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Dovere Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #6 (un Action Thriller)
Dovere Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #6 (un Action Thriller)
Dovere Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #6 (un Action Thriller)
E-book364 pagine4 ore

Dovere Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #6 (un Action Thriller)

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Info su questo ebook

"Uno dei migliori thriller che ho letto quest'anno".
--Books and Movie Reviews (Su A Ogni Costo)

Nel libro DOVERE PRIMARIO (Le Origini di Luke Stone—Libro #6), un rivoluzionario thriller d'azione dell'autore bestseller numero uno Jack Mars, un giudice della Corte Suprema viene preso in ostaggio da un'organizzazione terroristica. Ne consegue un'importante decisione da prendersi davanti al tribunale, in quanto la morte di un certo tipo di giustizia potrebbe cambiare il panorama politico per decenni.

Liberare il giudice, in cambio di una meraviglia dell'ingegneria, potrebbe sembrare una missione impossibile: una missione che solo il veterano d'élite della Delta Force Luke Stone, 29 anni, e il team speciale dell'FBI, potrebbero essere abbastanza pazzi da affrontare.

In questo thriller a sfondo militare, ricco di azione, pieno di colpi di scena mozzafiato, in cui la posta in gioco è la più alta possibile, Luke e il suo team potrebbero trovarsi ad affrontare la loro missione più impegnativa.

DOVERE PRIMARIO è un thriller irrefrenabile, una corsa d'azione selvaggia che ti costringerà a restare incollato alle sue pagine per tutta la notte. Anticipatrice della serie di Thriller numero 1 dedicati a Luke Stone, questa serie ci riporta all'inizio dell'avventura, in una serie avvincente di bestseller di Jack Mars, considerato "uno dei migliori autori di thriller" oggi in circolazione.

"Un thriller fantastico".
--Midwest Book Review (riferito ad A Ogni Costo)

È disponibile anche la serie di THRILLER DI LUKE STONE di Jack Mars (7 libri), che inizia con A Ogni Costo (Libro 1), download gratuito con oltre 800 recensioni a cinque stelle!
LinguaItaliano
EditoreJack Mars
Data di uscita1 feb 2022
ISBN9781094345802
Dovere Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #6 (un Action Thriller)

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    Anteprima del libro

    Dovere Primario - Jack Mars

    cover.jpg

    D O V E R E   P R I M A R I O

    (LE ORIGINI DI LUKE STONE—LIBRO 6)

    J A C K   M A R S

    EDIZIONE ITALIANA A CURA DI

    ALICE CARDELLA

    REVISIONATO DA

    MARTA LOMBARDO

    Jack Mars

    Jack Mars è l’autore bestseller di USA Today della serie di thriller LUKE STONE, che per ora comprende sette libri. È anche autore della nuova serie prequel LE ORIGINI DI LUKE STONE, e della serie spy thriller AGENTE ZERO.

    Jack è felice di ricevere i vostri commenti, quindi non esitate a visitare www.jackmarsauthor.com, per unirvi alla sua email list, ricevere un libro gratis, premi, connettervi su Facebook e Twitter, e rimanere in contatto!

    Copyright © 2021 di Jack Mars. Tutti i diritti sono riservati. Fatta eccezione per quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti d'America del 1976, nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né potrà essere inserito in un database o in un sistema di recupero dei dati, senza che l'autore abbia prestato preventivamente il consenso. La licenza di questo ebook è concessa soltanto a uso personale. Questa copia del libro non potrà essere rivenduta o trasferita ad altre persone. Se desiderate condividerlo con altri, vi preghiamo di acquistarne una copia per ogni richiedente. Se state leggendo questo libro e non l'avete acquistato, o non è stato acquistato solo a vostro uso personale, restituite la copia a vostre mani e acquistatela. Vi siamo grati per il rispetto che dimostrerete alla fatica di questo autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autore o sono utilizzati per mera finzione. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, è frutto di una pura coincidenza. Immagine di copertina Copyright Getmilitaryphotos, usata con la licenza di Shutterstock.com.

