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La Casa di Fronte
La Casa di Fronte
La Casa di Fronte
E-book301 pagine3 ore

La Casa di Fronte

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Info su questo ebook

Il piccolo paese costiero di Roquesas si vede scosso dalla scomparsa di una delle sue abitanti: la giovane Sandra López, di soli sedici anni. Quando il suo corpo viene ritrovato orribilmente mutilato sul retro della casa di uno dei suoi più illustri concittadini, tutti sospettano che Álvaro Alsina sia colpevole.

La benpensante comunità locale inizia una caccia alle streghe incolpando Álvaro del crimine, mentre si va tessendo una fitta rete di inganni e bugie con l'unico obiettivo di riuscire a dimostrare la sua colpevolezza. Álvaro si trova obbligato a vedere come ogni elemento della vita crolla intorno a lui senza che né lui, né nessuno della sua famiglia, possa fare nulla per evitarlo. I suoi amici, sua moglie, i suoi figlia, la sua amante, e perfino il capo della polizia, lo considerano l'autore del delitto.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita27 feb 2024
ISBN9781667460680
La Casa di Fronte

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    La Casa di Fronte - Esteban Navarro Soriano

    La Casa di Fronte

    Esteban Navarro Soriano

    ––––––––

    Traduzione di Enrico Ruggeri 

    La Casa di Fronte

    Autore Esteban Navarro Soriano

    Copyright © 2024 Esteban Navarro Soriano

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Enrico Ruggeri

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    LA CASA DI FRONTE

    Esteban Navarro Soriano

    © Esteban Navarro Soriano. novembre 2012

    https://relinks.me/EstebanNavarro

    Correzione: Ester Soteras

    Tutti i diritti riservati.

    Questa è un'opera di finzione. Nomi, personaggi, organizzazioni, luoghi, eventi o fatti sono il prodotto dell'immaginazione dell'autore o sono usati in modo fittizio. Ogni somiglianza con la realtà è solo casuale.

    A Ester e Raúl, come sempre

    Capitolo 1

    Il vecchio Hermann Baier se ne sta seduto sulla sua sedia a dondolo nella casa che acquistò in calle Gibraltar, vicino alla piazza Roquesas. Vive lì da quando arrivò nel paese. È passato tanto tempo da allora che non resta nessuno vivo tra coloro che lo videro scendere alla stazione quella fredda mattina dell'inverno del 1945. Il rumoroso treno si affacciò timidamente alla banchina di Roquesas. Non erano bei tempi per nessuno, una moltitudine arrivava da ogni angolo d'Europa cercando rifugio. Le città si saturavano di immigranti che vagavano per le sue strade alla ricerca di una pace dimenticata. Piccoli gruppi di soldati pattugliavano i binari; il tuttavia disorganizzato Regime di certo non desiderava che attraverso i passaggi di frontiera si infiltrassero agenti stranieri con l'obiettivo di destabilizzarlo. Hermann scese dall'espresso diretto proveniente dalla Germania. Passò due severi controlli di frontiera, ma nel '45 i tedeschi godevano di un lasciapassare per entrare in Spagna senza impedimenti. Quella mattina, la coppia di Guardie Civili pattugliava la banchina ondeggiando al vento i mantelli imbalsamati delle uniformi, stringendo a due mani il moschetto per la volata della canna. Gli agenti non chiedevano documenti o visti, perché gli avventurieri che scendevano da quei treni non possedevano identità. Esistenze anonime che attraversavano un'Europa in fiamme, piena di crateri provocati dai bombardamenti, piena di odio provocato dall'ira. La guardia più anziana si carezzò i baffi guardando fisso negli occhi del tedesco, tanto che dovette abbassare i suoi. Quello sguardo irradiava una tale incandescenza che si poteva credere che da un momento all'altro avrebbe scagliato una colonna di fuoco su di lui.

    —Documenti —ordinò.

    Il tedesco allungò il braccio, sostenendo con fermezza un foglio ripiegato, e lo aprì sotto lo sguardo severo dell’agente.

    La guardia lo prese ed allontanò la mano a sufficienza per leggerne il contenuto. Non capiva una parola, ma c’era un timbro della Gestapo e ciò era abbastanza per non fare altre domande. Si limitò ad appuntarne il nome su una agenda, nel caso che i superiori avessero richiesto qualche nome degli arrivi in paese. 

    —Controlliamo il bagaglio? —domandò l’altra guardia, più giovane.

