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Un’insolita giornata
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E-book225 pagine3 ore

Un’insolita giornata

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Info su questo ebook

È un pomeriggio inoltrato di settembre, e su una spiaggia di Miami una leggera brezza accarezza i capelli di Caroline Diaz, trentenne imprenditrice che possiede una piccola casa editrice locale per la quale coordina anche il lavoro di redazione di un variegato mensile. Riflettendo sul suo futuro personale e giornalistico, la giovane sta al contempo guardando indietro alle grandi soddisfazioni professionali conseguite, ma che hanno finito per penalizzare la sua vita privata e la ricerca dell’uomo giusto con cui condividere la propria quotidianità. Sostituendo una sua dipendente che ha dovuto dare forfait all’ultimo momento, Caroline si ritrova a intervistare il noto attore cinematografico Vincent Menéndez, rimanendo colpita dalla sua storia personale e dalla richiesta di approfondire quella conoscenza nata in maniera del tutto casuale: un’insolita giornata che avrà ripercussioni imprevedibili nelle settimane e nei mesi a seguire.

Chiara Pesci è nata a Torino nel 1992. Sempre a Torino ha completato il percorso di studi psicopedagogici. Nel 2019 ha ottenuto la certificazione europea di Personal Trainer, coronando così un’altra passione, oltre a quella della scrittura. Ha sempre amato scrivere, già in giovane età scrisse piccoli saggi e racconti. Un’insolita giornata è il suo primo libro.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2024
ISBN9788830694644
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    Anteprima del libro

    Un’insolita giornata - Chiara Pesci

    Copertina di Un’insolita giornata

    Chiara Pesci

    Un’insolita giornata

    © 2024 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - [email protected]

    ISBN 978-88-306-9038-7

    I edizione marzo 2024

    Finito di stampare nel mese di marzo 2024

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Un’insolita giornata

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun al tro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di Lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Dedicato a mia mamma

    "A te mamma, che mi hai insegnato a prendere

    a pugni la vita e a non arrendersi mai"

    CAPITOLO 1

    Questa storia ha inizio su una spiaggia di Miami, era un pomeriggio inoltrato di settembre e una leggera brezza accarezzava i capelli di Caroline. Lei aveva circa trent’anni, era una giovane imprenditrice e possedeva una piccola casa editrice locale. In quel momento si stava riposando e rifletteva sul suo futuro personale e giornalistico. A soli trent’anni era arrivata ad un bel traguardo per quanto riguardava la sua carriera, aveva avuto diversi premi, aveva potuto intervistare persone importanti della politica e dello spettacolo; però aveva dovuto pagare un caro prezzo per poterlo fare, aveva dovuto mettere da parte la sua vita privata. Era sera, come tutti i mercoledì Caroline si vedeva con il suo gruppo di amici alla solita pizzeria italiana del loro amico Alfredo. Ne facevano parte Jennifer l’amica di una vita, Hilary la più sognatrice, Josh innamorato da sempre di Caroline e poi Chandler che voleva a tutti i costi entrare nel mondo dello spettacolo come stand-up comedian grazie alla sua dote di essere simpatico ed avere sempre la battuta pronta. «Cosa vi porto oggi? Le solite?» chiese Alfredo. «Le solite Alfredo, un giorno cambieremo ma quel giorno non è oggi» rispose Jen. «Ragazzi io penso che dovremmo fare un viaggio insieme, sono passati due anni dall’ultima volta che l’abbiamo fatto. Io penso che serva a tutti per rilassarci un po’ e staccare dalla solita vita» disse Hilary che già da un po’ maturava questa idea. «Hilary non è una cosa possibile adesso, questo per me è un periodo veramente pieno di lavoro, ricomincia lo sport, ci sono dei cambiamenti nella politica per non parlare dei nuovi film che stanno uscendo al cinema. Dovremmo farlo più avanti» rispose Caroline. «Sei sempre la solita che mette al primo posto il lavoro, ci pensi mai che anche la tua vita sentimentale sia importante esattamente come il lavoro se non di più?» rispose a sua volta Josh. «Non ho mai detto che la vita privata non sia importante, ma per quello c’è tutto il tempo. Posizionarsi nel lavoro invece o lo fai quando sei giovane o perdi il treno. E poi sto solo dicendo di farlo più avanti questo viaggio, magari a dicembre». «Non è che poi trovi la scusa che devi andare al Polo Nord ad intervistare Babbo Natale e salta di nuovo tutto?» rispose Chandler con il suo solito sarcasmo. La serata proseguì, finirono di mangiare e dopo una lunga discussione sul riscaldamento globale si salutarono e andarono ognuno a casa propria. Caroline mentre guidava pensava alle parole di Josh, lei sapeva che non aveva tutti i torti, lei in effetti trascurava molto la sua vita privata, l’unica cosa che faceva extra lavoro era vedere i suoi amici e andare in palestra di tanto in tanto. Continuò a pensare finché non si mise a letto e si addormentò.

