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Pulp exploitation revolution
Pulp exploitation revolution
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E-book228 pagine3 ore

Pulp exploitation revolution

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Info su questo ebook

Quelli che compongono Pulp Exploitation Revolution sono racconti avventurosi, fantastici, iperrealistici e ricchi di suspense. Donne sensuali, contenuti forti, crimini violenti, efferatezze e situazioni macabre, un ricco minestrone di hard boiled, poliziesco, horror, pornografia, fantascienza, sangue, sesso, romance e divertimento. “La vicenda è più importante della carta”, diceva Frank Munsey, ex telegrafista inventore del formato delle riviste pulp. E così sono queste storie: rilevanti e gustose. Un viaggio intorno al mondo, dalle mille sfaccettature. Un periplo coraggioso e originale.
LinguaItaliano
Data di uscita6 mar 2024
ISBN9791223014929
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    Anteprima del libro

    Pulp exploitation revolution - Okina Sagi

    T.J. Hooker Exploitation

    di Leonard J. Monk

    Oom-oom-oom-oom-ooma-mow-mow

    Ooma-mow-mow, papa-ooma-mow-mow

    Papa-oma-mow-mow, ooma-mow-mow

    Well don't you know about the bird?

    Well, everybody knows that the bird is the word!

    The Trashmen

    L'agente Vince Romano guida con entrambe le mani sul volante. La macchina sbanda lievemente a destra e a sinistra lungo Exposition Boulevard. Il sole del mattino è accecante, si infrange sul cristallo parabrezza. Il sergente T.J. Hooker ha la testa appoggiata al finestrino e guarda l'umanità fuori dal finestrino. Un bambino biondo sui pattini. Dei negri in tuta da lavoro. Uomini di mezza età con camicie sudate. Donne paffute che camminano spedite.

    «Ho composto una poesia, Romano. Vuoi sentirla?»

    «Avanti...» Romano non riesce a trattenere un sorriso. Hooker sembra non farci caso.

    «Una cazzo di umanità. Una cazzo di fottuta L.A.»

    L'agente Vince Romano rimane per un attimo in silenzio, poi scoppia a ridere sguaiatamente. Il sergente T.J. Hooker si limita a borbottare: «Sono un fottuto artista, meglio di quegli hipster di strada.» E nella sua testa partono i flashback. Cosa è successo quella mattina? Cosa sono quelle luci e quei colori? Cosa significa quel caleidoscopio di disarmonie e rabbia?

    Era iniziato tutto all'alba, forse, quando Romano era andato a prenderlo nella sua stanza piena di scatoloni imballati. Si erano bevuti un caffè sul fornelletto che Hooker teneva sul comodino, poi erano andati all'Accademia, come ogni giorno, erano passati davanti alle reclute che si stavano esercitando, si erano infilati negli spogliatoi, si erano tolti gli abiti civili e avevano indossato la divisa. Nell'atrio avevano salutato il capitano Sheridan e scambiato due battute con i colleghi Stacy e Jim dell'unità 4Adam16.

    E poi erano usciti nel cuore di Los Angeles con l'unico desiderio di ripulire le strade dalla feccia. Un poliziotto esperto e il suo giovane collega, uomini integerrimi e ligi al dovere, pronti a immolarsi, se necessario, per la giustizia.

    Non avevano percorso nemmeno un miglio, quando su Avalon Street, dietro la staccionata in legno che delimitava una casa fatiscente dalla strada, avevano notato un ragazzino che passava qualcosa ad altri due adolescenti. Tre giovani bianchi con i jeans scoloriti e le t-shirt dei Los Angeles Lakers.

    «Quelli non sono certo Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar e James Worthy» aveva detto Romano impugnando il manganello.

    «Certo che no, questi non sono neri» aveva risposto Hooker frenando bruscamente sul marciapiede.

    I due poliziotti erano scesi di corsa dalla macchina. Con fare atletico avevano scavalcato la staccionata, nonostante a mezzo metro dal punto della loro irruzione ci fosse un cancello spalancato, e si erano catapultati sui tre ragazzini. Questi erano scappati via.

    «Fermi, polizia!» aveva gridato Hooker.

    Ma i tre si erano ormai volatizzati in un dedalo di vicoli sporchi, erba alta e reticolati arrugginiti.

    «Vai alla macchina, Romano, chiedi rinforzi.»

