Il mistero del mare: I racconti del capitano De Felice
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Quando la motovedetta della capitaneria esce in perlustrazione , affiora il corpo di un sub morto che galleggia sospeso in acqua..
Il corpo viene avvistato molto in giù rispetto al porto di Acciaroli da dove era uscita la capitaneria per le ricerche, il ritrovamento del cadavere da iniziano una serie di indagini che porteranno il capitano ed i suoi uomini a scoprire dopo lunghe e laboriose indagini il colpevole , le indagini si concentrano su un uomo che per varie circostanze risulta a tutti gli investigatori il principale artefice dell'omicidio del sub; ma nel corso di varie intercettazioni e pedinamenti viene fuori una realtà del tutto inaspettata con un finale che lascia perplessi per le modalità le conseguenze per la cattura e la giustificazione che il vero assassino dà a ragione del delitto commesso.
Antonio Bottone nasce a Napoli da una famiglia di commercianti di caffè; Terminato il servizio militare presso l’ospedale militare di Napoli, si inserisce subito nel mondo del lavoro divenendo agente di commercio nel settore farmaceutico, attività che svolge fino al 1996, anno in cui gli viene proposta la conduzione della nascente filiale di un gruppo nazionale di distribuzione farmaceutica con sede a Roma
Ha iniziato a scrivere i racconti del Capitano De Felice ambientati ad Acciaroli, ridente cittadina sulla costa Cilentana e luogo a lui molto caro, durante il periodo della pandemia.
Del Capitano De Felice ha scritto Il Mistero del Mare e La Tonaca Violata , di prossima pubblicazione , che danno vita a una saga che prevede altri sei racconti.
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Anteprima del libro
Il mistero del mare - Antonio Bottone
Prologo
La luna disegna sull’acqua un riflesso argentato, mentre una brezza leggera sfuma frammenti della superficie vetrosa.
Acciaroli è immersa nel buio della notte, avvolta dall’abbraccio del mare. Non c’è nessuno per le strade, neppure cani o gatti liberi e vagabondi. È il tempo del riposo, questo. Gli abitanti dormono il sonno dei giusti. Eppure il mare si muove, si agita, reduce da un inverno lungo e gelido, fatto di piogge torrenziali e venti potenti che hanno messo a dura prova gli uomini. Perché Acciaroli è legata al suo mare, vive dei suoi frutti e dei suoi pesci. Ogni giorno, dalle acque profonde, gli abitanti del luogo raccolgono orate, scampi, aragoste. Sotto gli scogli, invece, i ragazzi si accalcano con le maschere e i tubi per catturare i polpi; si immergono, cercano le tane, scostano le pietruzze e tirano fuori i polpi che lottano fino all’ultimo. Per sei lunghi mesi nessuno, a parte i pescatori professionisti, si è più avvicinato al mare, ma il gelo dell’inverno adesso è un lontano ricordo. Il sole di maggio torna a scaldare e illuminare il litorale del piccolo paese e la natura rigogliosa si risveglia, come gli abitanti che, destati da un lungo letargo, riprendono a frequentare il porto.
Due pescatori, un uomo anziano e un ragazzo, attraversano il mare a bordo di una piccola barca, accompagnati dalla scia della luna. Sono a un solo miglio dalla costa. Stanno per rientrare dopo aver fatto una buona pesca, ma non hanno fretta. Vogliono godersi il silenzio e la quiete notturna. All’improvviso, la barca fa un leggero sobbalzo. I due uomini si scambiano uno sguardo interrogativo. Il pescatore più anziano guarda la superficie dell’acqua alle sue spalle che è buia, illuminata soltanto dai raggi della luna. Qualcosa immagina, un tronco alla deriva, poi spinge avanti la manetta, fa cenno all’altro di non preoccuparsi. Si lasciano alle spalle il largo e qualunque cosa abbiano sfiorato. Adesso sono a un centinaio di metri dal porto, puntano al molo. È una notte chiara, calda. La brezza è delicata. Scendono dal gozzetto dopo aver riordinato e recuperato il frutto dell’uscita in mare e si soffermano ancora un po’ a guardare l’orizzonte prima di tornare a casa. L’anziano osserva con attenzione il largo da cui sono giunti, rammaricato per non essersi fermato per capire. Qualcosa gli suggerisce che avrebbe dovuto fermarsi per controllare cosa ha causato quello strano sobbalzo. Sa che il mare è generoso, ma sa anche che può nascondere pericoli e segreti.
«Andiamo», dice. «Abbiamo fatto una buona pesca».
L’indomani informerà la Capitaneria di Porto per effettuare un controllo e verificare cosa ha urtato la barca in mare. Non ha mai sbagliato nella sua vita. Le sue sensazioni sono sempre state giuste. E lui è sicuro che il mare stanotte ha portato con sé qualcosa. Lasciano il molo, e si uniscono al sonno degli altri abitanti mentre la luna aumenta la sua intensità. Nessuno, ad Acciaroli, può immaginare che il mare si sta mescolando col sangue.
