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Progetto Mercurio
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E-book66 pagine45 minuti

Progetto Mercurio

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Spionaggio - racconto lungo (39 pagine) - Il sistema non ti lascia andare.


Milano, 1988: un operativo viene richiamato in servizio con urgenza, a oltre un anno dall’incarico che gli ha lasciato una cicatrice sul volto e la sfiducia in se stesso. È un’occasione di riscatto e, al tempo stesso, il prezzo da pagare per poter cambiare vita per sempre. Ma le informazioni sono scarse, le circostanze sospette e gli avversari senza volto. La missione potrebbe essere l’ultima, in ogni senso.


Cristina Biolcati, ferrarese ma padovana d’adozione, ha pubblicato con Delos Digital un romanzo e dieci racconti lunghi, tra cui Il suono delle sue ferite (Premio Garfagnana in Giallo 2022) e Luna park assassino, oltre al giallo storico In grazia di Dio (Todaro). Ha scritto racconti su Writers Magazine Italia e vinto nel 2023 il concorso GialloLuna NeroNotte/Il Giallo Mondadori. Collabora con MilanoNera.

LinguaItaliano
Data di uscita21 mag 2024
ISBN9788825428537
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    Anteprima del libro

    Progetto Mercurio - Cristina Biolcati

    1

    Milano, novembre 1988

    L’Hotel Galaverna era un buco di culo e il marciapiede era imbrattato di merda di cane.

    – Bentornato a casa.

    Mentre temporeggiavo guardando fuori dalla vetrata del Club Privé, mi domandai come mai il mio interlocutore mi avesse dato appuntamento in un posto tanto vicino all’obiettivo. Mi risposi da solo: quel locale era già stato usato in altre operazioni e, guarda caso, si trovava a pochi passi dall’albergo oggetto della mia missione.

    Ero già stato al Club Privé, con le sue vetrate oscurate all’esterno come quelle di un sexy shop, che impedivano di vedere chi fosse seduto ai tavolini. Ma dall’interno si poteva tenere d’occhio la strada senza essere notati.

    Non avevo battuto ciglio quando il cameriere mi aveva condotto nella saletta laterale, con vista panoramica sul bersaglio. Dietro mia richiesta, aveva subito portato un Laphroaig con ghiaccio, il primo dopo un anno di Jameson. Mi era mancato quel retrogusto di torba. Una volta qualcuno mi aveva detto che era come tenere in bocca un pugno di terra marcia, però io lo avevo contraddetto. – Marcita, a ritmo lento, che è diverso. – Non gli era rimasto altro da aggiungere.

    Distolsi lo sguardo dalla porta dell’albergo e guardai l’orologio. Il mio Rolex d’oro non mentiva: erano le dodici spaccate.

    – Bello mio, o arrivi adesso, oppure me ne vado.

    E infatti sentii il campanello all’ingresso (due squilli lunghi e uno breve, il segnale) e la porta che veniva aperta. Due secondi dopo il Messaggero entrò nella saletta, silenzioso e impeccabile come sempre.

    Era un tipo di poche parole, come me. Alto e magro, sulla cinquantina, dai capelli brizzolati, perennemente vestito con un elegante completo scuro, con tanto di cravatta. Lo chiamavano – il Messaggero – perché era colui che si esponeva quando c’era da assegnare una missione. Lo trovavo smagrito rispetto all’ultima volta. Ma ero cambiato anch’io, per cui si trovava in buona compagnia.

    Chiuse la porta e venne subito a stringermi la mano. Asciutta e perfettamente liscia, la sua, come quella di una donna che non lava mai i piatti. – Ti ringrazio di essere venuto – disse, sedendosi di fronte a me.

    Annuii e rimasi in silenzio. Nell’ambiente ero apprezzato per il mio riserbo. Nemmeno i saluti, sebbene non lo vedessi da più di un anno.

    – Ho saputo che hai cambiato aria per un po’. Londra, se non sbaglio?

    – Dublino – lo corressi. Ero sicuro che sapesse benissimo dove mi ero ritirato, ma che, come sua abitudine, fingesse di non ricordare certi dettagli.

    Mi ero preso quella pausa di riflessione in Irlanda perché là avevo la sensazione di tornare indietro nel tempo di almeno vent’anni. Niente tecnologia sofisticata, niente persone che se ne inventavano una ogni giorno per poi fregare il prossimo. Avevo perso il gusto della vita che conducevo qui.

    – Fatto buon viaggio? – Un’altra domanda di cui non gli interessava la risposta. Ma nemmeno il Messaggero aveva tempo da perdere in convenevoli, quindi venne al sodo. – Ti abbiamo chiamato perché c’è una cosa che dovresti fare per noi. Dopodiché, se vorrai, ti potrai ritenere libero di vivere la tua vita come meglio credi. Dove vuoi tu.

    A dire il vero, quelle parole le avevo già sentite. Era come se mi stesse chiedendo se mi ritenessi dentro oppure fuori dal giro.

    Non intendevo rinnegare niente. Avevo sempre evitato di intrecciare rapporti importanti: niente moglie né figli, sebbene fossi ormai alla soglia dei quarant’anni. Per me quel lavoro era stato la cosa più importante al mondo e lui lo sapeva meglio di chiunque altro.

    Il Messaggero si guardò attorno nel salottino deserto, come se potesse accertarsi a vista che non ci fossero specchi semiriflettenti, telecamere o microfoni nei pressi. In realtà non avrebbe nemmeno scelto quel luogo se non fosse già stato

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