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MARKETING INTERNAZIONALE

IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE


5 principali prospettive di analisi:

 Prospettiva economica
 Teoria del vantaggio oligopolistico (Hymer, 1960)
Assunti di base di questo modello sono: mercato come meccanismo perfetto di scambio,
assenza di costi di transizione, piena razionalità, massima simmetria informativa.
Processi di internazionalizzazione basato sulle conoscenze proprietarie dell’impresa
(superiorità tecnologica, differenziazione del prodotto, know – how). Oligopolio e
monopolio tipico delle grandi imprese. Concetto base della teoria di Hymer sono le
imperfezioni del mercato, che i modelli precedenti non tenevano in considerazione:
presenza di barriere tariffarie e non, elevati costi di trasporto, trattamenti fiscali
discriminanti, ecc.
L’impresa deve scegliere fra esportazione e produzione in loco
 Teoria della localizzazione e modello del ciclo di vita del prodotto (Vernon,
1979)
Vernon sviluppa questa teoria attraverso un punto di vista microeconomico: presuppone
una stretta connessione tra ciclo di vita del prodotto, caratteristiche dei Paesi ed
espansione internazionale delle imprese. Oltre a risorse finanziarie e capitale umano, dà
molta importanza all’innovazione di processo o di prodotto utilizzando la tecnologia.
 Introduzione: elevati livelli di capitale, alti livelli di reddito pro-capite, alto costo del
lavoro, elevato livello tecnologico. Stabilimenti localizzati nel paese di origine (USA), più
importanza all’innovazione che alla riduzione dei costi, domanda mercato interno in
crescita e poco sensibile al prezzo.
 Sviluppo: crescita rapida della domanda, saturazione mercato interno, sviluppo della
domanda nei Paesi esteri (Europa) e inizio delle esportazioni. Poi flusso di esportazioni
sempre più consistente $ nei Paesi esteri inizia la produzione locale, emergono nuovi
concorrenti che contano su vantaggi da localizzazione: barriere doganali, agevolazioni
pubbliche, minori costi di trasporto, più basso costo del lavoro, conoscenza del mercato
locale, ecc. Ciò spinge alcune imprese del Paese esportatore (USA) a installare i propri
impianti di produzione nei nuovi Paesi (Europa).
 Maturità: prodotto raggiunge piena standardizzazione, esportazioni sostituite da
produzione in loco. Avvio di flussi inversi perché il prodotto ormai standardizzato viene
prodotto a costi più bassi nel Paese più arretrato.
 Approccio di internazionalizzazione e teoria dei costi di transazione (Buckley –
Casson 1976, Williamson 1975)
Tale filone reinterpreta in chiave efficientistica l’organizzazione multinazionale andando
oltre il semplice possesso di vantaggi oligopolistici o monopolistici. Riferimento alle
imperfezioni del mercato che producono costi, da quelli di ricerca e informazione, a quelli
di contrattazione e applicazione dei contratti. Assunto che i mercati sono imperfetti e
inefficienti, le imprese possono aggirarli sostituendoli con un mercato interno all'impresa:
gli scambi fra operatori indipendenti si trasformano in scambi intra gruppo →→→ le
imprese si internazionalizzano quando i costi interni di coordinamento risultano inferiori ai
costi di utilizzo del mercato. Presenza di fattori ambientali e umani che innalzano i costi di
transazione, riducono l'efficienza dell'uso del mercato e ostacolano le relazioni di scambio
(incertezza, complessità ambientale e turbolenza; asimmetria informativa fra gli attori,
razionalità limitata, opportunismo). Il confronto fra esportazione e investimento diretto va
ricondotto al confronto fra i costi d’uso del mercato e i costi d’uso della gerarchia. Dunque,
l’internazionalizzazione tramite investimento diretto ricorre quando diventa una modalità
più efficiente, rispetto al mercato, per organizzare le transazioni oltre i confini nazionali.

 Paradigma eclettico (Dunning 1980)


Mette in relazione le imperfezioni del mercato con la dotazione di fattori che determinano
il successo di un’impresa a livello internazionale. 2 tipi di fallimento:
 Fallimento strutturale: il mercato consente la creazione di monopoli naturali e porta
alla creazione di barriere all’entrata
 Fallimento intrinseco: incapacità del mercato di organizzare le transazioni in maniera
ottimale a causa di asimmetrie informative (le imprese che entrano nel mercato non
dispongono di tutte le informazioni di cui dispongono gli operatori già presenti),
impossibilità di poter tener conto di costi e benefici come risultato di una transazione,
possibile assenza di economie di scala, di scopo e di diversificazione geografica se la
domanda di un prodotto non è sufficientemente elevata
Di fronte ai fallimenti del mercato, la scelta gerarchica consente di sfruttare 3 tipi di
vantaggi attraverso gli IDE (investimenti diretti esteri):
 Vantaggi da proprietà: derivano dal possesso di specifiche risorse aziendali trasferibili
all’estero (risorse naturali, manodopera, capitale, tecnologia, capacità organizzativa,
ecc.)
 Vantaggi da internalizzazione: derivano dall’integrazione nell’impresa delle attività
svolte in modo gerarchico
 Vantaggi localizzativi: riguardano le caratteristiche dei Paesi ospitanti (ambiente
economico, politico, finanziario, culturale, istituzionale, ecc.)
 Prospettiva gradualistico/comportamentale
Principi di base di questa teoria sono un approccio incrementale ai mercati esteri non solo in
relazione all’ampiezza geografica del raggio di azione, ma anche come coinvolgimento
organizzativo, strategico e finanziario; la crescita internazionale accompagna la crescita
dimensionale dell’impresa e si manifesta come un percorso sequenziale che parte dalle
esportazioni realizzate in modo indiretto per arrivare agli investimenti diretti.
Due scuole di pensiero:
 Modello di Uppsala (U-Models)
Internazionalizzazione come processo di graduale acquisizione, integrazione e utilizzo di
conoscenza relativa ai mercati serviti e alle operazioni effettuate da cui trae origine una
sorta di circolo virtuoso dell’internazionalizzazione. Processo di medio/lungo periodo che si
sviluppa per gradi, in modo incrementale, durante il quale l’organizzazione esplora
l’ambiente estero e vi accresce gradualmente il suo impegno. Il percorso di
internazionalizzazione come serie di aggiustamenti di risposta ai cambiamenti non è frutto
di una strategia elaborata a priori e mirante a un’allocazione ottimale delle risorse nei
mercati esteri, bensì dell’esperienza che si arricchisce e consolida tramite l’apprendimento.
Duplice prospettiva: di stato e di cambiamento

La condizione di stato (conoscenza del mercato) influisce sulle decisioni di coinvolgimento


verso l'estero (commitment decisions) in una prospettiva di cambiamento. Tale
cambiamento riguarda le attività dell'impresa all'estero (current activities) e ne modifica lo
stato anche in relazione al grado di coinvolgimento stesso dell'impresa (market
commitment), creando le condizioni per riavviare il ciclo.
4 stadi distinti di processo nel comportamento delle imprese durante
l’internazionalizzazione:
 Esportazione irregolare e sollecitata dal cliente estero
 Esportazione diretta organizzata tramite forza vendita
 Creazione in loco di filiali commerciali
 Realizzazione di investimenti produttivi
Le PMI italiane preferiscono una “Strategia di Non-crescita” →→→ preferiscono non
aumentare la dimensione della azienda a causa delle difficoltà di gestione e della maggiore
pressione fiscale, si preferisce fondare una seconda azienda piuttosto

 Modelli basati sull’innovazione (I-Models)


Ogni stadio dell’internazionalizzazione è visto come una innovazione nella gestione
dell’impresa. Come nel modello di Uppsala è un processo graduale, avversione al rischio e
resistenza ai cambiamenti ambientali, distanza psichica come barriera
all’internazionalizzazione. A differenza di Uppsala, l’internazionalizzazione è un’innovazione
organizzativa ed è il risultato di aspettative oggettive; lo sviluppo internazionale è il
risultato dell’esperienza di esplorazione delle opportunità. Acquisizione di esperienza e
conoscenza del mercato straniero a cui fa seguito un crescente impegno, con un
comportamento sostanzialmente reattivo, di risposta ai cambiamenti intervenuti.
 Prospettiva reticolare
Mercato concepito come rete di relazioni tra imprese. In questa prospettiva,
l’internazionalizzazione non viene vista necessariamente come un processo graduale, può
avvenire anche per salti, soprattutto grazie alla creazione di distretti industriali. Tale sviluppo
può avvenire in 3 modalità diverse:
 Penetrazione, rafforzando le posizioni nelle reti in cui l’impresa è già presente
 Estensione internazionale, stabilendo posizioni in nuove reti nazionali
 Integrazione internazionale, aumentando il coordinamento fra le posizioni
dell’impresa nelle diverse reti nazionali

