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20/09/2021

Lezione 1

La bella époque

La società di massa

Gli anni difficili di fine Ottocento: Gli ultimi decenni dell’Ottocento sono stati per l’Europa un periodo
molto brutto. Dal 1873 al 1894 ci fu la tremenda crisi economica che era stata risolta con il protezionismo.
Gli uomini politici e le famiglie sovrane vivevano nel terrore di subire attentati anarchici. Banche e politici di
mezza Europa erano stati travolti dagli scandali per aver abusato del loro potere rovinando migliaia di
piccoli risparmiatori. Quanto al Regno d’Italia, esso era ancora sotto il peso del Non expedit (il papa vieta ai
cattolici di partecipare alle elezioni del Regno d’Italia) seguito dalla scomunica di papa Pio IX. Nel frattempo,
i lavoratori di tutta Europa richiedevano dei miglioramenti, ma gli Stati rispondevano con fucili e cannoni.
Anche i costumi erano severi: la borghesia risparmiava, l’aristocrazia viveva in modo austero e la sessualità
veniva repressa. Il modello era la cosiddetta “società vittoriana”, ovvero la società della Regina Vittoria, che
regnava dal 1837.

L’ottimismo del Novecento e la Bella époque: Le armi tacevano da più di un ventennio, creando l’illusione
che il concerto europeo, creatosi nel 1878 durante il Congresso di Berlino (Otto von Bismark riuscì a placare
l’irritazione dell’Austria nei confronti della Russia), fosse solido. Infine, entusiasmavano le scoperte
scientifiche, le conquiste della medicina e gli impetuosi sviluppi della tecnologia: ciò diede una cultura
positivista. La regina Vittoria morì nel 1901, lasciando il trono a suo figlio Edoardo VII. La successione
divenne il simbolo di una svolta: dal pessimismo all’ottimismo, dall’ansia alla fiducia, dall’epoca dei sacrifici
alla Bella époque (bei tempi), dal 1900 al 1914, gli anni che precedettero la Prima Guerra Mondiale. Gli
Inglesi la chiamarono invece “Età edoardiana”. Anche in Italia la Bella époque concise con un cambio di
sovrano (da Umberto I a Vittorio Emanuele III) e con un’entusiasmante corsa verso il benessere.

L’Esposizione universale di Parigi: Il 15 aprile 1900 la nuova era fu salutata con l’inaugurazione
dell’Esposizione universale di Parigi in cui ci furono 76.000 espositori e rimase aperta fino al 12 novembre.
Durante il primo giorno il pubblico era composto dalle più importanti autorità della Francia, accompagnate
dai sovrani e dai principi europei, ma nei giorni successivi arrivò gente da tutto il mondo. Al centro
dell’ampia zona dell’Esposizione sorgeva il Palazzo dell’Elettricità, la cui facciata di notte era illuminata da
5.000 lampade multicolori: veniva considerato il monumento all’energia della Seconda rivoluzione
industriale. Alla mostra erano esposte tutte le nuove meraviglie tecnologiche ma anche i prodotti esotici
che un commercio ormai divenuto mondiale era in grado di far affluire dai più lontani angoli della Terra: la
gente ne visitava ogni parte e ne apprezzava ogni aspetto, si assiepava su un nuovo tipo di ascensore che i
Francesi chiamavano tapis roulant e gli Italiani “scala mobile”, la attraversava in carrozza o sul tram
elettrico, ammirava la seta del Giappone e le cento varietà di tè indiano, ascoltava il suono del fonografo,
ma strabiliava anche di fronte alle prime confezioni di carne in scatola provenienti da Chicago.
Parigi e Vienna capitali della Bella époque: Come tra i visitatori dell’Esposizione universale, anche nella
società e le classi superiori cominciarono a mescolarsi. Gli aristocratici si atteggiavano a borghesi, gli alto-
borghesi vivevano come gli aristocratici, i piccolo-borghesi ammiravano gli uni e gli altri; abbondonata
l’austerità, tutti cominciavano a spendere e il mercato dei consumatori si allargava a macchia d’olio. Ogni
capitale aveva le sue caratteristiche:

 A Parigi i simboli della Bella époque erano due: il primo Chez Maxim’s, locale di lusso tutto specchi
e divani rossi dove principi, politici, finanzieri e artisti e le loro dame vestite dai maestri dell’alta
moda attendevano l’alba bevendo champagne; il secondo era un café-chantant, ovvero un locale
che organizzava gli spettacoli dai quali è nato il musical, il Moulin Rouge, dove una folla maschile
schiamazzante assisteva allo sfrenato can can delle cosiddette “sciantose”, cantanti e ballerine
acrobatiche. Questo mondo fu immortalato da un grande pittore dell’epoca: Henri de Toulouse –
Lautrec.
 A Vienna dominava la corte imperiale con i suoi più grandi balli alla presenza di Francesco Giuseppe
che governava da più di mezzo secolo. Nei saloni echeggiavano le note del valzer che per qualche
minuto scacciavano la malinconia suscitata dal recente assassino dell’imperatrice Elisabetta, Sissi, e
dal suicidio dell’erede al trono, l’arciduca Rodolfo che si era sparato dopo aver ucciso la sua giovane
amante.

Parigi e Vienna: le due capitali della Bella époque, in cui chi desiderava godersi i frutti del successo e
trascorrere una vita spensierata trovava tutto ciò che umanamente si potesse desiderare.

Nuove invenzioni e nuove teorie: L’ottimismo della Belle époque aveva uno dei suoi fondamentali più sacri
nel progresso scientifico e tecnologico. La Seconda rivoluzione industriale proseguiva, perfezionando
all’infinito.

L’aeroplano dei fratelli Wright, che nel 1903 era riuscito a sollevarsi per 12 secondi, nel 1905 compì più
di 100 voli. Nel 1909, a Brescia, si tenne una competizione aerea internazionale con decine di apparecchi di
diversi modelli; uno di essi riuscì ad attraversare la Manica.

Ma la protagonista di quella favolosa era della tecnica fu l’automobile. L’automobilista, un modello da


invidiare, esibiva come una divisa da eroe il suo abbigliamento: occhialoni e spolverino lungo fino ai piedi
per non coprirsi della polvere della strada. Le auto erano ancora solo di lusso, tuttavia nel 1903 ne
circolavano in Francia 13.000 e in Italia 1.300.

La radio inventata da Guglielmo Marconi che stabilì nel 1903 il primo collegamento telegrafico senza fili tra
l’Europa e l’America.

La radioattività contenuta nell’uranio, scoperta dai coniugi Marie e Pierre Curie che per questo ottennero il
premio Nobel per la fisica nel 1903.

Nel 1905 Albert Einstein enunciò le basi della teoria della relatività, che aprì la strada alla fisica atomica del
XIX secolo. Si indagò anche nell’inconscio, i contenuti che non emergono alla coscienza dell’individuo,
scoperta da Sigmund Freud. Pubblicando nel 1900 l’Interpretazione dei sogni e, nel 1901, Psicopatologia
della vita quotidiana, questo medico viennese fondò una nuova disciplina, la psicoanalisi, grazie alla quale,
indagando sulle dimensioni nascoste della mente umana, intendeva dare una risposta ai disagi
dell’individuo e curare malattie psichiche come la nevrosi.

Però in questo periodo si verificarono degli incidenti automobilistici e incidenti dei treni, ad esempio nella
metropolitana di Londra.
Mito e realtà della Belle époque: La Belle époque nel tempo brillò perché seguì a quel periodo tormentato
che fu la fine dell’Ottocento e precedette i trent’anni più spaventosi del continente.

La Belle époque intesa nello spazio è stata molto differente. Questa epoca non fu vissuta da tutti nello
stesso modo sia nei Paesi che nelle classi sociali. È anche vero che il mito del progresso contagiò anche le
classi popolari, prospettando l’avvento ineluttabile di una società senza più oppressi né oppressori. Però è
vero anche che la vita dei contadini rimase pressappoco simile a quella che era stata due generazioni
prima, nonostante un certo miglioramento degli strumenti agricoli.