    I LIBRI DI JACK MARS

    SERIE THRILLER DI LUKE STONE

    A OGNI COSTO (Libro 1)

    IL GIURAMENTO (Libro 2)

    SALA OPERATIVA (Libro 3)

    CONTRO OGNI NEMICO (Libro 4)

    OPERAZIONE PRESIDENTE (Libro 5)

    IL NOSTRO SACRO ONORE (Libro 6)

    REGNO DIVISO (Libro 7)

    SERIE PREQUEL CREAZIONE DI LUKE STONE

    OBIETTIVO PRIMARIO (Libro 1)

    COMANDO PRIMARIO (Libro 2)

    MINACCIA PRIMARIA (Libro 3)

    GLORIA PRIMARIA (Libro 4)

    VALORE PRIMARIO (Libro 5)

    DOVERE PRIMARIO (Libro 6)

    SERIE DI SPIONAGGIO DI AGENTE ZERO

    AGENTE ZERO (Libro 1)

    OBIETTIVO ZERO (Libro 2)

    LA CACCIA DI ZERO (Libro 3)

    UNA TRAPPOLA PER ZERO (Libro 4)

    DOSSIER ZERO (Libro 5)

    IL RITORNO DI ZERO (Libro 6)

    ASSASSINO ZERO (Libro 7)

    UN'ESCA PER ZERO (Libro 8)

    INSEGUIRE ZERO (Libro 9)

    LA VENDETTA DI ZERO (Libro 10)

    ZERO ZERO (Libro 11)

    ZERO ASSOLUTO (Libro 12)

    UN RACCONTO DELLA SERIE AGENTE ZERO

    INDICE

    CAPITOLO UNO

    CAPITOLO DUE

    CAPITOLO TRE

    CAPITOLO QUATTRO

    CAPITOLO CINQUE

    CAPITOLO SEI

    CAPITOLO SETTE

    CAPITOLO OTTO

    CAPITOLO NOVE

    CAPITOLO DIECI

    CAPITOLO UNDICI

    CAPITOLO DODICI

    CAPITOLO TREDICI

    CAPITOLO QUATTORDICI

    CAPITOLO QUINDICI

    CAPITOLO SEDICI

    CAPITOLO DICIASSETTE

    CAPITOLO DICIOTTO

    CAPITOLO DICIANNOVE

    CAPITOLO VENTI

    CAPITOLO VENTUNO

    CAPITOLO VENTIDUE

    CAPITOLO VENTITRE

    CAPITOLO VENTIQUATTRO

    CAPITOLO VENTICINQUE

    CAPITOLO VENTISEI

    CAPITOLO VENTISETTE

    CAPITOLO VENTOTTO

    CAPITOLO VENTINOVE

    CAPITOLO TRENTA

    CAPITOLO TRENTUNO

    CAPITOLO TRENTADUE

    CAPITOLO TRENTATRE

    CAPITOLO TRENTAQUATTRO

    CAPITOLO TRENTACINQUE

    CAPITOLO TRENTASEI

    CAPITOLO TRENTASETTE

    CAPITOLO TRENTOTTO

    CAPITOLO UNO

    21 settembre 2006

    8:15 CEST (2:15 ET)

    Cañada Real

    Coslada, Madrid

    Spagna

        Dov’è ora? chiese Jaafar Idrissi.

        I due uomini si fecero strada lungo i cupi sentieri, tra le case di legno rovinato e cemento della più grande baraccopoli d’Europa. Era una mattinata fredda e nuvolosa e Jafaar aveva i brividi alla schiena, malgrado la giacca a vento e la felpa che aveva sotto.

        La notte precedente aveva piovuto e le buche del sentiero si erano riempite di acqua fetida di colore marrone. Quella gente non aveva né elettricità né acqua corrente in casa. I due uomini camminavano per le strade di quel quartiere infernale non perché vivessero lì, ma perché era un buon posto in cui parlare, lontano da occhi indiscreti. I residenti erano troppo disperati per ascoltare i problemi di qualcun altro. Inoltre, era raro che la polizia si prendesse la briga di recarsi in quel dedalo di disperazione.

