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La Notte e la Nebbia
La Notte e la Nebbia
La Notte e la Nebbia
E-book378 pagine5 ore

La Notte e la Nebbia

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Info su questo ebook

Nella primavera del 1945, mentre l’esercito nazista si disgrega, un fiume di profughi cerca con ogni mezzo di rientrare in Germania dai paesi dell’Europa Orientale. L’Armata Rossa preme alle loro spalle, solo pochi giorni ormai la separano da Berlino.
Al primo posto di blocco americano in Baviera si presenta una scena bizzarra, di quelle che solo le trame scure e disperate di un conflitto possono realizzare. Su un pick-up Chevrolet al traino di due cavalli c’è Kristine von Löwenflügel, moglie di un generale delle ss distaccato in Polonia, con i tre figli, in compagnia di un enigmatico agente della resistenza polacca.
La donna, soccorsa dagli Alleati, non sa nulla della sorte del marito. Per lei, il ritorno nella cittadina di Asbach, nel Reich che frana, è lungo e difficile. La sua faticosa ma caparbia ricostruzione di un ordinario familiare coincide con lo sforzo di una nazione intera per ritrovare se stessa tra le rovine di una battaglia mostruosa. Rovine fisiche, di lutti e di città annientate; ma anche rovine civili e morali, di una società che la guerra ha lacerato nel suo profondo.
L’uomo che il destino restituirà a Kristine sarà molto diverso da quello che lei aveva sposato. Nel suo silenzio ci sarà un mistero da svelare, con amorevole dedizione, addentrandosi poco alla volta in un labirinto di segreti perduti e di verità celate, per riannodare quei fili dolorosi che la Storia ha strappato.
In una cornice accuratissima sotto il profilo storico si dispiega un romanzo appassionante, che con sensibilità e concretezza dà un senso della dignità umana nella catastrofe.
LinguaItaliano
Data di uscita27 set 2023
ISBN9791254572924
La Notte e la Nebbia

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    Anteprima del libro

    La Notte e la Nebbia - Guglielmo Mariani

    1

    26 aprile 1945, incontro alla salvezza!

    Dopo centinaia di chilometri di fuga, la strana compagnia composta da Kristine von Löwenflügel, dai suoi tre figli, da Vladislav Okonski, giovane profugo polacco e da un soldato tedesco gravemente ferito, aveva raggiunto la Baviera orientale. Da molte ore non avevano più sentito esplosioni né visto caccia russi che costituivano sempre l’avanguardia dell’Armata Rossa. Viaggiavano su un pick-up Chevrolet che avevano avuto la fortuna di trovare in una villa abbandonata in mezzo alla foresta, ma avevano finito la benzina e così il mezzo era trainato da due cavalli che avevano trovato, abbandonati in un pascolo. Vladislav e Kristine si alternavano al loro morso e al volante.

    Vladislav era un diciottenne affiliato alla resistenza polacca sfuggito alla caccia delle SS e dell’NKVD e aveva il compito di portare importanti documenti agli alleati. Kristine era un’affascinante donna di trentacinque anni, moglie di un generale delle SS che fuggiva verso ovest per raggiungere la sua famiglia. Due figure più distanti non si sarebbero potute immaginare, l’unica cosa che li accomunava era la fretta di raggiungere le truppe alleate, motivazione che accomunava centinaia di migliaia, se non milioni di persone in fuga con ogni mezzo dall’est europeo. I due si erano incontrati durante il tragitto ed era nato un amore tumultuoso, per Kristine miscela travolgente di amore carnale e amore materno, sentimenti non infrequenti quando coinvolgono una donna matura e un adolescente; Vladislav aveva il fisico atletico ed esuberante di un adolescente, in singolare contrasto con un carattere maturato precocemente per i drammi vissuti e i lutti subiti. Kristine, per dovere di madre, aveva fatto quanto necessario per tenere i figli all’oscuro della sua avventura inconfessabile, ma parallelamente, fra i suoi figli, Klaus di undici anni, Magda di dieci, Helen di sei e il giovane amante era nato un rapporto empatico.

