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Co-founder @Camelot | Ph.D. in Scienze con specializzazione in tecnologie didattiche | Public Speaker | Mamma “bi-tasking” di due gemelli | Ambassador Donne 4.0
Durante lo scorso AI Festival a Milano, ho assistito a un talk di un altro relatore che a un certo punto ha pronunciato sul palco una frase. Suonava più o meno così: “l’AI è come uno stagista compiacente che deve essere formato a fare quello che vogliamo” Questa affermazione mi ha molto colpito e mi sono chiesta: ma è davvero così? L’intelligenza artificiale mostra dei pattern costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e verso se stessa? Esiste cioè un nucleo stabile, una sorta schema di comportamento, di preferenze e di inclinazioni logiche peculiari dell’Intelligenza artificiale? Detto in estrema sintesi: l’intelligenza artificiale ha una #personalità? Questa mattina sul palco Ethics & AI di WMF - We Make Future ho illustrato le risposte sorprendenti a questa domanda che sono emerse da studi internazionali, ma anche da una primordiale #sperimentazione che ho deciso di realizzare io stessa somministrando all’AI (con l’aiuto di colleghi e amici) modelli tassonomici per rilevarne i tratti di personalità. Ebbene, ciò che ho mostrato, ha spinto molti dei partecipanti ad aderire alla sperimentazione in modo da aumentarne la solidità e anche per rimanere aggiornati sui risultati futuri. La sfida ora è lavorare a una ricerca “#partecipata” che consenta di comprendere come questi aspetti possano influenzare la nostra percezione e i nostri processi decisionali, indagandone anche limiti e implicazioni etiche e pratiche. E magari alla prossima occasione mostrare i risultati ottenuti, raccogliere nuove adesioni e fare un altro passo in avanti. Che ne pensate?