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Nel buio della notte
Nel buio della notte
Nel buio della notte
E-book144 pagine1 ora

Nel buio della notte

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Info su questo ebook

Nicolas ha dieci anni ed è gravemente ammalato. Una miocardite lo costringe a letto, in attesa di un trapianto di cuore. Una sera, il fratello, geloso delle attenzioni che i genitori gli riservano, si introduce nella sua cameretta per mangiare i biscotti che la madre è solita lasciare sul comodino. Prima di andarsene apre la finestra, augurandosi che un mostro entri per divorare il fratellino. E il mostro, una creatura antropomorfa simile a un licantropo, giunge davvero; si infila sotto il letto di Nicolas e lì prende alloggio definitivo.
Fra bimbo e mostro nasce uno scambio; un gioco che permette a entrambi, attraverso una sorta di linguaggio dei segni, di conoscere l’altro.
Mentre la loro strana amicizia si rafforza, e pare in grado di superare ogni ostacolo, intorno a loro forze diverse si assommano e ricompongono fino a una esplosione di violenza che forse poteva essere evitata se si fosse riusciti a leggere nelle pieghe di un comportamento troppo velocemente liquidato come tipicamente adolescenziale. Perché il mostro, il Male, non sempre è l’uomo nero in agguato sotto il letto, ma talvolta è qualcuno che ti sta vicino.
Romanzo di grande intensità. Micol Fusca fonde tematiche di disarmante attualità quali famiglia, amicizia, diversità, follia, solitudine e soprattutto amore, in tutte le sue sfaccettature.
LinguaItaliano
Data di uscita5 set 2022
ISBN9791254570913
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    Anteprima del libro

    Nel buio della notte - Micol Fusca

    Prima parte

    Esiste un mondo segreto che solo i bambini riescono a percepire. Nei loro letti ascoltano il vento frusciare, bisbiglio sinistro che rende la notte piena di misteri. Nel buio immaginano una foresta oscura, primordiale, dove esseri fantastici e spaventosi si muovono con passo felpato alla ricerca del pasto. Una volta individuata la preda il passo delle creature si fa veloce, fino a diventare una corsa. Seguono loro.

    Nonostante l’essere in agguato non riveli mai il suo aspetto, il cuore sembra scoppiare loro in petto. I bambini non possono vederlo, ma percepiscono la sua presenza e la sua bramosia. La loro unica protezione è la calda coperta nella quale si avvolgono e la piccola luce notturna che brilla in qualche punto della stanza, stella cometa in grado di indirizzare i loro sogni verso luoghi più sereni.

    I bambini sanno quello che gli adulti hanno dimenticato: al centro dell’oscurità più profonda c’è qualcosa che li attende.

    1

    Notte

    Dormi bene tesoro. Nicolas sorrise, assaporando il tocco leggero delle labbra della madre sulla fronte. Marianne aveva posato sul comodino dei biscotti al cioccolato: il loro speciale congedo fin da quando aveva imparato ad addormentarsi da solo. Di norma riusciva a bruciare perfino un uovo al tegamino. Quei biscotti erano l’eccezione alla regola: erano frutto di una vecchia ricetta lasciata in eredità dalla nonna. Merito dell’ingrediente segreto : l’amore. Ogni sera ne lasciava un piattino, dicendo che il loro sapore gli avrebbe ricordato il suo abbraccio.

    Sebbene Nicolas non li assaggiasse, non aveva perso quell’abitudine. Il bambino sospettava che quel rito servisse a tranquillizzarla. E, in fondo, non dispiaceva nemmeno a lui: poteva gustare l’aroma che giungeva a solleticargli le narici.

    Attese che la madre uscisse dalla camera, quindi socchiuse gli occhi nella penombra e si mise in ascolto del suo respiro: quando il suo cuore era quieto, aveva il potere di rassicurarlo e di condurlo nel sonno. O quasi: per lo meno, non faceva le fusa come accadeva sempre più spesso.

    La porta si aprì con un lieve cigolio e dei passi furtivi si diressero verso il comodino. Sentì sgranocchiare: Johnny stava mangiando i biscotti senza curarsi delle grosse briciole che cadevano sul pavimento pulito.

