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Liberta Condizionata: Release, #1
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E-book307 pagine4 ore

Liberta Condizionata: Release, #1

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Info su questo ebook

Si dice che un uomo può sempre tornare a casa. Sage Redding, dopo essere stato in prigione, torna al ranch di famiglia nel nordest del Texas per aiutare il padre malato con i cavalli.

Adam (Win) Winchester è un agente di contea e il cugino di uno degli uomini rimasti uccisi nell'incidente che ha spedito Sage in prigione per quasi dieci anni. I suoi zii Jim e Teddy sono determinati a farla pagare a Sage e a tutta la famiglia Redding per il loro lutto, ma Win pensa che Sage abbia onorato i suoi debiti e che abbia bisogno di un amico. Forse più che un amico. Anzi, Win ci conta.

Nessuno nega che Sage sia un ex detenuto andato in prigione per omicidio colposo. A dispetto dell'amore per il padre, Sage è tornato sapendo che le cose sarebbero probabilmente andate male per lui. Forse un uomo può sempre tornare a casa, ma non è detto che riesca a restarci.

LinguaItaliano
Data di uscita7 lug 2021
ISBN9781951532857
Liberta Condizionata: Release, #1
Autore

BA Tortuga

Texan to the bone and an unrepentant Daddy's Girl, BA spends her days with her basset hounds, getting tattooed, texting her sisters, and eating Mexican food. When she's not doing that, she's writing. She spends her days off watching rodeo, knitting and surfing Pinterest in the name of research. BA's personal saviors include her wife, Julia, her best friend, Sean, and coffee. Lots of good coffee.

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    Anteprima del libro

    Liberta Condizionata - BA Tortuga

    Capitolo 1

    F igliolo, ho bisogno di parlarti.

    Sage sospirò, ma così piano che nessuno avrebbe potuto sentirlo. La madre non lo chiamava spesso, una volta a settimana, e parlavano per quindici minuti esatti. Cavolo, non era certo se quelle chiamate fossero più un’abitudine per lui o per lei, ma così era, e lo aiutavano a tenere bassi i costi del suo telefono prepagato. Doveva essere importante se gli telefonava di sabato mattina, quando sapeva che aveva lavorato al porto per tutta la notte.

    Certo, mamma. Di cosa hai bisogno?

    Si adagiò sul letto, guardando fuori dalla piccola finestra. Seguì con gli occhi l’incrinatura che si arrampicava per il vetro. Alcuni giorni pensava che quella piccola, strana linea sghemba volesse essere una parola o altro. Un disegno. Non quel giorno. Quel giorno era soltanto un posto dove poteva arrampicarsi un ragnetto. Dio, era stanco. I camion erano stati riempiti con centinaia di piccole scatole pesanti, e i suoi muscoli reclamavano a gran voce un po’ di riposo. Non il sonno, non ancora. Quello non sarebbe arrivato prima delle undici o giù di lì. Non si metteva a dormire appena arrivato a casa, dopo essere passato per il caos delle strade e i piccoli gruppetti di stronzi notturni negli angoli, in attesa di essere sostituiti dagli stronzi diurni più sfacciati. Quella era la sua ‘prima serata’, dopotutto. Aveva una tazza di caffè e un libro di Louis L’Amour che non aveva letto: lo aveva trovato un paio di giorni prima in un cassonetto della spazzatura mentre andava a lavoro. Andava tutto bene.

    Mi stai ascoltando, Sage Marlowe Redding?

    Cosa? Scusa, mamma. Devo essermi addormentato un po’. È stata una lunga notte. Ripeti?

    Ho bisogno che tu venga a casa.

    Si accigliò, tirandosi su a sedere, col cuore scosso da un nauseante singhiozzo e da un rollio, che significavano che stava accadendo qualcosa di schifoso. Cos’è successo?

    Beh, niente che ti debba far pensare a un’emergenza, davvero. Tuo padre, però… le sue mani. Non riesce più a lavorare granché con i cavalli.

