La scuola nel bosco di Gelsi
Di Pietro Ratto
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Info su questo ebook
La scuola come non l'avete mai vista, in un testo ironico e tenero, sarcastico e sagace, umoristico e deliziosamente pungente.
Settembre. Un professore di Filosofia si appresta mestamente a fare il suo ingresso nel Liceo in cui lavora da anni, al termine delle vacanze.
Lo spettacolo che gli si presenta è irreale. Migliaia di alunni in attesa in cortile, davanti a una scuola chiusa e deserta!
Il professore, scoperto il motivo del disguido, decide allora di approfittarne e tentare un'impresa impossibile: inventarsi una scuola diversa e libera, priva di burocrazia e svincolata dal condizionamento dei finanziamenti privati e delle logiche politiche e di potere.
Un libro che fornisce un quadro allarmante della Scuola di oggi e di quello che i nostri figli (non) apprendono sui banchi, ricordandoci di come quell'edificio tanto amato quanto temuto da chi ogni mattina lo frequenta, possa essere considerato ancora luogo dove crescere intellettualmente, moralmente e civilmente.
Pietro Ratto
Pietro Ratto è filosofo, saggista, giornalista e scrittore. Laureato in Filosofia e Informatica, è professore di Filosofia, Storia e Psicologia. Pietro Ratto ha al suo attivo numerosi libri e ha vinto diversi premi letterari di Narrativa e Giornalismo ed ha partecipato a svariati Convegni filosofici. In ambito filosofico ha scritto La Passeggiata al tramonto. Vita e scritti di Immanuel Kant (2014-2019), la raccolta di suoi saggi BoscoCeduo. La Rivoluzione comincia dal Principio (2017) e il saggio Come mi cambiano la vita Socrate, Platone e Aristotele (2020). In ambito storico ha scritto: Cronache di una pandemia. I primi nove mesi di un incubo (2020), L'Industria della vaccinazione- Storia e contro-Storia (2020), Le Pagine strappate (2014-2020), I Rothschild e gli Altri (2015), L'Honda anomala. Il rapimento Moro, una lettera anonima e un ispettore con le mani legate (2017), La Storia dei vincitori e i suoi Miti (2018), Rockefeller - Warburg. I grandi alleati dei Rothschild (2019) e Il gioco dell’Oca. I retroscena segreti del processo al riformatore Jan Hus (2014-2020). Ha pubblicato anche i romanzi La Scuola nel Bosco di Gelsi (2017), Senet (2018), Il Treno (2019) e Il Testimone (2020), oltre alla raccolta di saggi polemici sulla degenerazione della scuola pubblica e le lobbies che la gestiscono, intitolata Programma dIstruzione (2020). Gestisce i siti BoscoCeduo.it e IN-CONTRO/STORIA, oltre a un affollatissimo canale YouTube e a una vivace pagina Facebook, chiamati entrambi BoscoCeduo. Dal 2019 amministra una piattaforma di contenuti di aggiornamento e approfondimento delle tematiche affrontate nei suoi libri, BoscoCeduoPro.
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Anteprima del libro
La scuola nel bosco di Gelsi - Pietro Ratto
Pietro Ratto
La scuola nel bosco di Gelsi
Romanzo
© Bibliotheka Edizioni
Via Val d’Aosta 18, 00141 Roma
tel: +39 06.86390279
www.bibliotheka.it
I edizione, Settembre 2017
Isbn 9788869342899
È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale, del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta dell’editore e con citazione esplicita della fonte.
Tutti i diritti sono riservati.
Disegno di copertina:Eureka3 S.r.l.
www.eureka3.it
Pietro Ratto
Pietro Ratto è saggista, giornalista e scrittore.
Laureato in Filosofia e Informatica, è professore di Filosofia, Storia e Psicologia. Ha vinto diversi premi letterari di Narrativa e Giornalismo.
Oltre a questo libro, ha pubblicato La Passeggiata al tramonto. Vita e scritti di Immanuel Kant (2014), Le pagine strappate (2014), I Rothschild e gli Altri (2015), Il Gioco dell’Oca (2015) e BoscoCeduo (2017).
Con Bibliotheka ha pubblicato anche L’Honda anomala (2017).