    —Non ce n’è bisogno —disse l’anziano, e rivolgendosi poi al viaggiatore:

    —Da dove viene?

    —Da Berlino —rispose tranquillo—. Dall’inferno.

    Il tedesco ripiegò il lasciapassare e lo ripose con cautela nel taschino del cappotto. Con il gomito controllò che la Luger fosse ancora dov’era. Le guardie civili non si resero conto di nulla, nemmeno l’avevano perquisito per controllare che non avesse armi con sé. Si dileguò dallo sguardo degli agenti e sgattaiolò dalla stazione.

    Hermann Baier si stabilì a Roquesas. Lì prese dimora. Si trasformò presto in uno dei suoi abitanti, uno dei tanti. Per un tempo si disse che i servizi segreti israeliani lo stessero cercando, che lo avrebbero ucciso se avessero scoperto dove si trovava, ma non venne mai nessuno a chiedere di lui in paese. L’emaciato tedesco arrivava da Berlino, così disse alla guardia civile quando scese dal treno. Era la risposta migliore, la più giusta. Per gli agenti di allora Berlino era una città distrutta, una città situata nell’epicentro della guerra. La capitale dell’inferno. Un documento scritto in tedesco testimoniava la sua fuga. La Guardia Civile lo guardò negli occhi. Non c’era paura in essi. Era uno sguardo di sfida, quasi arrogante. Quel tedesco arrivava dai campi di sterminio di Majdanek, nei dintorni di Lublin, in Polonia. Lì fu comandante della Gestapo e fuggì prima che i russi lo catturassero. Era il comandante più giovane che i nazisti avessero mai avuto tra le sue file. Ed anche il più crudele e spietato.

    Ora dondola sulla sua sedia malandata. Le lacrime scivolano dai suoi piccoli occhi lungo il viso incrinato, incanalandosi in un solco vicino al naso, dove rimane stagnante, come a voler curare quella vecchia ferita che le fece una giovane polacca nel campo di Majdanek. Il giovane comandante nazi abusò di lei, e lo fece ogni volta che ha voluto. «Nessuno mi dirà nulla», pensava allora il presuntuoso ufficiale. La ragazza gridava, ma alle sue richieste di aiuto rispondevano solo le risate degli altri ufficiali. Le sue insegne dorate brillavano nell’oscurità del campo di sterminio. Una volta provò a difendersi, e conficcò le sue unghie rotte nel bel mezzo della faccia di Hermann. Voleva strappargli gli occhi, ma la reazione automatica del comandante fece sì che le unghie scivolassero fino all’angolo del naso.

    E così, ora Hermann si asciuga il pianto stagnante in quel solco. Negli anni posteriori alla guerra gli uscirono un’infinità di rughe, come se avessero voluto mascherare quel marchio dell’orrore. Ma il vecchio tedesco sapeva che quell’impronta non sarebbe mai scomparsa.

    Si addormenta sul dondolo. I fantasmi del passato riempiono la stanza e lo circondano, gli sussurrano all’orecchio per non lasciarlo dormire in pace, perché non riposi, perché sia un morto in vita. Ma un suono familiare lo sveglia. Sono i cardini della porta principale. Qualcuno sta entrando in salone. La sedia a dondolo rallenta poco a poco fino a restare immobile. Con la ferma e scheletrica mano destra impugna la Luger.

    E finge di dormire...

    Capitolo 2

    Quella notte il caldo schiacciava con folgorante entusiasmo il catrame lastricato della calle Reverendo Lewis. Álvaro Alsina sentiva lo schioccare delle suole delle scarpe staccandosi dal suolo incandescente. Sassolini e detriti del cantiere scricchiolavano alzando nuvolette di polvere che si dissolvevano prima di arrivare all’altezza delle ginocchia. L’afa alimentata dalla brezza del mare gli si infilava nelle ossa e gli incollava, fastidiosa, la camicia alla schiena, inzuppandola di sudore.

    Si fermò di fronte alla casa, come ogni notte. Il recinto che la custodiva non gli permetteva avvicinarsi oltre. Un paio di sigarette caddero a terra mentre tirava fuori il pacchetto dalla tasca della giacca.

    —Imbranato —si disse a bassa voce.

    Nemmeno si prese la briga di raccoglierle, dando per scontato che l'umidità le avesse rovinate, e bagnate non servono a nulla.

