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Case Study One
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E-book187 pagine2 ore

Case Study One

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Thriller - romanzo (124 pagine) - “REC: Dangerous Smith è un vero psicopatico. Lui è il male. Senza motivo. Senza una giustificazione. Il male fine a se stesso. Quello che quando lo incontri, te ne accorgi. E non dormirai mai più sereno una sola notte nella tua vita”.


Anno 2263, Sud Est Europa.

Dangerous Smith è incaricato dal colosso farmaceutico Reklaytek di guidare l’Unità 5, dove si svolgono alcune ricerche sui Perpetui per comprendere il motivo che induce così tanti di loro a togliersi la vita.

Ma Dangerous conduce anche una personale, segreta ricerca, per la quale usa delle cavie singolari.

Alcuni mesi dopo, chiuso nel carcere di massima sicurezza di Reifenen per i reati di violazione della privacy e manipolazione mentale, Dangerous racconterà la sua versione ad Arrigo Pisellini, brillante giornalista di cronaca nera per il Panoramic News of the Day. Arrigo odia il proprio nome e insegue con ossessione un preciso obiettivo: raccontare La storia, quella che lo consegnerà alla Storia. Suo malgrado, il giornalista finirà incastrato in un’intervista al contrario dove verrà costretto a rievocare strani ricordi.


Linda Talato è nata e cresciuta a Piove di Sacco, in provincia di Padova. Laureata in Scienze Politiche all’Università di Padova, lavora in ambito commerciale e nel tempo libero scrive e collabora con la rivista online Sugarpulp Magazine, nella sezione dedicata alla critica letteraria. Oltre a Case Study One, ha pubblicato Perpetual Life One nella collana “Dystopica” di Delos Digital, e Alienazione, racconto scritto a quattro mani con Vincenzo Romano e contenuto nella raccolta Oltre lo Specchio, edita da Dark Zone Edizioni e patrocinata da Amnesty Italia.

LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2022
ISBN9788825421965
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    Anteprima del libro

    Case Study One - Linda Talato

    "… E al centesimo catenaccio

    Alla sera mi sento uno straccio

    Per fortuna che al braccio speciale

    C'è un uomo geniale che parla co' me

    Tutto il giorno con quattro infamoni

    Briganti, papponi, cornuti e lacchè

    Tutte l'ore co' 'sta fetenzia

    Che sputa minaccia e s'a piglia co' me

    Ma alla fine m'assetto papale

    Mi sbottono e mi leggo 'o giornale

    Mi consiglio con don Raffae'

    Mi spiega che penso e bevimm' 'o café."

    Fabrizio de Andrè, Don Raffae’

    Prologo

    REC

    Voi lo avete mai conosciuto uno psicopatico?

    No no no, capitemi. Un vero psicopatico.

    Tutti ci lamentiamo ogni giorno della gente che incontriamo per strada, in coda alla cassa del supermercato, all’ufficio postale o a lavoro. Quante volte diciamo Oh Dio, sono circondato da psicopatici!

    Quante?

    Basta fare una semplice ricerca in rete per scovare decine di libri che ne parlano e che danno consigli su come difendersi e sopravvivere. Secondo alcune statistiche, addirittura l’1% della popolazione apparterrebbe a questa categoria.

    Tutto questo sulla carta, certo. Ma siete mai stati chiusi in una stanza con un vero psicopatico?

    Beh, io no, un autentico psicopatico non lo avevo mai incontrato. Perchè quando lo incontri, te ne accorgi. Oh, te ne accorgi eccome, date retta a me. All’improvviso qualcosa ti artiglia dentro, sei come paralizzato, puoi solo osservare. E ritirarti in te stesso. Come se tutta la tua persona si riavvolgesse, si accartocciasse e si facesse piccola piccola. Sei nella sua ragnatela, ti sta lentamente avvolgendo in un bozzolo.

    Lento, lento.

    Gira, gira.

    Ti osserva.

    E poi accade.

    Prima che tu riesca a rendertene conto, accade.

    Non puoi più fare nulla.

    Sei prigioniero.