    Una volta sazio il ragazzo si spostò verso la finestra e la socchiuse. Nicolas aprì gli occhi rabbrividendo e volse lo sguardo verso il fratello: gli dava le spalle e osservava pensieroso il cielo notturno.

    Resosi conto che Nicolas era sveglio, rivolse la sua attenzione su di lui.

    Lascio aperto per i mostri, così vengono a prenderti.

    Detto questo uscì dalla stanza, facendo attenzione a chiudere la porta senza fare rumore.

    Nicolas si avvolse nella coperta, drappeggiandosela addosso fino a formare un bozzolo. Così facendo solo il viso rimase esposto alla brezza notturna. Chiuse gli occhi, stanco, cercando di ritrovare il suono del suo cuore in attesa del sonno.

    Era quasi giunto a lasciarsi andare, quando avvertì una strana sensazione. Un brivido freddo gli percorse la spina dorsale. Nella stanza era accaduto qualcosa. Ne era certo. Avvertiva un’energia estranea avvicinarsi.

    Gli ricordò le scariche elettrostatiche che a volte si diffondevano dal vecchio televisore della nonna. Quando era piccolo si divertiva ad avvicinarsi all’apparecchio per vedere il riflesso dei suoi capelli sull’oblò scuro. L’elettricità glieli raddrizzava sulla testa facendolo sembrare uno scienziato pazzo.

    L’energia che ora lo colpiva era pulsante. Il suo corpo s’immobilizzò: in attesa. Si rese conto che quella sensazione partiva dalla carne, non dalla mente. Un atavico meccanismo di difesa aveva bloccato ogni muscolo, rendendolo simile a un animale che si fingeva morto per scampare alle fauci di un predatore.

    Sentì il calore avvicinarsi: sopra di lui, fin quasi a sfiorargli la faccia. A pochi millimetri dalla pelle.

    Dopo alcuni istanti infiniti si allontanò. Nicolas non avvertì alcun movimento, ma fu certo che si fosse spostato verso il basso. Sotto il suo letto. Forse, stava sognando.

    Paradossalmente la notte non gli sembrò più tanto fredda. Scostò il piumino cercando una posizione più comoda per addormentarsi. Nel caso fosse ancora sveglio. Nicolas non riusciva più a stabilirlo e preferì ritirarsi nel sonno profondo rinviando i pensieri all’indomani. La stanchezza si era fatta ormai insostenibile, aveva bisogno di dormire. Come diceva sua nonna, una buona notte di sonno aggiusta tutto. Se non si poteva far di meglio, bisognava accontentarsi.

    Marianne entrò nella stanza verso mezzanotte.

    Da quando i medici avevano diagnosticato la malattia di Nicolas non sapeva darsi pace. Nei suoi sogni lo vedeva correre felice nel giardino della loro casa per poi cadere in una buca profonda scomparendo dalla sua vista. Quando accorreva in suo aiuto non trovava alcuna traccia del figlio: la fossa conteneva una bara scura, coperta da alcuni pugni di terra.

    Gli sfiorò la fronte con leggerezza, contenta di trovarla fresca. Lanciò un’occhiata in direzione del piatto posato sul comodino e fu sorpresa di trovarlo vuoto. Sapeva che Nicolas non mangiava i biscotti, ma non le aveva chiesto di smettere di portarli. Da quando aveva tre anni quella coccola era divenuta la loro buonanotte.

    La donna spostò lo sguardo verso la finestra, lasciandosi sfuggire un sospiro. Andò a chiuderla, stizzita, obbligandosi a contare fino a dieci prima di formulare alcun pensiero.

    Sapeva cosa era accaduto. Johnny era stato lì: aveva mangiato i biscotti e aperto la finestra.

    Si sentì una funambola in piedi su una corda tesa a dieci metri d’altezza. Johnny era sempre stato geloso del fratello minore, ma in quel periodo la situazione era peggiorata. Se prima sorrideva del suo atteggiamento ora la faceva arrabbiare. Aveva compiuto da poco tredici anni ed era giunto il tempo di crescere. Non poteva continuare con quei piccoli dispetti.

