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Scena del crimine: Torino, piazza Vittorio
Scena del crimine: Torino, piazza Vittorio
Scena del crimine: Torino, piazza Vittorio
E-book291 pagine3 ore

Scena del crimine: Torino, piazza Vittorio

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Info su questo ebook

Sergio Crema è un commissario di polizia della squadra Mobile di Torino coinvolto nelle indagini sull'omicidio di Giovanna Morselli, la segretaria di produzione del film Precari, una pellicola che dovrebbe sancire l'approdo della torinese Multivox tra le maggiori case di produzione cinematografiche della penisola. L'assassino ha lasciato, sul luogo del delitto, come firma del suo crimine, il DVD de La vita è meravigliosa e un biglietto con due iniziali. Troppo poco per il commissario Crema che decide di affidarsi all'esperienza del rude Mario Bernardini, spietato critico cinematografico e ideatore dell'omonima guida, per capire quale sia il collegamento tra il film di Frank Capra e quel delitto senza un chiaro movente. Nasce così la collaborazione tra due personaggi con nulla in comune tranne la passione per il cinema e l'obiettivo di assicurare alla giustizia colui che, dopo il secondo ravvicinato omicidio, è stato soprannominato dall'opinione pubblica “l'assassino dei DVD” perché ha nuovamente lasciato una rivendicazione filmica per sfidare gli inquirenti. La soluzione di quello scottante caso dovrà avvenire prima che inizino le riprese di quel film maledetto, per impedire che piazza Vittorio si trasformi nella perfetta location di una sensazionale Scena del crimine.
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2014
ISBN9788869430022
Scena del crimine: Torino, piazza Vittorio

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    Scena del crimine - Rocco Ballacchino

    I

    Mario Bernardini era rientrato a casa dopo l’ennesimo inizio di mattinata speso nelle quattro tappe che costituivano la sua sperimentata routine: una colazione al bar con caffè rigorosamente corretto grappa, l’acquisto di un quotidiano dall’edicolante di fiducia, una passeggiata di un quarto d’ora ‘sgranchisci gambe’ e una visitina in chiesa che si era conclusa con la donazione di una manciata di spiccioli a un barbone, probabilmente di origine nordafricana, che da anni occupava uno spicchio del sagrato di quell’edificio.

    Aveva scambiato poche parole con quell’uomo che incrociava ogni giorno. In una sola occasione il dialogo si era spinto un po’ più avanti del solito perché l’immigrato gli aveva domandato come mai non si fermasse mai in chiesa per assistere alla funzione.

    Una domanda alla quale Mario aveva risposto spiegando che lui in chiesa ci andava soprattutto perché apprezzava il silenzio di quel luogo in cui poteva riflettere e saltuariamente pregare.

    Della chiesa come istituzione, invece, aveva una pessima opinione e l’aveva condivisa con il suo interlocutore con la franchezza che gli era propria e che lo aveva reso famoso, nel bene e nel male, nel mondo dello spettacolo.

    Erano ormai le dieci passate quando qualcuno aveva osato suonare il campanello di casa Bernardini, qualcuno dotato di una buona dose di coraggio perché disturbare il padrone di casa, barricato nel proprio studio, era un vero e proprio atto di lesa maestà che avrebbe attirato le ingiurie di quel misantropo metropolitano che aveva da poco tempo superato la soglia dei settant’anni di età, un traguardo festeggiato concedendosi una cena, in un ristorante della precollina torinese, con i pochi amici storici che come lui erano ancora in vita.

    Due acciughe al verde, un piatto di plin in brodo, una fetta di arrosto, un bonèt e via a casa, senza troppi convenevoli o discorsi alla nazione.

    Dopo quel suono nefasto Mario si era diretto verso l’ingresso imprecando e sbuffando, pronto a rispedire al mittente l’eventuale disturbatore, intento accantonato dopo il dialogo con quell’essere umano, sino ad allora, a lui sconosciuto.

    Il signor Bernardini?.

    Secondo lei?, tono ironico da ‘prendi e porta a casa’.

    Sono Sergio Crema, commissario di polizia presso la Squadra mobile di Torino. Avrei bisogno di farle qualche domanda.

    A me?.

    Secondo lei?, replica all’altezza della stilettata precedentemente ricevuta.

    Si accomodi pure, mi segua.

