Dottori nella giungla: Harmony Bianca
Di Dianne Drake
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Ma quando Arlo ha bisogno di una mano in uno dei luoghi remoti in cui ha deciso di praticare la professione medica, pensa subito a Layla. Lei accetta e, mentre lavorano a fianco a fianco, si ritrova perdutamente innamorata della natura selvaggia e incontaminata della Thailandia... e non solo! Dopo aver imparato a conoscere la giungla attraverso gli occhi di Arlo, sarà in grado di dare alla loro vita insieme una seconda chance?
Dianne Drake
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Dottori nella giungla - Dianne Drake
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1
«So bene cos'eravamo, mamma. Ma due anni meritano una fine migliore, e quando è arrivata quest'opportunità...»
Il dottor Oliver Benedict, capo e mentore di Layla Morrison e nonno di Arlo, era in cerca di un nuovo vice primario di chirurgia, e per testare i candidati aveva loro proposto due mesi di esperienza all'estero.
«No, non so se Arlo sa che Ollie ha accettato me per questo specifico posto. Sono trascorsi appena cinque giorni da quando mi ha dato la conferma, e Ollie mi ha specificato che comunicare con Arlo non è sempre possibile. Quindi, sì, è probabile che lui ci resti un po' di stucco.»
Il bisogno era reale, però. Arlo era solo, perché la sua assistente era andata in India per un po'. Avendo convissuto con lui per due anni e sapendo come intendeva gestire l'ospedale in Thailandia, Layla sapeva perfettamente a che cosa andava incontro.
Medicina d'assalto. Niente comodità. Duro lavoro e basta, ma così incorporato nel cuore di Arlo da essere stata la causa della loro separazione. Due anni di storia cancellati dall'irresistibile richiamo della giungla.
«No, non so se questo mi porterà a una promozione, ma finalmente mi permetterà di chiudere con il passato. Non ne abbiamo avuto l'occasione. Era troppo difficile e stavamo male entrambi. Quindi spero che questo lavoro aiuterà me, e magari anche Arlo, ad andare avanti.»
Dopo di lui, Layla aveva avuto un'altra relazione, ma era stato un vero disastro. Continuava a paragonargli il nuovo fidanzato, Brad, ma il confronto era impari, ed era giunto il momento di dirselo con franchezza così da poter finalmente andare avanti.
Layla era uno dei migliori chirurghi generali della clinica di Ollie, tenuta in altissima considerazione e in odore di promozione. Era questo il suo obiettivo, raggiunto il quale le sarebbe stato finalmente possibile guardare oltre e farsi una vita al di fuori della medicina. Solo che c'era Arlo. Layla non era ancora riuscita a toglierselo dalla testa. E non tanto dal punto di vista fisico, quanto emotivo. C'erano ancora tanti, troppi E se? E siccome non l'avrebbero mai abbandonata, era ora di lavorarci sopra.
Layla si lasciò scappare un sospiro abbastanza forte da farlo sentire alla madre. «Senti, sono solo due mesi, poi ritornerò a casa e, si spera, verrò promossa. Ollie mi ha fatto intendere di essere la prima della lista, quindi, per favore, augurami buona fortuna, perché non ti nego che lavorare in un ospedale nel bel mezzo della giungla mi spaventa un po'.» Anche se non tanto quanto trovarsi di nuovo davanti Arlo dopo tutto quel tempo. «Sì, mamma, farò attenzione. E ringrazia papà per la Jeep. Considerando come sono le strade, è proprio quello che mi serve.»
Suo padre aveva fatto un paio di telefonate e, come per magia, il veicolo era ad attenderla all'aeroporto. I suoi genitori avevano sempre cercato di semplificarle la vita, e quella era esattamente una delle ragioni per cui Arlo l'aveva spesso definita viziata.
«Due anni» esclamò a voce alta, mentre sterzava per non finire in un fosso. Lei e Arlo Benedict erano stati compagni durante la specializzazione e per ragioni pratiche avevano condiviso un appartamento. Per Arlo era stata una faccenda di denaro. Suo nonno gli aveva finanziato gli studi, ma solo in parte, perché mantenere la sua clinica gli costava parecchio. E i genitori di Arlo erano semplici dottori nella foresta, con pochi mezzi di sussistenza.
Quando Layla aveva conosciuto Arlo, lui stava lottando, senza lamentarsi, però. Ma la sua vita era dura, e non si poteva concedere molti extra. Per racimolare qualcosa in più, si era cercato un lavoro, sottraendo del tempo allo studio. La sua dedizione era ammirevole. Layla non aveva mai conosciuto nessuno come lui.
