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Il vecchio caso dei topinambur
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E-book60 pagine46 minuti

Il vecchio caso dei topinambur

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Giallo - racconto lungo (43 pagine) - Un giallo negli anni Cinquanta, agli inizi della carriera dell'ispettore Grandi


Questa volta ci troviamo proiettati nella Milano degli anni Cinquanta, dove un trentenne Leonardo Grandi, allora ispettore di polizia, deve aiutare un commissario sanguigno e ottuso a far luce sulla morte di una ricca signora, uccisa dopo essere rincasata dalla spesa. I sospetti convergono sui beneficiari del testamento, cioè l’amante della donna e i tre nipoti, tra loro cugini.

Lo spirito di osservazione e la logica ferrea permetteranno al nostro detective di risolvere un caso atipico anche sotto il profilo del registro narrativo, dove Tommaso Testi, consueta voce narrante della serie, per una volta non partecipa all’indagine e cede i suoi ruoli di narratore e di assistente a Grandi stesso.


Fabio Scaletti (Milano, 1964) è scrittore e critico d’arte. Laureato in filosofia, si è occupato di estetica “sconfinando” nella storia dell’arte. Esperto di Caravaggio e studioso del Rinascimento, tra le sue ultime pubblicazioni, alcune tradotte in varie lingue, ricordiamo: Caravaggio. Catalogo ragionato delle opere autografe, attribuite e controverse (2 volumi, Napoli, 2017), Il Rinascimento nei Musei Italiani (con Claudio Strinati, Reggio Emilia, 2017), Leonardo. Il Genio (Torino, 2018), Raffaello. Il Principe delle Arti (Torino, 2019), Caravaggio. Il Pittore della Luce (Torino, 2020), Michelangelo (Bologna, 2021).

Negli anni Novanta ha ideato la figura del commissario Leonardo Grandi, protagonista di romanzi e racconti gialli in stile inglese ma ambientati per la maggior parte a Milano. Per Delos Digital sono già usciti Delitto alla StataleIl mostro del Corvetto e Omicidio nella grotta. Ha anche scritto Storia (e filosofia) del giallo, sempre pubblicato da Delos Digital.

LinguaItaliano
Data di uscita28 mag 2024
ISBN9788825429312
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    Anteprima del libro

    Il vecchio caso dei topinambur - Fabio Scaletti

    Un delitto in manicomio è cosa probabile,

    eppure molto meno misteriosa e appassionante,

    quando capita, di un delitto nel negozio

    dell’erbivendolo.

    Alfred Hitchcock

    1.

    Topinambur. Non fosse stato per la stravagante predilezione di Grandi per quei bitorzoluti tuberi dal nome all’apparenza orientaleggiante ma in realtà ripreso dalla tribù di indiani d’America che in origine li coltivava, molto probabilmente io non avrei mai conosciuto gli eventi di una delle avventure più interessanti che capitarono al mio collega d’indagine nella sua lontana giovinezza, quando egli operava come funzionario della polizia milanese.

    Come sempre accadeva allorché esisteva un mistero per la cui soluzione qualcuno non poteva fare a meno di consultare il celebre detective Leonardo Grandi, anche quella volta il mio canuto collega, che da quando era andato in pensione aveva il suo domicilio sul lago di Como, alloggiava nel mio appartamento nel centro di Milano, dove riusciva a vessare il sottoscritto con le sue maniere dispotiche, la sua incorreggibile reticenza a condividere le notizie inerenti l’indagine in corso, e soprattutto con il suo appetito pantagruelico. Per quanto egli fingesse di essere inappetente e di considerare il pranzo alla stregua di una riunione di famiglia, dunque una formalità da sbrigare in fretta, spesso ero costretto a sobbarcarmi delle autentiche sfacchinate mattutine per procurargli quei cibi che volta per volta venivano desiderati da Sua Maestà. Quel mattino, in fondo allo sterminato elenco della spesa che coinvolgeva l’intero spettro dei negozi di generi alimentari, notai uno scarabocchio vergato dalla sua ossuta e precipitosa mano. Alla mia richiesta di delucidazioni, Grandi modulò un topinambur che mi lasciò interdetto, almeno fino a quando non mi illustrò che si trattava di una specie di patata con tanti bernoccoli dal sapore a metà strada fra lo stesso popolare tubero e il fungo, e come un fungo si cucinava trifolato. Non che quella spiegazione fosse illuminante, poiché non potevo mica visitare tutti i fruttivendoli della zona citando il curioso nome dell’ortaggio in questione, descrivendone le caratteristiche e assaggiando poi l’esemplare che eventualmente mi avrebbero mostrato, magari cuocendolo prima con prezzemolo e aglio, come da indicazioni gastronomiche ricevute; ma almeno, qualora avessi avuto la ventura di incontrare un rivenditore dotato di quello sconosciuto frutto della terra, tutte le difficoltà sarebbero state appianate. Siccome nel mio quartiere era giorno di mercato, decisi di risparmiare qualche soldo girando alla larga dal fruttivendolo in faccia a casa, presso il quale non era proprio possibile spendere meno di una certa cifra, qualsiasi cosa si comprasse, e mi intrufolai nella sgomitante bolgia all’attacco delle bancarelle che ricoprivano i marciapiedi della vicina via Crema. I primi sei ortolani ambulanti che sondai mi credettero straniero e mi guardarono con stupore quando nominai il tubero agognato da Grandi, e fu solo il settimo tizio da me interpellato che si assunse l’onere di rivelarmi che era più facile reperire una distesa di fragole in un deserto che un topinvattelapesca al mercato. Mentre mi approssimavo alla mia abitazione alla fine di corso di Porta Romana, adirato con il capriccioso stomaco di Leonardo, transitai davanti al già menzionato esoso negozio di frutta e verdura e, come per incanto, mi accorsi che da una cassetta di legno mi faceva l’occhiolino un cartello bianco su cui era scritto l’esotico nome dell’ortaggio che cercavo, il cui costo al chilo non era neanche eccessivo se si consideravano la rarità dell’articolo e il negozio che lo vendeva. Poiché, come detto, vi era una tariffa minima da raggiungere, che si comprasse un limone o l’intera bottega, acquistai tutto quello di cui avevo bisogno, tra cui alcuni chili di mele, pere e arance tanto lucide e artefatte che nemmeno i parassiti le avevano degnate di uno sguardo. Lasciai quindi in ultimo i topinambur (tre di numero perché non ero sicuro che mi piacessero), prodotti di madre natura che il meravigliato erbivendolo avvolse in un foglio di carta di giornale insieme a un rametto di rosmarino e a un mazzetto di erba salvia, dopodiché pagai il

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