    Il poliziotto, un panciuto quarantenne dalla barba incolta e dal capello ribelle, dopo essere entrato nell’universo Bernardini, setacciò con lo sguardo lo spazio circostante che notò essere dominato da una sorta di caos intellettuale in cui libri, riviste, DVD e scartoffie varie erano distribuiti su ogni superficie piana presente in quell’alloggio.

    Tutta roba sua?.

    No, li ho presi con la tessera della biblioteca. Entro domani devo riportare tutto.

    Lei è sempre così gentile?.

    A volte sono anche peggio, ma non mi piace dover interrompere il lavoro.

    Stava segando qualcuno?.

    Quella domanda, così diretta, strappò un sorriso al padrone di casa. Era evidente che il commissario facesse riferimento al lavoro di critico cinematografico che Bernardini svolgeva ormai da diversi lustri. Una vera e propria istituzione vivente in quel campo, temuto da registi e attori, ma anche apprezzato da molti per l’accuratezza della sua analisi filmica che, a volte, però sfociava in un eccesso di sincerità.

    Io non sego nessuno. I miei sono soltanto giudizi obiettivi, non condizionati dal parere di alcuno.

    Sì, ma ci va giù pesante....

    Sicuramente non regalo i tre pallini a nessuno, come fanno alcuni dei miei colleghi per compiacere i loro amici registi. I tre pallini vanno meritati e non equivalgono a un sei di stima come interpretato da troppi.

    Mi sembra corretto.

    E poi io, a differenza di altri, non amo la mondanità dei festival o dei party, non mi piace frequentare in maniera assidua chi devo giudicare. Ha presente quando si parla di conflitto di interessi? Nel nostro paese non abbiamo ancora capito di cosa si tratti, forse perché siamo troppo avvezzi agli intrallazzi e alle raccomandazioni, noi italiani.

    Devo infatti confessarle che curiosando su di lei ho faticato a trovare su Google una sua foto scattata di recente e la cosa mi ha piuttosto stupito.

    Se vuole le regalo una delle fototessere che mi sono avanzate dall’ultima carta d’identità.

    Non si preoccupi, a quelle sono in grado di risalire anch’io grazie ai potenti mezzi della Procura.

    I due uomini, nel frattempo, erano giunti nello studio del critico che avrebbe invitato il commissario Crema ad accomodarsi sulla poltrona posizionata di fronte alla sua scrivania, se fosse riuscito a liberarla da tutte le riviste che vi erano accatastate sopra.

    Non sarà venuto qua solo per sapere come faccio il mio lavoro, immagino?.

    No, anche se devo subito precisarle che la mia è una visita informale, niente di ufficiale.

    Per me non cambierebbe molto.

    Certo, ma mi sembrava corretto precisarlo, tutto qui.

    Merce rara la correttezza, di questi tempi.

    L’atteggiamento del critico sembrava in lenta mutazione e l’iniziale stato di irritazione stava lasciando spazio a una controllata cordialità, probabilmente dettata anche da una dose di umana curiosità.

    Mi dica allora, in cosa posso esserle utile?.

    Innanzitutto mi sono rivolto a lei proprio perché so che è famoso per la sua franchezza e, come lei stesso ha già ammesso, conosce benissimo l’ambiente del cinema e poi....

    Il commissario Crema ebbe un attimo di esitazione come se si vergognasse a completare il proprio pensiero, quasi per una forma di pudore.

    E poi?.

    A essere sincero ho letto di recente il suo saggio sul cinema di Alfred Hitchcock e l’ho apprezzato moltissimo. Ho visto quasi tutti i film del maestro del brivido e devo dire che l’analisi che lei fa della sua filmografia è al limite della perfezione. Diciamo, in tutta franchezza, che ho trovato una scusa buona per poterla conoscere di persona.

    La ringrazio e le assicuro che i complimenti fanno sempre piacere anche se sono ormai troppo vecchio per arrossire. Posso comunque ipotizzare che la ragione principale della sua presenza qui sia dovuta all’omicidio di Giovanna Morselli.

    Il commissario sobbalzò dalla sedia prima di replicare con un esattamente che lasciò di nuovo la parola al critico.

    Ma il magistrato che segue l’indagine sa che lei è qui?.

    La dottoressa Bonamico ha una grande fiducia in me. Non ho bisogno della sua autorizzazione per un colloquio informale con qualcuno che potrebbe darci una mano.

