Il potere degli introversi

Il potere degli introversi

È innegabile: viviamo in un mondo che privilegia l’estroversione. Dopotutto, la performatività affonda le sue radici nella capacità del singolo di produrre un tipo di energia che sia visibile e verificabile. In questo articolo, partendo dalle parole dell’autrice di “Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare”, noi di Selèct proveremo a raccontarvi quali sono le opportunità e i vantaggi che le ‘anime silenziose’ possono portare alle aziende in grado di riconoscerle e valorizzarle.

Estroversi VS introversi: le differenze

Avete mai sentito parlare dell’amigdala? Si tratta del complesso nucleare del nostro cervello che regola le emozioni, analizzando l’ambiente circostante e permettendo al nostro corpo di rispondere agli stimoli esterni. Quella degli introversi risulta essere più sensibile agli input rispetto a quella degli estroversi; questo li rende altamente attivati emotivamente e, quindi, molto sensibili a tutto ciò che vedono e vivono. Proprio partendo da questa diversità fisiologica, si può assumere che l’approccio alla vita sociale di estroversi e introversi è mosso da bisogni molto diversi. I primi non amano stare soli, tendono a sentirsi a proprio agio in grandi gruppi e sono, solitamente, più diretti e competitivi. I secondi prediligono l’assenza di conflitto e preferiscono costruire rapporti profondi con poche persone. 

Sul lavoro sono gli introversi ad essere "fuori dagli schemi"

L’autrice Susan Cain ricorda con tenerezza di quando, ai tempi della scuola, smise di leggere i suoi amati libri seduta sulle gradinate quando si rese conto che farlo significava essere esclusi dalla vita sociale. Per molte persone come lei (un terzo della popolazione mondiale, secondo le statistiche), affrontare un colloquio di lavoro o entrare a far parte di una nuova realtà professionale è più difficile non tanto per l’ansia da prestazione, quanto piuttosto per la paura di non essere compresi nella propria complessità. L’introversione, nel mondo lavorativo, è spesso confusa con la timidezza e, quindi, tradotta come una mancanza di soft skill comunicative profondamente penalizzante per il candidato. Il talento, però, ha bisogno di crescere in un ambiente che sia affine alla personalità di chi lo possiede; le aziende dovrebbero, quindi, iniziare a concentrarsi maggiormente su come creare il giusto habitat per far brillare le capacità che necessitano di tranquillità e riflessione per emergere.

La rivoluzione della "quieta leadership"

Alcuni dei più grandi leader della storia, tra cui Rosa Park, Gandhi ed Eleonor Roosevelt erano personalità introverse. Questi esempi ci aiutano a riflettere su quanto il paradigma del ‘leader carismatico’, caratterialmente orientato all’azione, all’interazione e alla velocità, sia un costrutto sociale falso. Come è vero che l’estroversione è una caratteristica di una leadership efficace, lo è anche, e allo stesso modo, l’introversione. È lo studio condotto dall’autore statunitense Adam Grant a confermarlo: i leader introversi ottengono risultati migliori, proprio perché lasciano che le idee delle personalità proattive trovino il loro spazio di realizzazione

La parola ora spetta a voi: raccontateci le vostre esperienze da introversi al lavoro nei commenti!

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