    Sage chiuse gli occhi. Maledetto Parkinson. Suo padre ci combatteva da quasi otto anni, ma era una battaglia persa. Mamma, io…

    Figliolo, quel Teddy Dale… si prenderà la terra. Sai che lo farà. Sta aspettando. Ho bisogno che ti rimbocchi le maniche e che ti dia una mossa. Adesso.

    Teddy Dale è la ragione per cui non vengo a casa, mamma. Quell’uomo odia anche solo sentire il mio nome. Non che biasimasse quel vecchio bastardo scontroso. Angel, il suo unico figlio e la luce degli occhi della madre, era morto in compagnia di Sage dieci anni prima. Almeno quella era la storia che era considerata come verità assoluta.

    Dieci anni, dieci mesi, quindici giorni e… quattordici ore e mezzo prima.

    Beh, dobbiamo riuscire ad addestrare questi cavalli. Tuo padre ha un contratto. Se riusciamo a onorarlo, possiamo pagare sei mesi di bollette. Mi sono ritrovata tua sorella incinta, figliolo. Lei e quello stronzo che s’è sposata si comportano da conigli.

    Non ho neanche un’auto, mamma, e di certo non ho i soldi per l’autobus, mi pagano tra due settimane. Un bambino? Rosie? Cristo, quando era diventato vecchio? Guardò il calendario. Posso prendere un Greyhound allora, se sistemo le cose col mio agente per la libertà condizionata.

    C’erano delle regole per uomini come lui, e le rispettava, perché non voleva tornare dentro.

    Non poteva.

    Posso mandarti i soldi con un bonifico. Sospirò lei, abbassando la voce. Tuo padre ne morirebbe, se perdesse questo posto.

    Lo so. Verrò. Devo organizzarmi, mamma, lo sai.

    Baby, so che hai già pagato il tuo debito con la società per qualcosa di cui non dovevi prenderti tutta la colpa.

    Di certo ho pagato la tassa degli stupidi. Sorrise un po’. Fammi vedere cosa dice il mio agente, poi ti richiamo.

    Okay. Ti… ti permetteranno di venire a casa, vero?

    Dovrò presentarmi davanti a un giudice, lo sai. Era una rottura, ma erano le regole.

    Lo so, figliolo. Forse ti capiterà il giudice Shannon. Nessuno lo tiene in pugno, almeno da quanto mi ricordo.

    Forse. Dovrai mandarmi quello che ha detto il dottore, così posso mettere tutto in moto.

    Posso spedirlo col corriere, a meno che non ci sia un ufficio Kinko dalle tue parti. Posso mandarti un fax lì.

    Dovrò chiamarti, mamma. Non lo so. Dovrebbe esserci un elenco telefonico nell’ufficio della direzione.

    Okay. Mi… mi spiace, figliolo. Odiava che sua madre piangesse. Poteva sentirne le lacrime, proprio lì nella gola.

    Merda, per cosa? Non è colpa tua se sono un fallito, se papà è malato e se Rosemary ha deciso di mettere al mondo figli che quel suo marito scemo del cazzo non può mantenere. A me sembra che dovremmo scusarci noi con te.

    Lei tirò su col naso, ma almeno la risatina fu altrettanto forte.

    Ti chiamerò col numero del Kinko. Più tardi. Devo lavorare per tutto il weekend ma lunedì rientrerò e vedrò Jack. Se ci riusciva.

    Grazie, caro. Mi dispiace. So che ti sto creando altri problemi, ma ho bisogno del tuo aiuto.

    Ci penso io, mamma. Non ti deluderò. Il di nuovo era lì, non detto e implicito.

    Ti voglio bene, figliolo.

    Ti voglio bene, mamma. Ci sentiamo dopo. Attaccò e rimase seduto lì, con la testa che gli pulsava, sentendosi in forma quanto un melone marcio. Per quanto odiasse la California, odiava ancora di più il pensiero di dover pregare qualche giudice texano di lasciarlo andare a casa.

    Dio, che casino.

    Dannazione a te, Angel. Tu e io abbiamo incasinato tutto, e tu dovevi proprio prendere e morire e tirartene fuori.

    Angel non gli rispose, meglio così, visto che era morto. Sarebbe stato imbarazzante se fosse rimasto nei dintorni.