        Davanti a loro, un gruppo di bambini stava giocando su tre scivoli improvvisati. Erano fatti di quelle che sembravano essere delle tubature in PVC tagliate a metà nel verso della lunghezza, poggiate su un ammasso di spazzatura e cianfrusaglie. In cima si trovavano una serie di auto abbandonate e gomme di furgoni, su cui i bambini si arrampicavano per entrare dentro questi tubi. In basso, invece, c’era un ammasso di sabbia, scaricata lì da qualche camion e proveniente chissà da dove, che con la pioggia era diventata una fanghiglia gialla e spessa.

        Era un parco giochi vergognoso. Cose del genere, a soli venti chilometri dal centro di Madrid, la città più ricca del paese, l’hub globale dei media, della moda, dell’istruzione, dell’intrattenimento, dello sport e del governo, facevano crescere la rabbia dentro Jafaar.

        Era così difficile? Sarebbe stato così complicato dare ai bambini più poveri qualcosa che li aiutasse? Quella baraccopoli, quel cosiddetto accampamento illegale, era la casa di migliaia di zingari e immigrati marocchini: i miserabili della Spagna. E si vedeva.

        È a Barcellona, disse il ragazzo che camminava con Jafaar. Alloggia all’Hotel Arts.

        Jafaar fece spallucce. E a me cosa importa?

        Jafaar aveva 41 anni. Tre anni prima, era stato lui a creare nonché il primo ad attuare un progetto talmente ignobile che nemmeno lui ci aveva creduto inizialmente. La sua idea era quella di impiantare degli zaini bomba in un treno a corto raggio diretto alla stazione di Atocha, la stazione centrale di Madrid. Era stato un successo che aveva superato tutte le aspettative. L’attacco, a marzo 2004, aveva ucciso 194 persone e ne aveva ferite più di 2.000. Aveva diffuso terrore in tutta la nazione, persino in tutta l’Europa.

        Quattro dei responsabili dell’attacco si erano uccisi, poiché la polizia li aveva circondati. Due di loro erano gli unici uomini che sapevano del coinvolgimento di Jafaar. Altri ventuno uomini erano finiti in prigione, probabilmente per il resto della loro vita.

        Jafaar aveva sognato quell’evento. Lo aveva pianificato lui. E quando era arrivato il momento di subire le conseguenze delle sue azioni, Allah in persona era intervenuto per salvarlo…

        E lo lasciò andare, per farlo ancora.

        Jafaar scosse la testa, quasi incredulo. Era tra i Benedetti, ciò nonostante rimaneva nascosto dagli occhi del nemico. Sembrava un ex detenuto di mezza età, un uomo che aveva passato tredici anni nelle folli prigioni spagnole per aver trafficato hashish dal Marocco.

        Sembrava un emarginato, un uomo che viveva in un appartamento con due camere da letto al diciottesimo piano di uno dei tanti palazzi tutti uguali. A quando pare, condivideva quel piccolo appartamento con sua madre, la sua giovane moglie, il loro figlio neonato e sua nipote di nove anni, figlia di quella prostituita tossicodipendente di sua sorella.

        Di fatto, era tutto vero. La sua esistenza sembrava essere anonima, senza senso: l’ennesimo povero immigrato che aveva scontato la sua pena in galera, da cui era uscito più vecchio, ma non più saggio. L’energia della giovinezza era svanita e le prospettive per il suo futuro erano sempre più deprimenti.

        Questo era lui, ma al contempo non era lui. Aveva pianificato il più importante attacco terroristico in Europa degli ultimi decenni e non era stato scoperto, né sospettato. Non lo avevano neanche interrogato. Centinaia di uomini erano stato sottoposti a interrogatorio. Ma non Jaafar. Era troppo vecchio. La prigione lo aveva distrutto. Non sarebbe mai potuto essere coinvolto.