Analoga fu la situazione degli operai delle città che, grazie al perfezionamento delle macchine industriali,
poterono chiedere una riduzione delle ore di lavoro. Tuttavia, quel periodo non fu certamente bello per i
minatori inglesi o per i tessitori di seta francesi e italiani e tutti i “poveri”. Nella “gente bene” la situazione
era ben diversa (l’alta borghesia e l’aristocrazia): una famiglia si dissanguava per evitare il fallimento di uno
dei suoi membri o per costituire la dote a una figlia brutta. Si era pronti a offrire un figlio alla patria, una
figlia al convento, si costituivano rendite per i vecchi servitori e si invitavano in campagna le cugine zittelle.
Il senso della famiglia era esteso a cerchie amplissime e per capirlo basterebbe leggere l’elenco sterminato
delle partecipazioni di nozze, nascite e morti che venivano spedite in quell’epoca.

Leggendo i giornali ci si può rendere conto del fatto che l’epoca traboccava di buoni sentimenti. Le
fotografie mostrano dinastie schierate orgogliosamente davanti alle loro fabbriche e attorniate dai loro
operai. Si lodano gli ufficiali eroici, i ragazzi che si gettando nei fiumi per salvare gli amici, i preti che
benedicono i moribondi, i capi d’industria audaci, le dame benefiche che si ammalano per curare i poveri
del loro quartiere.

La Belle époque vista dalle classi superiori: La Belle époque fu tale per chi aveva denaro, sia che provenisse
dalla rendita di terreni o fabbricati sia che venisse accumulato con attività industriali vincenti sia che venisse
ampliato con audaci speculazioni di Borsa.

Questa élite si muoveva da una capitale all’altra, passava l’inverno tra le terme e le coste francesi, italiane o
greche, viaggiava sul favoloso Orient-Express, il treno di superlusso dotato di ristoranti, cabine letto e
salette da gioco, che andava da Parigi a Istànbul, o sulla Stella del Nord che conduceva a San Pietroburgo.

Su questi treni viaggiavano sovrani e principi, banchieri, donne fatali, spostandosi spesso in gruppo e
ricevendo ovunque accoglienze regali. Non viaggiavano però soltanto i principi di sangue o del denaro, ma
anche gli esponenti della buona borghesia che proprio in quel periodo stavano scoprendo la villeggiatura in
albergo, una dimensione inedita per chi non aveva ville in campagna, o godendosi i bagni di mari, concessi
con riserva anche alle donne, sebbene ritenuti molto sconvenienti dalla parte più bigotta della società.

La “società dei consumatori”: La Seconda rivoluzione industriale aveva cominciato a offrire beni di
consumo durevoli, beni che possono essere utilizzati più volte, come il telefono, la macchina fotografica,
l’automobile, la bicicletta. Il pubblico rispose subito manifestando il desiderio di possederli e dando luogo a
una “società di consumatori” di cui industriali e commercianti dovevano assecondare la spontanea
propensione all’acquisto.

Gli Stati Uniti furono i primi a soddisfare questo desiderio provvedendo rapidamente a migliorare le
tecniche di distribuzione. Nei maggiori centri urbani impiantarono grandi magazzini in cui si poteva trovare
di tutto; i centri più piccoli e le zone rurali furono raggiunti attraverso la vendita di corrispondenza; inoltre,
per consentire l’acquisto delle fasce meno abbienti, furono escogitate tutte le possibili forme di pagamento
rateale.
La catena di montaggio e la produzione in serie: Mentre le tecniche di distribuzione e le pubblicità
ampliavano la massa dei consumatori, gli industriali dovevano produrre di più.

Nel 1909 l’industriale statunitense Henry Ford costruì una nuova automobile, chiamata “Modello T”, che
per le sue caratteristiche non si rivolgeva più all’élite, ma alla middle class, “classe media”, cioè ai borghesi
piccoli e medi delle città e soprattutto agli agricoltori e allevatori delle campagne.

Il Modello T aveva dimensioni molto minori rispetto a una macchina di lusso ed era composto da un
numero limitato di pezzi; il suo prezzo al pubblico era quindi accessibile in partenza. Ma per renderlo
competitivo, bisognava trovare il modo di abbassare i costi di produzione.