    Sage ridacchiò, si strofinò la fronte e programmò la sveglia. Avrebbe dormito un paio d’ore, poi si sarebbe messo all’opera.

    Aveva la sensazione che avrebbe avuto un sacco di cose da fare.

    Capitolo 2

    Sage scese dall’autobus più stanco che mai. Fu colpito dall’odore di terra rossa, muffa ed escrementi di vacca; era incredibile quanto fosse terrificante e confortante allo stesso tempo.

    Si era presentato davanti al giudice a Los Angeles. Aveva detto quel che doveva sul padre e il ranch, e anche la madre e il cugino Rich lo avevano sostenuto. Aveva spiegato la sua vita a quelle persone, per fargliela studiare e sghignazzarci su, e gli sembrava di avere la testa piena di ovatta. Desiderava soltanto far riposare il corpo per un minuto.

    C’era un’auto della polizia lì, con lo sceriffo Jim Dale in persona che lo fissava. Sage lo ignorò. Non stava cercando guai, non stava cercando di mettersi nei guai. Non voleva guai. Era lì per lavorare e assicurarsi che suo padre non perdesse il ranch. Tutto lì, dannazione.

    Sua madre accostò e il rombo familiare del suo vecchio furgoncino gli affondò dentro, in profondità.

    Parcheggiò tra lui e lo sceriffo, e Sage mise la sacca nel retro prima di salire. Mamma.

    Benvenuto a casa, figliolo.

    Lo sguardo di Sage attraversò il parcheggio, fino a fermarsi dove c’era Jim, che lo guardava storto. Lo zio preferito del defunto Angel Dale alzò la mano e gli puntò l’indice contro, il pollice alzato come a mimare una pistola. Giusto. Benvenuto a casa.

    Grazie, mamma.

    La donna lanciò un’occhiataccia a Jim, poi si sporse per baciare la guancia di Sage. Non farti irritare da lui.

    Non voglio nessun guaio. Volerò basso, come promesso.

    Non avrebbe creato problemi a nessuno. Assolutamente. Avrebbe lavorato e dormito.

    Penso che dovrebbe essere lui a farlo.

    Sage fece spallucce. Non preoccuparti di quello, mamma. Mi occuperò io di queste caz… cose.

    Bene. Sei un bravo ragazzo. Mise in moto il camioncino e iniziarono a muoversi. Ho fatto il lombo di maiale.

    Verranno anche Rosie e il suo uomo? Greg, il marito di Rosie, odiava Sage con tutto se stesso.

    La madre piegò la testa. Non stasera. Rosie ha detto che verrà presto e che ti vuole bene. Sai com’è quello stronzo che si è sposata. Si è inventato qualche cazzata per non presentarsi.

    Non fa niente. Tese il braccio e le diede un colpetto sulla mano. Lo so eh? Fa schifo avere un figlio delinquente.

    Taci. Sei mio figlio, non importa quello che hai fatto o non hai fatto, e io ti voglio bene. Sua madre sapeva essere feroce.

    Sissignora Il suo cuore non voleva guardare le cose mentre si allontanavano in auto, vedere cos’era cambiato e cos’era rimasto uguale. I suoi occhi però erano curiosi e determinati a osservare tutto. La farmacia di McCallum era ancora lì e anche il cinema Ridgeway, anche se adesso era una sala che trasmetteva a prezzi scontati la merda che davano in tv per quelli che avevano il satellite. La pista di pattinaggio era ora un Dollar General, e avevano messo su alla bell’e meglio uno di quegli hard discount messicani, che sembrava essere stato un videonoleggio circa cinque anni prima. Grazie a Dio il Dairy Queen era ancora lo stesso. Ti fanno ancora fumare lì dentro?

    Sì. La città ha protestato, ma il locale è fuori dai confini di quasi cinque chilometri. Lo guardò, con una mezza occhiataccia. Tu non fumi, vero?

    Nossignora. Ho smesso. Non perché voleva, ma perché non poteva permetterselo. Non poteva permettersi nessun vizio in quel periodo, quindi era un cazzo di modello di vita sana.

    Beh, buon per te. Sospirò e guardò la strada quasi vuota nello specchietto retrovisore, rilassando le mani sul volante, e Sage capì: nessuno li stava seguendo, grazie a Dio.