        Era avvenuto un miracolo. Allah gli aveva mandato un messaggio e lui lo aveva ricevuto. Sei stato scelto.

        Smise di camminare per un momento e rivolse lo sguardo al ragazzo. In un certo senso, anche lui era un messaggero. Portava con sé un messaggio diverso, ma anche questo poteva venire da Allah. Jaafar credeva molto a quella possibilità.

        Gli hotel, le pensioni e i ristoranti erano pieni di marocchini, in tutto il Paese. Erano i suoi occhi e le sue orecchie. Vedevano delle cose, ne sentivano altre e alcune trovavano il modo di arrivare a Jaafar Idrissi.

        L’uomo vuole salire sulle montagne, nella Val d’Aran. Lì c’è un piccolo villaggio, il luogo di nascita dei suoi nonni.

         L’uomo in questione era Richard Sebastian-Vilar, un giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti. Aveva viaggiato fino in Francia e da lì era arrivato in Spagna. Il suo passaggio formale dal servizio di sicurezza francese a quello spagnolo era persino finito nei telegiornali nazionali.

        In quel momento, Vilar alloggiava nel famoso hotel Ritz-Carlton a Barcellona, l’Hotel Arts. Alcuni credenti lavoravano in quell’hotel e, dunque, avevano accesso alle camere. Era facile impiantare una cimice: le uniche camere fuori dalla loro portata erano riservate ai principi arabi, CEO miliardari di multinazionali e capi di stato.

        Ma un giudice? Non c’era nessuna suite per un giudice.

        Sì, disse Jafaar. Molto commovente. I Pirenei sono bellissimi in questo momento dell’anno. Così mi hanno detto.

        Jafaar non era mai stato sui Pirenei. Aveva passato tutta la sua vita in contesti estremamente poveri. Quando era giovane, pensava che le sue condizioni di vita fossero una punizione. Ma non aveva ancora capito quali fossero i piani di Allah per lui. I giovani sono ciechi e lui non aveva fatto eccezione.

        Vuole andare da solo. Non vuole che le sue guardie del corpo infastidiscano gli abitanti del villaggio o che intacchino il suo ritorno a casa dai suoi antenati.

        Jafaar annuì. Ah.

        Sì.

        Quanti uomini sono disponibili? chiese Jafaar.

        Almeno dieci, rispose il ragazzo. Forse quindici.

        Quindici martiri disposti a sacrificare la propria vita?

        Se necessario. Alcuni di loro sono tra i migliori che abbiamo.

        Jafaar ci pensò per un momento. I migliori che abbiamo.

    Chi siamo noi? I gruppi di credenti in Europa facevano fatica a sopravvivere ed erano perseguitati dai governi e dalla polizia internazionale, eppure riuscivano ancora a portare a termine con successo le loro operazioni. Dopodiché, i loro leader da molto lontano rivendicavano quelle attività.

        E l’obiettivo rimarrà in hotel?

        Era un leggero cambio di terminologia. Per Jafaar, quel Vilar era passato dall’essere un uomo qualsiasi a un obiettivo.

        Sì. Partirà per i Pirenei domani pomeriggio. Il suo itinerario prevede un soggiorno di due giorni lì, poi una notte a Barcellona prima di volare a Madrid. Due giorni a Madrid e poi tornerà negli Stati Uniti.

        Farà una visita molto veloce, disse Jafaar. Ci sono tantissime cose da vedere in Spagna. Perché questa fretta?

        Deve tornare in tempo per votare, è molto importate, disse il ragazzo.

        Jafaar annuì. Naturalmente.

        Il villaggio è isolato, proseguì il ragazzo. Sarà il momento di massima vulnerabilità per lui. Si trova vicino al confine con la Francia e le montagne sul confine sono molto porose. I tunnel antichi esistono ancora, ma sono nascosti. Noi ne conosciamo molti, perché abbiamo fatto passare diversi uomini da lì in passato. L’obiettivo alloggerà in una piccola pensione, con un numero limitato di addetti alla sicurezza. È la migliore opportunità che abbiamo per eliminarlo.