    Procedevano lentamente su una strada sterrata che attraversava una fitta foresta della Baviera orientale. Nella foresta il buio era pesto per cui ogni tanto accendevano i fari la cui luce si faceva sempre più fioca perché la batteria si stava scaricando. Era notte fonda quando, infine, uscirono dal bosco; fuori c’era un po’ di luce, c’era rimasto un piccolo spicchio di luna, mancava poco alla luna nuova. Quel poco di luce permise loro di spegnere i fari perché il cielo era terso. Oramai erano convinti di essere lontani dai reparti russi più avanzati. Percorsero alcuni chilometri e arrivarono al paese di Kösching, nessuna luce era accesa, tutti dormivano della grossa, solo qualche cane abbaiò al loro passaggio. Ancora alcuni chilometri e si trovarono, quasi senza accorgersene, nel bel mezzo della statale 16/A; procedettero con maggiore cautela perché alcuni tratti della strada erano danneggiati. Presero la direzione di Ingolstadt. Fatti pochi chilometri, in aperta campagna, furono accecati da una forte luce e ai lati della strada intravidero un soldato che faceva un segno inequivocabile a mano aperta e poi alzò un segnale di stop. Dietro di lui si intravedeva una sbarra e, accanto, altri soldati con le armi spianate. Non lo capirono subito, ma poi Vladislav che teneva il morso dei cavalli esclamò: Gli americani!

    Come fai a dirlo? chiese Kristine, sporgendosi dal finestrino.

    Il segnale diceva stop, non gestoppt!

    Kristine tirò fuori la bandiera della Croce Rossa, come le aveva suggerito suo marito nel messaggio che le aveva fatto recapitare settimane addietro. Alla sbarra, la macchina fu circondata da soldati con le armi spianate. Uno esclamò: Guarda, ma questa è una Chevrolet; mio nonno ne ha una uguale in campagna, nel Kentucky! Dove l’avete presa? chiese rivolto a Vladislav che in un inglese approssimativo rispose: L’abbiamo rubata.

    Kristine lo guardò sorpresa per la risposta rischiosa ma il soldato, per fortuna, ci rise sopra. Nel frattempo, si era avvicinato il comandante del posto di blocco, un sergente.

    Chi siete, cosa fate qui?

    Siamo in fuga dalla Polonia, dietro abbiamo un soldato tedesco gravemente ferito. Attenzione, accanto ci sono i miei figli, rispose Kristine.

    Il sergente fece cenno di ispezionare il pianale posteriore e la scena che si offrì ai soldati americani fu piuttosto curiosa: tre bambini raggomitolati sotto una coperta di lana infeltrita e, a fianco, un soldato tedesco che batteva i denti e aveva gli occhi sbarrati, forse per la febbre alta, forse per le armi puntate, probabilmente per tutt’e due i motivi.

    Siamo diretti a Ingolstadt per portarlo in ospedale, ha una gamba in gangrena.

    Ingolstadt è lontana, non è ancora accessibile e poi con questo mezzo non ci arrivereste mai.

    Ma è un’emergenza, ha la gamba in gangrena.

    Non posso lasciarvi passare, mostratemi i documenti!

    A questo punto intervenne Vladislav: Capisco le vostre misure di sicurezza, ma quel soldato non arriverà all’alba se non è operato d’urgenza, la gangrena si sta estendendo e ha una febbre altissima. Posso fare una proposta?

    Sentiamo.

    Perché non lo fate vedere al vostro chirurgo? È lontano il vostro ospedale da campo?

    Non posso dare questa informazione, ma la sua richiesta mi sembra accettabile: lo facciamo prigioniero e lo portiamo al nostro ospedale da campo, speriamo solo di non aver grane.

    Ottima scelta, disse Vladislav e frugando nello zaino tirò fuori il suo documento, quello rilasciato dalle SS del campo di Płaszów, dove era stato recluso ai lavori forzati.

    Il sergente strabuzzò gli occhi perché vide il logo delle ss. Vladislav spiegò che quello era l’unico documento a sua disposizione: era stato prigioniero delle SS in un campo di lavoro, dal quale era fuggito; ora proveniva dalla Polonia, apparteneva all’Armia Krajowa, la resistenza polacca, e aveva informazioni importantissime per il governo provvisorio polacco, a Londra. Aveva avuto l’incarico di mettersi in contatto con il generale Patton. Troppe cose per il sergente e… anche per Kristine che passò il suo documento tedesco, guardò Vladislav con meraviglia: cos’era questa novità? Vladislav una spia!

