un aereo e dirigersi in Inghilterra con l’intenzione di spiegare di persona a sua moglie che non le avrebbe mai concesso la libertà forse era una reazione eccessiva, ma il fallimento era una parola che non aveva mai fatto parte del suo vocabolario. Se si desidera qualcosa con forza sufficiente, si deve lottare per averla.
Cosa potrei desiderare da una donna che non si fida di me?, era stato però il suo pensiero quando l’aereo era atterrato.
Il suo sguardo ritornò al sedile vuoto del passeggero. Era cambiato tutto quando il telefono gli aveva rivelato alcune importanti informazioni.
All’improvviso non c’erano state decisioni da prendere; semplicemente il divorzio non era più un’alternativa. Se Erin fosse stata abbastanza adulta lo avrebbe compreso.
Lo sguardo velato di Francesco si volse ancora una volta verso il telefono... era stato sul punto di liberarsene, ma prima di farlo per fortuna lo aveva acceso.
C’era un messaggio.
Francesco ripensò al momento in cui aveva sentito la voce registrata sulla segreteria scusarsi e spiegare che il successivo appuntamento prenatale era stato spostato di una settimana.
Con la mente stordita, aveva riascoltato tre volte il messaggio prima di interrompere la comunicazione.
Sarebbe diventato padre!
Un uomo avrebbe dovuto provare euforia e gioia in un momento simile, ma Erin glielo aveva negato. Proprio come stava per negargli suo figlio.
Glielo avrebbe mai detto?
Francesco le aveva persino dato il beneficio del dubbio e aveva accettato che lei forse non sapesse di essere incinta quando se n’era andata, ma ora, dopo settimane, la situazione era ben diversa.
Settimane nelle quali non aveva fatto alcun tentativo di contattarlo se non con una lettera in cui esprimeva il desiderio di divorziare quanto prima. Erin alla fine aveva deciso di non dirgli che sarebbe diventato padre, come se lui fosse stato irrilevante. Anche se lei aveva deciso che non avevano futuro, c’erano parecchie cose da discutere... anche se lui era fermamente convinto che l’unico modo per allevare un figlio, in particolare il suo, fosse una coppia di genitori.
Aveva anche cercato di contattarla per darle un’altra opportunità per dirglielo, ma era stato semplicemente liquidato dalla madre.
Erin si era davvero immaginata di poter avere suo figlio senza che lui lo scoprisse? La risata amara venne interrotta da un nuovo squillo del telefono. Irritato, mise la freccia per uscire dall’autostrada.
Erin era rimasta sorpresa quando Valentina, la cugina di Francesco, l’aveva chiamata invitandola a passare il fine settimana nella casa in campagna dove lei e il marito inglese Sam gestivano un allevamento di cavalli.
Per celare la disperazione che stava vivendo, con un tono indifferente le aveva chiesto: «Sai, vero, che Francesco e io... che non stiamo insieme?».
«Sì, lo so, e mi dispiace davvero tanto» aveva risposto la donna di origini italiane. «Ma questo non significa che non possiamo continuare a essere amiche, giusto?»
Erin era stata riluttante ad accettare l’invito, ma Valentina era apparsa talmente entusiasta all’idea di vederla che alla fine le era sembrato scortese rifiutare.
Era arrivata la sera prima e Valentina le aveva spiegato che gli altri ospiti del fine settimana non sarebbero arrivati fino all’indomani.
Il rumore degli zoccoli ferrati dei cavalli spinse Erin alla finestra del salotto. Fuori nel cortile uno stalliere stava avendo problemi a tenere le briglie di uno stallone nero assai agitato.
La prima volta che lo aveva visto, Francesco era a cavallo di un esemplare simile. Forse più polveroso e sudato, ma indomito... come il suo cavaliere. Di colpo ricordò ogni dettaglio.
Sentì gli zoccoli di un cavallo risuonare sui ciottoli consunti mentre spingeva la bici su per il pendio scosceso.
Il sollievo che l’aveva pervasa era stato frenato dalla prudenza. Era una donna ed era da sola. Ma, del resto, chi poteva incolpare per questo?
Il direttore dell’albergo le aveva consigliato prudenza quando lei gli aveva illustrato la sua intenzione di noleggiare una bici per esplorare la zona. Quando poi lui si era reso conto che nessuna delle sue tre amiche l’avrebbe accompagnata, aveva rinunciato alla diplomazia. «Signorina, non è una buona idea per una donna spostarsi da sola. È facile perdersi.»
Erin aveva sorriso con educazione, gli aveva sventolato la mappa sotto al naso e aveva ignorato il suo consiglio.
Avrebbe potuto spiegare che voleva stare da sola, che aveva un assoluto bisogno di stare da sola, ma dubitava che lui avrebbe capito. Lei stessa non capiva come mai le sue amiche, sebbene fossero in vacanza, riuscissero a esaurire la sua pazienza. Se non si allontanava, avrebbe finito per dir loro cosa pensava, e doveva evitare che ciò succedesse.
A casa erano persone piacevoli. Solo lì si trasformavano in mostri che parlavano costantemente di abbronzatura e la guardavano come se fosse una pazza quando suggeriva di fare un picnic o andare in bici fino al villaggio vicino.
A ogni modo, stare soli perde subito ogni attrattiva quando ci si ritrova con una gomma a terra, il naso scottato e i muscoli doloranti.
Be’, ora non era più sola.
Erin sollevò la mano per proteggersi dalla luce del pomeriggio. L’uomo la vide e rallentò il trotto per avvicinarsi. L’animale dallo sguardo selvatico e le narici allargate scalpitò. Erin, alla vista di quegli zoccoli pronti a scagliarsi sulla sua testa, si affrettò a indietreggiare.
La precauzione si dimostrò eccessiva, perché senza il minimo sforzo il cavaliere controllò l’animale, sussurrandogli in italiano, e lo bloccò.
L’uomo rimase in sella per un’eternità, limitandosi a fissarla. Assetata ed esausta, lei lo vide alla fine liberare gli stivali dalle staffe e scendere dalla groppa dell’imponente animale. L’uomo accarezzò il fianco tremante del baio, sollevando uno sbuffo di polvere, e con indifferenza allentò le briglie. L’animale scalpitò agitato, ma non sembrò volere scappare.
Quell’uomo era incredibilmente alto. L’animale e il suo padrone avevano molto in comune – entrambi erano magnifici e indiscutibilmente pericolosi.
Il pericolo avrebbe dovuto farla allontanare, invece le accelerò il battito, liberando una scarica di adrenalina nel sangue. Trattenne il respiro, troppo intimorita in quel momento da quello sconosciuto dall’aria predatoria e seduttiva per riuscire a scappare verso le colline.
Lo studiò di nascosto, da sotto le palpebre abbassate. Alto e snello, con spalle ampie e fianchi stretti, si muoveva con la grazia naturale di un atleta e con indifferente arroganza. Era il tipo di uomo da cui per principio non si faceva mai impressionare. Troppo attraente, troppo sicuro di sé, fin dal momento della nascita era stato trattato come se l’universo girasse solo intorno a lui.
Stranamente, però, mentre osservava l’affascinante sconosciuto sfilarsi dalle mani i guanti di pelle, Erin non riuscì a simulare il divertito disprezzo che solitamente sfoderava in queste occasioni.
Forse erano gli stivali di pelle a metà polpaccio che la distraevano.
Per qualche ragione Erin non riusciva a distogliere gli occhi da quella pelle impolverata. Quando lo fece,