        Jafaar alzò un dito. Preparatevi come se accadrà davvero. Se dovesse andare sulle montagne con molti uomini, annullate l’operazione. Non possiamo permetterci una sparatoria pubblica con le forze dell’ordine. Non ora soprattutto, non con quello che sta per accadere. Se andrà con un piccolo gruppo o da solo…

        Il ragazzo fissò Jafaar. Dietro di lui, apparve una donna anziana con indosso un hijab marrone.  Uscì da un muro di mattoni e fece cadere una pentola con dell’acqua sul terreno fangoso.

        Prendetelo.

    CAPITOLO DUE

    11:20 CEST (5:20 ET)

    Alpi di Berchtesgaden

    A 40 km da Salisburgo

    Austria

        Quanti secondi? chiese Ed Newsam.

        Luke Stone lo guardò. Il grande Ed indossava grandi occhiali da sole, una maglietta nera con lettere bianche che sembravano essere state dipinte sul suo petto imponente, pantaloncini cargo e

    scarpe da trekking chiare. La scritta sulla maglia diceva Black&Proud. Come sempre, i suoi cappelli e la sua barba erano molto corti e perfettamente ordinati. Persino mentre attraversava le montagne, sembrava che la sua sopravvivenza dipendesse da suo aspetto sistemato.

        Erano seduti sul bordo di una scogliera e si godevano la pausa dopo una lunga camminata. Ed aveva appena mangiato una banana sopra spalmato un po’ di burro d’arachidi spalmato sopra. Luke stava bevendo del caffè freddo da un piccolo thermos che aveva portato con sé. Tra un sorso e l’altro, dava un morso ad una barretta energetica.

        Stava bene, era rilassato, in pace, come non succedeva da tempo. Era bello staccare dal lavoro per un po’, non avere nulla a cui pensare.

        Era una giornata luminosa, il cielo era blu. Avevano lasciato gli zaini a terra appena dietro di loro. Alla loro sinistra, più in alto, tonneggiava un’enorme vetta innevata. Sotto i loro piedi, ma molto più in basso, c’era un piccolo villaggio con un campanile bianco, al centro di una vallata, circondato da una fitta vegetazione di alberi.

        Avevano lasciato l’albergo a Salisburgo quella mattina, poco dopo le sei. C’era voluta circa un’ora per arrivare al villaggio, dove avevano parcheggiato l’auto noleggiata. Dopodiché, avevano camminato per circa quattro ore per arrivare fin lì. Erano passati accanto a degli incantevoli terreni alpini adibiti al pascolo di bovini, intenti a brucare, e prati ricoperti di fiori gialli. Avevano camminato su e giù lungo una serie di ripidi tornanti, salendo sempre più in alto. Per tutto il tragitto, il vertice ghiacciato della montagna aveva dominato il panorama.

        Era bellissimo. Da mozzare il fiato.

        Vuoi la mia opinione? disse Luke.

        Ed fece spallucce. Sì, ma fa che sia buona.

        Mh, secondo la mia poco scientifica stima dovresti aprirlo dopo due o tre secondi, non appena sei sicuro di avere via libera.

        Ed annuì. Prese un sorso d’acqua dalla borraccia. Era quello che stavo pensando anche io.

        Non appena superi il bordo, continuò Luke. Meglio farlo un po’ prima che un po’ dopo. Ci pensò un attimo. In effetti, se non lo superi, immagino che non abbia importanza cosa fai dopo.

        Ed scoppiò a ridere. Concordo.

        Rimasero seduti per un altro lungo minuto, a godersi lo spettacolo di fronte a loro: verdi vallate e colline, ripide scogliere in pietra e la vetta innevata.