    Non complichiamo le cose, disse il sergente. Ho capito ben poco. Qui abbiamo un soldato con la gangrena che volete far operare, lei che vuole parlare con il generale Patton, la signora con la bandiera della Croce Rossa desidera altro? Forse i bambini hanno qualche richiesta?

    Kristine colse la palla al balzo, Sì, hanno fame.

    Altro? La Chevrolet ha per caso bisogno di manutenzione, di un lavaggio? I cavalli hanno bisogno di biada?

    No, grazie sergente, certo un pieno di benzina e del fieno ci sarebbero utili, ma adesso pensiamo a quel poveraccio che sta dietro, il resto ha meno importanza, disse Vladislav stringendo il braccio di Kristine che stava reagendo perché non era in vena di facezie.

    Altri ordini?

    Vladislav sorrise e scosse la testa in segno di diniego. Così il sergente chiese l’intervento dei barellieri e disse al caporale che lo affiancava: Perquisitelo, fategli capire che è prigioniero di guerra e portatelo all’ospedale.

    I barellieri sollevarono il soldato e lo posarono sulla barella. Vladislav scese dalla macchina e spiegò al soldato febbricitante che sarebbe stato visitato da un chirurgo, forse operato in un ospedale da campo americano. Il militare assentì. I barellieri sparirono nel buio con il loro carico e dopo un po’ passò di fronte a loro, in fondo al rettifilo, un’ambulanza militare diretta verso le retrovie.

    Il sergente allora ordinò ai soldati di perquisire il pick-up.

    Vladislav porse il sacco e disse subito: Dentro c’è un revolver, è carico, e ci sono anche dei documenti segreti per il generale Patton, quindi ne abbia cura.

    Ha altre notizie da darmi?

    No, solo che quei documenti sono estremamente importanti e la loro consegna al generale Patton è urgente.

    La perquisizione proseguì rapidamente e alla fine il sergente guardò Vladislav con aria assertiva. Allora, chiariamo una cosa; questa storia del generale Patton non mi è ben chiara, poi il generale Patton non è qui né è a mia conoscenza dove sia. È al comando della Terza Armata, chissà dove. A questo punto, la porto dal nostro superiore, il colonnello Rosberg e ve la vedrete con lui.

    Kristine seguiva la conversazione guardando Vladislav sorpresa.

    Seconda cosa risolta, ora veniamo alla signora e ai bambini. Chi sono?

    Kristine si sentì venir meno ma Vladislav senza battere ciglio disse: Sono la moglie e i figli di un generale tedesco. Mi hanno chiesto di accompagnarli verso la salvezza e così ho fatto. Si sono affidati alla mia protezione.

    Il sergente, evidentemente un buontempone, aggiunse: E il generale tedesco è nel bagagliaio?

    Kristine si sentì offesa dalla battuta, ma Vladislav le prese il braccio con dolce fermezza e rispose: Non hanno sue notizie da tempo, era sul fronte orientale, temono il peggio, probabilmente è disperso…

    Il sergente prese l’iniziativa dicendo che lui non voleva sapere nient’altro, che erano tutti prigionieri, che dovevano seguirlo e che il pick-up sarebbe stato sequestrato per l’ispezione. I cavalli furono staccati. Intanto, Klaus, Magda e Helen si erano svegliati e guardavano con occhi sgranati i militari americani. Il sergente li guardò, sorrise, poi guardò Kristine e con aria rassegnata disse: Già, mi ero dimenticato, hanno fame. E tirò fuori una tavoletta di cioccolato che porse a Helen; altri soldati lo imitarono e così i tre ebbero cioccolato per alcuni giorni. Aggiunse: Kentucky, siccome è la macchina di tuo nonno, mettici un po’ di benzina, guidala tu e seguici al comando.

    Il convoglio di due jeep seguite dalla Chevrolet si avviò nella notte e dopo pochi chilometri raggiunse il comando, in una villetta di campagna requisita. Poiché era ancora notte fonda furono sistemati in una sala d’attesa sotto lo sguardo di due soldati della polizia militare. Il sergente affidò il sacco di Vladislav e il bagaglio di Kristine all’attendente del comandante del distaccamento, diede ordine ai due soldati della MP di prestare la massima attenzione, fece un cenno di saluto e ritornò al posto di blocco.

