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Games cheater
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E-book111 pagine1 ora

Games cheater

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Info su questo ebook

E se si avesse la possibilità di cambiare magicamente la propria vita?
Questo è quello che è successo a Nowell Scott. In un momento di totale insoddisfazione, la sua vita viene sconvolta dal ritrovamento di un libro che gli permette di realizzare qualunque desiderio: soldi, fama, donne. Ma la realtà intorno a lui inizia a cambiare e il mondo comincia ad assomigliare sempre di più ad un videogioco.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9788868273620
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    Anteprima del libro

    Games cheater - Marco Patrignani

    Start

    1.

    Che vita di merda.

    Questa è la frase che prima o poi ogni essere umano dirà nel corso della propria esistenza.

    Quel momento era arrivato già da un po’ per Nowell Scott, un uomo che superava appena i trent’anni, ormai la ripeteva almeno cinque volte al giorno come fosse uno slogan.

    La sua vita non lo soddisfaceva affatto. La sua infanzia e gli anni della gioventù erano stati segnati dalla solitudine e dalla rabbia. I suoi coetanei lo emarginavano senza un motivo, spinti forse da gelosia e invidia non motivate, visto che lui non aveva niente di migliore degli altri. Qualsiasi cosa lui facesse era sempre preso di mira da insulti o critiche che lo spingevano spesso a rifugiarsi nel suo mondo. Se riusciva a farsi dei nuovi amici, passato un po’ di tempo li perdeva a causa delle persone che lo odiavano per quello che era.

    Gli anni dell’adolescenza giunsero alla fine e decise di continuare gli studi. Durante quel periodo incontrò una ragazza di cui si innamorò, passarono del tempo felice insieme poi tutto finì; la ragazza con la quale avrebbe voluto passare il resto della sua vita gli fu portata via. Terminò gli studi e tentò ogni via per intraprendere una carriera nel mondo del lavoro adatta al suo titolo di studio, senza però avere successo. Finì così per lavorare in un’azienda come impiegato addetto alle certificazioni di documenti. La paga era bassa e gli permetteva appena di pagare l’affitto e avere un piatto caldo a pranzo e a cena.

    «Nowell…»

    Nowell tornò alla realtà, il lavoro lo annoiava e spesso si estraniava dall’ambiente che lo circondava. Si voltò verso la ragazza che lo chiamava. «Katy, dimmi pure».

    Katy era la segretaria del capo, una ragazza giovane che pur di fare carriera era disposta ad abbandonare la propria vita privata per lavorare. «Il capo vuole vederti…»

    Nowell si grattò la testa e si alzò in piedi. Non erano mai buone notizie quando il capo convocava qualcuno.

    Proseguì lentamente lungo il corridoio che lo separava dall’ufficio del dirigente, aveva una pessima sensazione. Arrivò davanti alla porta, tentennò un attimo, poi bussò.

    «Avanti».

    Nowell entrò nella stanza.

    Seduto alla scrivania, impegnato davanti allo schermo del computer, c’era il dirigente che lo invitò a sedersi.

    Nowell lo assecondò. Il capo interruppe il suo lavoro e portò le mani in raccolta. «Questo mese ho visto che i documenti certificati sono stati venti mila…» cominciò.

    «Esatto, cinque mila in più del mese scorso» confermò Nowell.

    «Mmm… lei sa bene che più contratti certifichiamo e più le entrate aumentano, vero?»

    «Ma certo, per questo faccio del mio meglio».

    «Certo… e la ringrazio…» Il suo tono, tuttavia, trasmetteva tutt’altro che gratitudine. Portò la mano allo schermo del computer e lo girò verso Nowell. Sul monitor erano riportati dei nomi e dei dati seguiti da grafici ben dettagliati che, purtroppo, sapeva interpretare. «Vede questo grafico? Questa linea gialla indica il nostro attuale livello…»

    Nowell annuì con il capo.

    «… ma vede questa linea verde? Questo potrebbe essere il nostro livello…» La linea indicava un aumento spropositato dei guadagni.

    «E in che modo questo è possibile?» domandò Nowell.

    «Beh, è stato realizzato un nuovo programma che realizza il suo stesso operato in tempi molto più rapidi…»

    Nowell stava cominciando a sudare. «Sta dicendo che sono licenziato?» chiese con voce tremante.

    «Esattamente, non è più richiesto in questa azienda…» concluse con tono perentorio il capo.