    Il giorno in cui iniziai a lavorare per quella piccola filiale della Reklaytek – Unità 5 Sud Est Europa, dipartimento ricerca e sviluppo – eravamo in sei. Una piccola azienda nell’azienda. Sapevo di essere entrata a far parte di un colosso di fama internazionale, ma quel dipartimento sembrava quasi una realtà indipendente, rassicurante.

    Umana.

    Non eri più un numero, eri il membro di una squadra.

    L’ingranaggio più importante, quello che faceva girare tutto il resto.

    Proprio così la voleva Dangerous Smith.

    Un posto rassicurante, in cui attirare le sue prede.

    Dangerous Smith è un vero psicopatico.

    Lui è il male.

    Senza motivo. Senza una giustificazione. Il male fine a sé stesso.

    Quello che quando lo incontri, te ne accorgi. E non dormirai mai più sereno una sola notte nella tua vita.

    Dangerous Smith è Il Male.

    1.

    Anno 2263, Sud Est Europa

    Mi ritengo un uomo comune.

    Senza infamia, né gloria.

    Equilibrato, ragionevole… Una persona normale, insomma.

    Ci sono giorni – come oggi, ad esempio – in cui mi guardo allo specchio e penso che i miei genitori sarebbero orgogliosi di me.

    Altri in cui mi sembra di dover ricominciare tutto da capo, come diceva una vecchia canzone, non ricordo più il titolo.

    Ma è normale. Capita a tutti.

    O no?

    Comunque oggi non è uno di quei giorni. Sono soddisfatto di me stesso mentre mi sistemo la cravatta attorno al colletto della camicia inamidata. Il bagno è occupato da Amanda, ma tanto non mi serve più. Ci svegliamo entrambi alla stessa ora tutti i giorni eccetto il sabato, in cui io mi sveglio alle sette e faccio un salto in redazione, lei invece rimane a sonnecchiare ancora un po’.

    Così da cinque anni. Da quando ci siamo sposati, insomma.

    Ci riteniamo una coppia normale. Abbiamo alti e bassi come tutti, ogni tanto litighiamo, non troppo spesso, in realtà. Ci sia ama, il sesso è ok, qualche volta usciamo a cena. Altre, invece, preferiamo restare a casa e passare la serata a guardare quei film che davano una volta.

    Ogni tanto mi è capitato di prendermi una cotta per qualcun'altra, ma poi passava. Insomma, niente di grave, cose platoniche, sapete, che capitano a tutti. A volte succede di perdersi, ma non così tanto da non ritrovarsi. Non mi domando mai se capita anche ad Amanda, preferisco non saperlo.

    Oggi è uno di quei giorni in cui i miei genitori sarebbero orgogliosi di me, penso mentre mi infilo la giacca. Lascio che Amanda termini la sua seduta mattutina di trucco mentre io prendo il primo caffè della giornata – il primo di una lunga serie – e scorro le notizie del giorno sul display olografico che abbiamo fatto installare in cucina. Luce naturale, ovviamente, i vecchi display mi distruggevano gli occhi.

    Le breaking news parlano ancora di Shyra Naru. La stronza perpetua è tornata alla guida della Reklaytek, dopo che il benefattore ha deciso di iniettarsi l’antidoto e passare a miglior vita. Pe-Life One è una bella merda, ma nonostante tutto continua ad avere adepti in giro per il mondo. Ora dicono che li vogliono salvare. I perpetui, intendo. La Naru, con le sue tette rifatte e le labbra dipinte di nero, straparla alla Tv un giorno sì e l’altro pure. Dice che troveranno il motivo per cui in così tanti decidono di togliersi la vita.

    Ma andate a farvi fottere.

    Passo con noncuranza alle notizie successive, per la Naru il mio giornale ha già sprecato fiumi di inchiostro – come si diceva una volta – e dell’inchiostro della concorrenza poco mi importa.

    Ah, non ve l’ho detto, vero? Lavoro per il Panoramic News of the Day, sezione cronaca nera.