    Alla luce surreale di una lampadina schermata, in quel salotto arredato secondo i gusti di un signorotto di campagna con le vetrine contenenti cristalleria e piatti, Kristine seduta sul divano teneva in braccio la piccola Helen crollata in un sonno profondo. Pensò che, nonostante tutto, aveva compiuto la sua missione, i figli erano in salvo. Se Hermann, suo marito, fosse riuscito a sfuggire alla cattura dell’Armata Rossa, li avrebbe trovati.

    Tuttavia, era in preda a una profonda inquietudine per Vladislav. L’aveva completamente scombussolata, le aveva tolto le sue certezze, il suo equilibrio. E tutto era successo in un tempo brevissimo, in poco più di una decina di giorni. In quel periodo di facce di Vladislav ne aveva viste molte, l’opportunista, il ricercato, il combattente per la libertà, il condannato ai lavori forzati, il compagno di giochi dei suoi figli e l’amante dolcissimo. E ora anche la spia.

    Erano passate le tre di notte: sia Kristine che Vladislav non avevano chiuso occhio da quasi ventiquattro ore e avrebbero dovuto aver sonno, ma le emozioni delle ultime ore li tenevano con gli occhi sbarrati. Erano tenuti svegli dall’adrenalina accumulata nelle ultime ore e chissà quanto avrebbero dovuto aspettare prima di essere interrogati.

    Vladislav si avvicinò all’orecchio di Kristine e le disse: Finalmente in salvo… ma prima di lasciarti ti volevo dire che mi hai stregato. Si rese subito conto che non era giusto né opportuno caricarla di un’emozione così forte, quando a breve si sarebbero separati. I loro destini si sarebbero divisi per sempre. Kristine, quasi non l’avesse sentito, si scosse e bisbigliò: Che giornate!

    Il tuo fascino mi ha stregato, da subito…

    Smettila, non mi pare il momento.

    Scusami… volevo dirti ciò che ho provato per te.

    Seguì una pausa imbarazzata e dopo un po’: Come pensi di spiegare a loro, e accennò a Magda e Klaus, questo consegnarsi al nemico?

    Non è un tradimento: è stato mio marito a indirizzarci qui, verso gli americani, loro lo sanno. Credo che anche loro si siano resi conto della disfatta, quanto hanno visto, soprattutto nei primi giorni della fuga, è stato abbastanza chiaro. Il resto, il perché e il percome, glieli spiegherà il loro padre…

    Sono sicuro che con il ritorno alla vita normale ritorneranno sereni e poi non è la loro disfatta, non si devono sentire sconfitti. Lentamente, come tutti, vi renderete conto che gli alleati vi hanno salvato da un regime crudele, disumano, criminale, questo è un fatto. Il futuro è loro. Quanto vorrei che fosse così anche per la mia Polonia! E indicando i ragazzi: La futura Germania sarà loro. Quando sarà il momento, capiranno la gravità di quanto è stato causato dalle generazioni precedenti e ne trarranno la lezione. La nuova Germania sarà diversa e l’Europa sarà diversa, anche se tutto ciò è costato un prezzo altissimo!

    Kristine gli strinse la mano, stando attenta a non essere vista dai soldati che li piantonavano. Era conscia che la loro storia doveva continuare a rimanere segreta perché la differenza d’età che era assolutamente evidente l’imbarazzava. Cionondimeno: Vorrei che ci fossi tu, allora.

    Il mio destino è lontano, Kristine, lo sento. E non certo in Germania.

    Lo senti o lo vuoi?

    Che differenza fa?

    Per me ce n’è tanta.

    Andiamo, Kristine, anche se mi fa male, mi rendo conto che comunque non funzionerebbe: troppe cose ci dividono e… quando tornerà tuo marito...

    Non per questo mi fa meno male.

    Lo capisco e lo condivido, non immagini quanto.

