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Morte a domicilio
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E-book230 pagine

Morte a domicilio

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Info su questo ebook

Due detective, il commissario Antonio Mariani e la moglie - ingegnere informatico - cercano di individuare un misterioso serial killer, uomo o donna? Giovane o vecchio? Che ad ogni delitto invia messaggi sibillini e preoccupanti, segni chiari della sua intenzione di colpire il loro nucleo famigliare. Dalla Foce ai Corsi, da Romanengo a Feltrinelli si snoda una caccia per fermare l'assassino e scoprire la verità.

Maria Masella è nata a Genova. Ha partecipato varie volte al Mystfest di Cattolica ed è stata premiata in due edizioni (1987 e 1988). Ha pubblicato una raccolta di racconti – Non son chi fui – con Solfanelli e un’altra – Trappole – con la Clessidra. Sempre con la Clessidra è uscito nel 1999 il romanzo poliziesco Per sapere la verità. La Giuria del XXVIII Premio “Gran Giallo Città di Cattolica” (edizione 2001) ha segnalato un suo racconto La parabola dei ciechi, inserito successivamente nell’antologia Liguria in giallo e nero (Fratelli Frilli Editori, 2006). Ha scritto articoli e racconti sulla rivista “Marea”. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Morte a domicilio (2002), Il dubbio (2004), La segreta causa (2005), Il cartomante di via Venti (2005), Giorni contati (2006), Mariani. Il caso cuorenero (2006), Io so. L’enigma di Mariani (2007), Primo (2008), Ultima chiamata per Mariani (2009), Mariani e il caso irrisolto (2010), Recita per Mariani (2011), Per sapere la verità (2012), Celtique (2012, terzo classificato al Premio Azzeccagarbugli 2013), Mariani allo specchio (2013), Mariani e le mezze verità (2014), Mariani e le porte chiuse (2015), Testimone. Sette indagini per Antonio Mariani (2016), Mariani e il peso della colpa (2016), Mariani e la cagna (2017), Mariani e le parole taciute (2018), Nessun ricordo muore (2017) Vittime e delitti (2018) e Le porte della notte (2019) questi ultimi tre con protagonista la coppia Teresa Maritano e Marco Ardini. All’inizio del 2019 ha scritto con Rocco Ballacchino “MATEMATICHE CERTEZZE” ottenendo il consenso dei lettori per l’originale trovata di dar vita a un’indagine portata avanti dai due commissari di polizia Mariani e Crema. Per Corbaccio ha pubblicato Belle sceme! (2009). Per Rizzoli, nella collana youfeel, sono usciti Il cliente (2014), La preda (2014) e Il tesoro del melograno (2016). Morte a domicilio e Il dubbio sono stati pubblicati in Germania dalla Goldmann. Nel 2015 le è stato conferito il premio “La Vie en Rose”. 2018, terza classificata alla prima edizione del Premio EWWA.
LinguaItaliano
Data di uscita23 ott 2012
ISBN9788875637996
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    Anteprima del libro

    Morte a domicilio - Masella Maria

    Capitolo 1

    Venerdì

    Chi si piace ha buoni risvegli.

    Non ho buoni risvegli. Neppure buone giornate.

    Il messaggio è scritto in rosso sulla lavagna di cucina.

    C’è un pacco per te nello studio.

    Né firma né saluti.

    Mi preparo il caffè e mentre aspetto che filtri vado a vedere cos’è. Ma senza curiosità. Non aspetto pacchi e neppure da mia moglie mi aspetto dei saluti.

    Ci incrociamo ogni tanto, trattandoci con la corretta freddezza di estranei: ormai ognuno dei due sa cosa aspettarsi dall’altro. Ma c’è Manu.

    Dott. Mariani Antonio poi l’indirizzo: tutto in una bella etichetta scritta a macchina. Uno dei soliti che cercano di vendere per corrispondenza.

    Lo porto in cucina e lo apro mentre il caffè scoppietta. Una seconda fasciatura in carta velina. Interrompo e mi verso il caffè. Apro la velina: un libro. ‘Una questione privata’ di Beppe Fenoglio edizioni Garzanti. Non un’edizione recente, lo capisce anche un profano come me, un profano per i libri, non per altro. Prendo una pinza dal cassetto, una di quelle per tirar su gli spaghetti dopo averli scolati, così lo giro senza lasciare impronte e senza cancellare tracce. In questo non sono un profano.