    Più si allontanavano dalla città e meno cambiamenti vedeva. La casa degli Shields sorgeva ancora al centro del boschetto di alberi pecan più nodoso della terra, i Pecina tenevano ancora appesa l’insegna per la pelletteria, e la buca più grande del mondo era sempre lì; sua madre non la notò neanche mentre ci passava intorno.

    Non l’hanno ancora sistemata, eh?

    No. Credo che non lo faranno mai, figliolo. Ci sono solo quattro famiglie su questa strada, e nessuno di noi è ricco. Alla contea non interessano le persone anziane.

    Non sei anziana, mamma. Anche se sapeva che doveva essere vecchia quanto si sentiva il suo corpo in quei giorni.

    Non sono giovane. Rise, ma era una risata nervosa.

    Sistemerò le cose, mamma. Non ti deluderò. Neanche stavolta aggiunse di nuovo. Non ce n’era bisogno. Sapevano entrambi che era lì.

    So che te la caverai. Svoltò sul loro viale e procedette sobbalzando sulla stradina sterrata.

    Doveva spianare il viale dopo aver controllato la recinzione. Il cancello sembrava piuttosto solido, le grate metalliche erano ancora intere e sferragliavano sotto gli pneumatici del grosso fuoristrada che gli passava sopra.

    La casa sembrava così familiare che gli fece male lo stomaco e quando il pick-up si fermò, si sentì paralizzato.

    Questa è la tua casa, Sage Redding. Il tuo posto. Sarà sempre così. Sua madre sembrava sul punto di perdere il controllo e non poteva sopportarlo. Abbiamo messo una casa mobile dietro i fienili, così hai un posto tutto tuo.

    Non dovevate…

    Ah, zitto. Un uomo adulto ha bisogno di qualcosa che non sia la camera da letto della sua infanzia. È davvero carina. Tuo padre l’ha scambiata con quel vecchio trattore che nessuno usava più.

    Si sporse e le baciò la guancia. Grazie. Papà è fuori nel fienile o dentro casa?

    Dovrebbe essere nel fienile. Si cena tra mezz’ora.

    Sì, signora. Avrebbe portato più tardi il borsone nella roulotte, prima si sarebbe messo al lavoro. Lo aiuterò, poi verremo a mangiare.

    Ci vediamo, allora. Gli rivolse un sorriso appena accennato e si diresse verso la casa, lasciandolo per conto suo.

    Sage scese e andò al fienile, fischiettando forte abbastanza da farsi sentire dal padre e dagli animali e non coglierli di sorpresa. Guardò il pascolo mentre si avvicinava; l’erba si stava scurendo, a riprova che si era alla fine della feroce estate texana. Gli ultimi giorni di settembre potevano essere letali, caldi e umidi; nei polmoni sembrava di avere sciroppo al posto dell’aria.

    Il padre stava cantando, le parole erano un po’ balbettanti, ma suonavano forti e chiare. Sage si unì, cantando vecchie canzoni di Bob Wills come se fosse appena tornato a casa dal negozio mezz’ora prima, e non dopo quasi undici anni del cazzo.

    L’uomo alzò la testa di scatto, ma sul suo volto Sage non vide altro che un gran sorriso… nessuna censura né delusione. Arrivarono assieme al gran finale della canzone, gorgheggiando come cretini.

    I cavalli scrollarono le teste e sbuffarono come se stessero cantando con loro. Cose stupide.

    Quando finirono, il padre si avvicinò e gli diede una sonora pacca sulla schiena. Figliolo!

    Sono a casa. Per quel che valeva, era a casa.

    Già, era proprio ora.

    Sì, signore. Era così. Mamma dice che si cena tra mezz’ora. Di che cosa hai bisogno?

    Ho bisogno che mi sposti quella balla, e un altro migliaio di piccole cose.

    Ci penso io. Si mise al lavoro: ne aveva i movimenti e il ritmo talmente incisi nelle ossa che il tempo non li avrebbe mai arrugginiti. Guardò con la coda dell’occhio suo padre, con quelle mani nodose che adesso tremavano, i fremiti erano evidenti. Dio era un segnapunti crudele e meschino, e Sage pensò che barasse spesso.