    Il giorno seguente Caroline iniziò a lavorare molto presto, c’erano numerose interviste da fare per chiudere il mensile che doveva uscire in poco meno di una settimana. «Che cosa? Non puoi essere malata proprio oggi! Dana tu devi venire, non ho nessuno da mandare ad intervistare Vincent Menéndez oggi… va bene. Domani cerca però di esserci. Ciao». Caroline era disperata, aveva moltissime cose da fare e la sua giornalista migliore, Dana, era malata e doveva andare lei di persona a Lincoln Road ad intervistare il famoso attore portoricano Vincent Menéndez. Caroline non riusciva a smettere di pensare a tutto il lavoro che aveva lasciato nel suo ufficio, ma capiva anche che doveva concentrarsi sull’intervista se non voleva fare un pessimo lavoro. Trovò posteggio non molto lontano dal luogo dove era l’appuntamento, men tre camminava verso il locale riconobbe l’attore da lontano e pensò che tutto sommato le andò anche bene aver sostituito Dana, perché Vincent era molto carino. «Buongiorno! Io sono Caroline Diaz, la caporedattrice. La intervisterò io perché la giornalista che doveva esserci oggi non sta bene» disse Caroline in maniera decisa ma visibilmente imbarazzata. «Buenos días. Encantado!» Iniziò l’intervista, parlarono del nuovo film, di cosa pensava della politica portoricana e americana del momento anche se ormai era naturalizzato americano da quando era ragazzino. Finché poi si arrivò a parlare della vita privata, essendo uno degli attori più conosciuti, la gente aveva bisogno di sapere, e anche Caroline. Con fare professionale cominciò a chiedere: «Signor Menéndez… cosa ci dice invece della sua sfera sentimentale, al momento vive una storia d’amore?» «Al momento no, ho concluso un matrimonio durato vent’anni circa due anni fa, in buoni rapporti ma concluso. Da allora non ho più avuto né la voglia né il tempo di cercare una nuova storia» rispose un po’ malinconico ma dolcemente Vincent, e poi continuò: «E lei invece? Ovviamente questa domanda non la metta nell’intervista» chiese Vincent in modo irriverente ma del tutto convinto di voler sapere. Caroline in quel momento cadde nell’imbarazzo più totale, arrossì visibilmente, respirò e rispose: «Diciamo signor Vincent che mi trovo nella sua stessa situazione, ovviamente togliendo i vent’anni di matrimonio, non ho avuto né il tempo né la voglia. Negli anni dopo l’università mi sono concentrata solo sul mio lavoro». Caroline non credette neppure lei su dove avesse trovato quella calma nel rispondere alla domanda di Vincent. «Credo che non debba sprecare così una simile bellezza. Dal suo cognome posso intuire che anche lei ha origini latine, è così?». «Sì è così, i miei genitori sono di Puerto Bolivar in Colombia, anche io sono nata lì. Ma avevo solo cinque anni quando si sono trasferiti a Mia mi». «Abbiamo molte cose in comune io e lei signorina Diaz. Scusi il mio essere indiscreto, ma non pensava mica che solo lei potesse fare domande oggi!?» disse Vincent sorridendo. Stava succedendo qualcosa in quel momento, Caroline dentro di sé stava provando sentimenti che non sperimentava da moltissimo tempo, come provare interesse nel conoscere la persona che aveva davanti. Finita l’intervista, bevuto l’ultimo sorso di caffè, i due arrivarono ai saluti. «Signor Menéndez è stato un vero piacere conoscerla. Potrà leggere la sua intervista nel prossimo numero del giornale» disse Caroline. «È stato un piacere anche per me conoscerla signorina Diaz, oltre a vedere l’intervista sul prossimo numero, sarei anche molto felice di rivedere lei. Se lei è d’accordo» chiese Vincent sicuro di sé guardando Caroline con occhi penetranti. Caroline rimase senza parole dall’imbarazzo, non sapeva come rispondere, allora Vincent proseguì dicendo: «Facciamo così signorina Diaz, io le lascio il mio numero, così quando vorrà mi potrà chiamare e mi dirà se ha voglia di prendere un altro caffè con me. È stato un piacere» così la salutò baciandole la mano, e si dileguò. Caroline mentre tornava verso l’ufficio in auto pensava a quei momenti passati con Vincent, c’erano stati sguardi complici, sorrisi e silenzi imbarazzati, tutte cose che non le capitavano da tempo; allora nella sua testa pensava: "Che uomo affascinante, con tante storie da raccontare, gentile e galantuomo, per non parlare della sua bellezza. Ma cosa mi sta succedendo? L’ho visto solo una volta e mi ha già colpito così tanto? Magari fa così con tutte… alla fine neppure lo conosco». La giornata lavorativa continuò tra scartoffie e impaginazioni per il nuovo numero.