    L'agente Vince Romano stava fissando qualcosa per terra. Hooker aveva abbassato lo sguardo e aveva visto una busta di plastica. L'aveva raccolta, l'aveva aperta ed era arrivata la folata di vento caldo. La sua faccia era ricoperta di polvere bianca. Il suo cervello aveva iniziato a ragionare rapidamente, troppo rapidamente. Non era spiacevole. Non pensava l'effetto fosse quello. Aveva infilato il naso dentro alla busta e aveva sniffato prepotentemente.

    «Wow» aveva detto. Poi aveva passato la busta a Romano.

    «Hooker, forse è meglio se chiamo un'ambulanza.»

    «Sniffa, bamboccio.»

    «Sergente, io credo sia cocaina...»

    «Certo che è cocaina, idiota. E io sono il tuo superiore e voglio che la sniffi.»

    «Non costringermi a fare rapporto, Hooker.»

    «Non costringermi a spaccarti la faccia, Romano.» Hooker era paonazzo. Con la lingua si stava leccando la cocaina intorno alle labbra. «Adesso tu sniffi, cazzo, se non vuoi che ti ficchi quel manganello su per il culo.»

    Romano aveva avvicinato la faccia, timidamente, alla busta, e in quel momento T.J. Hooker gli aveva preso i capelli e gli aveva ficcato con forza tutta la testa dentro.

    «Dai, sniffa! Sniffa, cazzo!»

    Vince Romano era riemerso. Il volto imbiancato.

    Per qualche secondo aveva camminato in tondo. Hooker lo aveva osservato ridendo.

    «Andiamo in macchina» aveva detto. «Guidi tu.»

    E avevano girato a zonzo per la zona di Edendale, fra il West Sunset Boulevard e Echo Park Avenue. Si erano passati la busta. Si erano fermati in una rivendita di liquori su Logan Street. Avevano sniffato e bevuto senza interruzione mentre la giornata andava avanti.

    «Che ne dici, Hooker, di fare un salto allo Sherry's Bar?»

    Hooker esce dai suoi flashback stonati. Davanti a lui c'è sempre Los Angeles. Nella mano sinistra ha la bottiglia vuota di Jim Beam, in quella destra la busta di cocaina.

    «Allora, ci andiamo allo Sherry's Bar?»

    «Quel locale è frequentato dai poliziotti, Romano.»

    «Pezzi di merda...»

    Hooker inizia a ridere e a sputacchiare:

    «Pezzi di merda... cazzo che sballo... fottuti poliziotti di merda.»

    «Unità 4Adam30, rispondete... Unità 4Adam30, rispondete...» gracchia una voce alla radio.

    «Ma stai zitta, puttana» borbotta Hooker rituffando il naso dentro alla busta.

    «Lo sai, io e Stacy...»

    «Ehi, Romano, guarda avanti, cazzo. Stavi per andare nell'altra corsia.»

    «Scusa... passami la busta.»

    «Non prenderci gusto, ragazzo.»

    «Tu passamela, intanto.»

    «Quando non ne avremo più potremmo cercarne dell'altra. Io lo so dove ci sono gli spacciatori. Io conosco Los Angeles come le mie tasche. E non dovremmo nemmeno pagarla... maledetti soldi.»

    «Stai ancora dando gli alimenti a tua moglie?»

    «Quella stronza se n'è andata in Oregon a fare la bella vita, io vivo in una squallida stanza di un hotel lercio, mi faccio il culo tutti i giorni sulle strade di questa dannata città e la mantengo, lei e quei tre ritardati dei miei figli.»

    «Unità 4Adam30, rispondete... Unità 4Adam30, rispondete...» gracchia la voce alla radio.

    L'unità 4Adam30 ignora la chiamata.

    «Tu, Romano, sei fortunato, tu non hai messo al mondo tre imbecilli come Chrissy, Cathy e Tommy... Mezze seghe. Passami quella busta.»

    «Tieni. Prima ti stavo raccontando di Stacy.»

    «Stacy?»

    «Me la sono fatta, due mesi fa. Ti ricordi quell'indagine al Night Bolero, quando si era infiltrata come entraineuse per riuscire ad arrestare quel pappone?»

    «Io mi ricordo tutto, Romano. Vai avanti.»