Negli stessi anni l’ingegnere Frederick Taylor aveva ideato una nuova organizzazione del lavoro,
“taylorismo”. Essa portava alle estreme conseguenze la divisione del lavoro teorizzata da Adam Smith,
frazionando ogni operazione in una serie di mini-operazioni ancora più semplificate, grazie alle quali,
secondo Taylor, la velocità di produzione aumentava, i costi diminuivano, il numero di pezzi prodotti si
moltiplicava e appunto scendeva il prezzo di vendita e salivano i profitti.

Nel 1913 Ford applicò questa teoria nella sua fabbrica introducendovi la catena di montaggio, un nastro
mobile che trasportava pezzi uguali. Lungo il nastro era disposta a intervalli regolari una serie di operai e
ciascuna serie doveva compiere un unico tipo di operazione senza mai interrompere il ritmo di catena. Con
questo sistema Ford fu in grado di realizzare la produzione in serie. Essa gli consentì di immettere sul
mercato 2 milioni di automobili all’anno.

Il tipo di lavoro alla catena di montaggio e i ritmi imposti dal nastro mobile erano così ripetitivi e
massacranti che rendevano gli operai simili a robot. Nelle sue fabbriche, Ford cercò con successo di esaltare
lo spirito di corpo degli operai attraverso una serie di privilegi che li distinguevano dai lavoratori di qualsiasi
altra industria: ridusse da 10 a 8 le ore lavorative, concesse loro aumenti salari e distribuì a fine anno premi
per la produzione a tutti, a patto che si raggiungessero gli obbiettivi prefissati.

Il suffragio universale maschile e i partiti di massa: La società del Novecento fu caratterizzata soprattutto
dalla formazione di masse di consumatori ma anche dalla partecipazione delle masse alla vita politica
causata dal peso crescente del movimento operaio e appunto delle sue lotte.

Così si crearono nuovi partiti. I partiti ottocenteschi erano stati “partiti di notabili”, cioè piccoli
raggruppamenti di persone influenti presso gli elettori borghesi raccolti perlopiù solo in occasione delle
elezioni intorno a un personaggio eminente che ne tracciava la linea di comportamento.

Nel Novecento essi si trasformarono in partiti di massa che intendevano inquadrare larghi strati della
popolazione attraverso una struttura permanente, garantita dal tesseramento, articolata in una rete di
organizzatori locali e guidata da un unico gruppo dirigente.

Questo nuovo modello di partito fu proposto per la prima volta da Karl Marx nel corso della Prima
internazionale e determinò la formazione dei partiti socialisti e socialdemocratici marxisti europei ai quali,
a partire dalla Baviera si affiancarono i partiti cattolici, solo nei Paesi non luterani.

Il primo obbiettivo dei partiti di massa fu quello di premere sui rispettivi governi perché cambiassero le leggi
elettorali e concedessero il suffragio universale maschile. Alla fine del XIX secolo, in Europa, il diritto di voto
esteso a tutti i maggiorenni maschi, senza limitazioni di reddito né il livello di istruzione, esisteva soltanto in
Francia, in Germania e in Svizzera. Tra il 1890 e il 1914 esso fu conquistato anche in Spagna, in Austria, nei
Paesi scandinavi e in Italia, dove fu approvato nel 1912. Inghilterra e Olanda furono gli ultimi Stati ad
adeguarsi e lo introdussero solo negli anni Venti.

L’entrata in Parlamento di decine di deputati provenienti dei partiti di massa colse impreparata la vecchia
classe politica causando imprevedibili conseguenze.

Che cos’è la società di massa?: Si può dire che i primi decenni del Novecento furono il periodo in cui
nacque e si sviluppò la società di massa. Essa è la società in cui la maggioranza degli abitanti non vive più
sparsa nelle campagne ma è concentrata nelle città.

Le relazioni sociali non passano più attraverso le piccole comunità dove tutti sanno tutto di tutti e si aiutano
l’uno con l’altro, ma fanno capo a realtà gigantesche, come le fabbriche.

Inoltre, la maggior parte della popolazione ha abbandonato l’autoconsumo che caratterizza la vita rurale ed
è entrata a far parte della società dei consumatori, che anche essa una società di massa. In questa società i
comportamenti e le mentalità tendono a uniformarsi a una serie di modelli imposti dall’alto. L’individuo ha
sempre meno peso, il pensiero è sempre più condizionato, le discussioni vertono sulle parole d’ordine
imposte dai gruppi dirigenti.

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