    Nel girarlo si apre e il contenuto cade sul tavolo di cucina: un fiore bianco un po’ sfatto, un sacchettino di plastica trasparente. Poso il libro e guardo meglio.

    Ora è tutta un’altra questione.

    Imprecando, vado al telefono e compongo il numero privato. Mentre aspetto che mi passino Anselmi poso la cornetta e prendo la tazzina: il caffè è ormai freddo, ma forse mi sveglierà un po’. Ho dormito meno di cinque ore e questo non è stato un buon risveglio.

    Anselmi? Sono Mariani.

    Sì, commissario. Niente di nuovo sul caso di....

    Non chiamo per quello, Anselmi. Mi mandi la Scientifica e presto.

    Dove, commissario?.

    A casa, Anselmi. A casa mia. O devo dettarle l’indirizzo?.

    No, no, commissario. Va bene, commissario. È successo qualcosa?.

    Mandami la Scientifica. Una pausa, inutile rimandare: Il dottor Serra è già arrivato?.

    Sì, commissario, sarà una mezz’ora.

    Se è libero dovrei parlargli. Già mentre lo dico mi chiedo chi me lo fa fare. No, Anselmi, gli parlo quando arrivo. E riattacco.

    Mi verso un’altra tazza di caffè e mi avvicino al tavolo.

    Il libro è stato svuotato con cura per servire da contenitore. Un fiore bianco, un bel fiore bianco. Chissà cos’è, io riconosco rose, garofani e margherite e poco più. Un bel sacchettino di plastica con dentro qualcosa di rosso-marrone secco (appiccicoso?). Non hanno affidato a me il caso della donna soffocata in Corso Torino, ma il contenuto del sacchetto sembra proprio il polpastrello mancante.

    Perché a me?

    Ma l’importante è che la Scientifica venga a portarsi via il tutto al più presto. Non posso far altro che sperare.

    E farmi una doccia e vestirmi per andare subito in Questura.

    Arrivo in ufficio: Il vicequestore Serra ha detto di andare subito da lui.

    Così vado. In corridoio mi trovo fianco a fianco con Leandri, quello che si sta occupando del caso Gualtieri. Spero che mi abbiano chiamato solo per avere le notizie di prima mano. Illusione, mi scaricano il caso.

    Odio portare avanti un caso iniziato da altri. Così facciamo il gioco di chi ha mandato il pacco. Stiamo al suo gioco. Inutile protesta.

    Non si può andare tanto per il sottile, Mariani. L’importante è che il caso sia risolto presto e bene.

    Faccio portare tutto l’incartamento da Anselmi. E così Leandri ha scaricato la sua grana.

    Annuisco e mi azzardo a chiedere se la Scientifica ha già mandato i risultati.

    L’abbiamo trovata l’altro ieri.

    La Scientifica dovrebbe aver già mandato....

    Se c’è, è nel fascicolo.

    Ora, tra tutti quelli che potevano passarmi un caso, proprio Leandri!

    Anselmi mi porge il fascicolo. Sfoglio: probabile causa della morte soffocamento (ma per esserne certi si dovrà vedere l’autopsia). Doveva essere morta da due o tre giorni e si sentiva.

    Comunque, al posto del polpastrello dell’indice destro aveva una mancanza.

    Gliel’hanno tagliato e l’hanno mandato a lei, commissario.

    Scrollo le spalle alle parole di Anselmi: comunque anche a me è venuta la stessa idea.

    Chi l’ha trovata?.

    Chi?.

    La..., esito un attimo per cercare di ricordare il nome che mi è stato detto: Gualtieri. Sì: Gualtieri.

    È tutto lì, commissario, nel rapporto. È arrivata la telefonata ieri pomeriggio.... Sì, ero nel mio ufficio e ho sentito i colleghi parlarne. Ma nel rapporto c’è tutto.