Da parecchi anni amministra il sito BoscoCeduo.it (www.boscoceduo.it) - che raccoglie molte delle sue riflessioni filosofiche - nonché l’Archivio di ricerca contro-storica IN-CONTRO/STORIA (www.incontrostoria.it).
Ai miei tre tesori, nel Bosco
Il primo giorno
Istintivamente, sollevò un lembo della tendina ricamata. Così: quasi a cercare il conforto di quella luce timida e frizzantina che, fino a quel momento, aveva giocato a intrufolarsi tra le traversine della persiana color ocra, ancora chiusa. E che adesso, invece, danzava leggera sui vetri della piccola finestra del bagno e sulle imposte, ormai spalancate a quel timido sole mattutino e stancamente appoggiate al vecchio muro rosa antico. Un po’ di nebbia saliva silenziosa tra gli alberi.
La nebbia all’inizio di settembre?, si chiese sorpreso il professor Gelsi… Niente da fare. Anche quella luce era irrimediabilmente malinconica. Triste e malinconica, sì, come il suo stesso spirito. Niente da fare. Oggi si ricomincia.
Eppure a metà giugno se n’era davvero convinto: le vacanze non sarebbero finite più, questa volta. Quando erano iniziate non riusciva quasi a crederci. Le vacanze estive! Quanto le aveva aspettate, il professor Gelsi. Aveva tirato dritto per mesi, dribblando i quintali di ipocrisie che ormai, quotidianamente, la scuola riservava a docenti e alunni.
Il falso buonismo dei colleghi, per esempio, molto più interessati a evitare i ricorsi dei bocciati che mossi sinceramente a compassione dalle loro difficoltà
. Molto più orientati ad assecondare le manie di grandezza del preside (ormai pomposamente definito Dirigente Scolastico), nella speranza di ricavarne qualche aumento di stipendio, che assorbiti da una qualsiasi timida forma di intento educativo nei confronti dei loro ragazzi. Molto più in grado di compilare moduli o proiettar documentari, che di tenere una lezione anche solo minimamente coinvolgente.
Quel quindici di giugno, al suono scintillante e vivace dell’ultima campanella, Gelsi era saltato sulla sedia, esultando come un bambino. Anzi: proprio come i suoi stessi ragazzi.
Evviva! La scuola è finita!
Pochi secondi per riempire alla rinfusa la sua vecchia borsa blu, cacciandoci dentro libri, penne, occhiali e diosolosà cos’altro, poi Gelsi si era precipitato giù dalle scale, rischiando perfino di rompersi l’osso del collo. A ben pensarci, l’osso del collo è niente. Un professore che cade dalle scale davanti a tutti i suoi ragazzi mette in gioco molto più che la sua salute: rischia di perdere, per sempre, la sua credibilità.
Chi abbiamo quest’anno di Filo? Gelsi? E chi è? Ah, sì. Quello che l’ultimo giorno di scuola è caduto dalle scale!
Milioni di appassionanti ore di lezione letteralmente disintegrate da un solo piede messo male su uno stupido gradino di marmo… Ma Gelsi no, Gelsi non era caduto. Gelsi era un vero docente. Non si sarebbe mai perdonato un errore in grado di compromettere la sua rispettabilità di fronte agli alunni. Semplicemente, si era buttato giù dalle scale, ecco tutto. Ma senza cadere, per carità… No: un professore non cade mai.
Quanto meno, davanti ai suoi alunni.
Facciamo qualcosa!
Ed eccolo lì, il mio professor Gelsi, tutto trafelato mentre si lancia in mezzo al traffico, per raggiungere una scuola che non ama. Non sa mica cosa lo aspetti. E, a dirla tutta, se è per questo, non sa nemmeno di essere una mia invenzione. Lui si danna, bloccato in un’interminabile coda. Si corica sul clacson, impreca, immagina già con orrore il tono risentito e sarcastico del Dirigente Scolastico. Diamo il benvenuto anche al professor Gelsi, che è riuscito ad arrivare in ritardo il primo giorno dell’anno.