“Quattro stadi di internazionalizzazione”:

“Lonely International”: unica internazionalizzata, cerca di coinvolgere le altre imprese


ad internazionalizzarsi. Più potere decisionale e importanza
“Late Starter”: arrivano in ritardo. Vengono trainate dalle altre imprese della rete e
sfruttano le loro informazioni
“International Among Others”: la rete è forte e stabile. Rischio che un’azienda possa
staccarsi dalla rete per approfittare della propria posizione
“Early Starter”: all’inizio del processo e quindi devono imparare
 Prospettiva dell’imprenditorialità internazionale
Determinante l’atteggiamento dell’imprenditore, che per avere successo nel processo di
internazionalizzazione deve possedere 3 caratteristiche:
 Innovativo
 Attivo
 Propenso al rischio
Anche le piccole imprese (o quelle di recente costituzione) possono raggiungere quelli che
prima venivano considerati mercati inaccessibili. Imprenditore come figura chiave del processo
di internazionalizzazione poiché unico soggetto che possiede la CONOSCENZA PROPRIETARIA
necessaria per valutare le opportunità del mercato e sfruttarle in maniera efficiente per
acquisire vantaggi competitivi.
 Prospettiva Born Global
Emergono 2 tipologie di PMI esportatrici:
 Le Home Market Based Firms, affermate nel mercato domestico, con molti anni di
esperienza, una solida quota di mercato e una stabile situazione finanziaria, per le quali
l’esportazione diventava la principale scelta per continuare nel processo di crescita; -
 Le Born Global (il 25% del campione), che si caratterizzavano per iniziare a esportare
entro due anni dalla fondazione e tendevano a esportare almeno ¼ della loro produzione.
Mercato mondiale come naturale riferimento fin dal principio dell'attività. Mercato
domestico: ruolo di supporto. Focus sul prodotto innovativo, di qualità, standardizzato e
flessibile (facilmente aggiornabile). Le loro caratteristiche sono:
 Una visione globale da parte dei fondatori dell'impresa, fin dai primi anni dell'attività;
 Un'offerta di prodotto innovativa e di alta qualità all'interno di un determinato settore;
 Prodotti standardizzati e di rapido successo nei mercati principali;
 Ampio e rapido accesso al mercato che favorisce il raggiungimento di elevati volumi di
produzione;
 Enfasi, fin dall'inizio, su prodotti aggiornati e basati su ampiezza di competenze;
 Creazione di un'organizzazione globale a rete strettamente coordinata.
Per le Born Global vengono studiati 2 approcci: l’approccio della prossimità, con cui
l’azienda decide di esportare in modo graduale a partire dai paesi geograficamente e
culturalmente vicini; l’approccio globale, con cui l’azienda non sceglie il paese a cui
rivolgersi bensì il target, per cui esporta in tutti i paesi in cui è presente il target
transnazionale scelto →→→STRATEGIA DI NICCHIA: attraverso una segmentazione
creativa che avviene in base al prodotto/servizio offerto, le piccole imprese superano i
limiti di risorse che solitamente ne ostacolano una rapida espansione nel mercato
internazionale e non accrescono il livello di complessità del loro business. L’azienda gode
quindi di vantaggi che riguardano la conoscenza del mercato (limitata al target e non al
paese in cui si esporta), le condizioni di competitività (competitività basata sulla qualità e
non sul prezzo, non – price competition) e gli aspetti organizzativi (è possibile utilizzare una
struttura centralizzata per operare su scala globale). Mantenere la sostenibilità del
vantaggio competitivo rende però necessario impostare la strategia di nicchia secondo due
direttrici:

1) Approccio dinamico alla nicchia: continuo miglioramento del prodotto


2) Proiezione globale della nicchia: concentrarsi su di un target specifico consente
all’imprese di aumentare le proprie conoscenze riguardo i numerosi mercati.

CAPITOLO 4
L’impresa che intende internazionalizzarsi deve porsi 3 domande:

 Quanti paesi?
 Quali paesi?
 Con quali modalità di entrate
Ogni impresa deve costruirsi un processo decisionale personale che tenga conto delle dimensioni,
delle risorse di cui dispone, del settore di appartenenza e del quadro competitivo che lo
caratterizza. Occorre considerare che alcuni nodi decisionali ne influenzano altri. Nel caso delle
PMI, le cui risorse sono limitate, spesso la scelta della modalità di ingresso finisce per precedere
quella dei Paesi.
Esistono 3 alternative di base:

 Ingresso in modo indiretto: l’azienda fa ricorso ad intermediari, a cui affida la gestione


delle vendite e/o la gestione amministrativa delle vendite (fatturazione, dogana ecc.) e/o la
gestione della logistica (vettore, assicurazione). Può riguardare solo una o tutte le fasi
 Ingresso attraverso accordi con partner esteri: franchising, joint venture, piggy back
(sfruttamento del canale di distribuzione nel mercato estero)
 Ingresso in modo diretto: investimenti diretti esteri, produzione in loco

Per quanto riguarda la numerosità dei paesi, le possibilità sono 2:

 Strategia di concentrazione: uno o pochi paesi, espansione graduale. La scelta dipende da


quanto è necessario:
 Adattare l’offerta al singolo mercato
 Sfruttare economie di scala per competere in modo efficace
 Conseguire un elevato controllo del mercato
 Acquisire esperienza in un dato mercato prima di sfruttarne tutte le potenzialità
 Strategia di moltiplicazione: più paesi contemporaneamente.
 Riduce il rischio legato al rapporto con uno o pochi mercati
 Sfrutta economie di flessibilità
 Sfrutta l’elevata specializzazione dell’offerta (strategia di nicchia)
Nella maggior parte dei casi non vi è una scelta netta tra le 2 strategie a causa delle innumerevoli
variabili che giocano un ruolo. I fattori che influiscono sul numero di paesi sono:

 Caratteristiche dell’impresa
 Caratteristiche dei prodotti/servizi

 Caratteristiche del settore

 Caratteristiche dei paesi di destinazione


Riguardo in quali paesi entrare, se la scelta si rivela errata, l’azienda deve sostenere costi reali,
legati ai tentativi infruttuosi di entrata nel mercato e ai costi di disinvestimento; e costi di
opportunità, che si manifestano quando l’impresa si concentra sui mercati sbagliati e non su quelli
dal potenziale più elevato e più ricettivi. Per la selezione dei mercati, la letteratura individua 2
tradizionali approcci:

 Approccio sistematico: processo decisionale per fasi che include anche criteri di
valutazione quantitativa delle alternative. Le imprese che adottano un approccio sistematico
tendono a svolgere analisi approfondite e relative ai diversi fattori che possono influire sulla
scelta del mercato estero. Tali fattori si suddividono in 3 categorie:
 Fattori riguardanti l’impresa
 Ammontare di risorse tangibili e intangibili disponibili (esperienza internazionale
precedente, caratteristiche del management e/o dell’imprenditore, valori e tradizioni
dell’impresa)
 Clienti che si internazionalizzano (scelgo i paesi in base ai clienti)
 Dimensione dell’impresa
 Tipologia di prodotto (se devo differenziare molto il mio prodotto, entro in paesi in cui
avrò un rendimento certo)
 Fattori riguardanti il paese estero e il paese d’origine
 Attrattività generale del paese estero (caratteristiche macroeconomiche, tecnologiche,
socioculturali ed economiche)
 Attrattività specifica o settoriale
 Livello di concorrenza presente e grado di concentrazione del settore
2 diversi atteggiamenti:
Bandwagon effect: imitazione della strategia di un competitor
Pre – emptive strategy: anticipazione della concorrenza per scoraggiare investimenti
da parte delle altre imprese
 Infrastrutture di marketing
 Disponibilità di informazioni attendibili sul paese
 Opportunità di apprendimento e/o ricerca di benefici di immagine
 Ricerca di segmenti di domanda transnazionale
 Stagionalità della domanda
 Barriere all’entrata
 Barriere politico – legali tariffarie e non
 Barriere concorrenziali
 Rischio paese
 Distanza geografica, psicologica e/o culturale
 Approccio non sistematico: Processo analitico e rigoroso che prevede scelte dettate da
motivazioni non razionali in contrasto con le logiche di mercato (criteri soggettivi senza analisi
di mercato)
In letteratura sono emersi diversi modelli basati sulla sequenza di stadi che vengono affrontati
prima di arrivare alla selezione del mercato estero. In particolare, due:
STIMA DEL POTENZIALE DI MERCATO