    Così prendo il foglio e comincio a leggere. Non è una storia nuova. Una donna sulla trentina che vive sola, una sorella sposata. Ognuna delle due fa la propria vita ma si sentono sempre una volta al giorno, una telefonata per chiedersi come va. Per tre giorni Maura Gualtieri, coniugata Pongiu, telefona alla sorella Gina, inutilmente. Si preoccupa e anche se d’abitudine non va a trovarla e tanto meno all’improvviso, decide di andare a dare un’occhiata. Ha una chiave, apre, entra e trova la sorella morta.

    Non ci vuole molta pratica per capire che non è morta di morte naturale e che non è un incidente. Difficilmente uno si chiude la testa in un sacchetto di plastica e lo sigilla con cura. Anche se potrebbe essersi suicidata... Però il pezzetto di dito... Non sono un medico legale ma ho abbastanza pratica da sapere che è stato asportato quando la donna era già morta.

    C’era una parrucca rossa tutta a riccioli vicino al corpo. Alselmi accompagna la frase con un gesto come per sistemarsi i capelli. Chissà che effetto farebbe sulla sua faccia grigia una bella parrucca rossa?

    Non sarà una storia facile, me lo sento.

    Comunque si vedrà se il contenuto del sacchettino di plastica dentro il libro è proprio il pezzetto di dito mancante. Si esaminerà la plastica e il fiore.

    Un fiore.

    Comunque una cosa da fare è parlare con Francesca, sapere come è stato recapitato il pacco. Non ci sono timbri postali, l’hanno portato a mano.

    Perché proprio a me.

    Come se non avessi abbastanza guai e rogne.

    Fra poco è l’una, Francesca fa di solito una pausa proprio a quest’ora. Telefono, risponde la segretaria: L’ingegnere è in riunione. Penso di essere l’unico commissario con la moglie ingegnere e che guadagna più di lui.

    Dovrei parlarle. È urgente.

    Un attimo. Musichetta: dio, le odio.

    Pronto.

    Sono io: Antonio.

    Cosa c’è?. Neppure un segno di vaga apprensione, sa che se fosse per Manu avrebbero chiamato prima lei.

    Devo parlarti.

    Dimmi. È come se l’avessi davanti mentre rigira fra le dita il filo del telefono e sfila un piede dalla scarpa restando in bilico come un fenicottero: dei fenicotteri ha le gambe lunghe ma non è così secca.

    Per telefono non posso.

    Ho da lavorare.

    È per una cosa urgente: di lavoro. Potrei anche convocarti in Questura e interrogarti in forma ufficiale, ma pensavo a un colloquio amichevole, sei mia moglie....

    Credevo che te ne fossi scordato. Sto per ribattere che è lei a ‘disertare il letto coniugale’ quando riprende: Fra una mezz’ora dovrei aver finito, devo venire io o vieni tu? Se è una cosa urgente guadagni tempo.

    Deve esserle costato dirmi di andare da lei: so che non le piace che invada il suo territorio. Vengo.

    Dico ad Anselmi che esco, senza dirgli che vado ad interrogare mia moglie; torno al più presto.

    La segretaria mi fa accomodare nell’ufficio di Francesca: due computer, una stampante, più altre diavolerie. Un manifesto di una mostra d’arte, uno di Amnesty International e un disegno fatto da Manu quando aveva tre anni. Libri e schedari in libertà.

    Mi sono appena seduto nella sua poltrona preferita (di pelle rossa) che entra a scheggia. Come saluto Dimmi. E si sfila le scarpe: bassi mocassini rossi.

    Non è una faccenda corta.

    Se non cominci resta lunga. In piedi con il fondo schiena (bello, sodo, alto) puntato contro il bordo della scrivania, scarpe in mano.

    Non ti siedi?.

    È la mia pausa colazione. Accidenti, Antonio. Se non mi faccio un panino crepo. Si china scodinzolandomi sotto il naso la cortissima gonna del suo tailleur dirigenziale, si infila le scarpe e prende la cartella.

    Mi alzo: E sia per il panino.

    Uscendo d’istinto le poso una mano sul braccio, si volta e mi guarda come se fossi di vetro; preferirei un’occhiataccia o una scenata. Le altre donne le domino dal mio metro e ottanta ma lei naviga sull’uno e settanta e le basta alzare un po’ il mento per fissarmi alla pari: Facciamo i galanti, oggi?.