    Una donna a capo di questo caso?, al tono interrogativo di quella frase si sovrappose un sorrisetto ironico piuttosto evidente.

    Che male c’è?.

    Quand’ero ragazzo io non sarebbe accaduto, ma non volevo insinuare nulla.

    Lo immagino, ma nel frattempo l’essere umano si è evoluto.

    Infatti….

    Lei, comunque, sembrava già essere a conoscenza del motivo della mia visita qui, oggi.

    Non mi pare di aver detto niente di così eclatante. D’altronde anche se non sono un assiduo fruitore della televisione, leggo i giornali tutti i santi giorni e quella notizia non poteva che attirare la mia attenzione, è ormai un caso nazionale.

    Sì, è già trascorsa una settimana da quel giorno e devo ammettere che brancoliamo piuttosto nel buio. Non sembra ci fosse nessuno al mondo che ce l’avesse con la segretaria di produzione della Multivox. Deve aver aperto all’assassino senza opporre resistenza.

    Lo conosceva secondo lei?.

    È altamente probabile. Anche perché gli ha preparato il caffè e l’ha fatto accomodare in salotto prima di venire freddata con un paio di colpi d’arma da fuoco sparati da breve distanza....

    Ho letto che l’arma aveva il silenziatore.

    Esattamente. Nessuno ha sentito nulla. Ha scoperto il cadavere la mamma della ragazza dopo essersi insospettita per l’insolito silenzio della figlia nelle ore successive alla tragedia.

    Poverina, la conoscevo non benissimo ma mi sembrava una persona a modo, un’ottima professionista, direi.

    È lo stesso tipo di riscontro che abbiamo avuto noi interrogando coloro che la frequentavano. Una persona dall’irreprensibile condotta di vita, almeno all’apparenza.

    Mario Bernardini, un metro e ottanta di altezza, capelli nitidamente bianchi e corporatura senza sbavature adipose, frutto di un’alimentazione piuttosto equilibrata la cui unica trasgressione giornaliera consisteva in quel caffè corretto grappa del mattino, si alzò in piedi e iniziò a circumnavigare la propria scrivania, iniziando a manifestare segni di chiaro interesse per il racconto del poliziotto.

    Mi sembra che stesse lavorando a un nuovo film che avrebbero dovuto iniziare a girare tra qualche giorno. Una commedia agrodolce sul mondo del precariato con la regia di Facelli, se non sbaglio….

    È ben informato, invece. Non è però detto che l’assassino sia da rintracciare nell’ambito professionale della ragazza.

    Infatti, ma se lei è qui vorrà invece sapere se, a mio avviso, qualcuno poteva avercela con quella ragazza oppure con la Multivox in genere e aver colpito quell’obiettivo per indirizzare un messaggio a personaggi più importanti, magari meno facilmente raggiungibili.

    È una delle ipotesi in campo.

    Quella conversazione stava avvalorando la considerazione che il commissario Crema aveva del suo interlocutore.

    Mi sembra di aver letto qualcosa sul fatto che la Morselli e il suo carnefice stessero guardando un film in televisione. Forse mi sono perso ulteriori informazioni.

    In effetti la vittima stava vedendo un DVD ma non è chiaro se abbia iniziato a guardarlo insieme al suo assassino o se il killer sia arrivato, in un secondo tempo, interrompendo la visione del film.

    Il titolo del film? Non mi sembra di aver letto nulla sui giornali in merito.

    Forse perché per i mass media è sembrata un’informazione di poco conto.

    Mi dica il titolo!.

    Il Bernardini sembrava impaziente di ottenere quell’informazione e il suo tono di voce pareva incattivito rispetto alla battuta precedente.

    "La vita è meravigliosa. Pessimo titolo da accostare a un omicidio, non trova?".

    "Gran film del 1946. Regia di Frank Capra, soggetto di Philip Van Doren Stern, autore del racconto The Greatest Gift, sceneggiatura di Frances Goodrich, Albert Hackett, Jo Swerling, Michael Wilson e dello stesso Frank. Il montaggio mi pare fosse di William Hornbeck".

    Complimenti per la memoria.

    È uno dei miei dieci film preferiti.

    C’è anche nella sua guida?.

    Il commissario Crema non aveva nemmeno terminato di porre quella domanda e già si sentiva un idiota per la banalità di quella sua uscita.