        Luke lanciò un’occhiata all’orologio. Quindi, che ne pensi? Vuoi scendere? Abbiamo detto alle ragazze che saremmo arrivati per pranzo. Se partiamo ora, possiamo farcela.

        La moglie di Luke, Becca, e la moglie di Ed, Cassandra, erano rimaste a Salisburgo con i bambini. Gunner aveva quasi diciotto mesi ormai e cresceva ogni giorno di più. Le dimensioni della sua testa, in particolare. A volte Luke si chiedeva come riuscisse a tenerla su. La figlia di Ed, Jade, aveva poco più di cinque mesi, ma si capiva già che sarebbe diventata uno schianto come sua madre.

        Quella gita era stata un’idea di Don Morris. I governi degli Stati Uniti e dell’Austria stavano cooperando per un addestramento dei servizi segreti, finanziati dai cittadini di entrambi gli Stati. Alcuni austriaci erano andati in America e avevano visitato i centri dell’intelligence e i distretti di polizia. Alcuni americani erano andati lì e avevano fatto lo stesso. Non era stato particolarmente impegnativo. Molte strette di mano e sorrisi, poi dei cenni molto più seriosi, in attesa che gli interpreti finissero di tradurre ciò che era appena stato detto.

        Luke ed Ed erano gli ambasciatori dello Special Response Team dell’FBI al BVT austriaco. Luke non aveva neanche provato a pronunciare le parole tedesche dietro le lettere BVT. Ed ci aveva provato ma poi aveva rinunciato. Cassandra, che aveva passato parte della sua infanzia in Germania dato che suo padre a quei tempi lavorava lì per il Corpo dei Marine, era riuscita a pronunciarle con facilità e sembrava che non capisse perché per gli altri fosse così difficile.

        Ad ogni modo, essere lì era la loro ricompensa per essere stati molto bravi. Dava loro l’opportunità di portare mogli e figli in vacanza. Sarebbero rimasti a Salisburgo per un altro paio di giorni e poi si sarebbero spostati a Vienna.

        Luke si mise in piedi. Ripose il thermos in una tasca laterale dello zaino. Infilò la carta della barretta energetica in una tasca dei suoi pantaloncini cargo e controllò lo zaino per l’ultima volta. Poi se lo mise in spalla.

        Ed stava facendo lo stesso.

        Luke rivolse lo sguardo a quell’ampio spazio vuoto davanti a lui. Lo indicò e annuì.

        Che ne pensi?

        Ed fece spallucce. Sono un padre ora, sarebbe stupido e irresponsabile farmi ammazzare per una veloce scarica di adrenalina. Capisci cosa intendo?

        Luke annuì. Sì.

        Fece un respiro profondo. Era quasi pronto per partire. Non aveva senso continuare a pensarci. C’erano solo due cose da fare.

    Saltare il più lontano possibile.

    Aprire il paracadute.

    E il gioco era fatto. Concentrarsi su entrambe le cose, ma una alla volta.

        Lui ed Ed erano in piedi, uno di fronte all’altro, a centinaia di chilometri da terra. Dietro Ed, Luke vide una ripida montagna sporgente. Una leggera brezza fredda soffiò dal vertice della montagna.

        Ci vediamo a terra.

        Ed sorrise. Sarò dietro di te. Non morirmi di sopra, babbeo.

        Luke ricambiò il sorriso. Tu sei un babbeo.

        Si trovava a circa cinque metri dal bordo. Cominciò a correre, dritto verso il vuoto, come un ragazzino che corre sullo scivolo prima di saltare in acqua. Raggiunse il bordo e col piede destro si diede la spinta per saltare più lontano che poteva.

        Era arrivato molto lontano e, improvvisamente, cominciò a cadere.

        Non c’era più la montagna e il suolo si avvicinava sempre di più e sempre più velocemente. La velocità gli faceva girare la testa e aumentava ad ogni secondo. Tra i suoi piedi non c’era nulla se non il vuoto. Sembrava che stesse girando su se stesso.