Quando gli aveva raccontato di avere una camera da letto da affittare, lui aveva colto la palla al balzo. Layla si era convinta che avere qualcuno con cui condividere le spese fosse una buona idea. Ma sicuramente sotto c'era qualcos'altro, come per esempio il desiderio di lasciarsi affascinare da quel tipo bizzarro. Arlo era intelligente, bellissimo, e le aveva subito chiarito che, una volta finiti gli studi, sarebbe partito. Ma nel frattempo le aveva regalato qualcosa che non aveva affatto previsto, una relazione sentimentale. Layla non avrebbe voluto legarsi proprio all'inizio della sua carriera, ma più stava con lui, più avrebbe voluto starci. No, Arlo non ambiva a una storia duratura e, sì, aveva subito messo in chiaro di non avere intenzione di rimanere. Ma stare insieme a lui l'aveva cambiata, suscitando in lei desideri inaspettati.
Era stata quella, la sfida? Il fascino? Probabilmente sì. Quando i suoi veri sentimenti avevano iniziato a emergere, oramai era tardi. E, comunque, non importava più, perché Arlo l'aveva lasciata. Quello di andarsene era sempre stato il suo progetto, le aveva ricordato. Ma in cuor suo Layla si era augurata di riuscire a fargli cambiare idea.
Sfortunatamente non ce l'aveva fatta. E si erano lasciati male, tra litigate furibonde, pianti e grida. Layla gli aveva sempre imputato tutte le colpe, ma dentro di sé, in un angolino nascosto, era consapevole di non aver mai potuto davvero contare su di lui.
L'iniziale riluttanza di Arlo ad accettare la sua proposta di convivere era stata sedata dalle sue rassicurazioni che sarebbero stati sempre e solo amici. Lei desiderava di più, ovvio. Il che, però, come non aveva tardato a scoprire, valeva anche per Arlo. E una sera, dopo due settimane sotto lo stesso tetto, i due poveri specializzandi stanchi si erano concessi una bottiglia di vino e una ciotola di popcorn sul divano e...
Certo, la mattina dopo si erano affrettati ad assicurare l'uno all'altro che sarebbe rimasta una notte sola e basta. Ma alla fine non era andata affatto così, ed era proseguita per ben due anni. E adesso, a cinque anni di distanza, quando la carriera di Layla era avviata a giungere al suo culmine, Arlo restava ancora il nodo da sciogliere, se lei non voleva passare il resto della sua vita da sola. Perché in fatto di storie era un fallimento su tutta la linea. Bastava chiederlo a Brad, l'unico uomo che aveva avuto dopo Arlo. Ma intanto c'era quella spiacevole faccenda dell'orologio biologico, che continuava a ticchettare inesorabilmente. E come fare un passo di quel genere, senza chiudere i conti con il passato? Anche se aveva saputo fin dall'inizio che un giorno o l'altro Arlo se ne sarebbe andato, le era sembrato tutto facile da accettare, almeno fino a quando non era accaduto.
Layla amava Arlo, allora? Sì, in molti modi diversi. Ma lo amava al punto da ignorare i propri sogni per inseguire il suo? No. Assolutamente no. Né lui era pronto a rinunciare ai propri per lei.
E allora perché era lì? A essere onesta con se stessa, aveva colto l'occasione al volo senza rifletterci molto. E una volta che aveva dato la sua parola, non se la sarebbe rimangiata. Il suo progetto, il suo unico progetto, era di guadagnarsi la promozione. Non sarebbero stati due mesi nella giungla thailandese con il suo ex fidanzato a farla desistere. Quindi eccola lì, in trepida attesa della reazione di Arlo in caso Ollie non fosse ancora riuscito ad avvisarlo, e spaventata a morte alla prospettiva di quello che l'aspettava.
Qualsiasi cosa per salire un gradino più in alto. Il mantra di suo padre. E per quanto Layla non sapesse se quell'incarico glielo avrebbe potuto garantire, di certo le avrebbe permesso di fare esperienza di un tipo di medicina che non conosceva affatto. Il che, se non altro, era un bene, perché l'avrebbe resa un medico migliore. Due mesi per diventare un dottore più esperto che finalmente si era chiuso alle spalle la porta di una vecchia storia. Ottimo. E poi avrebbe dato prova a Ollie di saper lavorare in squadra, cosa che non le riusciva sempre facile, come qualcuno non mancava di farle notare.
Ma cresciuta com'era cresciuta, con un padre fotoreporter che registrava documentari in giro per il mondo e una madre attrice che, come il marito, lavorava sempre all'estero, aveva imparato a essere indipendente fin da ragazzina. Troppo indipendente, a volte, il che non era sempre nel suo interesse. Layla stesso lo riconosceva. E glielo aveva sempre fatto notare anche Arlo.