    Un altro silenzio imbarazzato. Scusami se ti ho giudicato male all’inizio, ma hai scontato quella foto-ritratto di tuo marito con Goebbels e la sua dedica. Il sangue mi è andato alla testa. Goebbels ha sempre rappresentato per me, come ministro della propaganda, una delle facce peggiori del nazismo, per le falsità, l’ipocrisia e la violenza pseudointellettuale che lo caratterizzava. Ha insozzato l’immagine del vostro paese.

    Ora me ne rendo conto.

    Scusami anche per la violenza che ti ho fatto. È stato per quello che pensavo tu rappresentassi.

    Non l’ho avvertita come violenza, ma come irruenza sì, mi hai fatto paura, all’inizio.

    Mi dispiace, ma non volevo, sinceramente. È contrario alla mia natura.

    Ora lo so.

    Un lungo silenzio e poi: Cosa farete dopo?

    Dopo quando?

    Quando sarò partito…

    Kristine lo guardò. Già, cosa faremo? Pensavo di raggiungere papà.

    Dove?

    In Renania.

    Non sarà facile, come hai visto non c’è benzina, le comunicazioni sono interrotte e poi con quali mezzi?

    Per fortuna mio marito ci ha lasciato un piccolo gruzzolo e con quello potremmo acquistare la benzina alla borsa nera.

    Sarebbe un viaggio pericolosissimo, soprattutto se conti di farlo da sola, e con tre figli. Non farlo, ti consiglio di trovare una sistemazione provvisoria, fino a che le cose non si saranno calmate, chissà fra sei mesi, un anno ti potrai muovere. Ne parleremo più tardi. Per ora accontentati, ci siamo salvati e abbiamo salvato loro. E accennò ai tre che dormivano.

    I due soldati osservavano la scena, ma né a Kristine né a Vladislav era dato sapere se capissero i loro discorsi che, peraltro, erano bisbigliati. Kristine non provò a chiedere ancora a Vladislav quale fosse l’arcano della sua missione, era sempre stato evasivo, fatto che l’irritava, ma sapeva che non glielo avrebbe detto comunque.

    Più passava il tempo più il disagio aumentava. Era le otto, i morsi della fame cominciavano a farsi sentire, l’aria nella sala d’attesa si era fatta viziata e i bambini smaniavano, quando finalmente l’aiutante di campo aprì la porta. Li fece accomodare nella sala del comando, la biblioteca del padrone di casa. Non fu un vero e proprio interrogatorio, furono domande di curiosità perché sapeva già tutto dalla relazione del sergente e dalle telefonate che aveva fatto in seguito per contattare il colonnello Rosberg e, tramite lui, i futuri referenti di Vladislav. Era molto nervoso e stanco, anche la sua era stata una notte da incubo. Vladi e Kristine, da fuori la porta avevano sentito il telefono squillare in continuazione.

    Siamo in piena emergenza sanitaria. Stiamo scoprendo un numero inaspettato di campi di prigionia con migliaia di moribondi per inedia e malattie. Non siamo preparati a gestire una situazione sanitaria di tale gravità. I nostri servizi sanitari sono al collasso. Abbiamo fatto appelli in Inghilterra e in America per avere dei volontari, infermieri e medici, ma nel frattempo i prigionieri dei campi muoiono a centinaia ogni giorno. La Croce Rossa non è sufficiente e in più abbiamo dovuto fare amputare d’urgenza una gamba a un soldato tedesco.

    Vladislav, anche se soddisfatto della notizia, cambiò discorso: In Polonia la situazione è anche più seria.

    Immagino, ma ieri ho dovuto obbligare con le armi il personale sanitario di un grande ospedale di Monaco: non volevano ricoverare e assistere i prigionieri di Dachau, quasi fossero degli appestati. E ho dovuto lasciare un medico, un infermiere e dei piantoni armati per tenere la situazione sotto controllo. E poi ho dovuto mandare un camion pieno di soluzioni idratanti e di plasma. Pochi si aspettavano un’emergenza così... intanto le nostre truppe devono avanzare e occupare ancora città e territorio verso est. E ora scusate vi devo lasciare.

    Concluse dicendo che sarebbero rimasti in custodia della MP fino all’arrivo del colonnello Rosberg che stava coordinando le operazioni al fronte. O di altre disposizioni.