1
Il porto di Acciaroli si affaccia sul golfo di Policastro. È grande abbastanza per accogliere barche di discrete dimensioni, ospita un cantiere con un ponte gru capace di alare anche imbarcazioni di oltre venti metri e un distributore utile per chi si appresta a navigare in direzione delle Eolie con rotta tangente.
Il punto di ritrovo al porto di Acciaroli è il bar di Gennaro che, con i suoi ombrelloni che proteggono i tavolini, accoglie già di primo mattino innumerevoli avventori. D’altra parte, Acciaroli è una cittadina laboriosa. I suoi abitanti vanno a letto presto e si svegliano all’alba per dedicarsi alle proprie attività. Il cantiere è in fermento con i suoi operai che si muovono come tante formiche, ognuno con un ruolo e un compito da rispettare. Al largo, invece, ci sono già barche di pescatori che tirano le reti. Dovunque è un fervore di gente impegnata ad accogliere la bella stagione che porterà con sé turisti e soldi. Ci sono uomini intenti a uniformare la spiaggia, altri ad allestire ombrelloni, sedie, lettini. I lidi si susseguono, dall’alto sembrano tante piccole macchie colorate che rendono più bella la spiaggia dorata. È maggio, e ogni cosa dovrà essere pronta per l’inizio della stagione balneare. C’è agitazione, talmente tanta che nessuno sembra accorgersi dello strano movimento nella zona della banchina dove si trovano i mezzi nautici della Guardia Costiera.
Il vecchio pescatore è stato di parola. Alle prime luci dell’alba ha contattato la Capitaneria di Porto dicendo di aver visto qualcosa, forse un tronco, e che è necessario che controllino la zona per evitare che qualche altra barca possa imbattervisi. I militari, ricevuta la segnalazione, hanno subito organizzato un’uscita con la loro motovedetta per raggiungere il punto approssimativo indicato dal pescatore.
Alla tenenza dei Carabinieri di Acciaroli, intanto, sempre nelle prime ore del mattino, è arrivata la segnalazione da parte di alcuni pescatori di un paese poco distante verso Sud. Secondo la comunicazione, gli uomini stavano rientrando dopo una battuta di pesca a traino con la loro barca quando hanno avvistato tra le onde qualcosa che a prima vista era sembrato un corpo ma non certi, né tantomeno convinti, avevano inizialmente deciso di lasciar perdere e andare avanti, impegnati nella traina. Soltanto dopo, una volta scesi dalla barca, hanno deciso di fare la segnalazione per scrupolo e liberarsi così di quel pensiero: se fosse stato realmente un corpo, andava accertato.
Dalla tenenza il Maresciallo Guido Foletti invia un giovane appuntato per affiancare la motovedetta della Capitaneria di Porto pronta a uscire per la segnalazione del pescatore del probabile tronco e spingere la ricognizione un poco più a Sud dove sarebbe stato avvistato questo ipotetico corpo.
L’appuntato si chiama Giovanni Gianni, detto Giova, originario di Spotorno, in Liguria. È sempre sul pezzo e informato di ogni evento che riguarda il paese. Sale sulla motovedetta e subito si accorge che il mare è mosso da un leggero venticello che, rispetto alla notte, adesso ha acquisito maggiore forza e intensità. Avverte una leggera vertigine, ma non lo dà a vedere. Si regge forte mentre il mezzo lascia il porto e prende il largo. Gli uomini iniziano a perlustrare la superficie, poi si soffermano sulla parte antistante il cantiere dove, secondo le indicazioni, il pescatore dovrebbe aver avvistato un tronco alla deriva. Giova si sporge, reggendosi per non perdere l’equilibrio, segue le manovre dei colleghi della Capitaneria. Non trovando nulla, il comandante della Capitaneria ordina agli uomini di spostarsi a Sud. Il mare e la corrente potrebbero aver spinto l’ipotetico tronco verso quella zona; in questo modo, inoltre, possono controllare anche l’eventuale corpo galleggiante, come paventato dai pescatori. Giova riceve, intanto, la telefonata del maresciallo Foletti che vuole essere aggiornato. Il vento e la salsedine sul volto rendono insofferente l’appuntato.
«Ancora niente», risponde reggendosi per non cadere.
«Chiamami subito appena ci sono novità».
«Hai avvertito il Capitano De Felice?» chiede Giova mentre gli uomini fermano il mezzo e si accalcano in un punto indicando tutti verso la stessa direzione.
«Ancora no. Aspetto prima la tua conferma».