    Stronza, stronza, mia moglie è una fottutissima stronza. E ha tutte la ragioni per esserlo.

    Allora cosa c’è di così urgente?.

    Come al solito mi basta stare con lei per dimenticare tutto: vuoto cerebrale. Devo fare uno sforzo per ripensare al pacco. Il pacco, chi l’ha portato?.

    Cosa vuoi che ne sappia? È importante?.

    Forse. Ma come fai a non sapere chi l’ha portato?.

    Oh, accidenti! Mi portano sempre tanti di quei pacchi, tutti quei cretini che non capiscono che per il lavoro ho un ufficio... Suonano sempre quando sono sotto la doccia o preparo Manu. A volte ci metto un po’ ad aprire. Capita che lascino le loro scartoffie davanti alla porta se hanno lo scooter in doppia fila o tante consegne....

    E così l’hanno lasciato davanti alla porta.

    Apro e lo vedo lì. C’era il tuo nome e l’ho messo nello studio.

    Cosa ha detto quando ha suonato? Ha chiesto di me o di te?.

    Ha detto ‘pacco per il 12’.

    Uomo o donna?.

    Ma lo sai che di sotto ci sono gli scavi della Telecom? Poteva essere uomo o donna: voce non ben definita. Si gira verso di me: Di solito mangio qui.

    Infatti la conoscono: me ne accorgo da come la salutano e da come si dirige sicura ad un tavolo. Sto per chiederle cosa vuole quando il cameriere mi precede Il solito, signora? Veloce o lento?.

    Lei mi guarda e sorridendo gli risponde: Lento. Due.

    Non si fa il mio lavoro se non si è curiosi per natura ma mi farei uccidere piuttosto che chiedere chiarimenti.

    Allora, Antonio, potrei sapere qualcosa di più o è un segreto d’ufficio?.

    Ha posato il gomito sinistro sul piano del tavolino e il mento sul dorso della mano, mi guarda come se mi vedesse davvero: le racconto tutto, dall’arrivo del pacco alla donna trovata morta ammazzata.

    Ho appena finito, in fondo non ho molto da raccontare, quando arriva il cameriere con due piatti: Ecco a lei, signora, uno spuntino lento. Insalata alla greca. Insalata alla greca anche per il signore. E mezza caraffetta di Pinot. Per dopo macedonia o ananas?.

    Ananas. Al naturale. Rispondo io, non per amore dell’ananas o per odio della macedonia, ma perché non mi piace fare il rimorchio.

    L’occhiata divertita di Francesca mi dice che ha capito. Attacca con impeto la sua insalata, ma dopo qualche forchettata si ferma: Hai detto che ti ha mandato un libro. Che libro?.

    ‘Una questione privata’.

    Quello di Fenoglio?.

    Annuisco. Posso sentire il suo cervello registrare, catalogare, confrontare informazioni. È uno dei fiori all’occhiello di una ditta di consulenze. Fiori, fiore. Il fiore è bianco, con una bella corolla.

    Di certo qualcuno del vostro ufficio saprà che fiore è. Ma sta pensando, lo sento. Mangia con metodo la sua insalata alla greca, riso, olive eccetera, e pensa. A piatto vuoto posa la forchetta.

    Ha un bel fegato l’amica. Ti sfida a trovarla. Fossi te, mi farei una lista di tutte quelle che ti sei fatto in questi ultimi tempi. Capisco che non deve essere un lavoro facile, è una lista lunga così. Tende il braccio sinistro e porta la destra all’altezza della spalla. Non sarà un lavoro facile, ma, povero cocco, lui non si è risparmiato di certo.

    Perché parli di una donna?, arriva la frutta.

    Non sapevo che te la facessi anche con gli uomini, alza un sopracciglio, Oddio, questa mi mancava.

    Invece di prendere le posate le tocco una mano: Perché parli di una donna?.

    Ammazza una e te ne manda un pezzo: ho visualizzato una donna. Lo fa per odio o per amore, o per entrambi. Solo ad una donna puoi suscitare sentimenti così estremi.

    Prendo le posate e mangio un pezzo di ananas, sa di acido. Deve aver letto sul mio viso perché commenta: La macedonia è meglio. Mastico appena e butto giù (comunque ho mangiato di peggio e non ne sono morto) mentre rimugino quello che ha appena detto Francesca.