    Cosa significa custodia, ci arrestate? E con quali motivazioni? Io debbo raggiungere Patton, disse Vladislav polemico.

    Presto detto: vi proteggiamo fino al momento in cui sarete in grado di viaggiare in sicurezza. Questa è zona di operazioni e non è possibile permettere una libera circolazione dei civili. Ci sono ancora tante truppe sbandate, armi ovunque, terreni minati per cui non possiamo garantire la sicurezza dei civili. Lei inoltre sta compiendo una missione per gli alleati, ce lo hanno confermato sia i nostri comandi che quelli inglesi e quindi deve essere protetto, in custodia. Non si preoccupi, la connessione è stata attivata, fino ai più alti livelli.

    Grazie, dove ci terrete? Ci sono anche i bambini.

    Sarete ospiti della MP. Ora vi porteranno al loro comando, avrete di che rifocillarvi alla loro mensa e poi troveranno un posto in cui ospitarvi. Ho parlato con il loro comandante, il maggiore Presley. La soluzione è stata presa d’accordo con il colonnello Rosberg che ha parlato, a sua volta, con membri dello stato maggiore del generale Patton. Non siamo un ente di assistenza, questo genere di problemi ci coglie impreparati, ma faremo del nostro meglio. Come vi ho detto le emergenze sono altre, ora.

    E uscì di fretta.

    Che te ne pare? Mi sembra una soluzione positiva e grazie per averci coinvolto in qualche modo nella tua missione, così ci hai protetto.

    Anch’io sono sorpreso che tutto sia andato così liscio, i nostri compagni a Varsavia hanno fatto un ottimo lavoro. Bene così, anche se credo che abbiano preso tempo, ma almeno siamo protetti. L’ha detto l’aiutante di campo, siamo in zona d’operazioni, lì fuori c’è ancora pericolo, non saranno più i caccia russi, ma ci sono milioni di cittadini sbandati per le strade e le SS sono ancora in giro, forse in incognito, ma non per questo meno pericolose.

    Quanto esageri il pericolo costituito dalle SS!

    "Magari non sono un pericolo per te, ma per me lo sono di certo… li ho visti lavorare in Polonia, costituivano il terrore assoluto."

    Kristine deviò il discorso: E di te cosa faranno gli alleati?

    Non ti preoccupare di me, io dovrei avere già la strada tracciata, fino a Londra.

    Ci lascerai subito? Non ci accompagni a destinazione?

    La mia destinazione è Londra. E al più presto.

    Scusami sono stata stupida.

    Le si apriva un baratro di fronte.

    "Non intendevo questo, stai tranquilla. Farò quello che posso per far sì che siate protetti prima di arrivare alla vostra destinazione, in fondo sono un alleato e la missione mi dà un po’ di autorità che potrebbe esservi utile." E si sedettero sulle panche della mensa. Per la prima volta Helen riuscì a stare separata dalla mamma. Sedeva fra Klaus e Magda su una cassetta che le aveva portato il cuoco. Finita la colazione, i ragazzi furono guidati dal cuoco a visitare la cucina, un grande camion attrezzato; Kristine approfittò per stringere la mano a Vladislav.

    Queste saranno le nostre ultime ore assieme.

    Temo proprio di sì.

    Mi mancherai, sarà difficile dimenticarti.

    È stato anche il contorno, la casa in quel bosco che sembrava incantato. Niente avviene per caso, ora ne sono sicuro.

    Anch’io ne sono sicura! Che bei momenti ho passato!

    Che bei momenti abbiamo passato! corresse Vladislav.

    Ma quante angosce, anche!

    Per quelle scusami… E aggiunse: Forse non te ne rendi conto, ma senza di te non ce l’avrei mai fatta. Quando vi ho incontrato ero stanchissimo, a piedi non sarei mai riuscito a raggiungere la salvezza e a compiere la mia missione. Quella pattuglia delle SS che avete incontrato mi avrebbe raggiunto, chissà da quanto mi davano la caccia! Mi hai permesso di recuperare le forze e aiutato a trovare la fiducia e la motivazione: il fatto di dovervi aiutare ha fatto sì che anch’io potessi salvarmi.