La maggior parte dei ricordi che Layla aveva dei suoi genitori era dell'uno o dell'altro che partivano, intenti a inseguire le rispettive carriere. Uno stimolo per la sua indipendenza, in fondo. Quando Arlo l'aveva lasciata era stato una conferma di quello che aveva sempre saputo. Non valeva la pena di stare con lei. E per Layla, nascondersi dietro il muro di indipendenza che si era creata intorno, era più facile che rischiare di essere respinta di nuovo. Si era convinta che con il tempo avrebbe imparato a essere felice anche così. Abbastanza felice, almeno. Ma a volte le si riaffacciava nella mente il ricordo di dove l'avevano condotta una bottiglia di vino e una ciotola di popcorn. Un ricordo più persistente di tutti gli altri della sua vita. E per colpa del quale era bloccata nel passato, in un posto dove non voleva più stare e dal quale voleva scappare via a gambe levate il più in fretta possibile.
Quel viaggio in Thailandia per lavorare con Arlo era stato provvidenziale e al tempo stesso necessario. Una possibilità per dimostrare a se stessa che i sentimenti di una volta non avevano più senso.
Ma dove era finita? Di norma le sarebbe bastato dare un'occhiata a Google Maps per saperlo, ma non c'era campo e nemmeno una vera e propria strada da seguire. Doveva improvvisare e sperare di arrivare a destinazione. Una destinazione priva non solo di qualsiasi struttura moderna, ma anche di cose più fondamentali come l'acqua e l'elettricità.
Era da un posto come quello che Arlo le aveva detto di provenire, ed era dove aveva sempre affermato di voler tornare a praticare la medicina. Era cresciuto nella giungla, aveva viaggiato con i suoi genitori, medici entrambi. Ed era lì che lui si sentiva davvero a suo agio. O, almeno, così le aveva raccontato. A Layla non restava che verificarlo di persona.
Guardando davanti a sé, un uomo a cavallo di un elefante attirò la sua attenzione, costringendola a sterzare bruscamente. Un secondo dopo era nel fossato sul ciglio della strada, una gomma a terra.
D'istinto afferrò il cellulare, anche se sapeva che era inutile. Non c'era segnale, neanche una sola, piccola barretta. «Maledizione» sibilò a denti stretti, gettando l'apparecchio sul sedile posteriore.
Dopo aver camminato intorno alla Jeep parecchie volte, cercando di analizzare la situazione, Layla si accasciò a terra, in mezzo alla polvere, nella speranza che arrivasse qualcuno ad aiutarla. Magari qualcuno su un camion con una corda per tirarla, si disse. Arlo? Ma l'unica persona che passò fu un omino anziano, curvo sotto il peso di una carriola carica di frutta e verdura. Le sorrise e iniziò a parlarle in una strana lingua, del tutto incomprensibile. Quando finalmente tacque, alzò leggermente la tesa del cappello di paglia in segno di saluto e, lento com'era arrivato, si allontanò.
«Be', grazie molte» disse Layla. Poi si alzò in piedi e si mise in cammino, nella speranza di incontrare qualcuno che potesse soccorrerla. O, meglio ancora, di arrivare a qualcosa che assomigliasse anche solo remotamente a un villaggio.
Un'ora dopo, senza aver fatto particolari progressi, si fermò per riposarsi. Si sedette su un masso sul ciglio della strada e si mise a osservare delle specie di maialini selvatici che sgranocchiavano i frutti di un albero di papaya. Ecco perché la sua storia con Arlo era stata un fallimento. Negli ultimi mesi insieme ne avevano parlato fino alla nausea. Pur non essendo mai stata nella giungla, i racconti di Arlo gliel'avevano descritta alla perfezione. C'era della brava gente laggiù, con delle vite dure. Stando ad Arlo, i trasporti erano limitati, così come le comunicazioni. Era la sua passione, e lei non lo condannava per questo. Ma non la condivideva. Non era il tipo di persona capace di sopravvivere in quel contesto. Due mesi stavano già iniziando a sembrarle un'eternità.
«Accidenti a te e alla tua passione, Arlo» borbottò, rimettendosi in piedi per proseguire il cammino. Con sua grande sorpresa vide l'omino di poco prima ritornare verso di lei, sempre a passo di lumaca. Stava venendo a salvarla, insolito cavaliere, calvo e con le sopracciglia grigie e cespugliose?
Quando le fu accanto, riprese a biascicare parole incomprensibili. Ma i suoi gesti erano chiari. Doveva salire sulla carriola, ora quasi vuota, e farsi portare.
«Il villaggio accanto al grande albero di fico» gli disse, sapendo che l'uomo non avrebbe inteso la sua libera interpretazione del nome del villaggio. Ma non riusciva a pronunciarlo in thai e ogni tentativo rischiava solo di peggiorare la situazione. Provò a indicargli con l'indice il piccolo fico a lato della strada, facendo poi il gesto di un