    C’è altro? Dovrei andare per la seconda riunione.

    Scuoto il capo. No, ma quando puoi, in giornata, fai un salto in Questura per le impronte. Non è che ci speri molto, ma, sai, per esclusione.

    Certo. Si alza, prende il cappotto (come lo chiama lei non riesco a impararlo) rosso, mi fa un cenno con la mano e si fionda fuori, lasciandomi in piedi come un cretino: per fare prima neppure il caffè ha preso con me. Pago il conto ed esco per tornare in Questura.

    Passando sotto il suo ufficio, la vedo uscire dal bar accanto al portone con un uomo. Ha un braccio infilato amichevolmente sotto quello di lui e gli si stringe contro. I loro visi sono alla stessa altezza e ridono insieme. Neppure mi vede.

    Chiaro che la morta è l’ultimo dei miei pensieri.

    Quando entro in Questura sono più calmo, ho messo da parte i miei problemi personali e sono pronto ad occuparmi di quelli degli altri.

    I rapporti della Scientifica non sono ancora pronti, l’unica cosa da fare è dare un’occhiata al luogo del delitto, con annessi e connessi (sentire sorella, vicini, eccetera). E decido di andarci a piedi, Corso Torino, meno di dieci minuti, in auto ci metterei di più.

    Un tempo era uno stabile signorile ora è decoroso. Niente portineria, solo un citofono.

    Dove il corpo è stato rimosso ci sono i segni sul pavimento dell’ingresso.

    Qui era il corpo, poco lontano la parrucca rossa che ha tanto colpito Anselmi. Non spero di trovare qualche indizio ma dare un’occhiata mi aiuta ad inquadrare la vittima. E la vittima è il solo elemento certo in un delitto.

    L’appartamento è pulito e in ordine, anzi lo sarebbe se non ci avessero pascolato per ore poliziotti e affini. Ingresso, di quelli grandi alla genovese, salotto con due poltrone e un divano a tre posti, vellutino color oro, tavolino in cristallo. Tende pesanti bianche con decori tipo pizzo. Luci stile Murano.

    La parete di fronte al divano è occupata da un grande specchio.

    Uno specchio uguale davanti al letto. Un letto matrimoniale e grande, con copriletto e testata in seta rossa. Il copriletto da una parte è stato spostato, come quando ci si butta un attimo per prender fiato.

    La vittima viveva sola.

    Chiaro però che quel letto non era stato comprato per una persona sola.

    Quando avevo domandato ad Anselmi, che aveva letto con cura tutto il fascicolo, se in casa era stato trovato qualche indizio o qualcosa di strano, aveva nominato solo la parrucca, nient’ altro.

    Avevo chiesto della sorella. Si è sentita male, il medico l’ha mandata a casa con un sedativo. Abita al Biscione. Deve ancora essere interrogata ufficialmente.

    Convocala per un colloquio. I vicini?.

    Sembra che nessuno abbia sentito niente.

    Ma so che i vicini sentono sempre. Sanno, non vogliono dire per non impicciarsi, ma crepano dalla voglia di dire tutto quello che sanno, intuiscono, sospettano a ragione o a torto.

    Al piano ci sono altre tre porte.

    Esco sul ballatoio e suono ai Bonacelli. Una fessura; mi presento, richiudono e cominciano a far scorrere catenacci come se custodissero chissà che tesoro.

    Finalmente me li trovo davanti: lui e lei. L’uomo nero e la donna farfalla. Nero che sembra sputato fuori dall’inferno, non che sia negro, no, sono le sopracciglia foltissime che dominano il viso scavato, tirato, smunto e mettono tutto il resto in ombra. Lei forse settanta ma forse sessanta mal portati, è un cosino di donna, uno scricciolo avrebbe detto mio padre. Da pensare che un soffio la butti giù, invece sono quelle che manco un tornado.

    I signori Bonacelli?.

    Siamo noi. È lei a rispondere, un filo di voce e non è un modo di dire, mentre lui le posa una mano sulla spalla.

    Posso entrare?.

    Abbiamo già detto tutto, butta fuori il marito d’impeto, ma lei posa una mano a

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