    Anch’io credo che senza di te non ce l’avremmo mai fatta e poi mi hai dato un’altra cosa importante, mi hai mostrato i disastri e i crimini fatti dal governo nazionalsocialista da una visuale diversa e senza veli. Mio marito mi aveva più volte accennato alla guerra che considerava persa, questo da almeno due anni, ed era angustiato per la ferocia che era stata dimostrata nei paesi occupati.

    Lo vedi? Eri pronta, avevi già maturato inconsciamente quanto era avvenuto. Ma tu appartieni a una élite, chissà quanti nel popolo tedesco matureranno la stessa consapevolezza e chissà quando, ma questa è un’altra storia… e purtroppo ci diremo addio.

    Come farò a lasciarti?

    Non abbiamo scelta.

    Vorrei stare con te un’ultima volta.

    È difficile, il momento si avvicina.

    Quale momento? chiese Kristine, ben sapendo a cosa alludesse.

    Quello del distacco.

    Anche loro ne saranno dispiaciuti, disse alludendo ai figli che stavano girando attorno alla cucina da campo.

    Sono giovani, freschi, non ne soffriranno; forse saranno delusi del fatto che io me ne vada e anche a me mancheranno, hai dei figli meravigliosi. Mi farebbe piacere pensare che, in fondo, conserveranno un ricordo della nostra fuga finita bene e un bel ricordo di me. Sono stupendi, pronti per vivere in un mondo migliore.

    Chissà che cosa racconteranno al padre!

    Lascia che raccontino la verità che conoscono, e aggiunse: Difficilmente sospetterà.

    Ma la nostra verità è diversa.

    Sarà un nostro segreto, per tutta la vita. Nessun altro lo sa e lo svelerà: è giusto così.

    Segreto dolce e per questo duro da tenere.

    Klaus ritornò di corsa, indicando: Mami, lì dietro la tenda c’è la nostra Chevrolet!

    Questa sì che è una notizia, andiamo a vederla, in fondo dobbiamo esserle grati, ci ha salvato la vita. E la vorrei tenere, forse sarà lei a portarci a casa.

    Ispezionarono la macchina sotto gli occhi divertiti dei militari ai quali mostravano i segni della fuga.

    Qui ci ha mitragliato il caccia russo, rata… ta… ta… ta! disse pieno di sé Klaus indicando al caporale i tre buchi sulla fiancata destra.

    E qui abbiamo sfidato il fuoco, come la tigre in un circo! disse Magda facendo vedere il parafango desto bruciacchiato.

    E qui abbiamo dormito! aggiunse Helen presa in braccio dalla mamma. Non voleva essere da meno e mostrò il materasso sporco e macchiato dal sangue del soldato che avevano soccorso.

    Ora dovremo subire un interrogatorio che potrebbe avvenire assieme o separati e dovremo spiegare come siamo arrivati fin qui e quali sono le motivazioni della nostra fuga. Voi avrete poco da raccontare. Io invece sono partito da Varsavia e ho fatto quasi mille chilometri. Dovranno essere certi della mia identità e capire i motivi della mia missione. Temo che non potranno fidarsi del documento d’identificazione delle SS. Per fortuna, ora te lo posso dire, la Resistenza ha pensato la missione d’accordo con il governo polacco in esilio, il quale ha coinvolto i governi inglese e americano perché potessi essere indentificato e portato a Londra.

    Ora finalmente ti decidi a raccontarmi la verità! Come faranno a riconoscerti? Non me l’avevi detto del tuo lungo viaggio e della missione! Mi avresti evitato tanti dubbi e tante angosce!

    Non potevo, ero ancora in una zona pericolosa, e soprattutto sapendo chi era tuo marito, non potevo fidarmi. Non potevo dirti della mia missione, sia i russi che le SS mi cercavano. Però qualcosa vi ho raccontato, ricordate? Del cavallo, delle biciclette che ho rubato per fuggire? Della resistenza polacca? Del campo di lavoro? Ti ricordi?