Giova spegne il cellulare e senza perdere tempo si avvicina agli uomini che sembrano agitati; indicano un punto nel mare. Si sporge anche lui, e all’improvviso lo vede. Il corpo senza vita di un sub con una tuta azzurra emerge dalle acque. Il mare ha restituito ciò che si è preso.
Giova richiama Foletti per comunicargli dell’avvistamento.
«Si tratta di un uomo?» chiede il maresciallo.
«Sì, un sub con una mezza muta celeste scuro. Lo stanno issando a bordo e poi lo porteremo a terra. Puoi avvertire il capitano».
Guido Foletti, cinquantatré anni, nato ad Acciaroli, inspira profondamente. Sperava in una giornata tranquilla ma, soprattutto, di non dover disturbare il Capitano De Felice che aveva espresso il desiderio di godersi una mattina in santa pace, lontano dalle noie dell’ufficio. Guarda la torre Saracena collocata all’interno del perimetro del porto, un tempo diroccata e pericolante, ora una meravigliosa struttura a tre piani che sovrasta il paesaggio. È lì, nella maestosa torre che vive lui, Gianni De Felice, capitano della tenenza dei Carabinieri ad Acciaroli. E già Foletti se lo immagina che sorseggia il suo caffè affacciato sulla terrazza. Decide di aspettare ancora un po’ prima di avvertirlo. De Felice è un uomo giusto, al di sopra delle parti, uno che non incriminerebbe mai nessuno senza una prova certa. Ma è anche un uomo che ama gustarsi i piccoli piaceri della vita, come il risveglio accompagnato dal caffè, senza che nessuno gli rompa le scatole. E questo Foletti lo sa bene.
Il Capitano De Felice, affacciato di buon mattino sulla sua splendida terrazza che dall’alto domina tutta la costa da Nord a Sud, inspira a pieni polmoni. Sente l’arrivo della bella stagione e questo gli regala un insolito buonumore. Con la vista abbraccia il golfo di Policastro, l’ammira in tutta la sua maestosità. Poi osserva il porto sottostante mentre i primi camioncini sostano dinanzi alle attività aperte per rifornirle delle merci che giornalmente portano dai vari depositi.
Il sole è caldo, e il capitano sta sorseggiando il suo caffè di casa. Non ha particolare voglia di correre in tenenza, il tepore di questi iniziali primi giorni di accenno di primavera lo invitano a prendersela comoda. In fondo, non vi sono particolari urgenze. È il tempo della grande pace del paese che in silenzio e senza fretta avvolge i suoi abitanti in un distensivo e placido trascorrere del tempo. De Felice oramai si è abituato a questo tranquillo andazzo e oggi andrà in ufficio comunque non prima, come sempre, di prendere il suo secondo caffè del mattino da Gennaro. Guarda il locale, dalla terrazza scorge i tavolini coperti dagli ombrelloni. Rientra in casa e si prepara per uscire. Non indossa la divisa. Per lui è una di quelle giornate che capitano a tutti, in cui non si ha voglia di fare nulla. Scende dalla torre e, percorsi pochi metri, raggiunge il locale di Gennaro. La sua giornata adesso può davvero iniziare.
2
Gianni De Felice, capitano della tenenza dei Carabinieri ad Acciaroli, è sempre pronto a intervenire in aiuto di chiunque abbia bisogno, sia per istinto e disponibilità personale sia per il ruolo che da oltre dieci anni ricopre nella piccola cittadina. Amato e rispettato in tutto il paese, i concittadini spesso si rivolgono a lui anche solo per qualche consiglio in merito alle cose più assurde e meno pertinenti al suo lavoro; è un modo per dimostrargli la propria stima e considerazione.
Nella piccola stazione, oltre ad Acciaroli, sovrintendono anche Pollica, il paese nella parte alta, e altre due piccole contrade distanti un paio di chilometri sulla strada principale, una a Sud e una a Nord. Della tenenza fanno parte circa dieci uomini, tra appuntati, marescialli e semplici carabinieri; il suo secondo è il maresciallo Guido Foletti, da sempre ad Acciaroli, da oltre venti anni, ancora prima che arrivasse il Capitano De Felice.
De Felice, quando faceva il militare nella Caserma Giannettini di Trapani, era stato reclutato nel corpo dei Paracadutisti. Scelto per attitudini, dopo un lungo e faticoso addestramento era passato effettivo in una sede operativa in Emilia. Ha partecipato a numerose missioni all’estero dove si è fatto notare per molte azioni valorose ottenendo diverse onorificenze; al rientro in patria è stato inviato a comandare la piccola stazione di Acciaroli. Nativo del posto, da piccolo abitava con la famiglia in un appartamento lungo il corso principale del paese. Poi, con il tempo, suo padre ha fatto ricostruire, con una parte di sovvenzione della Regione, la torre Saracena che da generazioni era di proprietà della famiglia ma che, pericolante, non era più stata abitata.