    «Una sera è arrivata a casa mia ancora vestita con tutti quei lustrini e quelle paillettes e i tacchi alti. Era stravolta perché i clienti le avevano messo le mani dappertutto. Diceva che non ce la faceva più.»

    «E tu l'hai consolata.»

    «Sì.»

    «Ti ha fatto il servizio completo?»

    Romano ride:

    «Se ti sentisse il capitano Sheridan parlare così della figlia ti sospenderebbe.»

    «Io me ne fotto nel capitano Sheridan, Romano. So solo che Stacy ha una bocca da paura. È nata per succhiare i cazzi.»

    «E tu che ne sai?»

    «La stessa indagine, pivello. Quando l'ho preparata per la missione. L'ho fatta vestire da zoccola e le ho detto: Ora vediamo come ti comporteresti se io fossi un cliente. Mi sono tirato fuori l'uccello e l'ho obbligata a succhiarmelo. Sono o non sono il vostro superiore? Mi ha fatto un pompino da Premio Nobel. E la sai la cosa divertente? Che mentre lei era lì a succhiarmelo, nell'altra stanza suo padre continuava a compilare moduli e carte e non sospettava di niente... Sheridan è solo un vecchio coglione.»

    «Stai bluffando. »

    «Ragazzino, vuoi vedere la mia verga?» Hooker fa il gesto di sbottonarsi i pantaloni.

    «Lascia perdere.»

    Ma Hooker non lascia perdere e dopo qualche secondo si tiene il sesso, rosso e duro, fra le mani.

    «Guarda qui che sberla, Romano. Venticinque centimetri di cazzo. Meglio di uno di quei negri di Downtown.»

    Romano ride picchiando le mani sul volante.

    «Dovremmo farcela insieme quella vacca» dice, sputacchiando saliva sul vetro del parabrezza.

    «Dopo che mi ha fatto il pompino le ho anche dato cinque dollari. Se li era meritati.»

    «Sei un grande, Hooker.»

    «Io sono il migliore, Romano.»

    «Unità 4Adam30, rispondete... Unità 4Adam30, rispondete...»

    «Ma che cazzo vuole, questa?» Hooker prende la ricetrasmittente. «Qui unità 4Adam30.»

    «Due uomini armati all'interno di un negozio di liquori in Lemonyet Street. Ripeto: due uomini armati all'inter...»

    «Ho capito, ho capito. Adesso andiamo a fargli il culo.»

    «Unità 4Adam30, unità 4Adam30...»

    Hooker raccoglie la bottiglia Jim Beam fra i suoi piedi e la fracassa con forza sulla radio.

    «Unità 4Adam30, unità 4Adam30...»

    «È immortale, cazzo...» Hooker si porta la busta al naso e sniffa. «Dai, Romano, accendi quella sirena che andiamo a sgominare la feccia... Tò, fatti un tirata, prima.» Gli passa la busta. Romano la afferra e immerge il viso. La macchina sbanda nell'altra corsia e per qualche millimetro non fa un frontale con una Dodge Charger che sta procedendo sul lato opposto.

    «Per un pelo» dice sogghignando, ripassa la busta a Hooker e mette in funzione la sirena.

    Hooker fa un rutto portentoso.

    «Dov'è Lemonyet Street?» chiede Romano.

    «Eccola, è quella lì. Il negozio è in fondo alla strada. Una volta che sgominiamo i cattivi ci compriamo un paio di bottiglie.»

    L'insegna Liquor sul pannello bianco è rossa. Intensa. Sembra scritta col sangue. Le porte a vetri si aprono ed escono di corsa i due malviventi. Uno ha in testa un passamontagna nero, indossa una giacca a vento marrone, pantaloni grigi e tennis blu. Impugna una 44 Magnum e stringe nell'altra mano un sacchetto di carta da cui escono bigliettoni da un dollaro. Il suo compare, traccagnotto, ha un paio di collant in testa, una t-shirt azzurra, jeans lisi, stivaletti di cuoio e imbraccia un fucile a pompa Remington 870.

    L'unità 4Adam30 si ferma in uno stridio di freni e meccaniche cigolanti. T.J.Hooker e Vince Romano spalancano le porte della macchina e si riparano dietro a esse. Puntano le pistole.

    «Mettete giù quelle armi, rottinculo! È arrivata la Legge, cazzo!» Hooker ringhia furibondo.