    Nel pomeriggio Kristine e Vladislav furono convocati nell’ufficio del maggiore Presley, comandate del distaccamento. Era presente un sottotenente che fungeva da interprete, presumibilmente di madre lingua tedesca. Li salutò affabilmente e raccontò loro che c’era stato un contatto con il generale Patton il quale era a conoscenza della missione. Vladislav ribadì che era necessario e urgente che incontrasse il generale Patton o il generale Montgomery. Disse che il suo piano iniziale era di mettersi in contatto con Montgomery ma con il grosso dell’Armata Rossa diretta a Berlino, aveva preferito dirigersi verso sud, dove aveva incontrato casualmente la signora Kristine von Löwenflügel con i figli profughi dalla Sassonia orientale; anche loro fuggivano per raggiungere i loro parenti in Renania. Kristine confermò e raccontò come avessero trovato la Chevrolet in una villa in mezzo alla foresta, abbandonata dai proprietari e come si erano fatti carico del soldato tedesco gravemente ferito, affidato loro da un’ufficiale medico tedesco. Raccontò il dramma della fine della benzina, reso ancora più angoscioso dalla presenza del soldato ferito che avevano soccorso. Raccontò dei cavalli e della lunga strada che avevano fatto a piedi.

    Il maggiore osservò che erano stati fortunati a trovare un corridoio libero fra l’Armata Rossa in avanzata e l’esercito tedesco sbandato. Aggiunse che per loro fortuna avevano incontrato il distaccamento americano più a est di tutto il fronte bavarese. Comunicò loro notizie del soldato tedesco operato: grazie all’intervento e ai sulfamidici, stava bene e aggiunse che forse l’invalidità gli avrebbe permesso di evitare il campo di prigionia. Era probabile che, se non vi fossero indagini o procedimenti a suo carico, sarebbe potuto rientrare in famiglia.

    Kristine chiese, stupita: Indagini? Procedimenti?

    Certamente, siamo impegnati a identificare i criminali di guerra, specialmente i membri delle SS e della Gestapo. Moltissimi ufficiali si sono travestiti da soldati semplici. Saranno istruiti procedimenti e processi. Dopo la scoperta dei campi di sterminio, tutti sotto il comando dalle SS, le potenze vincitrici hanno raggiunto un’intesa per l’organizzazione di indagini e processi per i crimini di guerra. Le SS si possono confondere con gli sbandati e i profughi. Sembra che vi siano organizzazioni che garantiscono viaggi con documenti falsi per fuggire in Sudamerica o in Medioriente. Chissà quanti stanno nascondendosi o hanno già preso il volo. È per questo che abbiamo l’ordine di accertare l’identità dei prigionieri. Il guaio è che sembra che la gran parte degli archivi delle SS siano stati distrutti.

    A Kristine venne un brivido alla schiena, ma non aggiunse parola. Conosceva l’esistenza dei campi di concentramento ma non aveva mai sentito parlare di campi di sterminio, se non per quanto raccontatole da Vladislav. Né immaginava, ingenuamente, che gli ufficiali tedeschi che aveva definito criminali di guerra, una definizione che l’aveva colpita, sarebbero stati perseguiti dagli alleati.

    Vladislav la guardò fugacemente, aveva capito che il terrore si era impossessato di lei e così intervenne, diretto al maggiore: "È stata una delle motivazioni più importanti della resistenza polacca, quella di raccogliere documentazione sui criminali nazisti su espressa richiesta del nostro governo provvisorio in esilio. È stato un articolo comparso sulla Pravda che ha scoperchiato la pentola sui campi di sterminio. C’erano sospetti fondati, testimonianze di persone fuggite, di sopravvissuti, ma niente di documentato. Ora si parla addirittura di centinaia di migliaia se non di milioni di morti. Io stesso ho sentito la testimonianza di un fuggitivo dal ghetto di Varsavia che faceva parte della resistenza. E, io stesso, nel campo di Płaszów, ho visto uccidere prigionieri a bruciapelo e senza motivo alcuno".

    Kristine si sentì stretta nella morsa del terrore. E se risultassero responsabilità su mio marito?

    "Ha ragione, signor Okonski, all’inizio quell’articolo sulla Pravda del ’42 era stato preso come un racconto di fantasia o una mossa politica di Mosca. Si pensava fosse stato frutto dell’odio che i sovietici nutrivano per i tedeschi, a seguito delle atrocità commesse durante l’occupazione dell’Ucraina e della Russia. Poi, quando anche noi e gli inglesi siamo incappati nei campi di concentramento e di sterminio,

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