    Finirono il lavoro in tempo per la cena e s’incamminarono verso casa, con il vento che si alzava.

    Sembra che si prepari una tempesta.

    Il padre annuì. Non hai uno di quei telefoni fighetti del cavolo che ti dicono che tempo farà?

    No, signore. Non poteva permettersene uno, e non aveva credito. Aveva un prepagato preso da Walmart.

    Bene. Il padre sputò nel terreno secco. Quello stronzo del marito di Rosie ne ha uno attaccato al palmo della mano del cazzo. Inutile pezzo di merda.

    Sage fece spallucce. Le ginocchia gli dicevano che ci sarebbe stato un gran tempaccio. Quello era un souvenir della prigione davvero doloroso. Almeno gli avevano dato la scelta: ginocchia o denti. Aveva pensato che nessuno potesse far peggio di ciò che era in grado di fare un cavallo, e aveva avuto ragione. Poteva farcela.

    Il padre e la madre avevano sborsato troppi soldi per i suoi denti per permettere a qualcuno di romperglieli…

    La madre aprì la porta d’ingresso e lui si sforzò di entrare e fingere di essere a proprio agio. Buon Gesù, non era cambiato un cazzo di niente, almeno a prima vista. I pavimenti erano ancora in legno e i muri dell’atrio sempre di colore verde rana. Gli stivali di gomma stavano ancora nella vecchia cassetta di legno che la madre aveva comprato al primo mercatino e fiera dell’artigianato organizzato per Natale dalla Chiesa battista quando lui aveva otto anni.

    In qualche modo aveva anche lo stesso odore… tipo carne di maiale salata e fagioli, focaccia di granturco e chili.

    Quando entrarono, notò le piccole cose che erano cambiate: c’erano le foto dei bambini dei cugini al posto di quelle di lui e Rosie di quando andavano a scuola, e sul mobile della tv c’era un piccolo schermo piatto.

    Lo fece respirare, finalmente, e sorridere. Il tempo continuava a scorrere.

    Entrate e sedetevi. Vuoi del latte o del tè, figliolo? La donna aveva già dato al padre l’acqua e il latte e aveva una tazza di caffè accanto al suo piatto.

    Tè per favore. Gli venne in mente, con un qualche distacco, che non si era mai seduto a quel tavolo a farsi una birra. Neanche una volta, ed era piuttosto certo che non sarebbe mai successo.

    Ecco a te. Gli passò un bicchiere e, all’improvviso, Sage ebbe voglia di gridare, voleva spezzare la normalità di quella scenetta.

    Invece si mise a sedere.

    Il padre disse una preghiera e poi mangiarono: cibo buono, familiare, che saziava. Sage stava per spezzarsi proprio nel mezzo, come un piatto per torte lasciato cadere.

    Si alzò non appena finito di cenare, rifiutando l’offerta di restare per guardare il telegiornale della sera. La sua anima era fragile e non pensava di poter sopportare la vista della madre che lavorava all’uncinetto e del padre che si appisolava mentre guardava una serie di programmi senza senso.

    Ecco le chiavi della casa, figliolo. Ha l’impianto idraulico, il gas, la corrente elettrica. L’ho sistemata per te.

    Grazie mamma, papà. Prese le chiavi e il piatto incartato con gli avanzi. Verrò da voi come prima cosa, domani.

    Ci troverai qui. La madre gli sorrise e il padre annuì, anche se poteva essere stato il Parkinson.

    Sage raggiunse il pick-up e prese il suo borsone, grato che la tempesta non li avesse ancora raggiunti. Lo portò fino alla roulotte, rimanendo in piedi a fissarla per un bel po’. Dannazione. Era proprio carina, davvero, aveva anche un piccolo portico.

    Non vide il pit bull che stava lì accucciato finché non salì le scale. Piccola e blu, la coda tesa impostata allo scodinzolamento, tump, tump. Si accigliò. Copper?