    Il tipo con i collant calati sul viso agguanta una ragazza con un vestitino azzurro immobile davanti al negozio. L'altro rapinatore le punta alla tempia la canna della 44 Magnum.

    «Non avvicinatevi, sennò le faccio saltare la testa!» urla con una voce stridula.

    «Vi prego, aiutatemi!» piagnucola la ragazza.

    «Stai tranquilla, bionda. Ci pensiamo noi a questi finocchi!» dice Hooker.

    L'uomo con il Remington 870 prende la mira e spara. La portiera sinistra dell'unità 4Adam30 diventa un groviera.

    «Tutto bene, Hooker?» chiede Romano.

    «Tutto bene. Io sono immortale. Mi hai sentito, bastardo? Io sono il sergente T.J. Hooker e sono immortale!»

    I due rapinatori retrocedono verso il parcheggio, tenendo la ragazza davanti, come scudo.

    «Romano, prendili alle spalle.»

    «Non sono sicuro di riuscirci, Hooker.»

    «Fallo!»

    L'agente Vince Romano si scosta dal riparo, fa due metri e inciampa clamorosamente. Parte un colpo dalla sua pistola d'ordinanza.

    «Oh, Cristo! Cristo! Mi sono bucato un piede! Sergente! Sergente! Aiuto!»

    «Tieni duro, Romano!» Hooker si alza, inizia a correre, taglia il parcheggio. Ha ancora il sesso fuori dai pantaloni e la faccia e i capelli imbiancati di cocaina. Si avvicina ai rapitori che usano l'ostaggio come protezione. Stanno retrocedendo verso una Plymouth arancione.

    «Fermi, polizia!»

    «Non ti avvicinare, sbirro!» urla il tipo con il Remington 870.

    Ma Hooker è sicuro di sé. Sa quello che fa. Punta la pistola e spara tre colpi. La ragazza bionda crolla a terra con un buco in mezzo alla fronte. Gli altri due proiettili trapassano spalla e braccio sinistro del rapinatore con la Magnum 44.

    L'altro raggiunge la Plymouth, sale e cerca di mettere in moto.

    Hooker si avvicina. L'ostaggio è morto. Il rapinatore stringe i denti e si tiene il braccio ferito con l'altra mano. Il sacchetto pieno di soldi è lì di fianco a lui, i dollari volano via.

    «Bastardo.» Hooker punta la pistola e gli fa esplodere la testa.

    La Plymouth si mette in moto.

    Hooker, con il sesso che ballonzola da una parte all'altra, raggiunge l'unità 4Adam30. Dà una fugace occhiata a Romano che si sta contorcendo dal dolore qualche metro più in là. Poi sale, chiude la portiera e parte all'inseguimento.

    La Plymouth uscendo dal parcheggio rischia di investire due passanti, una coppia di mezz'età a spasso con il cane. T.J. Hooker non ha tempo da perdere e tira dritto. Sente un tonfo sordo, ossa che vengono stritolate. Schizzi di sangue macchiano il parabrezza.

    «Unità 4Adam16 a unità 4Adam30. Mi sentite?» La voce dell'agente Stacy Sheridan invade l'abitacolo. Hooker prende la ricetrasmittente:

    «Succhiami il cazzo, puttana. Adesso penso a questo e poi vengo a farti la festa. Ehi, Jim, sei lì? Fottiti amico, questa è per te.» E Hooker si produce in una pernacchia rumorosissima.

    «Unità 4Adam30, ma che succede?»

    Hooker estrae la pistola e spara alla radio.

    La Playmouth intanto si dirige verso Silver Lake. Una serpentina impazzita per evitare gli altri veicoli. Passa con il rosso a diversi semafori. Brucia le miglia. Ma Hooker gli è dietro. Con il sesso fuori dai pantaloni e la busta di cocaina che si porta al naso ogni venti secondi.

    «Ti prendo, bastardo! Ti prendo e poi mi daranno una medaglia e mi riempiranno di soldi. Ne ho piene le palle di quella stanza di merda piena di scatoloni, di quelle reclute deficienti, di svegliarmi con gli incubi perché quella volta in banca non sono riuscito a salvare Johnny... Johnny, cazzo, dovevi stare più attento. Mi daranno un mucchio di soldi e mi scrollerò dalle palle, una volta per tutte, quella stronza di mia moglie e quegli opportunisti di Chrissy, Cathy e Tommy. Comprerò una bomba nucleare e la getterò sull'Oregon...» Hooker sniffa. Hooker accellera. Hooker è dietro alla Plymouth arancione. Le due macchine stanno dirigendosi verso la scarpata di Silver Lake. Le ruote si sollevano da terra a ogni tornante.