        Stava cadendo ad una velocità notevole. I riflessi stavano rallentando. Il vento soffiava nelle sue orecchie. Con la mano trovò la corda e la tirò.

        Passò un secondo, poi un altro. Sentì, più che vide, il paracadute volare sopra e dietro di lui. Poi si aprì, tirando indietro la parte superiore del corpo di Luke, e portandogli le gambe in avanti. Stava volando. Girò verso il verde spazio aperto al confine del villaggio, ormai poco distante sotto di lui.

        Alla sua destra e alla sua sinistra, c’erano i campi da pascolo alpini. C’era anche il campanile bianco e le ordinate casette della gente che viveva ancora nelle piccole comunità sulle montagne. Gli balenò in mente l’immagine del film Tutti insieme appassionatamente.

        Alcuni cittadini stavano seduti vicino ad un recinto bianco a chiacchierare. Si voltarono per guardarlo arrivare. Toccò terra con delicatezza, un impatto dolce, ottimo atterraggio, e poi cominciò a correre sul prato, col paracadute che lo seguiva.

        Si fermò e lo guardò strisciare a terra, nei suoi colori rosso, bianco e blu.

       Oh, wow, disse. Sentiva il suo cuore battere più velocemente del solito.

        Guardò in alto verso le montagne, per vedere come stava andando Ed e se lo avesse seguito. Certo che lo aveva fatto. Il suo paracadute era rosso, nero e verde. Una bellissima immagine della bandiera panafricana che volava contro il cielo azzurro e la montagna innevata. Cominciò la discesa, seguendo quasi perfettamente la traiettoria che aveva preso Luke pochi secondi prima.

        Un secondo dopo, Ed era a terra, dopo essere atterrato con la grazia di una ballerina malgrado la sua stazza. Fece un paio di passi in corsa e poi si fermò. Alzò le braccia in segno di vittoria, con un sorriso stampato in faccia. Il suo paracadute toccò terra dietro di lui.

        Bestie! disse

        Luke scosse la testa e scoppiò a ridere. Hai fame, amico?

        Sto morendo dalla fame.

        Avevano cominciato a camminare più di quattro ore prima. Erano scesi in meno di due minuti. Era un modo meraviglioso per cominciare la giornata.

        Andiamo dalle ragazze, disse Luke.

    CAPITOLO TRE

    6:45 EST

    Aeroporto Internazionale di Atlanta-Hartsfield-Jackson

    Contee di Clayton e Fulton, Georgia

        Mohamed, stai bene?

        L’uomo che parlava era alla destra di Mohamed, subito dietro di lui. Era un ragazzone forte, un volontario come tutti loro. Mohamed sentì la sua presenza che incombeva su di lui. Non riusciva a ricordarsi il suo nome, sapeva solo che era un pompiere di New York.

        Mohamed era circondato da uomini come lui. Le ampie spalle dei due tipi di fronte a lui gli fornirono tutte le informazioni di cui aveva bisogno. C’era una troupe composta da tre uomini di un qualche canale televisivo di New York da qualche parte davanti a loro.

        Stavano salendo, in gruppo, sulla rampa mobile dell’aereo. Avevano appena lasciato un volo della Delta Airlines all’aeroporto di LaGuardia. La compagnia aerea era stata molto chiara sul fatto di non volere agenti di polizia della Georgia sulla rampa, poteva essere pericoloso per i passeggeri che stavano scendendo dall’aereo. Probabilmente i poliziotti stavano aspettando alle partenze. Tutto ciò sarebbe diventato più chiaro in pochi minuti.

        Mohamed annuì. Sì, sto bene.

        Stava tutt’altro che bene. Sentiva che stava per svenire. Mentre salivano sulla rampa, stava rimanendo senza fiato. Questa faccenda non faceva per lui. Sua madre gli aveva detto che era pazzo e si era messa le mani sui capelli per la disperazione. Aveva lasciato sua moglie in lacrime prima di partire. Aveva trentadue anni e un figlio che ne aveva solo due.