NxTxQ →→→→ beni non durevoli

N: numero della popolazione


T: target, % della popolazione che potrebbe comprare il prodotto
Q: quantità media annua del prodotto che potrebbe essere comprata

N x T – Uuso + Usost →→→→ beni durevoli

N: totale potenziale degli acquirenti (imprese o famiglie)


T: target
Uuso: numero di prodotti già in uso presso i potenziali acquirenti
Usost: numero di prodotti obsoleti e che saranno sostituiti nel corso dell’anno

RESOURCE BASED VIEW


Il processo di selezione riguardo le modalità di entrata nei mercati esteri è influenzato dai seguenti
fattori:
 Fattori basati sulle risorse possedute dall’impresa
 Caratteristiche dei prodotti offerti
 Fattori del paese d’origine dell’impresa
 Fattori del paese di destinazione
CAPITOLO 5
 Internazionalizzazione indiretta: il rapporto con il mercato estero è mediato da un terzo
soggetto (intermediario). L’impresa delega a terzi gran parte delle incombenze legate alla
gestione del rapporto internazionale. Essi rappresentano dunque una soluzione agevole,
soprattutto quando l’impresa non ha competenze sufficienti per rivolgersi ai mercati esteri
autonomamente. Le forme indirette permettono all’impresa di internazionalizzarsi senza
particolari investimenti. È la modalità più diffusa per le PICCOLE e MEDIE imprese che sfruttano
il supporto di intermediari che conoscono i mercati esteri e il loro funzionamento. L’impresa
può costituire una unità organizzativa per le esportazioni (o importazioni) con il compito di
agire da interfaccia con l’intermediario a cui l’azienda si è affidata per la gestione delle diverse
attività rivolte ai mercati esteri. Le forme indirette di internazionalizzazione prevedono lo
sviluppo di rapporti con soggetti intermedi come:
 Broker
Mettono in contatto il fornitore con il potenziale compratore estero per favorire la
transazione. Sono normalmente specializzati per tipologie di prodotti. Operano sia dal lato
delle esportazioni (individua potenziali compratori esteri), sia da quello delle importazioni
(individua potenziali fornitori esteri). Può quindi agire per conto del produttore o del
compratore. Il compenso del broker viene riconosciuto in percentuale sul valore della
transazione effettuata, e non vi sono altri obblighi nei suoi confronti.
 Esportatori nazionali
Sono operatori dello stesso Paese dell'impresa che vuole esportare e sono solitamente
specializzati per Paese, area geografica, o per settore merceologico. I vantaggi sono una
semplificazione della gestione delle attività estere e il non dover necessitare di personale
che conosca la lingua del paese di destinazione. Gli svantaggi sono una totale perdita di
controllo sul mercato di destinazione e che l’approccio al mercato dipende fortemente dal
rapporto con l’esportatore.
 Consorzi
“Contratto attraverso cui due o più imprenditori istituiscono un’organizzazione per lo
svolgimento in comune di determinate attività”.
Il consorzio export: aggregare più produttori di piccole dimensioni in modo da formare una
massa critica per rendere convenienti ed economicamente sostenibili le attività necessarie
allo sviluppo dei mercati esteri, facendo cose che la singola impresa, da sola, non sarebbe
in grado di fare.
I consorzi per l'esportazione possono assumere configurazioni molto diverse. Più le attività
affidate al consorzio sono rilevanti, tanto più consistenti sono i gradi di autonomia a cui le
imprese consorziate devono rinunciare: è il principale ostacolo alla continuità delle
iniziative consortili a causa della spiccata autonomia che caratterizza i piccoli imprenditori, i
quali mal volentieri accettano di dover condividere con altri scelte di mercato e
informazioni. La maggior parte dei consorzi export hanno solo funzioni di supporto
promozionale, solo alcuni hanno anche una funzione commerciale. I vantaggi per la piccola
impresa sono una riduzione dei costi, la possibilità di attuare progetti difficilmente
realizzabili autonomamente e la ripartizione con altre imprese di rischi e costi di sviluppo
 I contratti di rete
Si definisce contratto di rete quello con il quale “più imprenditori perseguono lo scopo di
accrescere individualmente e collettivamente la propria capacità innovativa e la propria
competitività”. Ha la finalità di aumentare la capacità di penetrazione dei mercati esteri
delle imprese aderenti. Il contratto di rete permette l’esercizio in comune di attività sia
strumentali, sia strategiche per lo sviluppo delle imprese
 Specialisti di Export manager
Sono imprese commerciali o professionisti che operano nei mercati internazionali come
organizzazioni di vendita per un certo numero di produttori. Mettono a disposizione per
più imprese la funzione di export management, in modo da permettere loro di ripartire i
costi di personale, i costi di trasferta e tutte le spese legate allo sviluppo dei mercati esteri.
Le imprese che si servono del medesimo specialista, sono imprese la cui offerta appartiene
allo stesso settore ma non si trovano in una situazione di concorrenza (settore
dell'arredamento: produttori di camere da letto, produttori di cucine, produttori di
soggiorni, ecc.). Principali attività svolte dagli specialisti di export management:
• attività di ricerca di partner
• analisi delle condizioni dei mercati esteri
• individuazione dei canali più efficaci da sviluppare
• gestione delle attività connesse alla vendita e alla distribuzione dei prodotti
• consulenza per le campagne di comunicazione
 Importatori/distributori
Sono operatori specializzati in commercio internazionale che risiedono nel Paese di
destinazione dei prodotti e rivendono: ai grossisti, direttamente ai dettaglianti, o agli
utilizzatori finali (nel caso B2B). Hanno una conoscenza approfondita dei mercati di sbocco
e sono in grado di fornire indicazioni ai produttori in merito agli adattamenti del prodotto
che sono necessari per sviluppare il mercato. Possiedono una grande forza contrattuale e
questo si ripercuote sul prezzo di acquisto che riescono a spuntare, per cui il loro utilizzo è
fattibile solo se è possibile avere un significativo margine fra il costo di produzione e il
prezzo di vendita all’intermediario.
 Buyer di catene della GDO
Sono degli agenti di acquisto (persone fisiche) che lavorano per grandi compratori esteri e
big buyer (grandi compratori GDO, gruppi di acquisto, ecc.). Si muovono per cercare i
fornitori e tendono a gestire in modo attivo la trattativa, chiedendo espressamente ciò di
cui necessitano. Fra i principali vantaggi del ricorso al buyer, per l’impresa, vi è il fatto che:
non si deve preoccupare di cercare una serie di fornitori con cui dover gestire trattative e
rapporti di approvvigionamento; spesso anche le fatturazioni e le spedizioni sono unificate,
con un notevole vantaggio sul piano organizzativo e amministrativo.
Il principale compito del buyer è quello di: identificare l'offerta più conveniente per
soddisfare un'esigenza momentanea (determinata per esempio da un picco di domanda
interna); oppure quello di individuare prodotti o marchi da inserire nel portafoglio del
proprio cliente, al fine di differenziare la sua offerta.
In particolare, il buyer svolge solitamente le seguenti attività:
 Ricerca i fornitori nel Paese estero (in cui risiede e opera)
 Gestisce la trattativa per il contratto di fornitura, secondo le indicazioni fornite dal
committente;
 Predispone l'ordine;
 Controlla la merce prima della spedizione e verifica la conformità rispetto a quanto
ordinato;
 Gestisce le pratiche relative alla spedizione, allo sdoganamento e all’assicurazione;
 Supporta la fase di gestione dei pagamenti.
 Società di trading
Sono imprese indipendenti, generalmente operanti in più Paesi, che in base all’esigenza dei
propri clienti: ricercano prodotti, li acquistano, li vendono. Possono essere: imprese
specializzate per settore merceologico, oppure, oltre a fare compravendita, offrire anche
servizi complementari: di natura logistica, finanziaria, tecnica o di marketing. Le attività più
frequentemente svolte sono: valutazione delle opportunità di sviluppo dei mercati esteri e
definizione della strategia di internazionalizzazione; ricerca di partner nei mercati esteri per
la realizzazione di accordi commerciali (o produzione estera); predisposizione di soluzioni di
finanziamento per le imprese acquirenti; gestione di operazioni di countertrade (“scambio
in compensazione” = evoluzione del baratto) e intervento a supporto della loro
realizzazione.
 Internazionalizzazione diretta: l’azienda gioca un ruolo attivo impegnandosi in prima
persona nelle attività internazionali (es. vendita dei prodotti, ricerca dei fornitori e acquisto,
produzione, ecc…). Le principali forme di internazionalizzazione diretta sono:
 Vendita diretta, con o senza l’utilizzo di agenti
I vantaggi consistono nell’avere un maggiore controllo su tutte le leve di marketing,
nell’ottenere informazioni molto più approfondite e tempestive sul mercato e nel
permettere di intervenire meglio e più rapidamente di fronte ai cambiamenti del quadro
competitivo, della domanda e dell’ambiente economico e sociale del paese estero.
Bisogna tenere presente che la numerosità dei clienti richiede una forza vendita
consistente, fatta di un numero considerevole di agenti e ciò rende l'organizzazione più
costosa e complessa da organizzare.