    «Io sono Thomas Jefferson Hooker, lo sbirro americano più cazzuto di tutti i tempi.» Spinge il piede sull’acceleratore. Il muso dell'unità 4Adam30 sbatte violentemente contro la parte posteriore della Plymouth. Il rapinatore al volante perde il controllo della macchina che, dopo un'improvviso testa coda, si ribalta su un lato e rotola giù dall'arido dirupo.

    Hooker frena e scende. Guarda in basso. La Plymouth sta bruciando. Il rapinatore è stato sbalzato fuori dall'abitacolo e giace riverso su un masso. Hooker prende la mira e spara. Il corpo del tipo ha un sussulto poi rimane immobile.

    «È così che deve andare.» T.J. Hooker si accorge di avere il sesso fuori dai pantaloni. Sorride. Poi ne approfitta per farsi una pisciata.

    Mittellage di Andrea Zoccolan

    Sembrava la hall di un albergo di lusso. O meglio, l’idea che me n’ero fatto dopo quarant’anni di cinema. Io, un albergo di lusso, non l’avevo mai visto. Ci sono tante cose che non ho mai visto, pensai, non ero mai stato in Sardegna, per esempio, chissà se ne avrei mai avuto il tempo. C’era il concierge all’ingresso, l’uomo che, con un sorriso sardonico, apriva le porte agli ospiti, poi i facchini, indaffarati, che correvano da una parte all’altra della sala d’aspetto. Non vedevo l’interno degli ascensori, ma ero certo ci fosse l’addetto che schiacciava i tasti dei piani, come se questa fosse una pratica troppo complessa da fare soli. Avevo anche un braccialetto con scritto il mio nome e un codice a barre, così che tutti potessero riconoscermi. Accanto a me sedeva un ragazzo dai capelli rossi. Non sono sicuro avesse già compiuto diciott’anni, teneva al collo, grazie a un cordino, una macchina fotografica di quelle digitali.

    «Che codice sei?» abbozzai.

    Sembrò spaesato, come se non riuscisse a capire da dove provenisse la mia voce. Cercai un impercettibile contatto col suo corpo avanzando verso di lui.

    «Verde» rispose dopo un tempo indefinito.

    Perdeva sangue dal labbro, aveva lo zigomo destro gonfio e un occhio pesto. Quando smisi di analizzare il suo volto mi accorsi che anche lui mi studiava.

    Iniziai a sentirmi a disagio e distolsi lo sguardo, lui non smetteva di fissarmi. Era attratto da qualcosa, un particolare che attirava la sua attenzione. Si decise allora a prendermi il mento tra le mani, inclinandolo leggermente sulla destra. Poi prese la macchina fotografica e scattò una foto. Partì il flash, e per un attimo tutti gli zombie che affollavano il pronto soccorso si girarono verso di noi.

    Mi pentii di aver rivolto la parola a questo deviato, a questo ragazzino con la faccia tumefatta e i capelli rossi. Passai così qualche minuto immobile, sforzandomi di farmi notare il meno possibile. Lui sembrò soddisfatto della fotografia, considerando che per un po’ maneggiò con la macchinetta accennando un sorriso. Mi chiesi se quella smorfia avesse a che fare con il mio volto, cercai meccanicamente di rilassare le spalle. Non ci riuscii.

    «Tu cos’hai?» chiese il rosso cogliendomi alla sprovvista.

    «Non lo so bene» farfugliai. «Mi fa male il petto, qui» aggiunsi indicandomi lo sterno.

    «È stress» disse quando ormai credevo che la conversazione fosse finita.

    «Può essere. Tu perché sei qui?»

    «Ho litigato con due ragazzi. Si sono incazzati perché gli stavo facendo delle foto.»

    «Se hai fatto come con me, non mi stupisco.»

    Non commentò.

    «Ti hanno picchiato per questo? Per la foto?»

    «Sì, perché stavano pisciando.»

    «Li hai fotografati mentre stavano pisciando?»

    «Sì, perché erano perfettamente simmetrici, avevano anche tutti e due una maglietta rossa.» Fece una breve

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