    "Secondo lei nel Bernardini 2012, una guida in cui vengono raccolti almeno ventimila film, potrebbe non esserci un titolo del genere?".

    Non lo metto in dubbio. La mia era una domanda fuori luogo.

    Certo che c’è e ha quattro pallini e mezzo, meritatissimi.

    Devo averlo visto anch’io... È quello con James Stewart, mi pare.

    Confermo. Per quella pellicola venne candidato anche all’Oscar come miglior attore protagonista, ma quell’anno vinse Fredric March.

    Meritatamente?.

    Non lo so. Secondo me i premi lasciano il tempo che trovano. La visione di un film è un’esperienza soggettiva, intima ed è difficile confrontare le performance di attori alle prese con soggetti differenti.

    Dopo quella risposta ci fu un vuoto sonoro, riempito soltanto dai respiri dei due protagonisti di quel dialogo.

    Sta pensando a qualcosa in particolare?.

    "No, soltanto al fatto che se dovessi scegliere un film da vedere appena prima di tirare le cuoia It’s a Wonderful Life sarebbe sicuramente tra gli indiziati".

    Non è un’informazione di grande utilità per la nostra indagine.

    Spiacente, forse pensava di aver fatto visita al commissario Maigret, disse Mario Bernardini allargando le braccia in segno di resa.

    No, assolutamente. Diciamo che alle fine si è rivelata, come immaginavo, soprattutto una scusa buona per conoscerla.

    Il commissario si sollevò dalla poltrona perché capì che il Bernardini lo stava per congedare, sospetto che venne confermato dalle successive parole del critico.

    Il tempo a sua disposizione è scaduto. Sono piuttosto indietro sulla tabella di marcia che mi ero imposto e non so cos’altro potrei aggiungere di interessante a quanto è già in suo possesso. A meno che lei non mi abbia ancora detto tutto....

    In che senso?.

    Non so, ha l’aria di uno che non sa se andarsene o parlare.

    Mah... In effetti un piccolo particolare c’è. Siamo riusciti, per ora, a non renderlo pubblico.

    Ha paura che violi il segreto?

    Con quella domanda così diretta il critico mise nell’angolo il commissario che rispose concedendo una chance al suo inquisitore.

    No, assolutamente. Non è detto però che sia qualcosa di significativo. C’era un bigliettino con sopra scritte due lettere, G e B, che gli uomini della scientifica hanno trovato poco distante dal corpo della vittima. Potrebbe trattarsi semplicemente di un appunto già presente in quel posto prima dell’omicidio e appartenente alla vittima stessa. Tra l’altro le lettere erano digitate al computer, quindi niente perizia calligrafica....

    Non mi sembra un elemento di così poco conto. Ci penserò su, ma adesso dobbiamo salutarci caro commissario. Tra l’altro mi scuso perché non le ho neanche proposto di togliersi il giubbotto, che cafone!.

    Il critico avrebbe voluto aggiungere che quell’indumento in seta lavata, stile anni novanta, era decisamente fuori moda, ma preferì non infierire.

    Non si preoccupi, tanto non l’avrei fatto. Se le dovesse venire in mente qualcosa può contattarmi a questo numero.

    Il bigliettino da visita passò dalla giovane mano del commissario a quella segnata da rughe del padrone di casa che lo lasciò precipitare sul caos della propria scrivania.

    Posso farle ancora una domanda?.

    Mario Bernardini, che nel frattempo si era incamminato, si voltò e vide il suo ospite fermo di fronte alla scrivania, con lo sguardo indirizzato verso una fotografia, in cui era stato immortalato il volto di una donna, racchiusa in una cornice dorata.

    Era sua moglie?.

    No, non sono mai stato sposato, per fortuna.

    Ah, mi scusi.

    Magari un giorno le spiegherò.....

    Il poliziotto non riuscì ad aggiungere altro perché si rese immediatamente conto che ogni parola sarebbe risultata fuori luogo. La curiosità di sapere a chi appartenessero quei due splendidi occhi azzurri, incastonati in un viso privo di imperfezioni, non sarebbe stata soddisfatta né quel giorno né, probabilmente, nei giorni a venire.

    Il commissario si accomiatò dal Bernardini con una forte stretta di mano e la promessa di tenerlo informato sui futuri sviluppi di quella vicenda. Quando la porta dell’appartamento si chiuse alle sue spalle e si ritrovò solo sul pianerottolo si sentì quasi sollevato, liberato dalla soggezione che il non più giovane critico spesso incuteva in coloro che avevano il piacere di conoscerlo di persona.