    Furti, omicidi, rapine a mano armata, sparatorie… Sì, insomma, le solite cose. È il mio lavoro da una quindicina d’anni, ormai. All'inizio era un incubo, poi uno si abitua.

    Qualcuno dice che io sia ammanicato ovunque e che la polizia mi passi informazioni scottanti in anticipo su tutti. Soprattutto quelle che non si possono passare. Ok, non lo dice qualcuno, lo dice la concorrenza, ovvio.

    – Si facessero amicizie utili pure loro, no? – Borbotto a voce alta mentre sorbisco il mio caffè.

    Ed è proprio grazie alle mie amicizie utili, che oggi ho in tasca un pass di accesso per il carcere di massima sicurezza di Reifenen.

    Amanda entra in cucina seguita da una scia di profumo. È incantevole come il primo giorno in cui l’ho incontrata. Anzi, forse un po’ di più. Non è che non veda le altre donne – ovvio, non sono cieco – ma alla fine lei è sempre la scelta migliore. In fondo, non è questo che tiene unite le coppie, una volta passato l’innamoramento iniziale, no?

    La bacio, raccolgo il mio portatile – portafoglio e documenti sono nello smartwatch, il lasciapassare ufficiale per il carcere anche – ed esco in fretta di casa. Qualcuno di piuttosto importante mi aspetta. E non si può certo far aspettare uno come Dangerous Smith.

    * * *

    A Reifenen una volta c’era un capostazione.

    Ehi, calma, con una volta intendo parecchio una volta, eh? Cioè cose d’altri tempi, proprio. Quando scendo dal treno ad alta velocità che mi ha portato nella cittadina montana, percorro a piedi il selciato lungo i binari. In realtà c’è un sottopassaggio, dove un nastro trasporta i passeggeri appena scesi dal treno sin fuori dalla stazione. Così loro non la vedono quella casetta mezzo diroccata che in un’altra epoca era appartenuta al capostazione. In realtà, non sanno neppure che ne esistesse uno, di capostazione, a dirla tutta. E non vedono neanche quell’insegna…

    Reifenen

    Il cartello è ricoperto di edera e le foglie nascondono parte delle lettere scritte.

    Io scelgo di camminare. Non so perchè, non c’è un vero motivo. Forse ho solo bisogno di aria fresca e di cielo blu e di alberi e montagne all’orizzonte. Non lo so, non sono mai stato un romantico, ma Reifenen ha decisamente qualcosa di molto pittoresco. Forse proprio per questo motivo il Governo ha deciso di spedire lì i criminali peggiori di quel lembo sperduto d’Europa.

    Comunque, non è questo il punto. Il punto è che con uno di quei pericolosissimi criminali che il Governo ha deciso di spedire a Reifenen io ho un’intervista.

    – Roba scottante – borbotto.

    Sì, mi capita spesso di parlare tra me come se mi stessi rivolgendo a un immaginario interlocutore, ma non sono pazzo, mi aiuta solo a raccogliere le idee. A focalizzarmi sui miei obiettivi. Ok, cerco di farlo solo quando sono solo, ovvio.

    Quella roba era scottante perché, di fatto, nessun altro era riuscito a ottenere un’intervista con lui. Nessun altro tranne me. Qualcuno diceva che la gente preferisse evitare di parlare con Dangerous Smith, qualcun altro che era lui a non voler parlare con nessuno. Perché Dangerous Smith era l’uomo del momento.

    – Il manipolatore!

    Ridacchiai tra me.

    Individuo potenzialmente pericoloso, aveva scritto il giudice su di lui.

    Quella parola diceva tutto sullo stato della giustizia nel Sud Est. O un individuo è pericoloso, o non lo è! Come può stare in carcere perché si suppone che lo sia?

    Già una persona che si chiama Dangerous… Ne vogliamo parlare? Con quale coraggio i suoi genitori gli hanno dato un nome del genere? Non so perché, ma la prima cosa che ho pensato quando l’ho sentito nominare è stata che sua madre avesse guardato troppe serie TV quando era in gravidanza. Oppure troppi film dell’orrore.