        Suo padre se l’era preso in disparte all’ingresso dell’appartamento dei suoi genitori, a Jackson Heights. Tu non devi niente a nessuno. Non è per questo che siamo venuti qui, Siamo venuti in questo Paese per essere lasciati in pace.

        Guardando suo padre, Mohamed capì l’uomo che sarebbe diventato un giorno. Suo padre era piccolo e magro e con un principio di gobba. I pochi capelli che gli erano rimasti sopra le orecchie sui lati della testa erano bianchi. Portava degli occhiali spessi, con una linea bifocale al centro di ogni lente. Aveva la carnagione scura e il viso pieno di rughe.

        Pensavo fossimo venuti per la libertà, aveva detto Mohamed.

        Suo padre aveva annuito. È così.

        Mohamed aveva fatto spallucce. Dunque è per questo che combatto.

        Combattere? Mohamed non aveva mai combattuto nella sua vita. La sua famiglia aveva lasciato l’Egitto quando lui era solo un bambino. La sua statura minuta rendeva impossibile lottare con i violenti bambini americani pieni di energie che vedeva a scuola. Lo lasciavano per lo più solo, concentrato sui suoi studi. Non meritava neanche il loro disprezzo.

        Aveva mostrato un talento per l’informatica. Era andato al City College grazie ad una borsa di studio ed era diventato programmatore. Guadagnava molto bene, aveva comprato una casa nella periferia di Long Island, non lontana da quella dei genitori, e stava costruendo una vita per sé e per la sua famiglia. Era tutto ciò che aveva e che voleva davvero.

        Viaggiava da New York a Los Angeles frequentemente. L’azienda lo pagava per prendere il volo diretto da JFK all’aeroporto di Los Angeles e solitamente ci andava così. Tuttavia, alcuni Stati avevano cominciato ad imporre delle restrizioni per le persone nordafricane. Persone come Mohamed. E i gruppi per la libertà civile avevano sollecitato i volontari a sfidare quelle restrizioni… dunque…

       Dunque si trovava lì, intento a riprendere fiato mentre saliva sulla rampa verso la sala d’aspetto per le partenze. Sentiva tutto il corpo formicolare. Il viso addormentato. I poliziotti della Georgia avevano la lista dei passeggeri, dunque era ovvio che sapessero che stava salendo sulla rampa.

        Probabilmente sapevano anche che aspetto avesse. E anche se non fosse stato così, non avrebbe avuto importanza. Quanti Egiziani magri e alti un metro e settanta potevano scendere da quell’aereo? E quanti potevano mai essere circondati da colossi alti due metri, che avevano creduto nella promessa dell’America e che avevano portato i propri genitori e nonni lì dall’Europa?

        Preparatevi, disse il pompiere. Perché ci siamo.

        Mohamed lanciò un’occhiata a quell’uomo. Era bianco, con dei capelli biondi tagliati a zero. Indossava dei jeans, delle sneakers, una maglietta rossa con delle lettere bianche, NYFD, sul petto. Era cresciuto a Breezy Poiny, Brooklyn. Aveva detto che suo padre era un poliziotto in pensione.

        Suo nonno era arrivato in barca dall’Irlanda, senza scarpe, e aveva passato tutta la sua vita a lavorare in diversi centri di detenzione come guardia. Era incredibile come Mohamed ricordasse quasi tutto sulla storia di quel tipo, ma non il suo nome.

        Il tipo guardò Mohamed e sorrise. Era un sorriso sincero. Strizzò i suoi occhi blu. Ricordavano gli occhi di un’aquila o di un altro rapace.

    A lui piace tutto questo.

        Diede una pacca sulla spalla di Mohamed. Il peso e la forza della mano di quell’uomo erano in qualche modo terribili.

        Hai fatto la cosa giusta. Siamo tutti con te, fratello.

        Mohamed si sentì disperato, come se si trovasse su un nastro trasportatore che finiva dritto dentro la bocca di

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