Suda freddo, il professore, perché ne fa una questione di principio, dopotutto. Lui, in ritardo non ci vorrebbe mai arrivare. Con che faccia, con quale coerenza, altrimenti, si troverebbe poi a rimproverare quegli studenti che, durante l’anno, si presentassero in aula dopo il suono dell’ultima campanella? Gelsi, adesso, è proprio agitato, davvero preoccupato. Le dita tamburellano nervosamente sul volante. Non gli piacerebbe certo sapere, in questo momento, che me lo sono inventato io tutto questo suo disagio. Questo suo precipitarsi il più in fretta possibile in un posto che odia… Non sarebbe mica contento di apprendere che la sua vecchia utilitaria verde spinacio, le sue scarpe un po’ malconce e usurate, la sua capigliatura arruffata e discontinua… tutto di lui, insomma, me lo sono figurato proprio solo l’altra notte, durante una di quelle ore in cui il sonno sembra definitivamente averti abbandonato e ti trovi a chiederti se ti capiterà ancora nella tua vita, prima o poi, di addormentarti normalmente.
Lui non sa nulla, puoi starne certo. Così, eccolo trepidare davanti a un semaforo rosso che sembra che ce l’abbiano dipinto. Un diavolo di semaforo che di cambiar colore non vuol saperne proprio. Davanti agli occhi, gli sguardi di tutti i colleghi. Quelli che lo hanno sempre considerato una specie di articolo da museo. Un docente vecchio stampo, di quelli che continuano a creder che l’insegnamento sia una sorta di missione, una vocazione da seguire con dedizione quasi sacra. Come se il futuro del Paese dipendesse da gente come lui… Già se li immagina, quegli sguardi beffardi. Gelsi è arrivato, finalmente… Ed è in ritardo! Gli piaceva starsene in vacanza, eh? Eh sì. Gli piaceva sì! Non sarebbe certo di nuovo qui, in mezzo a molti di voi, se dipendesse da lui, cari colleghi!
Gentucola. Gente finta, opportunista… Quando qualcosa non va, eccoli che vengono a chiederti di fare qualcosa. Gelsi: fa’ qualcosa! Solo perché sanno che sei l’unico che ha il coraggio di dire ciò che pensa, di andar dal preside a manifestargli tutto il tuo dissenso. Anzi, meglio: Gelsi, facciamo
qualcosa!, ti dicono. Sì, ecco: il plurale. Loro usano il plurale. Dicono: facciamo qualcosa; poi però tocca a te andar di là a litigare col Dirigente. E quando alla fine si tratta di contarsi, di capire se ci sono i numeri per opporsi a qualche angheria dirigenziale, ecco che ci sei sempre e solo tu. Gli altri? Spariti. Tutti improvvisamente svaniti nel nulla!
Ecco perché, quel quindici di giugno, lui non ne poteva proprio più. Parola d’ordine: andarsene a casa, punto e basta! Non ascoltare più niente e nessuno. Gelsi? Sì? La sai l’ultima? Ci sono novità eclatanti! Il Parlamento potrebbe decidere… No, basta! Basta con tutte quelle idiozie dei politici, con le loro riforme da quattro soldi. Basta con le novità, che son sempre e solo piccoli passi in avanti verso il baratro della scuola pubblica. No, no. Gelsi, quel quindici di giugno, non ne voleva proprio più saper nulla. Tanto meno dei politici e delle loro… novità.
Gelsi, ma dove corri? Non vuoi sentirla la novità?
La novità era che Gelsi si era buttato giù dalle scale della scuola facendole a quattro a quattro e che, nonostante ciò, era rimasto miracolosamente in piedi. La novità era che le lezioni erano finite. Che quella campanella si portava via in un soffio tutte le loro facce, i banchi pieni di frasi oscene, le sedie arrugginite, le lavagne sbreccate, i laboratori scassati, gli scrutini-farsa, i discorsi inutili, i sorrisi vuoti… Via. Via tutto, finalmente!
Un gigantesco vortice di pattume che, in un solo istante, si smaterializzava alle sue spalle, in cima a quelle maledette scale.
Sì, grazie Ravazzi. La novità me la racconti a settembre, okay?
Facciamo qualcosa?
Sì, Ravazzi… Te lo raccomando, quello! Italiano e Storia sul linguistico. Piccolino, voce in falsetto, apertura mentale di un caprone di montagna. Com’è che continuiamo a consentire a quell’alunna di girare per i corridoi col velo in testa? Claudio Ravazzi, uno di quelli che: facciamo qualcosa? e poi spariscono. Quelli che la rivoluzione la vedono di buon occhio solo se la fanno gli