    Si riparò nella penombra dell’olivo centenario che presidiava la rotonda alla fine della strada, e che fungeva da separazione tra il bosco ed il comprensorio. Il tronco conservava le incisioni degli innamorati del paese che, a colpi di coltello, scrivevano i loro nomi. Ed anche se Álvaro non aveva intenzione di guardarle ancora, gli occhi lo tradirono, e le lesse, come tante altre volte. Erano due lettere separate da un cuore: A e S. Appena si distinguevano tra i colpi di machete che avevano provato, senza successo, a cancellarle.

    Ripassò i ricordi di quelle notti nel salone di casa sua in compagnia della cameriera argentina. Ricordò arrossendo la prima volta che fecero l’amore. Era estate ed il caldo bastonava senza pietà le notti di Roquesas. Quella notte scese piano per non svegliare sua moglie, Rosa, né i bambini, Irene e Javier. Le scale separavano la stanza di sopra dalla cucina di sotto, che si trovava giusto accanto alla porta principale. Nulla lo soddisfaceva di più in estate che bere un buon bicchiere di acqua fredda. E Sonia era lì, seduta sulla sedia di alluminio e rinfrescandosi con il latte bevendo direttamente dalla bottiglia. L’immagine non poteva essere più suggerente.

    —Che fai? —le chiese appena la vide.

    La porta del frigo era aperta ed il riflesso sulla ragazza era l’unico sprazzo di luce che illuminava la cucina. La penombra strappava bagliori dalle gambe di Sonia ed i seni si stagliavano tentatori sporgendosi da quella maglietta che la moglie di Álvaro sempre aveva rimproverato.

    —Non sopportavo più il caldo ed avevo bisogno di bere —rispose.

    Álvaro sentì il bisogno di afferrare un bicchiere d’acqua e scappare da lì, ma la sua mascolinità lo tradì ed intavolò una conversazione insulsa con la cameriera.

    Sonia stava con loro da due anni. L’agenzia interinale l’aveva caldamente raccomandata, assicurando che si trattava di una domestica eccezionale. Ed effettivamente quell’argentina dalla carnagione scura e dalle gambe interminabili svolgeva il suo lavoro in maniera impeccabile.

    —È vero —disse Álvaro—. L’afa è insopportabile.

    Prese il bicchiere ed innervosito dalla situazione ne versò parte a terra. Uno zampillo interminabile si sparse sulla ceramica.

    —Lo asciugo —disse lei.

    La ragazza si alzò in piedi ed i suoi seni dondolarono davanti ad Álvaro come se volessero uscire da quella maglietta con la quale sognava. Una maglietta bianca che spargeva un odore muschiato tra la naftalina ed il profumo, risaltando la carnagione splendida dell’argentina.

    —Lascia —disse lui—. Ci penso io —insistette visibilmente nervoso.

    Álvaro aprì l’armadio dove riponevano gli strumenti di pulizia ed estrasse, con scarsa perizia, uno spazzolone. Sonia rise vedendo come lo strofinava sull’acqua versata. I suoi brillanti denti bianchi illuminarono la cucina.

    —Che hai tanto da ridere?

    —Lascia, lascia —gli disse lei —ci penso io, davvero.

    Sonia gli tolse lo spazzolone dalle mani, e si trovarono così vicini che Álvaro si ubriacò di quel profumo alla pesca che usava l’argentina. La sua scia era facilmente individuabile in qualsiasi angolo della casa. Poteva sapere, senza ombra di dubbio, quando era stata nel bagno, o nella stanza dei bambini, o in qualsiasi altro luogo. Il profumo di pesche impregnava ogni angolo della casa.

    —Che mi racconti, Álvaro? —sentì dietro di lui.

    La voce ronca del capo della polizia locale lo distrasse dai suoi pensieri. Provò ad evitare di riguardare il cuore inciso sull’olivo, temendo se ne accorgesse.

    —Sono uscito a fumarmi una sigaretta prima di dormire —rispose.

    E sentì quella struggente sensazione che aveva sentito altre volte. Sentì come se la casa di fronte li stesse guardando. Come se fosse viva, e capisse ogni singola parola che pronunciavano di fronte ad essa.

    —Un pò lontano da casa tua —disse César, e lo guardò con quegli occhi inquisitori che sempre sfoderava.

    César Salamanca era il capo della polizia locale da un’infinità di anni e, come lo stesso Álvaro, era cresciuto in paese. I due condivisero l’infanzia in una Roquesas che non era ancora stata scoperta dai turisti. Da adulti le loro vite si biforcarono ed ognuno trovò il suo futuro in maniera differente.

    —Sono uscito a fare quattro passi —disse César—. Devo vigilare da vicino la gente di questo comprensorio.