    Arrivò finalmente la sera, Caroline uscì dall’ufficio e si diresse verso casa. Arrivata, salutò Kira, la sua cagnolina, si cambiò con vestiti comodi e si preparò la cena. Finito di cenare, Caroline fece la passeggiatina con la piccola Kira. Con tinuava a pensare all’incontro con Vincent di quella mattina: Caroline analizza bene la situazione si diceva nella sua mente. Se continui a pensarci vuol dire che qualcosa ti ha colpito in lui. Che cos’hai da perdere? Prova a chiamarlo e vedi come va. Decisa nel chiamarlo, salì le scale velocemente, aprì la porta, andò diretta verso la borsa e prese il biglietto con il numero di Vincent. Per un attimo esitò dalla vergogna, ma poi fece finalmente il numero. Uno, due, tre squilli e poi finalmente Vincent rispose: «Pronto?» «Ciao Vincent, sono Caroline Diaz. Ci siamo incontrati questa mattina». «Oh allora ci ha pensato veramente! Mi fa molto piacere sentirla. Come sta?» «Bene, avevo finito di lavorare, ho trovato il suo biglietto nella borsa e ho pensato di chiamarla». «Ottima idea direi! Ora non mi posso intrattenere molto al telefono quindi arriverò subito al punto. Domani sera io e lei ci vediamo a South Beach al ristorante Diamonds, facciamo alle venti?» «Va bene alle venti». «Perfetto, allora a domani. Buonanotte signorina Diaz». Caroline non riusciva a crederci, aveva finalmente un appuntamento dopo così tanto tempo, e quell’uomo le piaceva sul serio, non era un ripiego tanto per uscire come faceva a volte. Era così su di giri che decise di chiamare Jennifer per raccontarle tutto. «Non ci credo amica!» disse Jennifer dopo tutto il racconto di Caroline di quella strepitosa giornata. «Sono veramente contenta per te, era ora che uscissi con qualcuno… e poi non uno a caso! Te lo sei scelto bello e famoso». «Jen frena le fantasie. È solo un’uscita, insomma neppure lo conosco. Vediamo come andrà domani. È meglio stare con i piedi per terra. Sì c’è stato un buon approccio iniziale, ma vediamo come va la cena di domani». Salutò Jen e si mise a dormire.