    Pensò che innanzitutto aveva un caso da risolvere, un assassino da mettere al fresco, un successo professionale da raggiungere; con o senza l’aiuto di quel vecchio aggressivo trombone ce l’avrebbe fatta.

    Ne era sicuro, o quasi…

    II

    Non erano nemmeno trascorse ventiquattro ore dall’incontro tra il critico e il commissario quando il telefono di quest’ultimo suonò interrompendo il lavoro di analisi del fascicolo Morselli che il poliziotto stava svolgendo rintanato nel proprio ufficio, al secondo piano di via Grattoni, ormai da diverse ore. Le battute a carico della polizia, associate al nome di quella strada, negli anni si erano sprecate ma in quel momento c’era davvero poco da grattarsi con tutta quella pressione addosso.

    Il numero in entrata non era presente nella rubrica di quel telefonino, circostanza che indirizzò immediatamente, in maniera istintiva, il poliziotto verso una possibile ipotesi, poi avvalorata dai fatti.

    Pronto?.

    Il commissario Crema?.

    Sì, signor Bernardini.

    Ah, mi ha riconosciuto?.

    Diciamo che l’istinto mi ha suggerito che fosse lei.

    Complimenti per l’intuizione. L’ho disturbata?.

    No, stavo solo lasciando che il mio cervello si fondesse scandagliando il fascicolo di Giovanna Morselli.

    È proprio per quello che l’ho chiamata.

    Ottimo.

    Non si aspetti però chissà quale clamorosa rivelazione.

    Ah..., l’entusiasmo appena sbocciato stava già sfiorendo.

    Ho invece una domanda da farle.

    Mi dica, l’ascolto.

    Volevo chiederle se avevate trovato la custodia del DVD presente nel lettore e se si trattava di una copia o di un DVD originale.

    Mi faccia pensare... Sì, sono sicuro che il DVD fosse originale perché ricordo di averlo visto personalmente. Si trattava di un dischetto con la foto di James Stewart e la scritta in rosso del titolo del film.

    E la custodia?.

    Non so, non ricordo. Dovrei controllare.

    Naturalmente è una risposta che può darmi nel corso della giornata. Non c’è fretta.

    Può anticiparmi qualcosa sulla motivazione che l’ha spinta a pormi questa domanda?.

    Certo, ma non per telefono e non prima che abbiate compiuto le verifiche del caso, sempre che ci riusciate.

    Guardi che il caso è mio e lo gestisco io, ‘superespertone’ di cinema dal merdoso carattere, avrebbe voluto rispondere il commissario visto il tono impregnato d’arroganza che aveva caratterizzato le parole di quel simpaticone. Ripiegò invece su un più diplomatico: allora mi lasci un paio d’ore e potrò fornire la risposta al suo chissà quanto incredibile dubbio, caratterizzato comunque da una certa dose di ironia.

    Va bene ma facciamo così: se trovate quella custodia non si faccia nemmeno sentire, se invece non la trovate l’aspetto qui oggi pomeriggio, non prima delle diciassette naturalmente.

    Ok, anche se devo prima verificare quali siano i miei impegni del pomeriggio, il commissario pronunciò quella frase tanto per tirarsela un po’ perché sapeva benissimo che la sua agenda non prevedeva alcun appuntamento per le ore a seguire.

    Li sposti, eventualmente. A dopo, commissario.

    A dopo, signor….

    Il critico mise giù senza nemmeno dare al commissario il tempo di replicare e il poliziotto si ritrovò in una condizione psicologica nella quale non sapeva cosa augurarsi: l’idea che Mario potesse fornirgli qualche elemento utile all’indagine non poteva dispiacergli ma, al tempo stesso, la possibilità che quel sapientone si ergesse a solutore del suo caso gli procurava un incontrollato senso di irritazione.

    Quell’uomo, nonostante la giovane età, era uno dei maggiori esponenti della Squadra mobile di Torino. Aveva bruciato le tappe entrando in quella sezione della polizia poco dopo essere uscito dalla scuola di polizia giudiziaria. La sua gavetta era stata breve rispetto al solito, ma le sue spiccate doti investigative avevano convinto i suoi superiori ad aggregarlo per un periodo di prova a quella squadra, un test che aveva brillantemente superato

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