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Carceri a cielo aperto
Carceri a cielo aperto
Carceri a cielo aperto
E-book108 pagine1 ora

Carceri a cielo aperto

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Info su questo ebook

Un vortice di pensieri e di incubi lucidi si mescola a frammenti di vita vissuta in cui ogni tanto emerge una considerazione, una sofferta consapevolezza. 
Le droghe e gli altri mali della società ed esseri che si nutrono delle debolezze umane, del bisogno di ognuno di esistere per qualcun altro.
Tra tutti emerge Davyil, stregone oscuro. 
Pazzia e dipendenze, lo squallore e la fine inesorabile, lo Stato e la Chiesa che regolano tutto. La sanità e la santità che comandano.
Un allucinato viaggio in cui anche le frasi e le parole si inseguono in un ritmo visionario.

Davide Massagrande nasce a Verona il 4 giugno 1993. Ottiene il diploma di Scienze informatiche in una scuola cattolica. A circa metà percorso sviluppa una pronunciata curiosità verso le materie umanistiche che lo condurrà a Padova, candidatosi a una laurea in Psicologia ma che non riuscirà a concludere per questioni di salute e presa in carico delle responsabilità famigliari.
Declinata la decennale carriera sportiva da cestista per via di un infortunio e raccolte esperienze lavorative umili e di breve durata, sceglie di investire nell’arte, come nella stesura di un libro che racchiude le massime conoscenze ottenute, approfonditi temi che lo riguardano in prima persona e che prova a estendere nella costituzione di un contesto sociale che analizza aspetti meno commerciali, quanto più storici e funzionali nel tentativo di individuare notificando eventi e momenti sparsi nei secoli dei secoli, ripresentati. 
Giocando con i tasselli attraverso vette cognitive e concettuali pare quasi matematico che vi siano poi delle cadute impreviste, come delle ripercussioni mondane che fanno capo a delle matasse di pensieri e di filosofie accuratamente accatastate e ordinate da qualche parte. Ma se il gioco vale la candela... Carceri a cielo aperto.
LinguaItaliano
Data di uscita4 apr 2024
ISBN9788830697867
Carceri a cielo aperto

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    Carceri a cielo aperto - Davide Massagrande

    massagrandeLQ.jpg

    Davide Massagrande

    Carceri a cielo aperto

    © 2024 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - [email protected]

    ISBN 978-88-306-9341-8

    I edizione aprile 2024

    Finito di stampare nel mese di aprile 2024

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Carceri a cielo aperto

    A Verona, città che ho amato folle

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Segui

    Ho avviato un’attività commerciale pensando che mai potesse accadere qualcosa di male. Faccio parte del tessuto sociale, sono utile alla comunità, sono una persona normale.

    Sulle saracinesche dal lato opposto della via apparvero dei simboli mai visti prima, fuori dai canoni. Ho smesso di fare caso a certe cose, a battere fatture fiscali ci si scorda facilmente del resto.

    Lui aveva l’aspetto di un ragazzo qualunque: al suo ingresso si creparono le vetrate, saltarono i pixel nel monitor della cassa e i dipendenti restarono imbambolati. Quello tremolante fuggì nel retro e l’altra ragazza rimase impalata, poi riprese a piegare i vestiti.

    Con un portamento spregevolmente mascolino esco dal bancone e mi fisso davanti a lui, con raziocinio. Indietreggia. Sfoggio un ampio sorriso e attendo. Nessuna parola. Mi volta le spalle e fa per uscire, io gli vado dietro.

    Il suolo è incastonato di pietre cubiche, come nelle città antiche. I passanti ed i turisti sono disorientati, girano come trottole e scattano foto.

    Svoltando passiamo sotto a delle arcate, uscendo dal perimetro del centro storico. Della gente aspetta l’autobus seduta sopra ad una sporgenza marmorea. Noi attraversiamo il ponte. Alcun ostacolo interrompe il nostro passaggio, nemmeno il traffico.

    Questo ragazzo emana della forza invisibile, che posso sentire. Sembriamo avanzare in sospensione. È il mondo ad essere sbagliato per uno come lui.

    Saliamo le scale di un fabbricato color pistacchio, fronteggiato da un fiumiciattolo con accanto una pista ciclabile. Estrae il mazzo di chiavi tenute da uno spago, tintinnanti. Afferra quella della blindata e la inserisce nel chiavistello, aprendo la porta. Io entro per prima.

    Il soggiorno è in disordine: cartelline e pagine stampate sparse qua e là, un divano scuro poco invitante. Il soffitto dà l’impressione di essere acqua. Una mensola a rotelle è carica di una miriade di souvenir.

    L’aria è infetta ma siamo avvolti da un’aura che immagino essere bianca.

    Una porta levigata e luminescente, vicina al divano e con appesa una stoffa verde sgargiante macchiata di buio pendente, squaglia quella condensa gassosa grigiastra, malevola. Sull’ebano sono incise lettere ed altri simboli misteriosi.

    Il mazzo tintinna nuovamente ed un’altra chiave sblocca la serratura.

    La luce si affievolisce, la porta sbatte dietro di noi. La mia volontà viene meno, la mia mente abbassa le difese. Mi accorgo delle sue esigenze potendo assecondare le sue gesta, qualunque esse siano. Dalle fessure della serranda trapelano i raggi del tramonto, ma la vivacità delle oscurità che regnano nella stanza spegne ogni bagliore.

    Siedo su una sedia scricchiolante. Degli schiocchi metallici mi fermano i polsi. Le caviglie sono tenute strette da un laccio. Il pavimento è tiepido, le gambe mi vibrano. Sono pentita. Lui è silenzioso, come stesse contemplando il pasto. Ride.

    Qualcosa di gonfio è appoggiato sul mio

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