    E rise giocoso, lasciando che si notassero nella sua bocca gli spazi dei molari che gli mancavano.

    Álvaro non si sentì chiamato in causa, lo conosceva e sapeva che scherzava la maggior parte del tempo. Il suo senso dell’umore arrivava a diventare pesante, a volte.

    —Dovresti vigilare meglio i vicini di casa tua —replicò Álvaro, seguendogli il gioco.

    —Già —protestò—, però è qui che è scomparsa Sandra, ed è qui dove devo iniziare ad investigare.

    Álvaro si accese un’altra sigaretta sapendo che César non stava più scherzando.

    Sandra López era un’adolescente di sedici anni, amica della figlia degli Alsina, scomparsa da una settimana nel bosco che circondava il comprensorio, dove, secondo i testimoni, era stata vista per ultima volta. Non lasciò detto nulla a nessuno, perciò si sospettava che fosse stata rapita, anche se i suoi genitori non erano esattamente una famiglia agiata alla quale si potesse chiedere un riscatto. Sandra usciva dagli schemi, e questo orientava l’indagine verso una fuga volontaria. Il paese non era abituato a questo tipo di eventi e veniva presa in considerazione qualsiasi ipotesi.

    —Suppongo che tu sappia di tutta quella storia sul fatto che è lesbica —chiese César.

    Il suo sguardo lo tradì ed Álvaro seppe a cosa si riferiva senza aver bisogno di altre spiegazioni. L’intero paese spettegolava sull’orientamento sessuale di Sandra, però Álvaro provò a restarne fuori, già che con Irene, sua figlia, erano molto amiche.

    —Pensi che i suoi lo sappiano? —gli domandò César.

    —Ma per favore —mugugnò Álvaro.

    Quella stessa conversazione l’avevano tenuta Rosa ed Álvaro molte volte. Sua moglie era preoccupata per l’omosessualità di Sandra e ripeteva sempre la stessa cosa:

    «Álvaro, non mi piace che la piccola la frequenti»

    —Beh, io penso che si sia invischiata in qualche storiella con qualche tizia di Santa Susana, i genitori non la approvano, e lei fugge dalla sua amata —disse César ridendo.

    Il capo della polizia parlava così rapido che Álvaro non aveva il tempo di ordinare i pensieri. Una delle tavole che puntellavano la casa in costruzione scricchiolò, ed Álvaro sussultò.

    —L’hai sentito? —chiese a César.

    Il capo ignorò la domanda e continuò con il suo discorso.

    —I López sono gente all’antica, sicuro che hanno recriminato talmente tanto l’attitudine della figlia che è finita per scappare di casa. Conosco centinaia di casi uguali —disse—. Le pressioni familiari possono convertire una figlia nell’esatto opposto di ciò che i genitori vorrebbero.

    —Io non credo che Lucía —disse Álvaro riferendosi alla madre di Sandra —sia una donna conservatrice. Al contrario, penso che sia una donna moderna e di larghe vedute.

    César rise di nuovo, e stavolta non sembrava divertito. I suoi occhi lo infilzarono, ed Álvaro non riuscì a non arrossire leggermente.

    La madre di Sandra, Lucía Ramírez, era una donna splendida, dai lineamenti quasi infantili. Le lentiggini sparse sul viso le conferivano un aspetto da monella; era almeno dieci anni più giovane di suo marito, Marcos López, un impiegato della cassa di risparmio di Santa Susana, la città dalla quale dipendeva Roquesas.

    —Forse Marcos sì che avrà qualche problema con la sessualità di Sandra —suggerì Álvaro—, ma io credo che sia Lucía quella che comanda in famiglia. Hai scoperto qualcosa?

    —Questo caso mi sta massacrando. Devo ritrovarla prima che al sindaco venga un infarto. Sai cosa mi ha detto il bastardo?

    Álvaro scrollò la testa.

    Priorità assoluta, César, trova quella ragazza o i turisti smetteranno di venire al paese. Che te ne pare?

    —È normale, César... il sindaco cura gli interessi di Roquesas e la scomparsa di Sandra spaventa chiunque.

    —Che cosa? Che una ragazzina sia scappata con la fidanzatina?

    —Questa è una supposizione tua —replicò Álvaro—. Ti devi mettere nei panni della gente che viene qua ad investire su queste case —disse indicando il comprensorio—. É normale che si preoccupino per le loro figlie e che valutino il rischio che spariscano da un momento all'altro.

    —Tua figlia ha detto qualcos’altro?