 Insediamento diretto attraverso una propria sede
Il controllo che è possibile esercitare permette di ottenere risultati di gran lunga superiori
purché sia compatibile con le risorse economiche di cui si dispone, in una prospettiva di
radicamento nel Paese estero nel medio/lungo termine. Questa scelta comporta delle
soluzioni organizzative impegnative (risorse umane, aspetti normativi e legali a cui
adattarsi, attrezzature da acquistare), perciò non può essere improvvisata e non può essere
affrontata senza un preciso disegno strategico
 Commercio elettronico
La VENDITA ONLINE è oggi divenuta un canale diretto per gestire il rapporto con un
mercato estero (anche per imprese di minori dimensioni). La gestione del canale internet
richiede degli investimenti e va collocata entro una precisa strategia, soprattutto dopo lo
sviluppo dei social media. I vantaggi della vendita on-line sono la riduzione dei livelli di
intermediazione, la possibilità di raggiungere una presenza di mercato praticamente
globale, la riduzione dei costi di comunicazione, la possibilità di stabilire una relazione
diretta e continua con il cliente
 Internazionalizzazione attraverso accordi con partner esteri : alleanze e partnership
basate su accordi con partner esteri di cui si utilizzano le conoscenze e a cui si affida una parte
delle attività da svolgere
 Joint Venture
È una società che viene costituita da due o più operatori di diversa nazionalità per
realizzare attività di interesse comune. Le joint venture vengono create per produrre
all’estero o per vendere e distribuire i prodotti all’estero. I principali vantaggi di questo
accordo sono: riduzione dell'investimento, della complessità organizzativa e del rischio di
entrata nel mercato estero; consente di entrare in un nuovo Paese con un maggiore know-
how rispetto ad un investimento diretto autonomo; sfruttamento di condizioni di favore da
parte del governo del Paese estero se imprese locali partecipano al capitale della joint
venture. Il processo di creazione di una joint venture è complesso e lungo. Gli aspetti di cui
tenere conto sono:
 gli obiettivi da raggiungere;
 l'entità degli investimenti da sostenere e la loro distribuzione nel tempo;
 l'orizzonte temporale di riferimento entro cui raggiungere gli obiettivi;
 le economie e i vantaggi ottenibili attraverso il reciproco apporto di risorse;
 la cultura aziendale e gli stili manageriali.
 Partecipazione di capitale
L’impresa decide di cedere quote del proprio capitale azionario ad imprese estere per
assicurarsi uno sbocco stabile su certi mercati, per poter realizzare investimenti finalizzati
allo sfruttamento di risorse naturali di un determinato Paese (estrazione del petrolio e del
gas), per reperire nuove fonti di finanziamento
 Contratto di produzione
E’ un accordo in base al quale l'impresa affida a un produttore di un Paese estero l'incarico
di realizzare una determinata produzione destinata alla vendita nel Paese stesso (o anche
in altri Paesi). L'impresa mantiene il controllo delle attività di marketing e della
distribuzione. Generalmente, l'impresa che affida al produttore estero la propria
produzione fornisce anche le competenze e le tecnologie (es. macchinari) in modo da
ottimizzare le condizioni di approvvigionamento e garantire gli standard qualitativi del
prodotto realizzato. Benefici per l’impresa:
 rafforzare la presenza commerciale e il radicamento nel mercato del Paese in cui si
sposta la produzione, ed eventualmente in quelli geograficamente vicini;
 realizzare una delocalizzazione senza elevati investimenti e relativi rischi (tipici invece
degli IDE);
 rafforzare la "riconoscibilità" del prodotto da parte dei compratori poiché realizzato
localmente;
 ridurre i costi logistici avvicinando la produzione al mercato;
 aggirare le barriere tariffarie sui prodotti importati dal Paese estero;
 gestire in modo più efficiente i flussi valutari (forza/debolezza della valuta locale).
 Contratto di gestione
È un accordo stipulato fra un'impresa che possiede conoscenze in un determinato settore e
un investitore di un Paese estero che costituisce e finanzia un'attività nel proprio Paese.
 CONTRATTO "CHIAVI IN MANO”: un'impresa costruisce uno stabilimento produttivo in
un Paese estero, realizza la progettazione, predispone gli impianti, effettua i collaudi e
consegna al partner locale l'impianto pronto per funzionare.
 CONTRATTO "PRODOTTO IN MANO”: oltre a realizzare l'impianto, l'impresa si impegna
a formare il personale e ne assume la gestione per un periodo di tempo iniziale,
assicurando che l'impianto sia in grado di funzionare e che al termine del periodo
transitorio il personale formato sia in grado di proseguire la gestione.
 CONTRATTO "MERCATO IN MANO”: l'impresa si impegna non solo ad assicurare il
funzionamento dell'impianto e a realizzare i prodotti, ma anche a garantirne la
collocazione nel mercato.
 Cessione di licenza
È un contratto in base al quale un'impresa (licenziante) cede a un'altra (licenziatario) il
diritto di utilizzare e sfruttare economicamente in un determinato ambito territoriale (che
a livello internazionale corrisponde normalmente al Paese di appartenenza del
licenziatario) brevetti, marchi o conoscenze relative a processi manifatturieri, gestionali o
modelli di business (il know-how) in cambio di un compenso economico. Il compenso può
essere lump sum, ossia in misura fissa all’avvia dell’accordo, oppure royalty, quindi in % sul
valore generato da ciò che è dato in licenza. Strategia adatta per le imprese che hanno
tecnologie o marchi di forte rilievo ma non hanno sufficiente capacità organizzativa e
finanziaria per affrontare direttamente lo sviluppo dei mercati esteri. I principali rischi sono
la perdita di controllo sulle attività del licenziatario, compresa la strategia di marketing
adottata, il licenziatario potrebbe non essere in grado di sfruttare adeguatamente le
potenzialità commerciali dei prodotti realizzati o dei marchi concessi e, una volta che il
rapporto è stato avviato, interromperlo richiede tempi lunghi e costi, anche di natura
legale, il licenziatario potrebbe diventare, dopo un po' di tempo, un concorrente.
 Franchising
È un accordo contrattuale presente sotto svariate forme e applicato in diversi settori, sia
per attività di produzione, sia di distribuzione, sia di erogazione di servizi. A livello
internazionale, tuttavia, è utilizzato in modo particolare nel settore della distribuzione. Con
il contratto di franchising l’impresa affiliante (il franchisor), utilizza l’affiliato (il franchisee),
per distribuire i propri prodotti nel mercato estero, cedendo all’affiliato la propria formula
organizzativa e commerciale e l’uso del proprio marchio. Il franchisor ottiene dal
franchisee: un corrispettivo iniziale (entry fee), delle royalties calcolate sul volume d’affari
realizzato, un guadagno per la fornitura dei prodotti (che l’affiliato è obbligato
contrattualmente ad acquistare in esclusiva solamente dall’affiliante).
Vantaggi del franchising internazionale:
 possibilità di penetrare più mercati esteri in tempi relativamente rapidi e con
un limitato investimento finanziario;
 riduzione del rischio (in gran parte a carico dell’affiliato);
 diffusione del marchio (imposto per contratto all’affiliato) e mantenimento del
presidio del mercato;
 possibilità di imporre all’affiliato linee di condotta e strumenti organizzativi e di
marketing secondo le proprie scelte strategiche, rendendo uniformi le politiche
commerciali su tutta la rete, come se si trattasse di negozi di proprietà;
 disponibilità di una rete di affiliati che sono imprenditori locali e che possiedono
una conoscenza approfondita del contesto geografico in cui operano;
 possibilità di entrare in mercati difficili da penetrare a causa di diversità
culturali, normative e nei rapporti economici, nei quali sarebbe complesso e
rischioso operare con una propria struttura distributiva
MASTER FRANCHISING: consiste nel rivolgersi ad un partner operante nel Paese estero
a cui viene affidato il compito di coordinare i vari affiliati nel suo Paese.
AREA REPRESENTATIVE: svolge il compito di affiliato pilota e che assume l’incarico di
coordinare gli altri affiliati, che tuttavia restano legati contrattualmente al franchisor
estero.
 Piggyback
E’ un accordo di distribuzione fra due soggetti denominati rispettivamente: RIDER, colui che
vende i propri prodotti in un mercato estero CARRIER, colui che mette a disposizione la
propria organizzazione commerciale e distributiva L’impresa affida la vendita dei suoi
prodotti in un mercato estero ad un’altra impresa, che in tale mercato è già presente con
un’adeguata struttura commerciale per la loro distribuzione. Per funzionare i prodotti delle
2 aziende devono essere complementari e non in concorrenza.
VANTAGGI PER IL RIDER:
può entrare rapidamente in un mercato estero (anche se la distribuzione è particolarmente
complessa e per la quale occorrerebbe una forza vendita molto articolata).
VANTAGGI PER IL CARRIER:
estensione della gamma, migliore utilizzo della capacità distributiva; opportunità di
aggredire più efficacemente i propri concorrenti.
Ciascun partner si occupa di distribuire nel proprio mercato i prodotti dell’altro partner.
CAPITOLO 6
Un piano di marketing si compone di 4 macro fasi:

 ANALISI
 DECISIONI
 AZIONI
 FEED-BACK

1) Il punto di partenza del piano di marketing è la raccolta di informazioni riguardo l’ambiente


interno, quindi l’impresa e le sue caratteristiche, e l’ambiente esterno, consistente della
domanda, la concorrenza, l’approvvigionamento fattori e risorse, intermediari e distribuzione e
l’ambiente in generale inteso come gli aspetti legislativi, normativi, culturali ecc. che l’azienda
deve affrontare per ottenere dei risultati nel paese estero.
Per realizzare questa analisi viene solitamente utilizzata la SWOT analysis, che suddivide e
ordina le informazioni raccolte all’interno di una matrice di 4 quadranti. Le informazioni
raccolte vengono divisi in fattori endogeni (fattori relativi all’impresa stessa) corrispondenti ai
punti di forza e debolezza dell’impresa →→→ Strenght & Weakness
Fattori esogeni (fattori relativi al contesto esterno) corrispondenti alle opportunità e alle
minacce →→→ Opportunities & Threats
Nella SWOT analysis vanno riportate solo le informazioni raccolte e non cosa l’azienda
potrebbe fare
2) In questa fase l’azienda si pone degli obiettivi da raggiungere. L’azienda deve stabilire chi vuole
essere all’interno di quel determinato mercato, deve decidersi come posizionarsi rispetto ai
concorrenti. In base al posizionamento deciso devono essere posti degli obiettivi coerenti: se
decido di entrare con dei prezzi bassi i miei obiettivi in termini di vendite saranno maggiori
rispetto a se decido di entrare con dei prezzi alti
3) Direttamente legata agli obiettivi e alla scelta di posizionamento è la definizione della strategia
competitiva da adottare nel paese prescelto. Le strategie possono essere ricondotte a 5
tipologie:
 Strategia di scrematura →→→ applicare un prezzo elevato per cercare di ottenere il
più possibile subito con basso coinvolgimento di risorse e basso rischio. Di solito usata in
più paesi contemporaneamente (quando so che il mercato è di nicchia ed è presente molta
concorrenza)
 Strategia di dumping →→→ a volte al limite della legalità. Offro un prezzo più basso
nel mercato estero rispetto al paese di origine o prezzo più basso rispetto al costo di
produzione del prodotto (concorrenza sleale) (lo si fa nei mercati esteri per cercare di
piazzare le eccedenze del mercato domestico)
 Strategia di esplorazione: bassa conoscenza del mercato, si cerca di prendere contatti
diretti col mercato in cui si ha intenzione di entrare, bassi rischi e poco impegnativa. Viene
adottata quando ancora non si è certi in quale paese investire, sperimentazioni di
commercializzazioni di prodotti
 Strategia di penetrazione: la più impegnativa, programmazione dell’ingresso ma anche
degli investimenti (comunicazione, logistici, organizzativi, di costruzione di rete di vendita)
al fine di rimanere nel mercato per lungo tempo. La convenienza dell’investimento deve
essere valutata nel medio termine
 Strategia di consolidamento: evoluzione della strategia di penetrazione, si cerca di
consolidare il rapporto con il mercato in cui si è entrati, consolidamento dell’azienda e
delle vendite
La scelta della strategia competitiva rappresenta la base per individuare le scelte operative
relative al marketing mix. Il loro uso va fatto in modo coordinato e va progettato, definendo
per ogni politica:

 Cosa fare
 Quando farlo (Diagramma di Gantt)
 Chi se ne occupa
 Con quali costi
4) Verifica costante dei risultati ottenuti nelle varie fasi del piano di marketing ed eventuali azioni
correttive. Bisogna definire una cadenza periodica delle verifiche (mensile, trimestrale,
semestrale). Si monitorano, ad esempio, le vendite dei volumi, il ritorno di una campagna
pubblicitaria o di una campagna social; verificare variazioni riguardo le preferenze della
domanda, le condizioni economiche del paese estero, nei comportamenti della concorrenza.

CAPITOLO 7
Possedere un buon prodotto è una condizione necessaria per ottenere un vantaggio competitivo
rispetto ai concorrenti. Un prodotto si compone di elementi tangibili, in grado di produrre benefici
di natura funzionale, ed elementi intangibili, in grado di produrre benefici di natura simbolica e
relazionale. In base all’analisi del prodotto e delle sue caratteristiche possiamo scegliere tra una
strategia di standardizzazione o una strategia di adattamento. La prima segue più una logica di
produzione mentre la seconda segue più una logica di marketing. Nel scegliere quale strategia
adottare bisogna anche tenere conto dei giudizi “alterati” dei potenziali clienti nei paesi esteri: qui,
si possono presentare diversi fattori che influiscono sulla percezione del prodotto e sulle sue
qualità. Gli effetti causati da questa alterazione si distinguono in:

 Effetto neutro (trasparente): il prodotto è percepito in modo analogo a come viene


percepito nel mercato domestico (nessun effetto). L’azienda tenderà a focalizzarsi sulle
caratteristiche del prodotto che sono superiori a quelle dei concorrenti (strategia
standardizzazione e adattamento)
 Effetto positivo (amplificante): il prodotto viene percepito in maniera migliore
rispetto al mercato domestico. L’azienda può far leva sulla comunicazione del made in italy,
per esempio (strategia standardizzazione)
 Effetto distorto (deformante): il prodotto è percepito in maniera diversa nel mercato
estero, quindi soddisfa esigenze diverse rispetto alle esigenze soddisfatte nel mercato
domestico (strategia adattamento)
 Effetto negativo (riducente): il prodotto viene percepito in maniera negativa nel
mercato estero. L’azienda dovrebbe nascondere il più possibile la provenienza del prodotto
(strategia adattamento)
Uno dei maggiori elementi che influisce sulla percezione del prodotto sono le opinioni che si hanno
sul paese di origine del prodotto, il cosiddetto Country of Origin Effect (COE). È importante
ricordare che la reputazione del paese varia notevolmente in base al continente e in base al
settore in cui opera l’impresa: ES. Made In Italy positivo nel settore alimentare ma negativo nel
settore dell’elettronica di consumo.
In base al giudizio che viene dato sul paese e all’importanza che viene data alle caratteristiche del
prodotto, viene creata una matrice con l’effetto che ne deriva:

 Caratteristiche importanti del prodotto – immagine positiva del paese →→→ EFFETTO
PAESE POSITIVO: l’azienda deve risaltare la provenienza del prodotto attraverso un
nome di marca che richiami il paese, una comunicazione che risalti le peculiarità del
prodotto e del paese di origine, richiami del packaging al paese di origine
 Caratteristiche importanti del prodotto – immagine negativa del paese →→→ EFFETTO
PAESE NEGATIVO: l’impresa deve minimizzare le associazioni tra prodotto e paese,
ricorrendo eventualmente a un’immagine prestata, cioè cercando di far percepire una
provenienza diversa da quella reale.
 Caratteristiche del prodotto non importanti – immagine negativa del paese →→→
EFFETTO PAESE INDIFFERENTE O NEUTRALIZZATO: conviene, per quanto possibile,
cercare di evitare qualsiasi riferimento al paese di origine
 Caratteristiche del prodotto non importanti – immagine positiva del paese →→→
EFFETTO PAESE MANCATO: l’azienda deve valorizzare l’immagine positiva del paese di
origine come beneficio secondario del prodotto.
Come già detto, l’impresa può optare per 2 strategie di prodotto:

1) STANDARDIZZAZIONE DEL PRODOTTO: l’impresa offre all’estero lo stesso prodotto che


offre nel mercato domestico con le dovute modifiche come l’etichetta ed il manuale d’uso o
quelle obbligate dalle normative locali. Questa strategie viene utilizzata perché permette di
contenere i costi e di sfruttare le economie di scala, di apprendimento e il potere contrattuale
verso i fornitori. Inoltre permette di evitare tutti quei costi relativi all’adattamento del
prodotto. Tutti questi vantaggi permettono di offrire prezzi minori e di ottenere margini più
elevati. Questa strategia può realizzarsi in 2 modi:
 Prodotto creato per il mercato domestico esportato all’estero (può non essere modificato
assolutamente niente o può essere modificato il posizionamento del prodotto)
 Prodotto creato e sviluppato per tutti i paesi esteri
2) STRATEGIA DI ADATTAMENTO: in questo caso l’impresa modifica il proprio prodotto e lo
adatta al mercato estero in cui desidera entrare. Vanno considerate in tal senso le diverse
condizioni di utilizzo del prodotto (es. diversità di temperatura che influisce sull’efficienza del
prodotto), le normative sulla sicurezza del prodotto e la cultura, le tradizioni e le abitudini di
consumo del paese estero. Anche in questo caso la strategia può realizzarsi in 2 modi:
 Prodotto modificato: il prodotto viene modificato, personalizzato e adattato al singolo
mercato estero
 Prodotti ideati ad hoc: l’impresa progetta e crea prodotti nuovi per il singolo mercati esteri,
ogni paese ha il suo prodotto personalizzato
CAPITOLO 8
Fra i diversi elementi del marketing mix, il prezzo è il più difficile da determinare perché è la
risultante di moltissime variabili riguardanti l’impresa, la concorrenza, i potenziali clienti e la
situazione dei paesi esteri. Ha però il vantaggio di poter essere manovrato facilmente e
velocemente. Il prezzo ha una duplice valenza di marketing, perché produce effetti diretti sia sul
posizionamento del prodotto sia sul rapporto con la domanda; economica, si esprime nel
momento in cui le scelte di prezzo si ripercuotono direttamente sulla redditività della gestione.
Nella determinazione del prezzo nei mercati internazionali occorre considerare un’ampia serie di
fattori interni ed esterni all’impresa che influenzano le scelte finali delle strategie internazionali di
prezzo.

Per determinare i prezzi all’estero occorre:

 Costruire una strategia complessiva di prezzo riguardante la pluralità di Mercati in cui


l'impresa intende essere presente;
 Considerare l'influenza dei costi esterni (dazi doganali, costi di trasporto e assicurazione,
ricarico degli intermediari del sistema distributivo estero) e come questa si ripercuote sul
prezzo finale dei prodotti e sulla loro competitività
 Impostare per ogni Paese lo schema di calcolo del prezzo.
I punti di riferimento fondamentali per la politica dei prezzi sui mercati internazionali sono 3, e in
base a determinate situazione si può dare più importanza a uno. Quindi il prezzo può essere
orientato verso:

 COSTI: in mercati che presentano un eccesso di domanda. Bisogna considerare 4 tipi di costi:
 Produzione: bisogna analizzarne la composizione e in che modo variano al variare del
volume di produzione. È possibile sfruttare eventuali economie di scala? Bisogna prestare
attenzione alla distinzione tra costi fissi e variabili
 Commercializzazione e Trasporto: oneri riferiti ai dazi, alle tasse, alle tariffe doganali, alle
barriere artificiali in genere, ai costi relativi all’utilizzo di intermediari e/o della forza
vendita, ai costi di spedizione e trasporto
 Oneri Finanziari: relativi al capitale fisso e circolate, oneri assicurativi
 Spese di Gestione Estero: riguardano gli aspetti organizzativi interni, come il personale
dell’ufficio estero, le pratiche commerciali, i rapporti con gli spedizionieri, le fatturazioni e i
pagamenti ecc.
 DOMANDA: la percezione del valore del cliente è influenzata dall’esistenza di una predefinita
struttura di prezzi accettabili per ogni genere. Ogni potenziale acquirente definisce per ogni
bene un proprio intervallo di valutazione che è appunto il range dei prezzi accettabili. Tale
intervallo è caratterizzato da 3 componenti:
 Prezzo limite superiore
 Prezzo limite inferiore
 Prezzo interno, ossia il prezzo che il cliente ha memorizzato in precedenti esperienza di
acquisto
 CONCORRENZA: l’impresa analizza i prezzi adottati dai concorrenti e in seguito decide se
posizionarsi ad un livello superiore, inferiore, o pari a quello dei concorrenti. Analizzare i prezzi
dei concorrenti è spesso difficile perché i prezzi indicati nei listini non sono sempre quelli
effettivamente applicati. Occorre, inoltre, analizzare e valutare i prezzi dei prodotti sostitutivi e
valutare la reazione della concorrenza alla propria strategia di prezzo.

LE STRATEGIE DI PREZZO
 PREZZO DI MERCATO: consiste nel fissare il prezzo del proprio prodotto in base a quello dei
concorrenti. Questo può essere fatto dopo aver verificato che:
 L’impresa utilizza modalità di ingresso indirette e ha scarso potere contrattuale nei
confronti degli intermediari
 L’impresa ha scarsa conoscenza del mercato e non può fare ricerche approfondite per
individuare segmenti di domanda da aggredire con prezzi più alti della concorrenza
 L’impresa teme reazioni da parte dei concorrenti
 La concorrenza è molto forte e altre imprese ricoprono una posizione dominante

In tutti questi casi la scelta di allinearsi ai prezzi di mercato è una scelta prudenziale
finalizzata anche a raccogliere maggiori informazioni
 PREZZO DI PENETRAZIONE: l’impresa entra sul mercato con un prezzo più basso rispetto
ai concorrenti con l’obiettivo di incrementare le vendite a breve termine e aumentare la quota
di mercato. Questa è la scelta ideale quando:
 Quando si entra in un nuovo mercato avendo la possibilità di espandere rapidamente le
vendite
 Quando un paese affronta una fase di forte crescita
 Quando l’offerta si rivolge a una domanda molto sensibile al prezzo
 Quando è possibile sfruttare economie di scala
 Quando si lancia un nuovo prodotto che però è facilmente imitabile dalla concorrenza,
quindi si cerca di scoraggiare i concorrenti nel farlo
 Quando le esigenze della fascia alta dei consumatori sono già state soddisfatte
Occorre verificare che:
 L’impresa abbia un’adeguata copertura del mercato e che il prezzo basso non si traduca
in maggiore margine per i distributori
 La legislazione del paese consenta, in un secondo momento, di poter aumentare i
prezzi
 Occorre valutare l’effetto del prezzo basso sul posizionamento, scoraggiare la
percezione prezzo basso = bassa qualità
 PREZZO DI SCREMATURA: si applica in genere quando l’azienda propone al mercato un
prodotto innovativo, applicando inizialmente prezzi elevati per poi abbassarli con il passare del
tempo. Il prezzo dovrà essere ribassato per contrastare i concorrenti, che nel frattempo
avranno iniziato a proporre prodotti simili; ampliare i segmenti serviti.