    John la consolava, pregandola di mantenere la calma. I rapidi cambiamenti che avevano dovuto affrontare per gestire la situazione avevano sconvolto tutta la famiglia.

    Un paio di mesi prima Marianne era stata chiamata d’urgenza dalla scuola di Nicolas: il bambino era svenuto a causa di un malore improvviso. Si era diretta all’ospedale di zona e aveva atteso nei corridoi bianchi del reparto emergenza per almeno un’ora. John era accorso appena appresa la notizia. Il tempo di prendere l’auto e avvisare un collega via radio ed era arrivato a Glenrock ignorando ogni limite di velocità.

    La diagnosi era stata uno choc: miocardite infettiva.

    Nicolas era un bambino sano, agile, che amava arrampicarsi sugli alberi. Non aveva mai dato segni di malattia: com’era possibile? Avevano riempito centinaia di formulari assieme ai medici, ripercorrendo le poche malattie infantili. Sì, in primavera aveva contratto la varicella.

    Lei e John l’avevano avuta da bambini, Johnny quando aveva sei anni. La varicella? Poteva, la varicella, uccidere un cuore?

    Marianne aveva appreso anche questo. In casi rari, poteva farlo.

    Il piatto di biscotti, vuoto, era l’unica cosa che riusciva a confortarla. Se Marianne avesse badato al suo umore si sarebbe messa a piangere seduta sul divano. Eppure, la vita doveva andare avanti. Una volta giunto il pomeriggio infornava i biscotti pregando che il nuovo giorno l’avrebbe vista compiere la stessa azione. E così all’infinito. Fino a quando i biscotti cuocevano nel forno, Nicolas era nella sua camera.

    Vivo.

    Dopo aver posato un altro bacio sulla fronte del figlio si apprestò a uscire. Ancor prima di fare il primo passo lo sentì mormorare nel sonno. Incuriosita, chinò il capo verso di lui. Con una mano trattenne i lunghi capelli neri affinché non sfiorassero il viso del bambino, avvicinando l’orecchio alle sue labbra.

    Moo… Moo…

    Marianne sentì le sopracciglia sollevarsi in un’espressione perplessa. Moo. Non riuscì a dare un senso compiuto a quel monosillabo. Nicolas appariva tranquillo, sereno.

    Dolci sogni, piccolino.

    Se ne andò in punta di piedi, chiudendo la porta alle spalle.

    2

    Il fuoco e la falena

    Qualcosa, forse l’istinto, l’aveva guidato dove nessun altro dei Suoi aveva mai messo piede. Il tabù era stato impresso a fondo nella sua carne, eppure era riuscito ad arrivare fino a lì. La paura era stata la sua forza più grande.

    Sapeva soltanto che quel luogo era proibito. Vagava intorno alle strane tane dei Senza Pelo già da alcuni giorni, nascondendosi nei parchi pubblici e cibandosi dei piccoli animali che incontrava lungo il cammino. Era bravo a nascondersi ed era certo di potersi adattare.

    Aveva visto filtrare una luce da un’apertura e ne era stato attratto come una falena dal fuoco. Non sapeva nulla né di falene né di fuochi, sapeva solo che gli era giunto un odore interessante. Solo uno stupido poteva rischiare per così poco. Scarto, Diverso, Debole.

    Quando il Senza Pelo si allontanò dall’apertura entrò nella tana. Nei primi istanti sentì il panico impossessarsi di lui. Quel luogo era chiuso, piccolo. Si fece coraggio: in fondo era abituato a vivere nel folto della foresta, dove poteva sfruttare spazi altrettanto piccoli per nascondersi. Riusciva a comprendere la selva, a decifrarla per muovere il passo successivo: quella tana era completamente diversa e non sapeva cosa fare.

    Era il rifugio dei Senza Pelo. Era giunto lì, vicino agli esseri che gli erano proibiti da secoli.

    Il suo mondo era lontano e sapeva di aver commesso un atto

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