In concomitanza con l’allargamento e la ristrutturazione del piccolo porto del posto, essendo la torre collocata all’interno del perimetro dello stesso, era stato imposto al padre di De Felice di ristrutturarla. Con grandi sacrifici e con la parte di sovvenzione regionale che gli spettava, l’uomo è stato in grado di trasformarla in una magnifica torre a tre piani in cui la famiglia si è trasferita e in cui, morti i genitori, tuttora Gianni De Felice abita. Questo è il posto dove da piccolo trascorreva con gli amici le giornate estive a tuffarsi e a giocare all’imboccatura del porto. De Felice non è sposato, ha una fidanzata
che vive in una piccola contrada poco distante dal centro di Acciaroli, e lavora come maestra nella scuola elementare su a Pollica. Un rapporto che va avanti oramai più per affetto che altro. Lei ha qualche anno meno di De Felice, è figlia unica e vive con gli anziani genitori per i quali, nel passato, ha rinunciato, non volendoli lasciare soli, a sposarsi.
Con il capitano si vedono nei pochi momenti di disponibilità dei due, che il più delle volte non coincidono mai. Ma a De Felice va bene così. Lui vive assorto nel suo lavoro. Le poche risorse della tenenza e il territorio da coprire rendono le giornate piene ed essendo molto scrupoloso non tralascia alcun dettaglio, tutto deve essere concordante con le indagini e la sua intuizione che deve essere supportata da prove concrete per poter chiudere i vari casi che gli si pongono. La verità finale deve essere sempre una sola. Può insomma definirsi un giusto al di sopra delle parti.
Gennaro lo vede arrivare e spalanca le braccia con un sorriso raggiante.
«Capitano!» esclama. «La stavo aspettando. La giornata non può dirsi veramente iniziata se prima non le servo il caffè».
De Felice lo ringrazia ma, invece di seguirlo all’interno, indica i tavolini fuori.
«Questa volta si cambia, Gennà. Lo prendo seduto a uno dei tuoi invitanti tavolini».
Gennaro sgrana gli occhi, stranito per la novità: «Lei così mi onora, capitano», dice e subito sposta la sedia per farlo accomodare. Poi entra e ordina al barista di preparare il miglior caffè per il capitano. De Felice si accomoda e si guarda attorno. L’odore del mare gli penetra nelle narici, talmente è forte. La brezza accarezza il suo viso, mentre i raggi del sole iniziano a riscaldargli la pelle. Gennaro torna al tavolo con due caffè e si siede al suo fianco per gustarli insieme.
«Come mai questa novità?» chiede, ancora stupito. Il capitano è un uomo abitudinario, e non è mai capitato che si sedesse all’esterno.
«Che ti devo dire, Gennà … con questa giornata e dopo tanto freddo, ho voglia di cambiare. E poi non mi va proprio di andare a sentire le solite beghe in caserma tra questioni di confini, terre invase dalle pecore del vicino, staccionate divelte dalle mucche al pascolo … insomma, oggi me la prendo comoda».
«E fa bene, capitano. Fa bene. Io lo dico sempre. Bisogna prendere le cose con calma», si sofferma a guardare i suoi abiti, poi aggiunge: «Non ha neanche la divisa … siamo in totale relax!»
«Totale relax, Gennà. Anche se solo per un po’. In ogni caso ho deciso di prendere la giornata come se fossi part time, tanto non vi sono particolari esigenze e Giova e Foletti sono autosufficienti. Se la possono sbrigare da soli».
Gennaro annuisce, sta per dire qualcosa ma viene richiamato dal telefono che squilla all’interno, e squilla a vuoto perché nessuno risponde. Infastidito, si alza sbuffando: «Mi sa che anche dentro sono in modalità part time
», dice riferendosi al personale che sembra essere scomparso e inghiottito nel nulla. De Felice osserva il porto che si riempie di gente indaffarata. Tutti quelli che passano davanti al tavolino lo salutano. Lui risponde con un sorriso e un cenno della mano. Intravede Michele, il fruttarolo, che sta rientrando dal mercato e si ferma con il suo furgoncino per prendere il caffè. Quando vede il capitano senza divisa rimane un attimo interdetto, indeciso se scendere o meno dal mezzo. De Felice intuisce che sta attendendo il suo assenso e con la testa lo invita a entrare, dandogli così il consenso a lasciare il furgoncino mal parcheggiato sulla strada, davanti al bar.
«Giusto il tempo di prendere il caffè!» dice Michele correndo verso l’interno del locale.
De Felice sorride, oggi non ha voglia neppure di incazzarsi. Michele è di parola. Esce dopo poco, saluta il capitano e subito risale al posto di guida del furgoncino liberando il tratto di strada. Anche Gennaro esce