Le condizioni per la sua applicazione sono:


 Avere un prodotto innovativo che abbia un forte appeal per i potenziali acquirenti
 Si prevede che il ciclo di vita del prodotto sia breve o che sia repentinamente imitato dalla
concorrenza
 Le previsioni della domanda sono facili da effettuare
 CRITERIO DEL COSTO MARGINALE: questo criterio permette di calcolare il prezzo senza
prendere in considerazione alcuni costi, ma allo stesso tempo senza provocare perdite
garantendo un margine di utile. Condizioni essenziali per poter utilizzare questo criterio sono:
 L’azienda deve avere una capacità produttiva non pienamente sfruttare tale da permettere
un aumento di produzione senza effettuare nuovi investimenti
 Il prezzo a cui i prodotti sono venduti fino a quel momento è stato calcolato sull’effettiva
quantità prodotta e non sulla quantità tecnicamente producibile
Bisogna tenere conto che questa è una condizione temporanea, perché il prezzo
estremamente dovrebbe portare ad un aumento della domanda e per soddisfarla l’azienda
dovrebbe investire in nuovi macchinari, personale ecc.
Nell’applicazione di questo metodo l’impresa può incorrere in alcuni rischi come:
 Scatenare una guerra di prezzi
 Violare la normativa antidumping
 Interferire sulla qualità percepita del prodotto

CAPITOLO 9
La scelta del canale distributivo è molto importante perché permetto di avere un contatto tra
impresa e cliente. Inoltre la creazione di una rete di distribuzione richiede tempi lunghi, per cui è
fondamentale non sbagliare questa scelta perché risulterebbe difficile cambiarlo. Infine la
distribuzione è una delle politiche del marketing mix, ed è quindi in grado di influenzarlo, così
come è in grado di influenzare il posizionamento. La distribuzione è in grado di influenzare i volumi
di vendita e la fedeltà dei clienti. Spesso non è possibile effettuare una scelta a causa delle
innumerevoli variabili che entrano in gioco. A volte, inoltre la scelta è obbligata (es. importatore ti
propone un accordo, tu devi decidere se accettare o meno). esistono 3 differenti tipi di canali per
la distribuzione dei beni di consumo:

 Canale lungo: maggior numero di intermediari tra impresa e cliente finale (2/3 in su). Si
parte dall’impresa esportatrice →→ importatore →→ grossista →→ dettagliante →→
consumatore, per esempio. Ogni step del canale deve avere un guadagno economico. In
questo modo, l’impresa non controlla il mercato e non sostiene costi relativamente alla
comunicazione. Non si riesco ad avere abbastanza informazioni relativamente al mercato. Una
volta lasciato il prodotto in mano all’importatore, l’azienda non si deve più assumere i rischi e i
costi di distribuzione. Usato di più da imprese di piccole dimensioni o nei settori dove la
distribuzione deve essere estremamente capillare, come nel settore alimentare
 Canale medio: tra impresa e il cliente finale troviamo solo un intermediario (dettagliante). Il
dettagliante, avendo un rapporto diretto con il consumatore, fornisce informazioni all’impresa
(quanto, come, cosa, con che frequenza). Più rapidità nel fornire il dettagliante (1-2 passaggi in
meno). Necessita di una rete di agenti che esercita sul territorio di possesso dell’impresa
(stipendio fisso) o agenti di commercio che prendono provigioni sulle vendite (oltre ad uno
stipendio base: agenti plurimandatari i più richiesti, anche se aziende di piccole dimensioni
potrebbero non beneficiare nell’essere accostate ad aziende di grandi dimensioni, nel senso
che potrebbero dedicare del tempo non sufficiente nella vendita del loro prodotto). Canale
preferito da chi vende prodotti di lusso, che vengono commercializzati in un numero limitato di
punti vendita scelti appositamente per valorizzare l’immagine del marchio e il prodotto
 Canale corto: l’impresa si rivolge direttamente al cliente finale tramite punti di vendita di
proprietà, e-commerce di proprietà (nel caso di uso di piattaforme come Amazon diventa
canale medio) (bisogna attuare considerazioni relativamente ad assistenza, spese per la
spedizione nazionale ed internazionale, spese di magazzino, in quali paesi vendere, a quale
prezzo vendo in un determinato paese, chi gestisce gli ordini, chi gestisce la banca dati,
affidarsi a call center esterni). Generalmente viene utilizzato dai produttori di abbigliamento di
lusso e di accessori moda perché molto costoso. Si può usare anche una rete multilevel →→
una piramide di agenti in cui chi è in cima prende una percentuale su tutti quelli sotto.

CAPITOLO 10
Per poter vendere in mercati internazionali bisogna avere un buon prodotto, distribuirlo attraverso
il canale adeguato, scegliere una strategia di prezzo coerente, comunicarlo nei migliori dei modi.
Pianificazione dell’attività di comunicazione:
1) Identificazione del target
2) Definizione degli obiettivi della comunicazione. Definire la risposta che si vuole ottenere:
 Risposta cognitiva (far conoscere il prodotto e le caratteristiche)
 Risposta affettiva (si fa leva sulle emozioni del consumatore)
 Risposta comportamentale (stimolare l’azione del consumatore)
3) Elaborazione del messaggio
4) Scelta dei canali e degli strumenti da utilizzare
5) Definizione del budget da destinare alla comunicazione (alcuni studiosi mettono questo punto
prima, altri lo accorpano al punto 4)
6) Definizione del mix di comunicazione
7) Rilevazione e misurazione dei risultati
La comunicazione viene adattata ad ogni paese in cui si intende entrare. Di solito si attuano
strategie di comunicazione per entrare in nuovi mercati e strategie da attuare in caso di mercati in
cui si è già entrati. Nello sviluppo di nuovi mercati vengono usate principalmente 2 strategie: le
missioni imprenditoriali, organizzate da soggetti pubblici o associativi (ICE, Confcommercio ecc.)
con l’intento di far incontrare gruppi di imprese complementari con l’obiettivo di far conoscere le
imprese agli esponenti governativi di un determinato paese (o viceversa). Nei mercati in cui si è già
presenti le tecniche più utilizzate sono:

 La Pubblicità, che nel caso di comunicazione internazionale incontra diversi ostacoli e limiti
quali la lingua (tecnicismi, modi di dire ecc.), la cultura e le tradizioni dei vari paesi (es. dolce e
gabbana in Cina non hanno rispettato la cultura), le normative specifiche dei paesi, la
concorrenza (comunicazione dettata dal leader del mercato), i costi. I principali mezzi della
pubblicità sono

 Il Web (multimedialità. Interattività, personalizzazione)


 Le Riviste Specializzate
 Giornali e Periodici (più informativa, permette di selezionare il target)
 Affissioni e Cartellonistica
 Televisione (mezzo più potente e costoso, limite è che non raggiunge solo il target scelto)
 Radio (molto potente e permette di raggiungere target eterogenei, necessita di
conoscenza delle stazioni radiofoniche estere)
 Posta (raggiunge consumatori poco affini a internet)
 Materiale Espositivo come volantini, espositori, totem informativi (in-store
communication)
 Supporto alla Vendita ad uso degli agenti commerciali come cataloghi e
dépliant.
L’uso della pubblicità ha senso se sono presenti le seguenti condizioni: strategia di
penetrazione a lungo termine, elevati volumi di vendita, presenza di infrastrutture pubblicitarie
efficienti, strategia di comunicazione coerente con la strategia di penetrazione del canale
distributivo

 Promozione Vendite: incentivi di breve periodo volti a incoraggiare gli acquisti o le vendite
di prodotti e servizi. Oltre a vendere mira a rafforzare l’immagine della marca, segmentare il
target e sostenere gli obiettivi strategici

 Promozioni di Convenienza (legate al prezzo): riduzione temporanea del prezzo o


uso di offerte più ricche a parità di prezzo (sconti, 3x2, coupon, economy pack,
supervalutazione dell’usato, agevolazioni di pagamento, vendite abbinate, buoni sconto,
coupon ecc.)
 Omaggi e Campioni: consegna gratuita di nuovi prodotti in occasione del lancio di nuove
linee (nel caso di macchinari si traduce in servizi gratuiti come dimostrazioni, prove, test
drive ecc.)
 Programmi a premio: diritto ad un premio in seguito ad una raccolta punti o al
raggiungimento di un dato ammontare di acquisto. Ha la finalità di fidelizzare il cliente e
indurre ad acquistare quantitativi di prodotto in misura superiore alla necessità
 Concorso a estrazione: possibilità di essere estratti, in seguito all’acquisto di un
prodotto, per la vincita di premi di notevole valore

 Propaganda e Relazioni Pubbliche:


 Relazioni con i media (creare rapporti solidi con la stampa),
 Eventi – Convegni – Conferenze (comunicazione per rafforzare l’immagine aziendale
sia verso i dipendenti che verso il pubblico generale),
 Sponsorizzazioni (finanziamento di un evento con il fine di migliorare l’immagine
aziendale),
 Pubblicazioni Editoriali (periodici che trattano argomenti generali con frequenti
riferimenti all’azienda),
 Bilancio e Bilancio Sociale (serve a migliorare la credibilità e la reputazione aziendale),
 Relazioni con la Comunità (partecipazione alla vita sociale della comunità).