    Álvaro si infastidì pensando che potesse voler collegare sua figlia alla scomparsa di Sandra.

    —Abbiamo già parlato della situazione con lei —rispose sulla difensiva—. Anche se quella che ha parlato di più con lei è Rosa, che per questo è la madre, e tra donne si capiscono meglio. Ma non credo che nasconda nulla, sono totalmente convinto che ti abbia già detto tutto quello che sa.

    César inclinò la testa evidentemente sospettoso.

    —Ne sei convinto?

    Al capo della polizia non piacque l’espressione di Álvaro, e cambiò argomento in fretta.

    —Come va l’azienda?

    —Bene. Siamo immersi in un progetto nuovo.

    —Quella storia dei chips?

    —Esatto. Stiamo lavorando a quelle schede di rete di cui ti parlai.

    Ad Álvaro non andava di addentrarsi in spiegazioni inutili sul lavoro della sua azienda.

    —È una notte splendida e volevo farmi un giro nel quartiere —disse César—. Non posso smettere di pensare alla ragazza scomparsa e cerco qualche indizio che mi faccia scoprire dove si trova.

    Si prolungò un silenzio scomodo.

    —Credi che l’abbiano uccisa? —domandò Álvaro.

    —Ti ho già detto cosa penso. La ragazza sarà scappata con qualcuno, non necessariamente un’altra donna, potrebbe essere scappata con un amico del paese, potrebbe addirittura stare a casa di qualche amica. Sai qualcosa di questa Natalia?

    César era talmente ottuso ed all’antica che, quando annusava una pista, nulla poteva fargli cambiare idea.

    —Sospetti anche di lei?

    —Perché no? Questa tale Natalia non è di qui, e Sandra la frequentava. Sai dove vive?

    —A Santa Susana —rispose Álvaro, dubbioso.

    —Questo lo sapevo anch’io —replicò César infastidito—. Intendevo dire se sai dove vive esattamente.

    —Chiedilo alla polizia di lì —disse Álvaro con un leggero risentimento.

    —Sarebbe la soluzione, ma non voglio immischiarli.

    Uno sguardo di Álvaro lo invitò a spiegarsi meglio.

    —Ordini del sindaco —borbottò—. Meno gente lo sa, meglio è.

    —Ma a questo punto lo sapranno già tutti i poliziotti della provincia —puntualizzò Álvaro.

    —Più o meno. Per il momento, dato che è scomparsa da poco, abbiamo preferito non emettere nessun comunicato allarmante. Nella nota ufficiale abbiamo parlato della scomparsa di una minore e nient’altro. Non abbiamo voluto insinuare nulla su un possibile omicidio.

    —Omicidio?

    —Senti, Álvaro, non fare di una mosca un elefante. Voglio dire che per il momento non c’è motivo di allarmare la popolazione. Inoltre...

    Inoltre, che? —chiese Álvaro, interrompendolo.

    —Niente, che inoltre, se non la troviamo, il comando di Santa Susana assumerà il caso e manderanno investigatori.

    —Non è una cattiva notizia.

    —Dipende. A nessuno piace che dei poliziotti di fuori ficchino il naso a casa nostra. Conosci la gente di qui.

    Álvaro capì che a chi non piaceva l’idea era lo stesso César Salamanca. Suppose che la sua reputazione si sarebbe vista compromessa nel caso che qualcuno di fuori avesse dovuto appropriarsi del caso. E, nonostante tutto, comprese le sue ragioni.

    —Un’altra sigaretta? —propose César, che non fumava. L’offerta sottintendeva che prolungassero la conversazione un altro po’.

    —No, grazie —rifiutò Álvaro—. È tardi e devo tornare a casa. Rosa ed i ragazzi mi aspettano per cena.

    —Hai una famiglia stupenda. Conservala.

    Quelle parole lo infastidirono. Che significava conservala? Forse era solo una frase fatta, ma venendo da César doveva contenere un qualche messaggio subliminale dal doppio significato.

    —E questa casa? —chiese Álvaro, indicandola con il mento.

    —Non saprei. Che ha di speciale?

    —Di chi è?

    —Di qualche riccastro di Santa Susana che vuole prendere la residenza qui, suppongo. Perché ti interessa?

    —Per niente —disse Álvaro—. Mi piace conoscere i vicini nuovi.

    —Abituati a vedere facce nuove nel comprensorio —lo anticipò—. Roquesas sta crescendo, tra pochi anni non sarà più l’idillico paesino di

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