    Non poteva essere. Era già vecchia quando era andato in California, dovevano averla seppellita parecchio prima. Eppure il cucciolo era la sua immagine sputata e portava un collare con una medaglietta. Posò la borsa e mise il piatto sulla ringhiera della veranda, poi si chinò. Chi diavolo sei, cucciolo?

    Sulla medaglietta c’era scritto ‘Penny’; non poté fare a meno di sorridere. Sua madre aveva un perfido senso dell’umorismo.

    La cucciola gli leccò la faccia, continuando a sbattere la coda. Signore, Signore. Sembrava che avrebbe avuto compagnia.

    Vieni dentro, allora, ma non ti azzardare a pisciare sul pavimento. Gli piaceva una casa pulita. Non avrebbe mai vissuto nella sporcizia. Mai più.

    Penny trotterellò dentro accanto a lui e non saltò sopra a niente, si sistemò soltanto su un letto per cani posto nell’angolo del piccolo salotto.

    Il posto era immacolato e semplice, con un televisore, un piccolo lettore dvd e un sofà. La cucina aveva le cose essenziali e Sage era certo che, se avesse guardato, in dispensa avrebbe trovato corn flakes, barattoli di Wolf Brand Chili e semolino a cottura veloce.

    Cavolo, c’era anche un barattolo riempito di caramelle Jolly Ranchers alla mela verde.

    Oh buon Gesù. Era a casa.

    Gli cedettero le ginocchia, e se quella dolce cucciolotta venne a leccargli via le lacrime, cavoli, non c’era nessuno a fare la spia.

    Per la prima volta in dieci anni, nessuno stava guardando.

    Capitolo 3

    Adam Dale Winchester, detto Win, entrò nel dipartimento dello sceriffo e controllò la lavagna per vedere dove erano tutti. Lo sceriffo era nel suo ufficio, meglio così, perché Win pensava che dovessero parlare.

    Ehi. Dov’eri ieri sera? chiese allo zio mentre entrava e chiudeva la porta. Pensavo che fossi reperibile.

    Perché t’interessa, ragazzo? sbraitò Jim, senza neanche alzare lo sguardo.

    Perché sono stato chiamato per un incidente stradale mentre ero fuori servizio, ecco perché. Le persone pensavano che avesse ottenuto quel lavoro perché Jim Dale era suo zio. Merda, invece ce l’aveva nonostante lui. Quell’uomo era un despota meschino.

    Avresti potuto chiamare Barb.

    Certo perché a Barb, madre single di un ragazzo disabile e di un bambino che aveva meno di quattro anni, mancava soltanto una chiamata alle dieci di sera. Coglione.

    O potevi essere reperibile tu. Che cazzo c’era di tanto importante da farti sparire?

    Stai attento a come cazzo parli, o ti riduco in fin di vita.

    Win sogghignò. Puoi provarci. Non aveva passato tutto quel tempo nell’esercito per nulla. Nessuno dei suoi zii poteva pensare di alzare un dito su di lui ormai, come avevano fatto dopo la morte di suo padre.

    Senti, stavo seguendo una pista, eh? Un assassino si è appena trasferito in città, mi stavo assicurando che non creasse guai.

    Win inarcò un sopracciglio. Un assassino?

    Jim annuì. Quello stronzo che ha ucciso tuo cugino Angel. Sai, il figlio di tuo zio Teddy.

    Nooo. No, non ricordava Angel. Coglione sarcastico.

    Oh. Oh cavolo. A proposito di casini. Win scosse la testa, chiedendosi cosa gli fosse sfuggito della famiglia Redding. Quale emergenza aveva riportato a casa Sage Redding? Pensi davvero che ci fosse bisogno di tenere d’occhio quell’uomo?

    Ha ucciso cinque persone.

    Win alzò gli occhi al cielo. Si è beccato l’omicidio colposo perché è stato l’unico sopravvissuto all’incendio del posto dove sintetizzavano la droga, e lo sai. Aveva letto i rapporti quando era tornato a casa dall’estero per cercare di aiutare la sua famiglia a trovare un senso a tutto quello che era successo. Per come la vedeva lui, Sage si era preso una fregatura, ma quella era un’opinione piuttosto impopolare. Cavolo, se lo ricordava a malapena da quando andavano a scuola.

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