 Vendita Personale: l’utilizzo del personale di vendita è la forma di comunicazione più


efficace ed incisiva, la comunicazione è bidirezionale e permette uno scambio di informazioni.
Permette di rendere la comunicazione flessibile e quindi adattarla alle caratteristiche del
singolo destinatario

Gestione del brand a livello internazionale


La strategia connessa al brand definisce la personalità e l’essenza di ciò che si vuole comunicare e
trasmettere al fine di rafforzare il posizionamento sul mercato estero. Il brand è un insieme di
nome, logo e concetto legato ad un’impresa, ad un prodotto o ad una linea di prodotti. L’azienda
deve scegliere se sviluppare il mercato estero attraverso modalità indiretto (quindi con un limitato
impiego di risorse), o se intende sviluppare il mercato attraverso un maggior radicamento e
impegno nell’affermare il proprio marchio (in questo caso bisogna valutare tutti i fattori che
influiscono sulla percezione del marchio come i valori del paese, la lingua, la cultura, i media,
l’ambiente istituzionale ecc). Esistono 4 diversi tipi di gestione del brand:

 Marchio Standardizzato: stesso brand usato in tutti i paesi. Si ritiene il brand aziendale
come valido in tutti e paesi ed enfatizza l’effetto Made In
 Marchio Globale: Ottenere vantaggi in termini di maggiore riconoscibilità ma anche
credibilità poiché un marchio globale è percepito come di qualità. La gestione globale del
marchio permette di sfruttare economie di scala e ridurre i costi. Lo svantaggio è che si corre il
rischio di perdere il contatto con i mercati locali creando distanza tra impresa e i valori delle
singole culture locali.
 Marchio Adattato/Personalizzato: Il marchio viene adattato o creato ad hoc per il singolo
Paese per rispondere alle caratteristiche del mercato di riferimento. Crea una maggiore
vicinanza al cliente del mercato estero.
 Marchio Ibrido: A metà tra marchio globale e locale. Si basa sul combinare standardizzazione e
adattamento per conferire maggiore efficacia alla comunicazione.
Fattori determinanti nella scelta di adattamento del brand sono gli aspetti legali (ES: Burger King in
Australia ha dovuto cambiare nome perché il marchio era già registrato), aspetti linguistici e
culturali, struttura del sistema distributivo, consapevolezza del brand e livello di distribuzione del
brand. Le scelte di branding possono essere accompagnate a quelle sull’integrazione della
comunicazione internazionale (global integrated marketing communication), con la quale le
imprese
decidono il
grado di
coordinamento
orizzontale
(coordinamento
della
comunicazione
nei diversi
mercati in cui l’impresa è presente) e verticale (coordinamento tra i vari strumenti del marketing
mix).

 Brand name standardizzato – pubblicità standardizzati: stesso marchio e stessa


pubblicità usata in diversi paesi. Usata in aree geografiche vicine culturalmente e per prodotti
altamente standardizzati.
 Brand name standardizzato – pubblicità non standardizzata: marchio uguale per tutti
i paesi ma pubblicità adattata (a causa di norme legali e differenze culturali). Scelta più usata
 Brand name non standardizzato – pubblicità standardizzata: scelta utilizzata da chi
adatta il proprio prodotto alle esigenze dei mercati locali ma vuole mantenere invariato il
proprio posizionamento
 Brand name non standardizzato – pubblicità non standardizzata: utile in quelle
realtà che risentono di una forte influenza locale. Usato dalle aziende che ne acquistano altre
che hanno molta importanza nel mercato locale e non vogliono perdere questo vantaggio

FIERA
Prima si andava in fiera per vendere, oggi per comunicare e raccogliere informazioni. Per definire
la fiera più adeguata a cui partecipare occorre definire gli obiettivi che l’impresa vuole conseguire
e i mercati ai quali si intende rivolgere; svolgere un’accurata analisi costi-benefici in funzione
dell’entità del budget che si prevede di destinare a questa attività. L’analisi dei costi avviene
tramite l’analisi di:

 Costi diretti visibili, relativi a stand, alloggio, trasporto ecc.


 Costi diretti relativi, riguardo il personale

 Costi indiretti, mancati ricavi ed eventuali disfunzioni dovuti all’impiego di personale aziendale
nell’evento fieristico e sottratti alla normale attività
La stima dei benefici è invece più complessa, perché dipendono dagli obiettivi che l’azienda si è
prefissata. Un metro di valutazione spesso seguito è quello di calcolare il costo che si dovrebbe
sostenere per raggiungere il medesimo scopo, intraprendendo azioni alternative alla
manifestazione fieristica.

 FASE DI INDAGINE PRELIMINARE


 Rilevanza della manifestazione fieristica (se nazionale o internazionale)
 Tipo di fiera (se per operatori o aperta al pubblico)
 Settore di riferimento della fiera
 Caratteristiche dei partecipanti e numero di visitatori negli anni precedenti
 Tipologia di visitatori (se prevalentemente del Paese in cui si svolge la fiera o se
internazionali)
 Partecipazione dei concorrenti
 FASE OPERATIVA: l’impresa deve scegliere
 Le dimensioni, la struttura e l’allestimento del proprio stand (personalizzato, preallestito,
ecc.);
 Il tipo di comunicazione all’interno della fiera e dello stand (insegne e loghi, monitor,
display, materiale promozionale);
 Personale da utilizzare fra personale interno e personale reclutato per l'occasione
(interpreti, hostess) da formare preventivamente;
 Iniziative di animazione in fiera (dimostrazioni, sfilate, ecc.);
 Iniziative di animazione fuori fiera (serate, spettacoli, eventi paralleli);
 Catering e ospitalità per clienti e intermediari.
 FASE DI PRESENZA IN FIERA: La fiera rappresenta una imperdibile occasione per verificare
l’adeguatezza delle proprie scelte di marketing mix (prodotto, prezzo, distribuzione,
comunicazione) e avere un rapido riscontro anche rispetto ai nuovi prodotti che si stanno
lanciando. È importante che tutte le persone che visitano lo stand e che chiedono informazioni
sui prodotti siano invitate a lasciare il loro biglietto da visita o i loro recapiti per i successivi
contatti. È inoltre fondamentale annotare per ogni incontro quali sono state le informazioni
fornite, quali le richieste dell'interlocutore e quali impegni sono stati eventualmente presi.
 FASE DI FOLLOW UP: tutti i contatti che si sono verificati durante la fiera vanno riesaminati e
trattati, fornendo materiale, se richiesto, prendendo contatti per dare informazioni più precise
e, nei casi in cui ci sono stati segnali di interesse verso i prodotti dell'impresa, organizzando
delle visite direttamente presso i potenziali clienti o intermediari.

ENTI
ICE: È un ente pubblico per lo sviluppo, l’agevolazione e la promozione dei rapporti economici e
commerciali italiani con l’estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie
imprese, dei loro consorzi e raggruppamento. " Le attività che l’Agenzia svolge sono numerose e
vanno dalla fornitura di informazioni e analisi di mercato, l’organizzazione a fiere e missioni
all’estero, la fornitura di una serie di servizi alle imprese, fra cui ricerca di partner esteri,
promozione aziendale, assistenza operativa all’estero.

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