    Che nome idiota!

    Il cognome veniva da quella che una volta era stata l’America: il padre del nostro era originario da lì.

    Qualcosa di inutilmente esotico.

    Insomma, Dangerous era in carcere in mezzo ai delinquenti più pericolosi perché era sospettato di aver commesso giusto un paio di reati che per il nostro ordinamento sono piuttosto gravi: violazione della privacy e manipolazione mentale. Dico sospettato perché non c’erano ancora sufficienti prove per condannarlo. Ma nel frattempo lui doveva stare in cella, così aveva deciso il giudice.

    In pratica, la LiSEE – Lavoratori impiegati nel Sud Est Europa - l’associazione sindacale più importante nel territorio, lo aveva accusato di portare avanti esperimenti non consentiti sui suoi sottoposti, fino a che la situazione gli è sfuggita di mano. Diciamo che la cosa ha iniziato ad avere una certa rilevanza quando qualcuno si è accorto che quei poveretti si erano fatti fuori a vicenda.

    Quel qualcuno ero io.

    Ok, diciamo io e le forze dell’ordine.

    Di fatto, sono stato il primo giornalista a raggiungere il luogo del delitto.

    Me lo ricordo ancora, era l’alba. Telefonata dalla mia fonte chiave alle 5 del mattino. Ero a letto con Amanda e il nostro cane, Rufus. Tutti e tre addormentati profondamente. Rufus è piuttosto grande, occupa quasi metà del letto. Amanda lo aveva sempre detto che desiderava un cane enorme da chiamare Rufus. Insomma, il fatto è questo: quella mattina mi chiamavano perché c’era da andare a raccogliere il morto. Amo usare questo modo di dire quando qualcuno passa a miglior vita in modo violento, e io devo correre a documentare il fatto. Mi fa sentire una specie di becchino. Di acchiappamorti.

    Allertai il fotografo del Panoramic che mi seguì a ruota, ma la polizia, già sul posto, non lo fece entrare. In realtà neppure a me, stazionai fuori per un bel po’.

    Oh, fai qualche foto tu, se riesci, mi disse.

    Ma neanche per sogno.

    Non avrei mai rischiato una denuncia dei parenti solo per fotografare una manciata di cadaveri. E poi, la scena del delitto era inviolabile.

    Sì, ok, lo ammetto: detta così, penserete che sono un insensibile, un cinico, ma noi cronisti abbiamo un rapporto particolare con la morte.

    Una rottura di balle, il più delle volte. Per noi ovviamente.

    Un evento spiacevole ma inevitabile, tutte le altre.

    Gironzolai attorno per un bel po’. Non era poi così male, alla fine, fare quattro chiacchiere con i poliziotti di turno. Li conoscevo tutti.

    E poi, i cadaveri erano inguardabili anche per uno stomaco forte come il mio, e non avevo alcuna voglia entrare in quella filiale sperduta e pulciosa della Reklaytek. Anche perché lì dentro c’erano tre gradi.

    Insomma, manipolazione mentale, dicevamo. Sperimentazioni proibite sulla mente umana. La Reklaytek le promuoveva, in realtà; ma solo ricorrendo all’uso dei suoi farmaci sperimentali, li stava usando sui perpetui per curare le tendenze suicide. L’intento poteva sembrare benefico, in realtà il colosso farmaceutico asiatico voleva solo pararsi il culo.

    E portare avanti altre sperimentazioni.

    Ma forse a Dangerous Smith la cosa era un tantino sfuggita di mano.

    La Naru e i suoi galoppini lo difendevano a spada tratta, sbraitando nei talk show.

    Dangerous Smith è un martire!

    Il sindacato e i parenti delle vittime lo vogliono incastrare per avere i risarcimenti della Reklaytek!

    La vera vittima è Dangerous Smith!

    E altre stronzate simili.

    Insomma, martire o carnefice, poco mi importava, i processi non li facevo io. Avrei dato al pubblico solo ciò che il pubblico voleva.

    Il Dangerous Smith uomo.

    Oltre i processi, l’accusa, la

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