    «Ma… ma… io…» Nowell era diventato pallido ed agitato. «Senza questo lavoro non potrò pagare l’affitto…»

    Il dirigente si alzò in piedi. «La capisco…» poi gli si avvicinò, lo fece alzare e lo accompagnò alla porta.

    «… ma il tempo e la velocità sono denaro».

    Il responsabile spinse fuori dalla sua stanza Nowell e chiuse la porta. Rimase paralizzato nel corridoio cercando di assimilare la notizia e poi una rabbia improvvisa lo assalì. Iniziò a colpire la porta dell’ufficio del dirigente, rovesciò vasi, mobili e scaraventò in aria fascicoli di documenti. Mentre stava sfogando la sua ira, delle guardie di sicurezza lo raggiunsero e lo bloccarono. Cercò di liberarsi divincolandosi, ma venne preso di peso e, mentre imprecava contro quel posto e quella gente, fu buttato fuori dal palazzo.

    A quel punto si trovava letteralmente in mezzo a una strada. Con gli occhi gonfi, arrossati e pieni di lacrime si diresse verso il suo appartamento, che presto avrebbe dovuto svuotare. Decise di fare una lunga camminata prima di rincasare cercando di trovare una soluzione, la sua vita aveva preso la peggiore delle pieghe.

    Vagò per ore, con la mente confusa, fino ad arrivare nella zona periferica e in quel momento passò un treno, il rumore metallico delle ruote sui binari gli fece venire un’idea. Quell’intreccio di sentimenti e pensieri che aveva in testa fu allontanato da un totale senso di apatia verso la sua situazione. Si diresse verso la stazione presa di mira dai vandali e si fermò sulla banchina guardandosi intorno. Era vuota. Appesa alla parete, un po’ imbrattata di vernice spray, c’era una locandina con tutti gli orari dei treni. Si avvicinò e li lesse attentamente. Il prossimo sarebbe passato dopo un’ora. Così si sedette su una panchina lurida e attese. Rimase lì in silenzio pensandoci e ripensandoci fino a quando l’annuncio elettronico gli ricordò che il treno era in arrivo.

    Si alzò in piedi e percorse la banchina avvicinandosi al bordo. La stazione era rimasta vuota, pochi si azzardavano a prendere il mezzo in quel luogo quasi abbandonato. In lontananza si cominciava a intravedere la sagoma del treno, aveva ancora pochi secondi per decidersi. Il treno era ormai prossimo. La voce elettronica era chiarissima: «Il treno in arrivo non effettua fermata in questa stazione».

    Nowell chiuse gli occhi e impulsivamente si gettò sui binari.

    Il treno era ormai vicinissimo, ma Nowell si era gettato un po’ in anticipo cadendo sulle traversine in legno che con l’impatto del suo corpo si spezzarono e fecero cadere l’uomo in una sorta di bunker sotterraneo. Il treno sfrecciò sopra di lui facendo tremare tutto il terreno. Nowell rimase rannicchiato per tutto il tempo cercando ancora di capire cosa fosse successo. Il treno proseguì la sua corsa e la terra smise di tremare. Quel rifugio gli aveva salvato la vita, come se lui non dovesse morire in quel momento.

    Quello spazio era vuoto e stretto, ma un oggetto spiccava tra la polvere, la terra e la poca vegetazione: un libro con una copertina dorata.

    2.

    Quel colore sembrava quasi farlo splendere di luce propria. Nowell allungò la mano e lo prese. Uscì da quel piccolo rifugio con qualche difficoltà, lo stress e la vita sedentaria lo avevano reso grasso e stava cominciando a perdere i capelli. Si riportò sui binari e risalì la banchina, la stazione era ancora vuota e nessuno si era accorto dell’accaduto. Si diede una pulita, ora il vestito era sporco di terra e un po’ strappato. Aprì il libro e iniziò ad analizzarlo, non c’erano titoli o autori, le prime pagine riportavano solo dei codici informatici che non sapeva decifrare. Le pagine seguenti erano divise in tre parti costituite rispettivamente da fogli bianchi, grigi e neri. Non c’erano scritti racconti o poesie, ma solo quelli che sembravano essere dei comandi. Mentre stava ancora leggendo, il suo cellulare squillò.

    «Ehi, dove ti sei cacciato? Ti stiamo aspettando…» Era suo fratello, si era dimenticato che quella sera era stato invitato a cena da lui.

    «Oh Curt… sì, ecco… ho avuto un piccolo imprevisto… dammi

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