    La giornata seguente passò veramente in modo rapido ed impercettibile, la casa editrice lavorava a ritmi veloci e serrati; Caroline aveva avuto giusto il tempo di pranzare con Hilary per aggiornare anche lei sugli ultimi fatti, per poi tornare a lavoro. Erano le otto meno un quarto di sera quando Caroline arrivò al ristorante, ma non uscì dalla macchina perché aveva quasi il timore che Vincent non si presentasse e non voleva fare brutta figura davanti a tutta quella gente. Era uno dei locali più popolari di Miami, era proprio sulla spiaggia affacciato proprio sull’oceano. All’improvviso vide Vincent, aveva un abito estivo azzurrino, con sotto una camicia leggermente sbottonata bianca, e i capelli castani scuro medio-corti tirati indietro. A quel punto Caroline fece un profondo respiro e gli andò incontro. Vincent si voltò per caso e la riconobbe. Lei aveva una lunga chioma bionda che le arrivava alla schiena e un abito di un rosa delicato, stretto sulla vita che scendeva morbido fino alle caviglie. «Buonasera signorina Diaz, quasi stentavo a riconoscerla senza il suo tailleur da brava giornalista. A proposito, mi permetta di dirle che questo abito le sta che è un incanto» così dicendo le baciò nuovamente la mano. «Grazie signor Menéndez». «Io direi che arrivati a questo punto ci possiamo anche dare del tu, cosa ne dice?» «Direi che per me va bene». «Bene, allora dopo di te Caroline», e così si fecero strada fino al loro tavolo vista mare. Si sedettero e cominciarono a conoscersi. «Allora Caroline, parlami un po’ di te, che fine ha fatto l’ultimo tuo uomo?» disse Vincent in modo divertito ma discreto. «Sai che non lo so neppure io?» rispose Caroline con lo stesso tono. «Nel senso che lui, dopo tre anni di convivenza, ha deciso un giorno di andarsene. Se ne andò dicendo che non era pronto ad una relazione stabile, quindi al matrimonio e tutto quello che ne consegue. Così, una mattina, prese le sue cose e se ne andò. Da quel giorno non lo vidi più». «Se mi permetti posso dire che è una reazione da persona poco matura. Penso che non abbia ben capito cosa aveva prima, una bella e brava ragazza in carriera, la quotidianità di avere una vita stabile, una casa ed un futuro». Udendo quelle parole Caroline comprese veramente che il problema con Luke non era dovuto a lei, Caroline ce la mise tutta per far funzionare il loro rapporto, ma troppe erano state le complicanze finché lui se ne andò. «Sai, Caroline, nei tuoi occhi traspare questa tua tristezza del passato. Che tra l’altro immagino ti abbia fatto perdere fiducia negli uomini. Ma ti dirò… smettere di sperare equivale a morire. E te lo dice una persona che fino a questo momento la pensava come te». Caroline capì in quelle parole che Vincent aveva tutte le intenzioni di conoscerla più a fondo. Continuarono a cenare, finché arrivarono al caffè e poi al conto. Si alzarono e decisero di passeggiare per la spiaggia. Lei con una mano teneva i tacchi e con l’altra si reggeva all’avambraccio di lui. «Sai, Vincent…» cominciò «devo ammettere che mi hai colpito subito, con i tuoi modi da gentiluomo, la tua simpatia e la tua aria da uomo vissuto». Vincent si voltò verso di lei e con un mezzo sorriso timido rispose scherzando: «Saperci fare con le donne non è da tutti. So di avere un certo charme», dopodiché continuò. «A parte gli scherzi. Era molto tempo che non provavo una certa sintonia con una donna. Ci siamo conosciuti solo ieri. Ma devo dire che quando sono insieme a te mi trovo a mio agio. Lasciando stare che sei una donna del tutto attraente». A quelle ultime parole Caroline arrossì, l’avrebbe baciato anche in quel momento ma aveva paura che Vincent avrebbe cambiato idea in merito alla sua serietà come donna. Continuarono a passeggiare per circa un’oretta, finché poi tornarono al locale, e alle loro rispettive auto. Vincent le aprì lo sportello dell’auto e disse: «Siamo arrivati ai saluti. Sono stato molto bene con te questa sera. Spero di rivederti presto». «Anche io sono stata bene con te Vincent. Buonanotte». «Buonanotte» concluse lui chiudendole il portello dell’auto e guardandola con il suo sguardo magnetico. Lei si dileguò verso le luci affollate di Miami.

    CAPITOLO 2

    Era finalmente sabato. Caroline si svegliò, andò verso la cucina e si scaldò un po’ di latte per la colazione, prese i suoi cereali e si sedette. In quel momento si ricordò della sera precedente, di Vincent, e cominciò a pensare: Chissà se alla fine mi chiamerà veramente per vederci o magari l’ha detto solo come frase di circostanza. Certo, se non chiamasse rimarrei delusa perché finalmente dopo tanto tempo ho trovato un uomo che comunque mi ha colpito. Be’! Se non lo farà almeno capisco da subito che tipo di uomo è. Alla fine un uomo così avrà mille donne al seguito se non di più». Caroline aveva sempre avuto un approccio alle cose un po’ pessimistico, però poi pensò: Ma dai Caroline! Cerca di pensare un po’ positivamente. Alla fine hai avuto delle belle conversazioni con lui, avete parlato di tutto. C’era feeling Anche un cieco se ne sarebbe accorto". Ad interrompere il dialogo con se stessa fu il cellulare che squillò all’improvviso. Caroline si precipitò a vedere chi fosse, dal momento che stava aspettando la chiamata di Vincent, ma le sue speranze svanirono quando vide lo schermo: era Josh. «Ciao Caroline! Come stai?», cominciò Josh per poi proseguire: «Ho saputo del tuo incontro con l’attore Vincent Menéndez. Wow! Punti in alto ragazza mia!» Caroline era certa che quella chiamata sarebbe arrivata. Hilary gli aveva sicuramente raccontato tutto, e Josh le moriva dietro da una vita. «Ciao Josh, sì esatto. Posso anche immaginare chi te l’abbia riferito, credo»

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